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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19944 - pubb. 14/06/2018.

Crediti prededucibili maturati per l'accesso al concordato preventivo e rapporto di strumentalità con le finalità della procedura


Cassazione civile, sez. I, 12 Dicembre 2017, n. 29805. Est. Mercolino.

Fallimento - Crediti prededucibili - Rapporto di strumentalità con le finalità della procedura - Necessità


In tema di prededucibilità nel successivo fallimento dei debiti contratti ai fini dell'acquisizione delle risorse necessarie per l'accesso alla procedura di concordato preventivo, va ribadita la necessità che l'assunzione del debito sia riferibile all'attività degli organi della procedura, in tal senso interpretandosi la prescrizione del nesso di occasionalità (Cass., Sez. 6, 7 ottobre 2016, n. 20113), richiedendosi, in alternativa, che i creditori ammessi al voto siano posti in grado di esprimere le necessarie valutazioni circa la convenienza del concordato e di formulare una ragionevole prognosi sulle effettive possibilità di adempimento (Cass., Sez. 6, 7 marzo 2017, n. 5662), con la conseguente sottolineatura dell'esigenza di effettività del rapporto di strumentalità con le finalità della procedura. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Segnalazione del Dott. Silvio Reni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello - Presidente -

Dott. MERCOLINO Guido - rel. Consigliere -

Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere -

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo - Consigliere -

Dott. FRAULINI Paolo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

Svolgimento del processo

1. Con decreto del 19 marzo 2012, il Tribunale di Bari ha rigettato l'opposizione proposta dalla M. S.p.a. avverso lo stato passivo del fallimento della (*) S.r.l., negando l'ammissione al passivo in prededuzione di un credito di Euro 50.000,00, già ammesso al passivo in via chirografaria a titolo di restituzione dell'acconto versato sul corrispettivo di un ramo d'azienda della società fallita, promesso in vendita all'opponente con scrittura privata del 22 dicembre 2009.

Premesso che il contratto preliminare prevedeva che l'acconto sarebbe stato pari al primo versamento delle spese di giustizia che il Tribunale avrebbe stabilito con il decreto di ammissione della promittente alla procedura di concordato preventivo, mentre il saldo sarebbe stato corrisposto dopo l'omologazione, il Tribunale ha escluso l'applicabilità del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 111, u.c., osservando che il credito non trovava il proprio titolo giuridico nella procedura, ma in un rapporto obbligatorio tra la ricorrente e la società poi fallita, mentre il riferimento al decreto di ammissione al concordato preventivo costituiva esclusivamente un criterio di determinazione dell'importo dovuto. Ha richiamato in proposito un precedente di legittimità riguardante un mutuo contratto per far fronte alle spese della procedura, nonchè il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, rilevando che i crediti derivanti da finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione al concordato, non prededucibili prima dell'entrata in vigore di tale decreto, lo erano divenuti in seguito soltanto a determinate condizioni.

2. Avverso il predetto decreto la M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. Il curatore del fallimento ha resistito con controricorso, anch'esso illustrato con memoria.

 

Motivi della decisione

1. Con l'unico motivo d'impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., art. 111, comma 2, L. Fall., art. 163, n. 4 e L. Fall., art. 182-quater, nonchè l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nell'escludere la prededucibilità del credito, il decreto impugnato non ha considerato che lo stesso aveva ad oggetto una somma versata in ottemperanza ad un provvedimento del Tribunale per far fronte alle spese del concordato preventivo, a seguito di un'offerta di acquisto espressamente condizionata all'ammissione alla procedura. Contesta la rilevanza del precedente giurisprudenziale richiamato, in quanto riguardante una fattispecie anteriore alla modificazione della L. Fall., art. 111, aggiungendo che il D.L. n. 78 del 2010, ha esteso la prededucibilità ai crediti derivanti da finanziamenti contratti in funzione di un concordato preventivo, e precisando che la L. Fall., art. 111, si limita a menzionare i crediti sorti in occasione della procedura, senza richiedere un rapporto funzionale necessario con il buon esito della stessa e l'utilità per i creditori anteriori.

1.1. Il motivo è infondato.

Questa Corte ha infatti affermato che della L. Fall., art. 111, comma 2, nell'affermare la prededucibilità dei crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, li individua sulla base di un duplice criterio, cronologico e teleologico, in tal modo prefigurando un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte all'interno della procedura, ma tutte quelle che interferiscono con l'amministrazione fallimentare e, conseguentemente, sugli interessi del ceto creditorio. E' stato tuttavia precisato che il carattere alternativo dei predetti criteri non consente l'estensione della prededucibilità a qualsiasi obbligazione caratterizzata da un sia pur labile collegamento con la procedura concorsuale, dovendosi in ogni caso accertare, con valutazione da compiersi ex ante, il vantaggio arrecato alla massa dei creditori, con apprezzamento che, risolvendosi in un'indagine di fatto, è riservato al giudice di merito ed è censurabile in cassazione solo per vizio di motivazione (cfr. Cass., Sez. 1, 5/12/2016, n. 24791; Cass., Sez. 6, 18/12/2015, n. 25589).

La predetta valutazione nella specie ha condotto all'esclusione della prededucibilità del credito, in virtù della considerazione che lo stesso, avente ad oggetto la restituzione dell'acconto versato sul corrispettivo di un contratto preliminare di compravendita stipulato in data anteriore all'ammissione della società fallita alla procedura di concordato preventivo, non trovava il proprio titolo nella stessa, ma in un rapporto obbligatorio intercorrente tra la promissaria e la società fallita e privo di qualsiasi collegamento con il concordato, al di fuori della determinazione dell'importo dovuto con riferimento a quello del primo versamento per spese di giustizia, stabilito con il decreto di ammissione alla predetta procedura.

Tale apprezzamento trova conforto in una pluralità di precedenti della giurisprudenza di legittimità, riguardanti debiti contratti ai fini dell'acquisizione delle risorse necessarie per l'accesso alla procedura di concordato preventivo, nell'ambito dei quali è stata espressamente segnalata la necessità che l'assunzione del debito sia riferibile all'attività degli organi della procedura, in tal senso interpretandosi la prescrizione del nesso di occasionalità (cfr. Cass., Sez. 6, 7/10/2016, n. 20113, relativa alla restituzione della caparra versata per la stipulazione di un preliminare di compravendita autorizzato dal giudice delegato e scioltosi per volontà del curatore, ai sensi della L. Fall., art. 72, a seguito della dichiarazione di fallimento della promittente venditrice), richiedendosi, in alternativa, che i creditori ammessi al voto siano posti in grado di esprimere le necessarie valutazioni circa la convenienza del concordato e di formulare una ragionevole prognosi sulle effettive possibilità di adempimento (cfr. Cass., Sez. 6, 7/03/2017, n. 5662, relativa al rimborso di un mutuo contratto ai fini del deposito dell'acconto per le spese necessarie per la procedura), con la conseguente sottolineatura dell'esigenza di effettività del rapporto di strumentalità con le finalità della procedura.

Il predetto rapporto nella specie non può essere in alcun modo desunto dalla mera circostanza che il preliminare di compravendita sia stato stipulato per procurarsi i mezzi necessari per la presentazione della domanda di ammissione al concordato, e tantomeno dal rinvio al relativo decreto per la determinazione dell'importo dell'acconto o dalla subordinazione dell'offerta di acquisto all'accesso della promittente alla procedura, trattandosi di elementi che, indipendentemente dall'esito della predetta iniziativa, appaiono obiettivamente insufficienti a comprovare il vantaggio arrecato ai creditori, ed al più idonei ad attestare l'interesse della promittente all'istanza.

2. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

 

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2017.