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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21062 - pubb. 12/01/2019.

Lo svolgimento di attività presso il datore di lavoro e secondo le sue direttive prova il rapporto di lavoro subordinato


Tribunale di Cassino, 22 Ottobre 2018. G.O.P. Giuditta Di Cristinzi.

Lavoro – Prova del rapporto di lavoro subordinato – Svolgimento di attività presso il datore di lavoro – Direttive direttamente impartite dal datore di lavoro – Valore probatorio – Affermazione


Costituiscono indicazioni idonee a suffragare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato lo svolgimento di un’attività lavorativa presso la sede del datore di lavoro nonché la circostanza che le direttive afferenti lo svolgimento dell’attività vengano impartite direttamente dal datore di lavoro. [Nella fattispecie, i testimoni confermavano lo svolgimento di attività di segreteria presso l’ufficio della società resistente, dove la ricorrente aveva una postazione con scrivania e computer, e che la stessa riceveva le direttive che venivano impartite dal titolare della società.] (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI CASSINO

Sezione Lavoro

omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 21.01.2014, la ricorrente si rivolgeva al Tribunale di Cassino, in funzione di Giudice del Lavoro esponendo di aver lavorato alle dipendenze della ditta individuale XX di CCC LLL (società operante nel settore dell’edilizia) con sede legale in SS alla via CC 58/A, dal giorno 8.11.2011 sino al 06.06.2013; che tale rapporto non veniva regolarizzato; che era stata assunta, come lavoratrice subordinata, per lo svolgimento delle mansioni di impiegata di tipo meramente amministrativo, presso la sede operativa della società in BB EE (FR); che la prestazione lavorativa veniva resa dal lunedì al venerdì di ogni settimana dalle ore 08,30 alle 13,00 e dalle ore 15,00 alle ore 19,00, il tutto per un totale di oltre 40 ore settimanali anzi precisamente 42,5; che aveva svolto in maniera prevalente attività di segreteria; che le direttive in merito alle prestazioni lavorative venivano impartite dal sig. CCC LLL, il quale esercitava il potere disciplinare ed erogava la retribuzione a mani dei lavoratori, presso i locali della sede detta; che il compenso netto mensile era pari ad € 1.100,00 e veniva erogato all’inizio del mese successivo a quello di competenza; che tale somma era stata erogata per i mesi di novembre e dicembre 2011, nonchè per i mesi da gennaio a settembre 2012; che nessuna altra somma le era stata corrisposta; che aveva continuato a lavorare sino al 06.06.2013, data in cui rassegnava le dimissioni, oralmente e per giusta causa, in ragione del mancato pagamento delle retribuzioni maturate; che non aveva goduto di ferie; che il CCNL applicabile al rapporto di lavoro con la società era il contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle imprese edili e affini; che, in ragione delle mansioni svolte, doveva essere inquadrata come lavoratrice subordinata, con livello retributivo IV° categoria impiegata di 2° livello; di essere rimasta creditrice di differenze retributive per i mesi da novembre 2011 a settembre 2012 e dell’intera retribuzione da settembre 2012 alla data del recesso, a eccezione di maggio 2012 per cui aveva percepito l’importo di € 1.100,00 oltre a TFR, 13° mensilità per gli anni 2011, 2012 e 2013, indennità di mancato pagamento delle ferie maturate e non godute e lavoro straordinario per il complessivo importo di € 34.620,53; che, con nota a/r del 02.08.2013, formalmente impugnava ex art. 32 L. n. 183/10, la mancata regolarizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della società, dal novembre 2011 alla data di dimissioni per giusta causa del 07.06.2013; che, in data XX.08.2013, il sig. CCC procedeva alla cancellazione della ditta dal registro delle imprese; che, con nota del 27.11.2013 sottoscritta dal datore di lavoro, la ditta datrice riscontrava l’impugnativa stragiudiziale riconoscendo l’esistenza di un rapporto di lavoro tra le parti; che veniva proposta istanza alla Direzione Provinciale del Lavoro per l’espletamento del tentativo di conciliazione monocratica ex art. 11, comma 1, D. Lgs n. 124/2004.

Tanto premesso, chiedeva accertarsi e dichiararsi l’instaurazione, tra le parti, di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato sin dal 7.11.2011 con diritto ad essere inquadrata nel 2° livello del CCNL di settore; per l’effetto, condannare parte resistente al pagamento delle retribuzioni dovute, da quantificarsi nella misura di € 34.620,53 o in quella maggiore o minore accertata in corso di causa con interessi e rivalutazione come per legge ex art. 249 c.p.c., oltre alla indennità di mancato preavviso da quantificarsi in una settimana della retribuzione spettante ai sensi dell’art. 32 del CCNL; condannare il resistente alla regolarizzazione della posizione contributiva mediante il versamento dei corrispondenti contributi INPS.

Non si costituiva in giudizio il convenuto.

Alla prima udienza il Giudice, rilevata la regolarità della notifica, ne dichiarava la contumacia.

All’esito dell’esame dei testi addotti da parte ricorrente, all’udienza del 22.10.2018, il Giudice udite le conclusioni delle parti, decideva come da dispositivo in calce, di cui dava lettura in aula.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso merita di essere accolto per i seguenti motivi.

Tutti i testi di parte ricorrente hanno fornito indicazioni idonee a suffragare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la ricorrente e il sig. CCC, titolare di una ditta operante nel campo dell’edilizia per l’esecuzione di lavori di muratura varia.

Tutti i testi hanno altresì confermato lo svolgimento di un’attività lavorativa della ricorrente (prevalentemente di segretaria) presso l’ufficio della società a BB EE, dove la stessa aveva una postazione con scrivania e computer, nonché la circostanza che le direttive afferenti lo svolgimento dell’attività lavorativa venivano impartite direttamente dal sig. CCC.

Il teste MM RR, a conoscenza dei fatti di causa per aver collaborato con CCC, affermava di vedere la sig.ra RRR, sua “impiegata di riferimento, sia di mattina che di pomeriggio”. Confermava inoltre che la stessa “si occupava di tutte le attività” (di cui al capitolo di prova) e riceveva “le direttive che venivano impartite da CCC CCC.”

Dello stesso tenore la testimonianza dei sigg.ri PP GG, RR MM e ZZ FF, i quali confermavano il lavoro svolto dalla ricorrente, “presso l’ufficio di BB EE, dove aveva una postazione fissa” (con ufficio, scrivania, armadio e computer, perché lavorava sia la mattina che il pomeriggio). L’ultimo teste, in particolare, affermava che la vedeva “quando andava a ritirare lo stipendio o quando c’erano problemi ed era necessario andare in ufficio per risolverli parlando con CC o con la ricorrente. (…)”. Inoltre, è emerso che “la ricorrente si occupava dell’aspetto operativo facendo il necessario per risolvere il problema, (…) si occupava di pratiche amministrative, rispondeva al telefono e comunque trattava i documenti dell’attività societaria. Il CC dava indicazioni sull’attività da svolgere.”

Dello stesso tenore la testimonianza resa dal sig. FF DD, a conoscenza dei fatti di causa per aver lavorato per la ditta CC XX con un contratto orale, il quale affermava di vedere tutte le mattine la ricorrente che andava al lavoro alle 8.15 circa. Confermava che “la ricorrente svolgeva mansioni di segretaria, preparava gare d’appalto (…) e lavorava tutti i giorni dalle ore 8 alle 13 e dalle 14.30 alle 18. Dal lunedì al venerdì. CCC dava direttive alla ricorrente.”

Dunque, dalle risultanze istruttorie, senza ombra di dubbio, appariva chiara l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la ricorrente (con mansioni di segretaria, addetta alla predisposizione di fascicoli e documenti necessari per lo svolgimento dell’attività della società) e il sig. CC, già titolare della ditta individuale XX, cancellata dal registro delle imprese in data XX.08.2013 per “cessazione di ogni attività”.

Oltre a ciò, con nota del 27.11.2013, la società XX di CCC LLL LLL si mostrava disponibile per tutto quanto riguardasse le “lamentele inerenti la mancata regolarizzazione e altro” confidando in una risoluzione favorevole. Dunque, riconosceva l’esistenza di un rapporto di lavoro, non regolarizzato, .

La ricorrente, in ogni caso, riusciva a provare in corso di causa gli assunti di cui al ricorso, quindi, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e lo svolgimento di mansioni tali da poterla inquadrare nel profilo professionale di impiegata di 2° livello 4° categoria del CCNL del settore dei dipendenti delle imprese edili e affini.

Si ritiene, in conclusione, che alla sig.ra RRR RRR debba essere corrisposto da parte del sig. CCC, la complessiva somma di € 34.620,53, risultante dal conteggio allegato al ricorso, conteggio ritenuto esatto, non contestato dal resistente, non comparso a deferire interrogatorio formale e rimasto contumace. Rilevante in tal senso il contegno processuale della parte ai sensi dell’art, 116 cpc da cui pure si desumono ulteriori argomenti di prova.

In virtù dell’accoglimento della domanda, le spese vengono regolate come in dispositivo, secondo il principio di soccombenza ex art. 91 cpc.

 

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando, così provvede:

- in accoglimento del presente ricorso, accerta e dichiara che tra le parti è intercorso un rapporto di lavoro subordinato, dal 7.11.2011 al 06.06.2013;

- per l’effetto, condanna parte resistente al pagamento in favore della sig.ra RRR RRR della somma di € 34.620,53 a titolo di differenze retributive, oltre interessi e rivalutazione come per legge ex art. 429 c.p.c.;

- condanna la resistente al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 1.500,00, oltre IVA, CAP e rimborso spese forfettario come per legge.

Cassino, 22 ottobre 2018

Il GOP

Dott. Giuditta Di Cristinzi