Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19735 - pubb. 23/05/2018

La 'datio in solutum' è revocabile ex art. 2901 c.c. perché è soprattutto un atto di natura discrezionale anche se per l'adempimento di debito scaduto

Cassazione civile, sez. VI, 14 Novembre 2017, n. 26927. Est. Loredana Nazzicone.


Fallimento - Azione revocatoria ordinaria - Cessione di beni con imputazione del prezzo a compensazione di un debito scaduto - “Datio in solutum” - Adempimento di un debito scaduto ai sensi dell'art. 2901, comma 3, c.c. - Esclusione - Assoggettabilità a revocatoria ordinaria - Fondamento



La “datio in solutum”, (nella specie attuata mediante la cessione di beni con imputazione del prezzo a compensazione di un debito scaduto), costituisce modalità anomala di estinzione dell’obbligazione ed è quindi assoggettabile all'azione revocatoria ordinaria promossa dal curatore ex art. 66 l.fall., sottraendosi all’inefficacia ai sensi dell’art. 2901, comma 3, c.c. solo l’adempimento di un debito scaduto in senso tecnico e non un atto discrezionale, dunque non dovuto, come la predetta cessione, in cui l’estinzione dell’obbligazione è l’effetto finale di un negozio soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda - Presidente -

Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere -

Dott. VALITUTTI Antonio - Consigliere -

Dott. TERRUSI Francesco - Consigliere -

Dott. NAZZICONE Loredana - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

 

RILEVATO

- che la parte ricorrente ha proposto ricorso, sulla base di un motivo, avverso il decreto del Tribunale di Forlì del 18 luglio 2016, il quale ha accolto l'opposizione allo stato passivo del fallimento (*) S.p.A., ammettendo il credito di Intermedia Holding S.p.A. di Euro 1.016.196,11 e di Euro 224.187,43 per interessi convenzionali, in chirografo;

- che si difende l'intimata con controricorso;

- che e' stata ravvisata la sussistenza dei presupposti per la trattazione camerale, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c.;

- che la ricorrente ha depositato la memoria.

 

CONSIDERATO

- che il motivo deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2901 c.c., comma 3, avendo il tribunale affermato che l'eccezione revocatoria non potesse essere accolta, attesa l'esenzione per gli atti di adempimento di debito scaduto, prevista dal comma predetto: il quale, invece, resta inapplicabile alla datio in solutum;

- che esso e' manifestamente fondato;

- che, infatti, il tribunale ha ritenuto come: a) è provata l'erogazione del finanziamento di Euro 10.000.000,00, contratto opponibile al fallimento, donde il conseguente debito restitutorio; b) le cessioni di immobili, con parziale imputazione del prezzo a compensazione del credito per restituzione, derivante dal finanziamento, hanno data certa; e) ai sensi dell'art. 2901 c.c., comma 3, non e' revocabile l'adempimento di un debito scaduto, onde per la revoca delle datio in solutum restava solo l'azione L. Fall., ex art. 67; l'eccezione revocatoria L. Fall., ex art. 67, comma 1, nn. 1 e 2, e' tardiva, in quanto, trattandosi di cessioni perfezionate tra luglio 2010 ed agosto 2011, e' decorso sia il termine semestrale, sia quello annuale, previsti da tali disposizioni;

- che, tuttavia, l'assunto sub c) e' validamente censurato dalla ricorrente, atteso il principio secondo cui la regola della non sottoponibilita' all'azione revocatoria dell'adempimento di un debito scaduto, fissata dall'art. 2901 c.c., comma 3, trova applicazione solo con riguardo all'adempimento in senso tecnico, e non con riguardo a negozi riconducibili ad un atto discrezionale, dunque non dovuto in senso proprio, per il quale l'estinzione dell'obbligazione e' l'effetto finale di un negozio, soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtu' del quale il pagamento e' dovuto (Cass. 10 dicembre 2008, n. 28981, con riguardo alla cessione pro solvendo di tutti i crediti presenti e futuri vantati, fino ad un determinato importo, dal debitore verso un terzo): onde, se l'estinzione del debito avviene attraverso una datio in solutum, si verifica una scelta volitiva, da parte del debitore in accordo con il creditore, sufficiente ad escludere il carattere di "atto dovuto" dal meccanismo negoziale prescelto (cfr. Cass. 17 maggio 2010, n. 12045, in motivazione);

- che, in definitiva, il tribunale non ha applicato il principio, secondo cui la datio in solutum costituisce modalità anomala di estinzione dell'obbligazione, come tale assoggettabile all'azione revocatoria ordinaria, promuovibile dal curatore L. Fall., ex art. 66;

- che non giova, in contrario, sostenere, come si afferma nel controricorso, che il tribunale avrebbe di fatto ritenuto insussistenti i presupposti anche dell'azione revocatoria ordinaria, dato che il decreto impugnato ha in radice negato la revocabilità del pagamento del debito scaduto ai sensi dell'art. 2901 c.c., comma 3, tale essendo la ratio decidendi al riguardo, la quale tuttavia come esposto non e' conforme ai principi regolanti la materia; mentre le ulteriori affermazioni risultano, a questo punto, rese solo ad abundantiam;

- che questa Corte ha altresì precisato come "l'irrevocabilità dell'atto di disposizione (non) può conseguire alla dimostrazione da parte del debitore dell'assenza di alternative per soddisfare il debito scaduto, principio applicabile in relazione a fattispecie disciplinate dall'art. 2901 c.c., ma non nell'ambito revocatoria di cui alla L. Fall., art. 66, posta a tutela della par condicio creditorum" (Cass. 10 dicembre 2008, n. 28981, cit.);

- che la cassazione del decreto impugnato si impone, affinché' il giudice del merito esamini la sussistenza dei presupposti dell'azione revocatoria L. Fall., ex art. 66 e art. 2901 c.c., dovendosi al medesimo demandare anche la liquidazione delle spese di legittimità.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per la liquidazione delle spese di legittimità, al Tribunale di Forlì, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2017.