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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19421 - pubb. 30/03/2018.

Assistenza al concordato e mancata apertura della procedura: prova della funzionalità e dunque del vantaggio derivato ai creditori


Cassazione civile, sez. I, 06 Marzo 2018, n. 5254. Est. Magda Cristiano.

Fallimento - Prededuzione - Attività del professionista per la presentazione della domanda di concordato preventivo - Mancata apertura della procedura - Prova della funzionalità dell'attività prestata a vantaggio dei creditori


L'art. 111, comma 2, legge fall., nello stabilire che sono considerati prededucibili i crediti sorti in "funzione" di una procedura concorsuale, presuppone che la procedura sia stata aperta e dunque, quanto al concordato, che l'opera prestata sia sfociata nella presentazione della relativa domanda e nell'ammissione dell'impresa alla procedura minore, dimostrandosi in tal modo "funzionale", cioè strumentalmente utile, al raggiungimento quantomeno dell'obiettivo minimale perseguito dal cliente.

Tuttavia, al fine di verificare se l'opera professionale svolta sia stata comunque funzionale all'apertura della procedura, occorre indicare quale sia il fatto storico decisivo che proverebbe che l'attività svolta sia servita allo scopo ed abbia in tal modo avvantaggiato i creditori concorsuali. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio - Presidente -

Dott. CRISTIANO Magda - rel. Consigliere -

omissis

SENTENZA

omissis

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Savona, in parziale accoglimento dell'opposizione allo stato passivo del Fallimento di (*) s.r.l. proposta dal dr. B.D., ha riconosciuto la natura privilegiata, ai sensi dell'art. 2751 bis c.c., n. 2, del credito da questi vantato in corrispettivo dell'attività professionale prestata in favore della società poi fallita, che l'aveva dapprima incaricato di verificare se ricorressero le condizioni per la presentazione di una domanda di concordato preventivo e poi, ricevuto parere negativo, di coadiuvarla nella predisposizione della domanda di auto-fallimento. Il giudice del merito ha invece escluso sia che il credito potesse essere ammesso per l'intero importo (Euro 411.728) preteso dall'opponente, sia che potesse ricevere collocazione in prededuzione: ha rilevato, quanto al primo profilo, che il G.D. aveva correttamente quantificato il compenso, in applicazione del D.P.R. n. 645 del 1992, art. 44, comma 2, lett. b) e art. 26, comma 1 (recte: 645 del 1994) e sulla scorta della situazione patrimoniale di (*) alla data del 30.9.011, nella minor misura di Euro 63.848,84, corrispondente ai minimi tariffari, atteso che B. aveva svolto la medesima attività per altre società del gruppo cui apparteneva la fallita, venendo così ad essere facilitato nel suo compito; quanto al secondo, che non sussistevano i presupposti di cui alla L. Fall., art. 111, comma 2, posto che la domanda di concordato non era stata neppure depositata e l'attività non aveva apportato alcun vantaggio ai creditori concorsuali.

Il decreto, reso pubblico il 25.11.2014, è stato impugnato da B.D. con ricorso per cassazione affidato a sei motivi ed illustrato da memoria.

Il Fallimento intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo, che denuncia violazione della L. Fall., art. 111 nonchè vizio di motivazione, B. lamenta che il credito costituente il corrispettivo dell'attività di studio ed assistenza svolta per verificare se ricorressero le condizioni per l'accesso di (*) al concordato preventivo non sia stato ammesso in prededuzione. Contesta per un verso (traendo argomento dall'intervenuta abrogazione, ad opera del D.L. n. 91 del 2014, convertito nella L. n. 116 del 2014, della norma di interpretazione autentica introdotta dalla L. n. 9 del 2014, art. 11, comma 3-quater di conversione del D.L. n. 145 del 2013) che detto credito assuma natura prededucibile solo nel caso in cui l'incarico abbia esito positivo e la domanda di concordato venga concretamente depositata. Assume, per altro aspetto, che la sua attività è stata comunque utile ai creditori concorsuali, in quanto, consigliando alla cliente di non depositare una proposta di concordato che non avrebbe avuto possibilità di essere approvata, ma di richiedere il proprio fallimento, egli ha evitato i costi inevitabilmente connessi alla procedura minore.

Il motivo, in parte infondato e in parte inammissibile, deve essere respinto. Il ricorrente erra nel ritenere che il credito del professionista per l'attività svolta in favore di un imprenditore, onde verificare la praticabilità dello strumento concordatario quale mezzo di superamento del suo stato di crisi o di insolvenza, abbia sempre natura prededucibile, indipendentemente dall'esito dell'incarico: la L. Fall., art. 111, comma 2, nello stabilire che sono considerati prededucibili i crediti sorti in "funzione" di una procedura concorsuale, presuppone infatti che la procedura sia stata aperta (e dunque, quanto al concordato, che l'opera prestata sia sfociata nella presentazione della relativa domanda e nell' ammissione dell'impresa alla procedura minore, dimostrandosi in tal modo "funzionale", cioè strumentalmente utile, al raggiungimento quantomeno dell'obiettivo minimale perseguito dal cliente).

Non si vede, d'altro canto, in qual modo possa deporre in senso favorevole alla tesi del ricorrente l'avvenuta abrogazione della norma di interpretazione autentica di cui alla L. n. 9 del 2014, art. 11, comma 3-quater riferita esclusivamente al c.d. concordato in bianco o con riserva, che anzi, nel limitarsi a prevedere le condizioni in presenza delle quali i crediti sorti in occasione o in funzione di detta procedura potevano ritenersi prededucibili, dava per scontato che la stessa fosse stata aperta, ovvero che la domanda L. Fall., ex art. 161, comma 6 fosse stata depositata e non fosse stata dichiarata inammissibile.

Non v'è spazio, infine, per verificare nella presente sede di legittimità se l'opera professionale del dr. B. sia stata funzionale all'apertura della procedura fallimentare, atteso che il ricorrente non solo non si duole dell'omessa collocazione in prededuzione del compenso riconosciutogli per l'assistenza prestata per la presentazione da parte di (*) della domanda di fallimento, ma neppure indica - se non in via assiomatica, senza il preciso riferimento ad atti o documenti del giudizio - quale sia il fatto storico decisivo, dedotto in causa ed ignorato dal giudice del merito, che proverebbe, in contrasto con quanto accertato nel decreto impugnato, che l'attività da lui svolta sia servita allo scopo ed abbia in tal modo avvantaggiato i creditori concorsuali.

2) I successivi motivi di ricorso investono tutti la statuizione di rigetto della domanda di ammissione del maggior credito preteso.

B. osserva:

2.1) col secondo motivo, che il tribunale ha ingiustificatamente ritenuto che non potessero essere oggetto di sindacato le scelte del G.D. di applicare i minimi tariffari e decurtare il compenso nella misura massima del 70%;

2.2) con il terzo che, fra i criteri in base ai quali operare la liquidazione, il D.P.R. n. 645 del 1994, art. 3 non contempla quelli assunti a fondamento dal G.D., della complessiva situazione del fallimento e dei rapporti della fallita con altre società del gruppo, anch'esse dichiarate insolventi;

2.3) con il quarto, che è stato erroneamente disapplicato il D.M. n. 169 del 2010, atteso che le prestazioni sono state svolte nel 2011;

2.4) con il quinto, che la liquidazione relativa all'attività prestata per la presentazione dell'istanza di auto-fallimento è stata compiuta sulla scorta dell'errata applicazione dell'art. 26, comma 1, anzichè dell'art. 44, comma 2, lett. b), delle tariffe e di un'altrettanto errata interpretazione del principio di diritto enunciato da Cass. n. 4916/012; che, inoltre, ritenendo in parte assorbito il compenso per le prestazioni relative all'attività di assistenza nella procedura di fallimento in quello liquidato per l'assistenza nella procedura di concordato, il tribunale non avrebbe considerato che la quantificazione degli onorari ai sensi dell'art. 44, comma 2, lett. b) (secondo quanto previsto dal medesimo articolo) non può essere inferiore a quella ottenuta con l'applicazione degli onorari graduali di cui all'art. 26;

2.5) con il sesto, che il passivo sul quale operare la liquidazione del compenso è stato arbitrariamente ricondotto, anzichè a quello definitivamente accertato, alle risultanze della situazione patrimoniale di (*) al 30.9.011.

Le censure sintetizzate sub. 2.3) e sub. 2.5) sono fondate.

Non v'è dubbio, infatti, che il credito - sorto nel 2011 - dovesse essere liquidato sulla scorta delle tariffe approvate col D.M. n. 169 del 2010, applicabili ratione temporis, e che quello relativo all'assistenza della debitrice per l'eventuale proposizione della domanda di concordato dovesse essere quantificato, ai sensi dell'art. 44, comma 2 delle indicate tariffe, sulla base dell'ammontare dei crediti verso la fallita accertati dal professionista (od in quello, eventualmente inferiore, dei crediti ammessi allo stato passivo), atteso che la disposizione stabilisce che per detta attività gli onorari sono determinati applicando una riduzione tra il 50% ed il 70% di quelli previsti dall'art. 43, il quale, a sua volta, riferisce inequivocamente il calcolo del compenso al "passivo definitivamente accertato".

Le censure riportate sub. 2.1.) e sub. 2.2) sono invece inammissibili: la prima perchè, per un verso, non contiene neppure un accenno alle critiche cui il decreto impugnato non avrebbe dato risposta - mosse dall'odierno ricorrente alla motivazione in base alla quale il giudice delegato aveva deciso di applicare la riduzione del 70% ed i minimi tariffari e, per l'altro, non considera che il tribunale, pur affermando in premessa l'insindacabilità di tale decisione, ha in realtà indicato le ragioni per la quali essa era da condividere; la seconda perchè non censura specificamente l'affermazione del giudice a quo, integrante autonoma ratio decidendi, secondo cui rientra fra le "caratteristiche della pratica", individuata dall'art. 3 come uno dei criteri di determinazione del compenso, di per se stesso idoneo a giustificare l'applicazione dei minimi tariffari, il fatto che il professionista abbia svolto le medesime attività per altre società del gruppo, venendo così ad essere facilitato nel suo compito di valutazione della situazione contabile della singola società.

Le censure sintetizzate sub. 2.4) sono, infine, infondate.

Come già affermato nell'ordinanza n. 49016/012 (il cui contenuto sembra essere stato travisato dal ricorrente), l'art. 44, comma 2 delle tariffe trova applicazione nel caso in cui le prestazioni del professionista sono unitarie (e dunque comprendono tutte le fasi della pratica, ovvero attività di esame, studio ed assistenza per la predisposizione della domanda). Se invece il professionista ha assistito il debitore in singole fasi della pratica (solo esame, o solo studio, o solo predisposizione della domanda), l'onorario, secondo quanto espressamente previsto dallo stesso art. 44, comma 8 si determina in base all'art. 26.

Nel caso di specie, secondo ciò che è stato accertato dal giudice del merito, la prestazione del dr. B. ha riguardato tutte le fasi della domanda di concordato, ma - quanto alla domanda di fallimento - solo la fase della sua predisposizione, atteso che le precedenti attività, di esame e di studio, erano già state compiute in sede di valutazione della fattibilità della proposta concordataria: ne consegue che il compenso relativo all'unica attività di assistenza nella procedura fallimentare non ricompresa in quelle di assistenza nella procedura di concordato (compenso che pertanto non poteva ritenersi assorbito in quello liquidato per il precedente incarico) è stato correttamente determinato ai sensi del citato art. 26, comma 1.

Ciò precisato, risulta palese l'infondatezza del secondo rilievo del ricorrente, che lungi dal lamentare che il credito liquidatogli ai sensi del ridetto art. 44, comma 2, lett. b), per la valutazione della fattibilità del concordato, è inferiore a quello che gli sarebbe spettato calcolandolo ai sensi dell'art. 26, pretende di operare la comparazione in relazione al diverso credito, relativo alla predisposizione della domanda di fallimento, calcolabile in via esclusiva ai sensi di tale secondo articolo.

All'accoglimento del quarto e del sesto motivo del ricorso conseguono la cassazione del decreto impugnato ed il rinvio della causa, per un nuovo esame, al Tribunale di Savona in diversa composizione, che regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto ed il sesto motivo del ricorso e rigetta nel resto; cassa il provvedimento impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Savona, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2018