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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21058 - pubb. 11/01/2019.

Non è configurabile l’azione revocatoria ordinaria di un atto di scissione societaria


Tribunale di Napoli, 26 Novembre 2018. Est. Fucito.

Azione revocatoria – Atto di scissione societaria – Revocatoria ordinaria – Configurabilità – Esclusione


Il sottosistema elaborato per disciplinare le ipotesi di modifica degli assetti societari è un sistema completo che disciplina compiutamente le ipotesi di invalidità dell’atto, di responsabilità civile e patrimoniale, individuando i rimedi specifici nel rispetto dei principi ispiratori il diritto societario nonché le peculiarità dei casi di specie, senza particolari deviazioni rispetto a quanto fatti in altri capi del libro delle società.

Non è configurabile l’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c. là dove essa miri a recuperare il patrimonio originariamente posto dalla società scissa a garanzia delle proprie obbligazioni e trasferito alla società beneficiaria a tutela dei creditori della prima società perché destinata a sovrapporsi con il rimedio specifico di cui all’art. 2506 quater, che appare addirittura più snello e pratico perché operante sul piano dell’adempimento forzoso del condebitore solidale e non sul piano della garanzia del credito nella fase patologica dell’inadempimento, seppure con il meccanismo della sussidiarietà.

Si deve dunque negare la configurabilità di un’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c. di un atto di scissione, e con esso di qualsiasi altro atto volto ad invalidarlo all’infuori di quelli strettamente previsti nell’ambito delle norme dettate specificamente nelle disposizioni specifiche. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale di Napoli, VII sezione civile, in composizione monocratica, dott. Mario Fucito, ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 4853/2015 R.Gen.Aff.Cont., trattenuta in decisione con i termini di cui all’art. 190 c.p.c., tra

omissis

RAGIONI DI FATTO E MOTIVI DI DIRITTO

Con atto di citazione regolarmente notificato l’attore chiedeva a questo tribunale di pronunciare contro i convenuti: 1) Dichiarare la nullità e/o pronunciare la annullabilità o l’inefficacia, perché compiuta dal Presidente del Cda in carenza di poteri e perché contrario al perseguimento dell’oggetto sociale, dell’atto di compravendita intercorso tra “G. Srl” e “R. Group Srl”,

omissis

Si costituivano i convenuti con unica difesa, i quali chiedevano il rigetto della domanda attorea.

In applicazione del principio della ragione più liquida, preliminare, e risolutivo, ai fini della decisione del presente giudizio, è verificare se, ed in che misura, l’atto di scissione, una volta regolarmente iscritto per gli effetti di cui agli artt. 2506 ter e 2504 quater c.c., possa essere travolto con rimedi diversi da quelli previsti dalla legge, ossia l’opposizione ex art. 2503 c.c., il diritto al risarcimento del danno ex art. 2504 quater, la responsabilità solidale tra le due società, scissa e scissionaria, nei limiti del patrimonio netto assegnato o rimasto, per i debiti della società scissa che non fossero soddisfatti dalla società scissa cui fanno carico.

Infatti, nel caso per cui vi è lite, il compendio oggetto dell’atto di trasferimento, asseritamente viziato secondo l’attore, come avvenuto tra la società in bonis poi fallita e la R., è stato poi, a sua volta, trasferito nuovamente dalla R. alla S., la quale poi realizzava una scissione conferendo nella F. gli asset di cui al primo atto dispositivo tra la G. in bonis e la R. Ragione per cui, essendo tutte le domande attoree volte ad aggredire gli originari asset diventa indispensabile verificare quanto sopra espresso, prima ancora di verificare l’eventuale fondatezza delle altre domande.

In altri termini, ai fini della decisione, è necessario prendere posizione sulla questione della ammissibilità della domanda revocatoria proposta ai sensi dell’art. 2901 c.c. degli atti di scissione, questione controversa in punto di decisioni di merito.

Senza volere in questa sede riprendere presupposti noti, è sufficiente rammentare, in modo pacifico, che la riforma del diritto societario che si è avuta agli inizi del XXI secolo, di ispirazione comunitaria, aveva, ed ha, tra i suoi capisaldi la promozione del principio di conservazione degli atti giuridici della vita societaria, al fine di assicurare una maggiore certezza degli atti fondamentali delle società di capitale a tutela dei terzi operatori del mercato e dell’affidamento incolpevole di questi circa la solidità giuridica degli atti delle imprese organizzate in forma societaria. Ciò è una necessità evidente dell’ordinamento al fine di consentire che le società di capitale possano contribuire allo sviluppo dell’economia, senza che coloro che interagiscono con esse debbano temere di vedere i propri interessi travolti da decisioni giurisdizionali, magari giunte dopo tempo, per ragioni rispetto alle quali gli stessi terzi sono estranei. In questo senso è sufficiente ricordare la riduzione delle ipotesi di nullità degli atti statutari con l’introduzione delle nullità relative e sanabili; la riduzione delle ipotesi di annullamento delle delibere delle S.p.A. anche con la previsione di maggioranze; l’introduzione in diverse ipotesi di principi compensativi del danno, al fine di tutelare vicende giuridiche già stabili e produttive di effetti verso terzi.

Ed in questo senso, con riferimento alle operazioni di riorganizzazione societaria straordinarie, fusioni e scissioni, il legislatore ha ritenuto di disciplinare le fasi dei procedimenti secondo un sistema chiuso per il quale, perfezionatasi la vicenda societaria modificativa con l’iscrizione camerale e consumato un tempo per proporre opposizione avverso la stessa, art. 2503 c.c., l’invalidità dell’atto di fusione non può più essere pronunciata, art. 2504 quater che vale anche per la scissione per effetto del rinvio dell’art. 2506 ter.

Evidente è la volontà di assicurare un tempo contingentato, nell’interesse dei soci e dei creditori delle società coinvolte ed eventualmente pregiudicati dalla vicenda modificativa, durante il quale costoro possono reagire ed impedire il perfezionamento e l’efficacia degli atti pregiudizievoli, tempo che il legislatore fa coincidere con le singole fasi del processo modificativo e che, decorso il quale, vede prevalere, in seguito, l’interesse dei terzi a non vedere i propri affari eventualmente posti in essere con le società beneficiarie travolti, dopo che gli atti di fusione e scissione sono divenuti definitivi.

Le disposizioni normative tuttavia non esauriscono le garanzie al solo strumento, che potremmo definire di tutela in forma specifica, dell’opposizione alla scissione/fusione, perché venuta meno la ragione temporale per una tutela idonea a travolgere l’atto di fusione e scissione, esistono forme di ristoro a carattere patrimoniale che attingono ai principi della responsabilità civile e della garanzia generale del credito.

Si ha riguardo al rimedio risarcitorio di cui all’art. 2504 quater, 2° comma, che, affermata l’intangibilità della fusione iscritta al registro delle imprese, fa salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci ed ai terzi danneggiati dalla fusione, nonché alla disciplina, in punto di effetti della scissione, della responsabilità di ciascuna società di natura solidale per i debiti della società scissa che non trovassero soddisfazione presso l’obbligata principale, responsabilità che in ogni caso vale nei limiti del patrimonio netto assegnato alla beneficiaria ovvero rimasto alla scissa, art. 2506 quater.

A ben vedere, mentre l’art. 2504 quater è un’applicazione specifica di responsabilità civile da fatto illecito (es. la scissione in violazione dei principi di legge), che non esclude ad esempio altre ipotesi di responsabilità specifiche come l’art. 2395 c.c. verso gli amministratori che avessero posto in essere l’atto pregiudizievole, l’art. 2506 quater è una chiara applicazione del principio della garanzia generale del credito, art. 2740 c.c., cui è destinato il patrimonio del soggetto che assume l’obbligazione, là dove prevede il mantenimento della garanzia natìa seppure nella forma della solidarietà tra due enti, in ragione della modifica organizzativa, per quei debiti ante scissione che non dovessero trovare soddisfazione verso l’ente rimasto obbligato dopo la modifica societaria; e ciò assicurando ai debiti pregressi capienza sul patrimonio netto attribuito alla beneficiaria, ovvero a quello rimasto alla scissa.

Se così è, appare chiaro che il sottosistema elaborato per disciplinare le ipotesi di modifica degli assetti societari sia un sistema completo che disciplina compiutamente le ipotesi di invalidità dell’atto, di responsabilità civile e patrimoniale, individuando i rimedi specifici, nel rispetto dei principi ispiratori il diritto societario nonché le peculiarità dei casi di specie, senza particolari deviazioni rispetto a quanto fatti in altri capi del libro delle società.

In questo senso appare non configurabile l’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c. là dove essa miri a recuperare il patrimonio originariamente posto dalla società scissa a garanzia delle proprie obbligazioni e trasferito alla società beneficiaria a tutela dei creditori della prima società perché destinata a sovrapporsi con il rimedio specifico di cui all’art. 2506 quater, che appare addirittura più snello e pratico perché operante sul piano dell’adempimento forzoso del condebitore solidale e non sul piano della garanzia del credito nella fase patologica dell’inadempimento, seppure con il meccanismo della sussidiarietà.

Questa interpretazione che fa leva sul dato letterale e sistematico delle disposizioni esaminate bene si declina anche con alcune considerazioni più estese che coinvolgono la natura degli stessi atti di fusione e scissione, senza nulla togliere in punto di tutela ai creditori della società scissa che vedono ridursi la propria garanzia in favore di altra società, rispetto ad un’eventuale ammissibilità di un’azione 2901 c.c.

Non sfugge, infatti, che la dottrina sia divisa circa la natura strettamente modificativa statutaria degli istituti in esame e la valorizzazione dell’aspetto dispositivo-attributivo, dove in realtà la struttura negoziale complessa ha la sua essenza nella vicenda modificativa, mentre la causa concreta si atteggerà secondo i rispettivi spostamenti patrimoniali cui seguono i mutamenti dei diversi valori delle partecipazioni societarie, secondo il progetto di fusione/scissione. In questo senso, chi ritiene ammissibile l’azione di cui all’art. 2901 c.c. rispetto alla scissione tende a valorizzare il solo momento dispositivo in esso contenuto, trascurando che questo è solo un momento strumentale alla realizzazione della modificazione organizzativa dell’azienda tra diversi enti societari e che apparirebbe fortemente distonico travolgere il momento attributivo senza curarsi degli effetti che ciò produrrebbe sull’alterazione della modificazione organizzativa realizzata con la scissione/fusione, anche con riferimento al valore delle partecipazioni societarie che risulterebbe nuovamente travolto dalla vicenda revocatoria, e tutto ciò contro il dato normativo inequivoco che vuole la stabilità nell’ordinamento degli atti di fusione e scissione dopo l’iscrizione degli stessi nel registro delle imprese.

Può così concludersi l’esame della questione a monte, nei limiti del devoluto, (non ponendosi nel caso di specie la necessità di esaminare la diversa ipotesi della configurabilità della revocatoria ex art. 67 l.f. rispetto all’atto di scissione, la quale meriterebbe un diverso approccio in ragione della diversa natura e funzione della revocatoria fallimentare, né della ammissibilità dell’azione ex art.2901 c.c. per i debiti sorti dopo la scissione in capo alla società scissa con preordinazione del debitore per le finalità di bancarotta nell’atto di scissione) dovendosi negare la configurabilità di un’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c. di un atto di scissione, e con esso di qualsiasi altro atto volto ad invalidarlo all’infuori di quelli strettamente previsti nell’ambito delle norme dettate specificamente nelle disposizioni specifiche.

Ciò determina anche il rigetto della domanda attorea, non potendo mai questa trovare accoglimento a valle, là dove mira al recupero dei beni confluiti nella società scissionaria/beneficiaria.

Le S.e seguono la soccombenza, ma si compensano nella misura del 75%, in ragione della natura controversa della questione nella giurisprudenza di merito e nell’assenza di arresti di legittimità.

 

P.Q.M.

Il Tribunale di Napoli, VII sezione civile, definitivamente pronunciando nella causa avente r.g. 4853/2015, in persona del giudice unico dott. Mario Fucito, pendente tra le parti come in epigrafe individuate, rappresentate e difese:

1) Rigetta la domanda;

2) Liquida quali compensi di causa euro 12500,00 che si compensano nella misura del 75% e si pongono per il residuo a carico dell’attore in favore delle convenute.

Così deciso in Napoli, il 26.11.2018

Il Giudice (dott. Mario Fucito)