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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19450 - pubb. 11/01/2018.

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Cassazione civile, sez. I, 19 Giugno 1996. Est. Graziadei.

Ammissione al passivo - Dichiarazioni tardive - Riscossione delle imposte - Concessionario del servizio - Insinuazione tardiva nella procedura concorsuale - Compensi del Concessionario - Predeterminazione ex art. 61 quarto comma del d.P.R. n. 43 del 1988 - Deroga all'art. 101 quarto comma legge fall.- Esclusione - Conseguenze


In tema di riscossione delle imposte, l'art. 61 quarto comma del d.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43, il quale, integrato con i decreti ministeriali emanati in base alla delega con esso conferita, accorda al concessionario del relativo servizio compensi predeterminati (non forfettizzati), pure con riferimento al caso della insinuazione tardiva in procedura concorsuale, non deroga all'art. 101 quarto comma della legge fallimentare. Ne consegue, in applicazione di quest'ultima norma, che anche detto concessionario sopporta le spese inerenti al ritardo nella presentazione della domanda di ammissione al passivo, ove non ne provi la dipendenza da fatto non imputabile. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Michele CANTILLO Presidente

" Gian Carlo BIBOLINI Consigliere

" Vincenzo FERRO "

" Giulio GRAZIADEI Rel. "

" Francesco Maria FIORETTI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

FALLIMENTO DI MARINA, GERMANO E BARTOLOMEO DUTTO, in persona del Curatore Dott. Ezio Bellora, elettivamente domiciliato in Roma, lungotevere dei Mellini n. 51, presso l'Avv. Giorgio Ghia, che, con l'Avv. Pabrizio Pia, lo difende per procura a margine del ricorso;

Ricorrente

contro

SERVIZIO RISCOSSIONE TRIBUTI-CONCESSIONE DI TORINO AMBITO A, gestito dalla S.p.a. Cassa di risparmio di Torino, in persona del legale rappresentante Dott. Edoardo Massaglia, elettivamente domiciliato in Roma, via Augusto Aubry n. 3, presso l'Avv. Giorgio Boccadamo, difeso dall'Avv. Dante Gilli per procura in calce al controricorso;

Resistente

per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Torino n. 17 dell'8 gennaio 1993, notificata il 27 successivo;

sentiti il Cons. Graziadei, che ha svolto la relazione della causa;

il Pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore generale Vincenzo Maccarone, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

FATTO

Il Servizio riscossione tributi-Concessione Torino A, gestito dalla locale Cassa di risparmio, nel settembre 1990 ha presentato domanda tardiva d'ammissione al passivo del fallimento di Bartolomeo Dutto, dichiarato dal Tribunale di Torino, unitamente a quello degli altri soci Marina e Germano Dutto, per effetto del fallimento della S.n.c. Stereo Club; con tale domanda ha fatto valere un credito privilegiato di lire 431.210, a titolo d'IRPEF (ed accessori) inerente al 1985, ed inoltre un credito di lire 19.500, a titolo di spese (lire 12.000 per diritti d'insinuazione, lire 3.000 per diritti di iscrizione a ruolo, lire 4.500 per diritti di comparizione). Il Tribunale di Torino, aderendo alle eccezioni del Curatore, ha respinto la pretesa con riferimento alle indicate spese, sul rilievo che difettava la condizione della non imputabilità del ritardo nella presentazione dell'istanza, ai sensi dell'art. 101 ultimo comma del r.d. 16 marzo 1942 n. 267.

Tale pronuncia è stata riformata dalla Corte d'appello di Torino, la quale ha ammesso al passivo, sempre con prelazione, anche il suddetto importo di lire 19.500.

La Corte d'appello, nel condividere sul punto le tesi del creditore, ha considerato che il d.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43 è radicalmente innovativo del precedente sistema di riscossione delle imposte, e, in particolare, con l'art. 61 quarto comma, poi integrato da decreti ministeriali "delegati", introduce, in favore dei servizi all'uopo incaricati, compensi predeterminati, non forfettizzati, anche con riferimento all'insinuazione tardiva nelle procedure concorsuali; su queste premesse ha ritenuto che la nuova disciplina comporti deroga alla citata disposizione della legge fallimentare, con esenzione dei servizi di riscossione, al fine del recupero delle spese di detta insinuazione, dall'onere di provare situazioni giustificative del ritardo.

Il Fallimento, con atto notificato il 18 marzo 1993, ha chiesto la cassazione della sentenza della Corte di Torino, riproponendo, con un unico motivo di ricorso, l'assunto della persistente operatività, pure per i servizi di riscossione delle imposte, della regola della rimborsabilità delle spese in discussione solo previa dimostrazione della impossibilità di domandare l'ammissione al passivo nel rispetto dei termini ordinari.

Il Servizio riscossione Torino A ha replicato con controricorso.

DIRITTO

Il ricorso è fondato, sulla scorta e nei limiti delle seguenti osservazioni.

L'art. 101 ultimo comma della legge fallimentare, nello stabilire che il creditore istante sopporta le spese conseguenti al ritardo nella presentazione della domanda di ammissione al passivo, salvo che ne provi la dipendenza da causa a lui non imputabile, esprime un puntuale corollario del principio della "par condicio"; in difetto di quella prova (che solo l'interessato può dare) è presumibilmente ascrivibile a negligenza la posteriorità dell'iniziativa del creditore rispetto alla formazione dello stato passivo, e di conseguenza resta preclusa la qualificabilità dei relativi costi come componenti del credito opponibili agli altri partecipanti al riparto.

Per le procedure esecutive inerenti a crediti d'imposta l'art. 61 quarto comma del d.P.R. n. 43 del 1988 riconosce ai concessionari il recupero delle spese, nella misura da determinarsi, per ciascun adempimento, in base ad apposite tabelle approvate dal Ministro delle finanze.

Tali tabelle, elaborate in conformità della delega, prevedono, fra i vari adempimenti, quelli relativi all'istanza tardiva d'insinuazione nel fallimento del contribuente, e fissano l'entità delle somme a detto titolo dovute.

L'art. 61, al pari dei decreti ministeriali che ne completano il contenuto, non si occupa dell'opponibilità del "rimborso-spese" ai creditori concorrenti.

La configurabilità, per i crediti d'imposta, di un'eccezione implicita, nel senso voluto dalla sentenza impugnata, postulerebbe il riscontro della incompatibilità di detto art. 61 con il canone generale posto dall'ultimo comma dell'art. 101 della legge fallimentare.

Siffatta incompatibilità non è ravvisabile.

La norma, che attiene alla quantificazione di un diritto, in fattispecie particolari, non sottintende, come necessario presupposto, l'esistenza ed opponibilità a terzi del diritto stesso (in quelle ipotesi) indipendentemente dalle condizioni in proposito fissate dalle disposizioni che regolano in via generale lo "an debeatur", ma è conciliabile con le disposizioni medesime, mantenendo una sua portata logica ed un suo coerente ambito di applicazione, sotto il profilo della determinazione "tariffaria" dell'entità del credito, quando esso sussista e sia esercitabile secondo la disciplina generale.

Peraltro, ove si volesse cogliere nell'art. 61 del d.P.R. n. 43 del 1988 un significato ambiguo, con potenziale valenza derogativa del principio della legge fallimentare, si dovrebbe risolvere il relativo dubbio in termini negativi, in quanto la diversa interpretazione non si sottrarrebbe a sospetti d'illegittimità, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Il ritardo nell'insinuazione al passivo del concessionario della riscossione delle imposte non è assistito da certezza o da rilevante probabilità di non colpevolezza, per addebitabilità al fatto altrui od al caso fortuito, perché, come può essere effetto inevitabile delle peculiari vicende del rapporto tributario, così può derivare da semplice trascuratezza o negligenza.

L'attribuzione, in favore di detto concessionario ed a discapito degli altri creditori, del rimborso delle spese di insinuazione tardiva, quali che siano le ragioni del ritardo, e quindi pure nel secondo degli indicati casi, porrebbe l'art. 61 del d.P.R. n. 43 del 1988 in aperto conflitto con il precetto costituzionale dell'uguaglianza di trattamento a parità di situazioni, dato che introdurrebbe un vantaggio ingiustificato per un creditore, autorizzandolo a ritardare l'intervento nella procedura fallimentare, anche per mera inerzia, senza subirne i maggiori oneri. Le considerazioni svolte esigono, con l'accoglimento del ricorso, l'annullamento della sentenza impugnata, nonché la prosecuzione della causa in sede di rinvio, affinché, sulla premessa dell'applicabilità dell'art. 101 ultimo comma del r.d. n. 267 del 1942, si esamini la problematica relativa alla presenza o meno della condizione posta dalla norma medesima per l'ammissione al passivo delle spese in discorso.

Al Giudice di rinvio, che si designa in altra Sezione della Corte d'appello di Torino, si affida anche la statuizione sulle spese di questa fase del procedimento.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte d'appello di Torino.

Roma, 19 gennaio 1996

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 19 GIUGNO 1996