Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20008 - pubb. 22/06/2018

Il privilegio per restituzione di finanziamenti pubblici e patologie attinenti alla fase negoziale successiva all'erogazione del contributo

Cassazione civile, sez. I, 20 Aprile 2018, n. 9926. Est. Valitutti.


Fallimento - Ripartizione dell'attivo - Ordine di distribuzione - Creditori privilegiati - Crediti dello Stato per la restituzione di finanziamenti pubblici - Art. 9, comma V, del d.lgs. n. 123 del 1998 - Estensione ai casi di revoca concernente la gestione del rapporto di credito - Fondamento



In tema di ordine di ripartizione dell'attivo fallimentare, l'art. 9, quinto comma, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 123, in materia razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, nel prevedere la revoca del beneficio e disporre il privilegio in favore del credito alle restituzioni, si riferisce non solo a patologie attinenti alla fase genetica dell'erogazione pubblica, ma si estende anche a quella successiva di gestione del rapporto di credito insorto per effetto della concessione. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio - Presidente -

Dott. VALITUTTI Antonio - rel. Consigliere -

Dott. VELLA Paola - Consigliere -

Dott. CAMPESE Eduardo - Consigliere -

Dott. FICHERA Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

Svolgimento del processo

1. Equitalia Nord s.p.a. in qualità di concessionario per la riscossione, presentava istanza, L. Fall., ex art. 93, per l'ammissione al privilegio del Fallimento (*) s.r.l. in liquidazione di un credito iscritto a ruolo per l'importo complessivo di Euro 11.566.027,43, avente titolo nel D.M. 10 gennaio 2008, con il quale era stato revocato il finanziamento a suo tempo concesso all'impresa, ai sensi della L. n. 237 del 1993, nell'ambito di un programma di investimenti avente ad oggetto la riconversione dello stabilimento industriale sito in (*). Il credito veniva ammesso nel passivo del fallimento al chirografo.

2. Con decreto n. 189/2013, depositato il 21 febbraio 2013, emesso all'esito del giudizio di opposizione allo stato passivo instaurato dal concessionario per la riscossione, il Tribunale di Brescia confermava l'ammissione del credito al chirografo nel passivo del Fallimento (*) s.r.l. in liquidazione, già effettuata dal giudice delegato, ritenendo non sussistenti i presupposti per il riconoscimento del privilegio di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, artt. 24, comma 33 e del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 123, e art. 9, commi 4 e 5.

3. Per la cassazione di tale pronuncia hanno proposto separati ricorsi il Ministero dello Sviluppo Economico ed Equitalia Nord s.p.a. Quest'ultima ha, altresì, proposto ricorso incidentale adesivo al ricorso principale del Ministero. L'intimato Fallimento (*) s.r.l. in liquidazione non ha svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

1. Preliminarmente vanno riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c. i ricorsi nn. 8436 e 8493/2013, proposti nei confronti dello stesso provvedimento n. 189/2013, emesso dal Tribunale di Brescia.

2. Nel merito, va rilevato che i motivi del ricorso principale proposto dal Ministero dello Sviluppo Economico, del ricorso incidentale adesivo di Equitalia Nord s.p.a., iscritti a ruolo allo stesso numero R.G. 8436/2013, e del ricorso autonomo e successivo di Equitalia, rubricato al n. R.G. 8493/2013 - da considerarsi come ricorso incidentale proposto nei termini di cui agli artt. 370 e 371 c.p.c. (Cass., 20/03/2015, n. 5695; Cass., 09/02/2016, n. 2516) -, hanno ad oggetto le medesime censure e, per la loro stretta connessione, vanno esaminati congiuntamente.

2.1. I ricorrenti rilevano che Equitalia Nord s.p.a., in qualità di concessionario per la riscossione, aveva presentato istanza, L. Fall., ex art. 93, per l'ammissione al privilegio del Fallimento (*) s.r.l. in liquidazione di un credito iscritto a ruolo per l'importo complessivo di Euro 11.566.027,43, avente titolo nel D.M. 10 gennaio 2008, con il quale era stato revocato il finanziamento a suo tempo concesso all'impresa, ai sensi della L. n. 237 del 1993, nell'ambito di un programma di investimenti avente ad oggetto la riconversione dello stabilimento industriale sito in (*). La revoca - a tenore del decreto succitato - era imputabile all'inadempienza della società beneficiaria del contributo, rispetto all'obbligo di restituzione di tale finanziamento, non avendo la medesima pagato le prime tre rate ricomprese del piano di restituzione dell'agevolazione concessa, in tal modo determinando la perdita del beneficio del termine, ex art. 1186 c.c., e l'avvio del procedimento di revoca totale del contributo erogato.

2.2. Con decreto n. 189/2013, depositato il 21 febbraio 2013, emesso all'esito del giudizio di opposizione allo stato passivo instaurato dal concessionario per la riscossione, il Tribunale di Brescia confermava, peraltro, l'ammissione del credito al chirografo nel passivo del Fallimento (*) s.r.l. in liquidazione, già effettuata dal giudice delegato.

2.3. Avverso tale provvedimento - denunciando la violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 24, comma 33, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 123, art. 9, commi 4 e 5, art. 1362 c.c., della L. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E), art. 4, comma 2, e art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - insorgono Equitalia ed il Ministero, con i rispettivi ricorsi per cassazione.

2.3.1. Gli istanti deducono che la decisione del tribunale si sarebbe posta in contrasto con il disposto delle norme succitate, il cui disposto evidenzierebbe, in modo inequivoco, come contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo - il diritto dell'amministrazione, in conseguenza dell'emesso provvedimento amministrativo di revoca, alla restituzione del finanziamento concesso all'impresa inadempiente, costituisce credito privilegiato e non chirografario.

2.3.2. Di più, la valutazione operata dal tribunale si sarebbe spinta ben oltre l'accertamento dell'esistenza del privilegio sulla base di quanto documentato dal creditore istante, fino a sindacare incorrendo in ultrapetizione, ai sensi dell'art. 112 c.p.c., e nella violazione dei limiti imposti al giudice ordinario in relazione agli atti amministrativi dalla L. n. 2248 del 1865, art. 4 - la stessa legittimità dell'esercizio del potere di revoca, diversamente qualificando l'atto dell'amministrazione, che invero - ad avviso del tribunale - non si sarebbe tradotto nell'emissione di un vero e proprio provvedimento pubblicistico ("tale atipica revoca"), bensì in un atto privatistico volto ad avvalersi della decadenza del beneficiario del finanziamento dal benefiCt) del termine, ex art. 1186 c.c.. Il Tribunale avrebbe dovuto, per converso, sulla base dell'insindacabile provvedimento di revoca del beneficio, tale qualificato dell'amministrazione, ammettere il relativo credito al privilegio, ai sensi della L. n. 449 del 1997, art. 24 e del D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9.

3. Le censure sono fondate.

3.1. Va osservato, al riguardo, che già la disposizione generale in materia di riscossione delle agevolazioni concesse dal Ministero a titolo di incentivi alle imprese, contenuta nella L. n. 449 del 1997, art. 24 - dopo avere previsto che il provvedimento di revoca di tali benefici costituisce titolo per l'iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, art. 67, comma 2, della sorte capitale, degli interessi e delle sanzioni (comma 32) - dispone che "Il diritto alla ripetizione costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'art. 2751-bis c.c., fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi (...)". Di tale inequivoca previsione normativa - che qualifica come privilegiato il credito per la restituzione, conseguente alla revoca da parte dell'amministrazione, da qualsiasi titolo derivi, del finanziamento erogato dal Ministero - il provvedimento del Tribunale impugnato non ha, tuttavia, in alcun modo tenuto conto.

3.2. Del tutto erronea è da reputarsi, peraltro, anche l'interpretazione che il tribunale ha fatto della successiva disposizione di cui al D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9 posta a fondamento del provvedimento impugnato. La norma prevede, al comma 4, che "Nei casi di restituzione dell'intervento in conseguenza della revoca di cui al comma 3, o comunque disposta per azioni o fatti addebitati all'impresa beneficiaria, e della revoca di cui al comma 1, disposta anche in misura parziale purchè proporzionale all'inadempimento riscontrato, l'impresa stessa versa il relativo importo maggiorato di un interesse pari al tasso ufficiale di sconto vigente alla data dell'ordinativo di pagamento, ovvero alla data di concessione del credito di imposta, maggiorato di cinque punti percentuali. In tutti gli altri casi la maggiorazione da applicare è determinata in misura pari al tasso ufficiale di sconto".

Il successivo comma 5 dispone, poi, che "Per le restituzioni di cui al comma 4 i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751-bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi", e che al recupero di tali crediti si provvede con iscrizione a ruolo D.P.R. n. 43 del 1988, ex art. 67, comma 2.

3.3. Orbene, il tribunale ha interpretato tali disposizioni nel senso che il credito derivante dalla restituzione del finanziamento abbia le proprie radici "nell'irregolare ammissione all'intervento o comunque nell'indebito conseguimento del beneficio di legge" (p. 8), considerate come uniche "ipotesi tipicamente disciplinate dalla legge", nelle quali l'ente erogatore avrebbe diritto al "trattamento privilegiato del credito restitutorio". Sicchè il riferimento alle gravi inadempienze del beneficiario ed ai fatti imputabili al medesimo non potrebbe in alcun modo essere inteso come riferito alla "mancata restituzione di un finanziamento regolarmente concesso", venendo in siffatta ipotesi in considerazione una patologia "meramente attinente al rapporto di credito (della P.A.) ormai instaurato e non già alle condizioni concessorie ed alla ratio giustificatrice della sovvenzione" (p. 7). Si tratterebbe, in altri termini, ad avviso del Tribunale, di una "atipica revoca", che non integrerebbe la fattispecie provvedimentale tipica, che sola potrebbe dare origine al credito restitutorio privilegiato, ai sensi delle norme succitate.

3.4. Tanto premesso, va osservato, in proposito, che il D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9 disciplina la revoca dei benefici (previsti dal precedente art. 7), la misura delle restituzioni in conseguenza della revoca e prevede le ipotesi in cui opera il privilegio. In particolare, la revoca dei benefici è prevista: a) in caso di "assenza di uno o più requisiti, ovvero di documentazione incompleta o irregolare, per fatti comunque imputabili al richiedente e non sanabili" (comma 1); b) nel caso in cui "i beni acquistati con l'intervento siano alienati, ceduti o distratti nei cinque anni successivi alla concessione, ovvero prima che abbia termine quanto previsto dal progetto ammesso all'intervento" (comma 3); c) nel caso di "azioni o fatti addebitati all'impresa beneficiaria" e - più in generale - "in tutti gli altri casi" (comma 4). Gli interventi pubblici di sostegno all'economia si realizzano, dunque, attraverso un procedimento complesso, in cui la fase di natura amministrativa di selezione dei beneficiari in vista della realizzazione di interessi pubblici è seguita da un negozio privatistico di finanziamento o di garanzia, nella cui struttura causale si inserisce la destinazione delle somme ad uno specifico scopo. La deviazione dallo scopo, nei casi suindicati, così come l'inadempienza a tale rapporto negoziale, determina la violazione della causa del contratto di finanziamento o di garanzia e costituisce - attesa la stretta connessione sussistente tra le due fasi del complesso procedimento in esame - presupposto alla revoca del beneficio erogato (cfr. Cass., 20/09/2017, n. 21841).

In altri termini, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, anche la patologia inerente alla successiva fase - sebbene di carattere negoziale - concernente la gestione del rapporto di credito insorto per effetto della concessione, può incidere su quest'ultima e comportare la revoca del beneficio e la conseguente insorgenza del diritto dell'amministrazione alla restituzione.

3.5. E' in tale contesto che si colloca, quindi, - come dianzi detto - il privilegio di cui all'art. 9, comma 5, secondo il quale "per le restituzioni di cui al comma 4, i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'art. 2751 bis c.c. e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi". La norma rinvia, pertanto, ai fini dell'applicazione del privilegio generale - con una locuzione volutamente generica ed onnicomprensiva - ai "crediti nascenti dai finanziamenti" di cui al comma 4 (che disciplina, come si è detto, la revoca di tutte le somme erogate), facendo, pertanto, inevitabilmente riferimento a tutti i crediti relativi ai finanziamenti erogati, e poi revocati, alla impresa; ossia - non soltanto, come ha inteso il tribunale ai crediti aventi la loro fonte nell'irregolare concessione dell'intervento o nell'indebito conseguimento del beneficio - ma anche a quelli derivanti, come nella specie, da "ragioni o fatti addebitati all'impresa beneficiaria" o da qualsiasi altra ragione ("in tutti gli altri casi"), anche se attinente alla fase negoziale successiva all'erogazione del contributo.

Tale opzione interpretativa è, invero, perfettamente in linea con le finalità proprie dei finanziamenti e con le necessarie garanzie che Io Stato introduce per la tutela delle proprie ragioni di credito, anche al fine di consentire alle risorse pubbliche di trovare adeguata protezione, al fine di realizzare l'interesse pubblicistico al reimpiego di quelle stesse risorse già messe a disposizione delle imprese per scopi frustrati dall'inadempienza delle medesime agli obblighi assunti (Cass. 21841/2017; Cass., 02/03/2012, n. 3335, nel senso che il presupposto unico del diritto dello Stato alle restituzioni, garantito dal privilegio di cui al D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9, comma 5 è che si tratti di interventi di sostegno pubblico alle imprese, erogati in forza del medesimo decreto legislativo).

3.6. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, i ricorsi principale ed incidentale devono essere accolti.

4. L'accoglimento dei ricorsi comporta la cassazione dell'impugnata sentenza con rinvio al Tribunale di Brescia in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame del merito della controversia facendo applicazione dei principi di diritto suesposti, e provvedendo, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata; rinvia al Tribunale di Brescia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2018.