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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19045 - pubb. 01/07/2010.

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Tribunale di Roma, 15 Dicembre 2017. .

Società - Denuncia di gravi irregolarità - Oggetto del giudizio demandato al tribunale - Violazioni rilevanti - Violazione di doveri idonei a compromettere il corretto esercizio dell'attività di gestione dell'impresa e a determinare pericolo di danno per la società o per le controllate - Irrilevanza dei doveri gravanti sugli amministratori per finalità organizzative, amministrative, di corretto esercizio della vita della compagine sociale e di esercizio dei diritti dei soci e dei terzi estranei


La nuova formulazione della norma, che fa riferimento all'esistenza del fondato sospetto di "gravi irregolarità nella gestione" - a differenza della precedente formulazione dell'articolo 2409 cod. civ. che richiedeva il "fondato sospetto di gravi irregolarità nell'adempimento dei doveri degli amministratori e dei sindaci" - consente di affermare come non assuma rilievo qualsiasi violazione di doveri gravanti sull'organo amministrativo, ma soltanto la violazione di quei doveri idonei a compromettere il corretto esercizio dell'attività di gestione dell'impresa e a determinare pericolo di danno per la società amministrata o per le società controllate, con esclusione di qualsiasi rilevanza, invece, dei doveri gravanti sugli amministratori per finalità organizzative, amministrative, di corretto esercizio della vita della compagine sociale e di esercizio dei diritti dei soci e dei terzi estranei. Le gravi irregolarità, inoltre, come da giurisprudenza assolutamente prevalente, devono - oltre che riguardare la sfera societaria e non quella personale degli amministratori - essere attuali, per cui nessun provvedimento potrà essere adottato qualora le stesse abbiano esaurito ogni effetto. Infine, esse devono assumere un carattere dannoso nel senso che deve trattarsi di violazione di norme civili, penali, tributarie o amministrative, capaci di provocare un danno al patrimonio sociale e, di conseguenza, agli interessi dei soci e dei creditori sociali ovvero un grave turbamento dell'attività sociale (cfr. App. Salerno, 19 luglio 2005; App. Venezia, 23 luglio 2014; App. Milano, 29 giugno 2012).

Peraltro, per come evidenziato in noti precedenti giudiziari (Trib. Parma, 28 marzo 2013), alla luce dell'opzione legislativa per l'atipicità delle irregolarità, il requisito della gravità postula fatti e deficienze non altrimenti eliminabili, concretanti violazioni di legge e, segnatamente, delle norme civili, penali, amministrative e tributarie a dello statuto e - in virtù del richiamo di cui all'art. 2392, comma 1, c.c. - delle regole generali di gestione diligente nell'interesse sociale e in assenza di conflitti di interesse, che si sostanzino in fatti specificamente determinati e ascrivibili agli amministratori.

Al riguardo, non rilevano né tipo di norma violata né lo stato soggettivo (dolo o colpa) di amministratori e sindaci (come si evince pure dall'abbandono della nozione di "adempimento" di cui alla previgente formulazione), non essendo il procedimento instaurato in seguito a un ricorso presentato ai sensi dell'art. 2409 c.c. direttamente collegato all'esercizio dell'azione di responsabilità.

Peraltro, pur non potendosi il giudizio del tribunale basarsi su mere supposizioni e/o su indimostrati rilevi critici, appare sufficiente che sussistano elementi di sicuro affidamento che, pur non assurgendo al livello di prova piena, abbiano tuttavia riscontri obiettivi che vanno al di là del mero sospetto (Trib. Novara, 21 maggio 2012; Trib. Mantova, 9 dicembre 2008).

Quanto al requisito dell'attualità, non rilevano ai fini del procedimento de quo vicende societarie ormai esaurite e non ulteriormente produttive di possibili effetti nocivi, non potendosi dar luogo all'intervento dell'autorità giudiziaria quando sia già stato ripristinato l'ordine amministrativo e gli effetti della condotta siano ormai intangibili, come si evince anche dalla previsione di cui all'art. 2409, comma 3, c.c. Inoltre, le irregolarità devono essere idonee alla causazione di un danno alla società. Deve reputarsi sufficiente il mero pericolo di danno futuro, purché patrimonialmente rilevante, alla società; viceversa, eventuali profili di danno ai singoli soci, ai creditori sociali e ai terzi non rivestono alcuna rilevanza ai fini dell'art. 2409 c.c., al pari di denunce pretestuose o dettate da meri motivi di disturbo da parte della minoranza.

Ne consegue che sono irrilevanti le censure attinenti al merito (inteso come opportunità o convenienza) delle scelte gestionali, con due eccezioni: in primo luogo, le scelte palesemente irragionevoli o negligenti, atteso che, come si è detto; il controllo dell'autorità giudiziaria è di legalità e di regolarità della gestione, intesa quale attività materiale e giuridica diretta alla realizzazione dell'oggetto sociale in modo conveniente, cioè tale che la quantità delle risorse complessivamente consumate nella produzione dei beni e .dei servizi sia inferiore o corrispondente ai ricavi; in secondo luogo, il tribunale può sindacare anche il merito delle scelte economiche compiute dagli amministratori in conflitto di interessi, e segnatamente quelle in pregiudizio della società da loro amministrata, ma conformi all'interesse del socio di maggioranza, a condizione che ricorra l'ulteriore presupposto della potenzialità del danno per la società stessa, In altre parole, il limite derivante dalla cd. business judgement rule non opera laddove si tratti di sindacare non tanto l'osservanza del dovere di diligenza (cd. duty of care) quanto dell'obbligo di fedeltà (cd. duty of loyalty), comunque compreso tra quelli richiamati dall'art. 2409, comma 1, c.c. e sotteso ai precetti normativi in tema di conflitto di interessi. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)