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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20601 - pubb. 11/10/2018.

I più lunghi termini previsti per la formazione dei ruoli e l’emissione delle cartelle non esonerano l’ente dal rispetto del termine per la presentazione della domanda tardiva di ammissione al passivo


Cassazione civile, sez. I, 26 Settembre 2018, n. 23159. Est. Campese.

Fallimento – Domanda di ammissione al passivo – Termine annuale ex art. 101 L. Fall. – Enti impositori – Termini previsti per la formazione dei ruoli e la emissione delle cartelle – Esimente di carattere generale dal rispetto del predetto termine di cui all'art. 101 L. Fall. – Esclusione – Fattispecie in tema di cartelle di pagamento afferenti sanzioni amministrative iscritte a ruolo dalla Consob


Tutti gli enti impositori, così come gli altri creditori, devono, in linea di principio, rispettare il termine annuale ex art. 101 L. Fall., per la presentazione delle istanza tardive di insinuazione senza che i diversi e più lunghi termini previsti per la formazione dei ruoli e la emissione delle cartelle possano costituire una esimente di carattere generale dal rispetto del predetto termine di cui all'art. 101 L. Fall.. In altre parole, una volta che l'ente impositore abbia avuto conoscenza della dichiarazione di fallimento, lo stesso deve immediatamente attivarsi per predisporre i titoli per la tempestiva insinuazione dei propri crediti al passivo in termini inferiori a quelli massimi attribuiti dalla legge per l'espletamento di tali incombenze. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

 

SENTENZA, ORDINANZA E DECRETO IN MATERIA CIVILE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. - Presidente -

Dott. TRICOMI Laura - Consigliere -

Dott. VELLA Paola - Consigliere -

Dott. FALABELLA Massimo - Consigliere -

Dott. CAMPESE Eduardo - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

1. Equitalia Centro s.p.a. ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, resistiti dalla curatela del fallimento della (*) s.p.a., avverso il decreto del Tribunale di Reggio Emilia, depositato il 7 novembre 2013 e comunicato il giorno successivo, reiettivo dell'opposizione ex art. 98 L. Fall. dalla prima proposta contro la mancata ammissione al passivo della suddetta procedura del proprio complessivo credito di Euro 189.100,43, in prededuzione, portato da due cartelle di pagamento afferenti sanzioni amministrative iscritte a ruolo dalla Consob.

1.2. Per quanto qui di interesse, quel tribunale ritenne insussistente la causa non imputabile al creditore costituente, invece, presupposto necessario per una richiesta di insinuazione effettuata, come nella specie, ai sensi dell'art. 101, comma 4, L. Fall. (cd. domanda ultratardiva).

2. Con i formulati motivi, la ricorrente deduce:

I) "Nullità del decreto per insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 5", criticando la motivazione dell'impugnato decreto, a suo dire insufficiente e contraddittoria, laddove aveva affermato che il tempo impiegato dalla Consob, dopo la conclusione dell'istruttoria, per emettere le delibere finali di irrogazione delle sanzioni non giustificherebbe il ritardo della presentazione della domanda di ammissione al passivo;

II) "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 101, u.c., L. Fall.: non imputabilità del ritardo nell'insinuazione", sostenendo che non può considerarsi colpevole il comportamento della P.A. attenutasi ai termini sanciti dalla legge per le procedure di accertamento e di emissione dei ruoli e delle cartelle. Nella specie, la Consob aveva rispettato i termini e le modalità previsti per il procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative da essa applicate, sicchè non poteva esserle imputato alcun ritardo.

3. Rileva pregiudizialmente il Collegio che, come recentemente sancito da questa Suprema Corte, a seguito della cancellazione d'ufficio delle società del gruppo Equitalia dal registro delle imprese, a decorrere dall'1 luglio 2017, in virtù del D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 225 del 2016, la successione a titolo universale, prevista dal comma 3 del detto articolo, in favore dell'Agenzia delle entrate - Riscossione, non costituisce una successione nel processo ai sensi dell'art. 110 cod. proc. civ., bensì una successione nei rapporti giuridici controversi ex art. 111 cod. proc. civ., poichè, in ragione del "venir meno" della parte, è stato normativamente individuato un soggetto giuridico destinatario del trasferimento delle funzioni precedentemente attribuito alla stessa. Ne deriva che i giudizi pendenti proseguono regolarmente, spiegando le relative decisioni effetti contro il successore a titolo particolare (cfr. Cass. n. 15869 del 2018). Nessun dubbio, pertanto, può sorgere quanto all'ammissibilità dell'odierno ricorso.

4. Va, poi, ricordato che, in caso di domanda tardiva di ammissione al passivo ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 101 L. Fall. (cd. supertardiva o ultratardiva, cioè proposta - come nel caso - oltre il termine, di legge o fissato dal tribunale, di cui al comma 1 della medesima norma, computato rispetto al deposito del decreto di esecutività dello stato passivo e pacificamente superato anche nella fattispecie de qua), la valutazione della sussistenza di una causa non imputabile, la quale giustifichi il ritardo del creditore, implica un accertamento di fatto, rimesso alla valutazione del giudice di merito, che, se congruamente e logicamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità" (cfr. Cass. n. 19017 del 2017; Cass. n. 23302 del 2015; Cass. n. 20686 del 2013).

4.1. Nella specie, il Tribunale di Reggio Emilia ha giudicato insussistente la causa non imputabile al creditore, la cui domanda era stata depositata oltre il predetto termine annuale, decorrente dal 9 novembre 2010, assumendo che: i) il credito fatto valere da Equitalia Centro s.p.a. (quale Agente per la Riscossione per le Province dell'Emilia Romagna) derivava da sanzioni comminate dalla Consob con delibere nn. 13103 dell'8 febbraio 2012 e 18296 del 25 luglio 2012; ii) dalla delibera n. 18296/2012 si evince che le violazioni commesse dalla fallita erano emerse nel corso di ispezione effettuata nel periodo settembre 2009-settembre 2010 e che l'ultimo, atto dell'istruttoria compiuta risaliva al 10 marzo 2011 (nota di Antichi Pellettieri); iii) dalla delibera n. 18103/2012 si ricavava che la contestazione delle violazioni (emerse nei corso di ispezione effettuata nel periodo settembre 2009-settembre 2010) risaliva al 4 marzo 2011; iv) anche le PP.AA (e, per esse, l'Agente della Riscossione) dovessero sottostare al termine prescritto dall'art. 101 L. Fall. e che non potesse valere a giustificare il ritardo (quale causa non imputabile) il tempo impiegare dalla medesima Amministrazione per addivenire alla delibera finale (che liquida un credito già accertato dall'Ente stesso).

5. Alla stregua di quanto si è detto, entrambi i descritti motivi di Equitalia Centro s.p.a., scrutinabili congiuntamente perchè chiaramente connessi, non possono essere accolti.

5.1. Occorre innanzitutto considerare che la nuova formulazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 (e qui, come si è già detto, applicabile ratione temporis, risultando impugnata un decreto decisorio reso il 7 novembre 2013), ha avuto l'effetto di limitare la rilevanza del vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge: e ciò accade solo quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall'art. 132 cod. proc. civ., n. 4, la nullità della sentenza (o di altro provvedimento decisorio) per "mancanza della motivazione", ipotesi configurabile allorchè la motivazione "manchi del tutto - nel senso che alla premessa dell'oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l'enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione - ovvero formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum" (cfr. Cass. n. 20112 del 2009).

5.1.1. Merita, altresì, di essere ricordato che oggetto del vizio di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è l'omesso esame circa un "fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti". Costituisce, allora, un "fatto", agli effetti della citata norma, non una "questione" o un "punto", ma: i) un vero e proprio "fatto", in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., cioè un "fatto" costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo, o anche un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale (cfr. Cass. n. 16655 del 2011; Cass. n. 7983 del 2014; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 29883 del 2017); ii) un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso storico-naturalistico (cfr. Cass. n. 21152 del 2014; Cass., SU, n. 5745 del 2015); iii) un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, e le relative ricadute di esso in termini di diritto (cfr. Cass. n. 5133 del 2014); iv) una vicenda la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014). Il "fatto" controverso il cui esame sia stato omesso deve, inoltre, avere carattere "decisivo", vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia.

5.2. Ciò posto, osserva la Corte che la questione sostanzialmente posta con il ricorso è stata già affrontata in sede di legittimità con più pronunce (cui il Collegio intende assicurare continuità) con le quali si è affermato il principio generale per il quale, per far valere un credito nei confronti del fallimento, l'ente impositore o l'esattore debbono presentare l'istanza di insinuazione tardiva nel termine annuale previsto dall'art. 101 L. Fall., senza che i diversi e più lunghi termini per la formazione dei ruoli e per l'emissione delle cartelle, possano, di per sè, costituire ragioni di scusabilità del ritardo la quale va, invece, valutata - in caso di presentazione ultra annuale dell'istanza rispetto alla data di esecutività dello stato passivo - in relazione ai tempi strettamente necessari all'ente impositore per predisporre i titoli per la tempestiva insinuazione dei propri crediti al passivo (cfr. Cass. n. 17787 del 2015; Cass. n. 20910 del 2011).

5.2.1. La pronunce suddette riguardavano fattispecie nella quali era stato cassato il decreto con il quale il tribunale, adito con opposizione allo stato passivo dall'esattore, il cui credito era stato escluso dal giudice delegato in ragione della tardività dell'istanza di ammissione, proposta oltre l'anno, aveva ritenuto scusabile il ritardo, essendo stati consegnati i ruoli quando l'anno per l'insinuazione tardiva era ormai scaduto.

5.2.2. Per converso, secondo la giurisprudenza di legittimità, ciò che rileva è il comportamento dell'ente impositore nella fase di predisposizione dei ruoli al fine di accertare se lo stesso, una volta avuta cognizione della dichiarazione di fallimento si sia attivato per accelerare le procedure volte a tal fine.

5.2.3. Deve, infatti, ritenersi che tutti gli enti impositori, così come gli altri creditori, devono, in linea di principio, rispettare il termine annuale ex art. 101 L. Fall., per la presentazione delle istanza tardive di insinuazione senza che i diversi e più lunghi termini previsti per la formazione dei ruoli e la emissione delle cartelle possano costituire una esimente di carattere generale dal rispetto del predetto termine di cui all'art. 101 L. Fall.. In altre parole, una volta che l'ente impositore abbia avuto conoscenza della dichiarazione di fallimento, lo stesso deve immediatamente attivarsi per predisporre i titoli per la tempestiva insinuazione dei propri crediti al passivo in termini inferiori a quelli massimi attribuiti dalla legge per l'espletamento di tali incombenze.

5.2. Nella concreta fattispecie, il giudice del merito, con accertamento in fatto qui non sindacabile, ha evidenziato - dovendosi, per ciò solo, escludere la fondatezza del vizio motivazionale di cui al primo motivo di ricorso da valutarsi, come si è detto, alla stregua del testo novellato dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, - che la Consob irrogò le sanzioni di cui alle cartelle di pagamento poste da Equitalia Centro s.p.a. a fondamento della formulata domanda ex art. 101, ultimo comma, L. Fall., con delibere dell'8 febbraio 2012 e del 25 luglio 2012, così implicitamente ritenendo inosservati, da parte dell'ente impositore, i principi giurisprudenziali in precedenza richiamati ai p. 5.2, 5.2.2. e 5.2.3., e restando relegate all'ambito dei rapporti interni tra concessionario ed ente impositore stesso (come rilevato dalla curatela), qui, come si è detto irrilevanti, le ragioni dell'imputabilità del ritardo a quest'ultimo.

6. Il ricorso va, dunque, respinto, restando le spese di questo giudizio regolate dal principio di soccombenza, e dandosi atto - mancando ogni discrezionalità al riguardo (cfr., tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass., Sez., U. 27/11/2015, n. 24245; Cass., Sez., U. 20/06/2017, n. 15279) - della sussistenza dei presupposti per l'applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell'impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest'ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) per il versamento da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione proposta, a norma del comma 1-bis del detto art. 13.

 

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna Equitalia Centro s.p.a. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie, nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di Equitalia Centro s.p.a., dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta il comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 16 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2018.