Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20387 - pubb. 11/01/2018

Decreto ingiuntivo dichiarativo esecutivo nell’accertamento del passivo

Cassazione civile, sez. I, 20 Settembre 2006, n. 20416. Est. Nappi.


Stato passivo - Approvazione - Decreto - Effetti - Ammissione del credito - Mancata impugnazione - Controversia relativa all'esistenza ed all'entità di esso - Nel procedimento fallimentare - Preclusione



Il decreto dichiarativo dell'esecutività dello stato passivo di cui agli artt. 96 e 97 legge fall., se non impugnato, preclude nell'ambito del procedimento fallimentare ogni questione relativa all'esistenza del credito ammesso, alla sua entità, all'efficacia del titolo da cui deriva e all'esistenza di cause di prelazione. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo - Presidente

Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere

Dott. GILARDI Gianfranco - Consigliere

Dott. NAPPI Aniello - rel. Consigliere

Dott. PANZANI Luciano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Bari dichiarò inammissibile la domanda proposta dal Fallimento Casillo Silos s.r.l. nei confronti del Banco di Sardegna s.p.a. per il risarcimento dei danni derivati dall'abusiva concessione di credito alla società poi fallita e confermò la dichiarazione di improcedibilità della domanda proposta dallo stesso attore per la dichiarazione di nullità o comunque per l'annullamento del contratto di mutuo ipotecario per venti miliardi di Lire stipulato il 6 novembre 1992 dalla banca convenuta con la società poi fallita.

Quanto alla domanda di risarcimento dei danni, i giudici d'appello ritennero che il curatore fallimentare non è legittimato all'azione proposta, perché il danno lamentato è riferibile individualmente a ciascuno dei creditori e non alla massa dei creditori collettivamente considerati.

Quanto all'azione di nullità o di annullamento del contratto di mutuo, i giudici del merito ritennero che la domanda fosse indeterminata sia nel petitum sia nella causa petendi e che l'attore non aveva ottemperato all'ordine di integrazione impartitogli dal giudice a norma dell'art. 164 c.p.c., comma 5.

Contro questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambe le parti: in via principale il Fallimento Casillo Grani s.n.c., che ha dedotto tre motivi d'impugnazione; in via incidentale la Banco di Sardegna s.p.a., che ha dedotto due motivi d'impugnazione incondizionati e quattro motivi d'impugnazione condizionati.

Risultando di particolare importanza la questione della legittimazione attiva del fallimento all'azione di danno, i ricorsi sono stati rimessi alle Sezioni Unite di questa Corte, che hanno rigettato il secondo e il quinto motivo del ricorso incidentale e i primi due motivi del ricorso principale.

Sicché questa Corte deve ora pronunciarsi esclusivamente sul terzo motivo del ricorso principale e, risultando assorbito il terzo motivo del ricorso incidentale con il quale si è eccepita la prescrizione dell'azione di danno, sui rimanenti tre motivi di tale ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

 

Motivi della decisione

1. Va esaminato per primo il secondo motivo condizionato del ricorso incidentale, con il quale il Banco di Sardegna s.p.a. eccepisce l'inammissibilità della domanda di nullità o annullamento del contratto di mutuo per la preclusione derivante dalla definitiva ammissione al passivo del relativo credito e dall'implicita rinuncia riconoscibile nel pagamento in esecuzione del piano di riparto. Con questo motivo, infatti, viene dedotta una questione pregiudiziale di rito rilevabile d'ufficio, che ne impone la decisione con priorità rispetto allo stesso ricorso principale (Cass., sez. I, 9 settembre 2004, n. 18169, m. 576909, Cass., sez. I, 28 ottobre 2005, n. 21083, in. 584639, Cass., sez. III, 29 aprile 2006, n. 10042, m. 588741).

Il motivo risulta del resto fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, "i provvedimenti che, in sede di verificazione dei crediti vengono adottati dal giudice delegato, quand'anche non abbiano formato oggetto di opposizione, non acquistano efficacia di cosa giudicata, ma spiegano solo effetti preclusivi nell'ambito della procedura fallimentare" (Cass., sez. un., 27 luglio 1963, n. 2082, m. 263220).

Sebbene si escluda perciò che il decreto L. Fall., ex art. 97, possa avere sia un'efficacia extrafallimentare sia un'efficacia positiva di giudicato sostanziale all'interno dello stesso fallimento, si ritiene tuttavia che "il decreto di approvazione dello stato passivo di cui alla L. Fall., art. 96, se non impugnato, preclude nell'ambito del procedimento fallimentare ogni questione relativa all'esistenza del credito, alla sua entità, all'efficacia del titolo da cui deriva e all'esistenza di cause di prelazione" (Cass., sez. I, 1 settembre 1995, n. 9220, m. 493844, Cass., sez. I, 3 febbraio 1987, n. 952, m. 450581).

Sicché è sostanzialmente indiscusso in giurisprudenza, benché sia tuttora controverso in dottrina, che il suddetto decreto ha un'efficacia meramente processuale e negativa (ne bis in idem), in quanto solo preclusiva di un riesame in sede fallimentare delle questioni inerenti e all'esistenza e alla natura e all'entità del credito; anche se non ha un'efficacia di vincolo positivo in ordine alle questioni comuni ad altra eventuale controversia tra le stesse parti, pur vertente sul medesimo negozio o rapporto giuridico, tanto che non fa stato nel giudizio di opposizione al fallimento (Cass., sez. I, 20 settembre 1993, n. 9622, m. 483809, Cass., sez. I, 3 settembre 2003, n. 12823, m. 566500).

Sicché nel caso in esame il decreto dichiarativo dell'esecutività dello stato passivo, con la non contestata ammissione del credito vantato dalla banca convenuta, preclude certamente ogni controversia sulla validità del titolo da cui quel credito deriva.

Dall'accoglimento di questo motivo risultano quindi assorbiti sia il terzo motivo del ricorso principale, con il quale Fallimento Casillo Grani s.n.c. censura come erronea la dichiarazione di improcedibilità della domanda di nullità o annullamento del contratto di mutuo stipulato il 6 novembre 1992, sia i rimanenti motivi condizionati del ricorso incidentale. La domanda di nullità o annullamento del contratto di mutuo va, infatti, dichiarata inammissibile perché preclusa.

Non risulta assorbito invece il primo incondizionato motivo del ricorso incidentale, con il quale il Banco di Sardegna s.p.a. deduce violazione della L. 13 giugno 1942, n. 794, artt. 3 e 4, D.M. 24 novembre 1990, n. 392, art. 5, art. 223 c.c., vizio di motivazione della decisione impugnata nella liquidazione degli onorari di difesa relativi a entrambi i giudizi di merito. Si duole infatti il ricorrente incidentale che immotivatamente i giudici d'appello abbiano liquidato in soli Euro 32.000,00 gli onorari del giudizio di primo grado e in soli Euro 50.000,00 gli onorari del giudizio d'appello, senza tener conto del valore complessivo della causa, pari a oltre 174.000,00 Euro, della molteplicità e della difficoltà delle questioni trattate. Gli onorari minimi ammontano invece a Euro 494.404,20 e quelli medi a Euro 1.780.490,00.

Anche questo motivo è in realtà fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, "la determinazione degli onorari di avvocato costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, se contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità, se non quando l'interessato specifichi le singole voci della tariffa che assume essere state violate" (Cass., sez. II, 23 maggio 2002, n. 7527, m. 554647). Tuttavia, "qualora si lamenti che la liquidazione degli onorari e dei diritti di procuratore sia stata effettuata in misura superiore al massimo o inferiore al minimo stabilito dalla tariffa, la parte interessata deve indicare le singole voci della relativa tabella professionale dalle quali risulti il vizio per consentire il conseguente controllo in sede giudiziale, senza che siano necessarie ulteriori indagini" (Cass., sez. III, 11 gennaio 2006, n. 270, m. 586198, Cass., sez. I, 3 novembre 2005, n. 21325, m. 586071).

Nel caso in esame i giudici del merito hanno palesemente e immotivatamente violato i minimi tariffari. E quindi la decisione impugnata va cassata con rinvio.

 

P.Q.M.

La Corte in accoglimento del primo e del quarto motivo del ricorso incidentale, assorbiti i rimanenti motivi del ricorso incidentale e il terzo motivo del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Bari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2006 Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2006.