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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19943 - pubb. 14/06/2018.

Obblighi di fare o di non fare: l'ordinanza del G.E. che abbia aggiunto ulteriori obblighi rispetto a quanto indicato nel titolo esecutivo non è impugnabile


Cassazione civile, sez. III, 09 Marzo 2018, n. 5642. Est. D'Arrigo.

Esecuzione forzata - Obblighi di fare e di non fare - Procedimento esecutivo - Ordinanza ex art. 612 c.p.c. - Contenuto decisorio in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo e all'ammissibilità dell'azione esecutiva - Illegittimità - Natura di sentenza - Esclusione - Rimedio esperibile - Introduzione del giudizio di merito ex art. 616 c.p.c.


In tema di esecuzione forzata per obblighi di fare o di non fare, l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 612 c.p.c., che abbia aggiunto ulteriori obblighi rispetto a quanto indicato nel titolo esecutivo ed assunto pertanto contenuto decisorio in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all'ammissibilità dell'azione esecutiva, non può considerarsi neppure quando abbia provveduto sulle spese giudiziali come una sentenza decisiva di un'opposizione all'esecuzione (e quindi impugnabile con i rimedi all'uopo previsti), consistendo essa nel provvedimento definitivo della fase sommaria di tale opposizione, sicché la parte interessata può tutelarsi introducendo il relativo giudizio di merito ex art. 616 c.p.c. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita - Presidente -

Dott. SCODITTI Enrico - Consigliere -

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana - Consigliere -

Dott. TATANGELO Augusto - Consigliere -

Dott. D’ARRIGO Cosimo - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

 

Svolgimento del processo

M.S. adiva il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Rieti, ai sensi dell'art. 612 c.p.c., per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare cui erano stati condannati X., Y.Ro. e L.M. con la sentenza n. 57/2012 del medesimo Tribunale, sezione staccata di Poggio Mirteto.

La procedura esecutiva, iscritta al n. 390/2012 r.g.e., veniva definita con ordinanza pubblicata il 19 marzo 2013.

Avverso tale ordinanza i Y. e la L. proponevano appello, ritenendo che la stessa avesse natura di sentenza, in quanto il giudice dell'esecuzione aveva imposto l'attuazione di obbligazioni ulteriori rispetto a quanto indicato nel titolo esecutivo.

La Corte d'appello di Roma accoglieva il gravame e, riformando parzialmente l'ordinanza impugnata, espungeva da tale provvedimento una delle prestazioni di cui era stata prevista l'esecuzione forzata. Compensava interamente le spese del grado.

Avverso tale sentenza ricorre M.S., con ricorso articolato in sette motivi. X. e L.M. resistono con controricorso, seguito da memoria difensiva ai sensi dell'art. 378 c.p.c., Y.Ro. non ha svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

Va affrontata anzitutto la questione preliminare, formulata con le memorie difensive dal Y., secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile in quanto il M., proponendo istanza di prosecuzione nell'azione esecutiva, avrebbe prestato acquiescenza alla sentenza impugnata.

L'eccezione è infondata, in quanto la circostanza che il creditore abbia ridato corso all'azione esecutiva, nei limiti fissati dalla Corte d'appello, non implica alcuna acquiescenza alla sentenza impugnata nella parte in cui non lo soddisfa. Non vi è, infatti, alcuna incompatibilità fra la domanda mirata all'accertamento del diritto ad un facere più ampio e l'azione esecutiva con cui il medesimo creditore agisce per l'attuazione forzata quantomeno della parte non controversa dell'obbligo di fare.

Con i primi quattro motivi di ricorso si censura la sentenza impugnata, sotto diversi aspetti, nella parte in cui ha ritenuto ammissibile l'appello proposto avverso l'ordinanza pronunciata dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 612 c.p.c.

Tali motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati e la sentenza deve essere cassata, con assorbimento delle ulteriori censure.

Infatti, questa Corte, rivedendo un proprio precedente orientamento (fra le altre: Sez. 3, Sentenza n. 14208 del 23/06/2014, Rv. 631575), ha di recente affermato che l'ordinanza resa ai sensi dell'art. 612 c.p.c., che illegittimamente abbia risolto una contesa tra le parti, così esorbitando dal profilo funzionale proprio dell'istituto, non è mai considerabile come una sentenza in senso sostanziale, decisiva di un'opposizione ex art. 615 c.p.c., ma da luogo, anche qualora contenga la liquidazione delle spese giudiziali, ad una decisione soltanto sommaria, in quanto da ritenersi conclusiva della fase sommaria di una opposizione all'esecuzione, rispetto alla quale la parte interessata può tutelarsi introducendo un giudizio di merito ex art. 616 c.p.c. (Sez. 3, Sentenza n. 15015 del 21/07/2016, Rv. 642689; Sez. 3, Sentenza n. 7402 del 23/03/2017, Rv. 643692).

Pertanto, dal momento che all'ordinanza del giudice dell'esecuzione in nessun caso poteva essere riconosciuto valore sostanziale di sentenza, l'appello proposto dai Y. e dalla L. era inammissibile. Gli stessi, semmai, avrebbero dovuto far valere le loro difese proponendo opposizione all'esecuzione, ovvero proseguendo il giudizio di opposizione nel merito, ai sensi dell'art. 616 c.p.c.

La sentenza impugnata, dunque, va cassata senza rinvio ai sensi dell'art. 382 c.p.c., u.c.

Ai sensi dell'art. 385 c.p.c., comma 2, anche in considerazione della circostanza che il riferito mutamento dell'orientamento di questa Corte è intervenuto in corso di giudizio (overruling), dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell'intero giudizio.

 

P.Q.M.

accoglie i primi quattro motivi, dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell'intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2018.