Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 18900 - pubb. 10/01/2017

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Cassazione civile, sez. I, 04 Aprile 1998, n. 3495. Est. De Musis.


Capacità del fallito - Nel caso di azione personale di un creditore (richiesta di decreto ingiuntivo) rivolta a far valere l'ipoteca concessa da un terzo - Sussistenza



Se il creditore, il quale abbia chiesto l'ammissione al passivo di un suo credito, agisca in via ordinaria nei confronti del fallito personalmente, per ottenere una pronuncia (nella specie : decreto ingiuntivo) sullo stesso credito, al fine di procedere esecutivamente nei confronti di un terzo che, anteriormente al fallimento, abbia dato ipoteca su un proprio immobile per obbligazioni del futuro fallito, quest'ultimo è processualmente capace. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Pasquale REALE - Presidente -

Dott. Rosario DE MUSIS - Rel. Consigliere -

Dott. Alberto PIGNATARO - Consigliere -

Dott. Giuseppe MARZIALE - Consigliere -

Dott. Luigi MACIOCE - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

DARI SpA, inn persona dell'Amministratore Unico pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA SESTO RUFO 23, presso l'avvocato MOSCARINI LUCIO V., che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato RAFFAELE POGGESCHI, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

FINCECCATO SpA già CEDA Srl, in persona del Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA MARCHE 54, presso l'avvocato GIANCARLO PEZZANO, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1321/95 della Corte d'Appello di BOLOGNA, depositata il 22/11/95;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'11/11/97 dal Consigliere Dott. Rosario DE MUSIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo MACCARONE che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Svolgimento del processo.

Il 4-12-1984 la s.r.l. "Immobiliare Fada" concesse ipoteca per lire 200.000.000 su un suo immobile a favore della s.r.l. "CEDA" a garanzia di obbligazioni assunte nei confronti di questa dalla s.p.a. " DARI ".

Il 24-3-1986 quest'ultima fu dichiarata fallita e la "CEDA" fu ammessa al passivo in via chirografaria , per lire 903.502.755. Con ricorso 7-12-1988 la "CEDA" prevedendo che il suo credito non avrebbe avuto capienza integrale nel fallimento chiese ed ottenne , al dichiarato fine di sottoporre a pignoramento detto immobile , decreto ingiuntivo per lire 200.000.000 a carico della "DARI". Questa propose opposizione e il Tribunale di Bologna , ritenuto che essa , in quanto fallita , era priva di capacità processuale in ordine ai rapporti inerenti al suo patrimonio , ai sensi dell'art.43 della legge fallimentare revocò il decreto.

La pronunzia fu riformata con sentenza del 22-11-1995 , dalla Corte d'appello di Bologna , la quale rigettò l'opposizione affermando :

che per agire nei confronti del terzo datore di ipoteca è necessario il titolo esecutivo nei confronti del debitore ; che il fallimento di costui non consente di poter ottenere decreto ingiuntivo nei suoi confronti perché la legge fallimentare prevede solo l'accertamento dei crediti in sede fallimentare ; che il decreto di ammissione al passivo riveste efficacia solo endofallimentare ; che la incapacità del fallito è non assoluta ma relativa all'ambito del concorso , tanto che può essere rilevata solo dal curatore e non dal terzo , e non di ufficio ; che pertanto doveva ritenersi ammissibile l'azione "de qua" svolta con giudizio ordinario , considerando che essa era l'unica che consentisse al creditore di agire nei confronti del terzo, non era intesa ad aggredire beni del fallimento e non portava ad un giudicato opponibile al fallimento.

Ha proposto ricorso per cassazione la soccombente ha resistito con controricorso la s.p.a. "Finceccato" , incorporante la s.r.l. "CEDA";

entrambe le parti hanno presentato memoria e la resistente altresì note di udienza.

Motivi della decisione.

Con l'unico motivo di ricorso si deduce che la Corte d'appello , ammettendo l'azione monitoria ordinaria direttamente nei confronti del fallito in ordine a parte del credito già ammesso al passivo fallimentare in via chirografaria , azione esercitata al dichiarato fine di munirsi di titolo esecutivo da far valere nei confronti di terzo datore di ipoteca , è incorsa in violazione e falsa applicazione degli artt.42 43 , 44 e segg. legge fallimentare , 2907 e segg. c.c. , 602, 603 e 604 c.p.c. e 24 Costituzione nonché in vizio di motivazione perché non ha rilevato che difettava la capacità processuale del fallito in quanto : a costui residua capacità processuale in ordine ai soli rapporti rimasti estranei al fallimento , e ciò non si verificava nella specie in cui , pur non essendo compreso nel fallimento il bene da escutere , lo era il rapporto di credito al quale era correlata l'escussione ; non è esatto che per agire nei confronti del terzo datore di ipoteca occorra necessariamente munirsi di titolo esecutivo nei confronti del fallito , potendo ottenersi il titolo direttamente nei confronti del terzo ; comunque il titolo esecutivo nei confronti del fallito deve essere ottenuto , secondo la normativa fallimentare , nei confronti del curatore del fallimento.

Si aggiunge che altrimenti - come peraltro rivelava proprio la situazione concreta - sarebbe impossibile per il debitore esercitare la propria difesa, essendo egli all'oscuro delle vicende processuali fallimentari correlate al credito ammesso al passivo. Il motivo è infondato.

La resistente ha eccepito che l'affermazione della Corte d'appello secondo la quale la incapacità del fallito può essere eccepita soltanto dal curatore non ha costituito oggetto di impugnazione specifica e pertanto la pronunzia sul punto sarebbe passata in giudicato.

L'eccezione va disattesa perché l'affermazione non ha concretato la statuizione, costituente autonoma "ratio decidendi" di difetto di legittimazione , ma ha costituito come emerge dal contesto motivazionale , solo una delle argomentazioni , quindi insuscettibile di giudicato , svolte a sostegno della affermazione della relatività della incapacità processuale del fallito.

Il quesito che il ricorso pone consiste nello stabilire se il creditore del fallito possa agire in via non fallimentare nei confronti del curatore ma ordinaria nei confronti del fallito personalmente al fine di ottenere decreto ingiuntivo per somma costituente (parte di) credito (di esso creditore) già ammesso al passivo fallimentare - e che si paventa non possa ricevere integrale capienza -(decreto) da utilizzare per l'esecuzione nei confronti del terzo che anteriormente al fallimento aveva concesso e iscritto ipoteca su un suo bene a favore di detto creditore per debiti del (futuro) fallito.

Va premesso che poiché il titolo di credito in base al quale il creditore deve agire nei confronti del terzo datore di ipoteca è quello concernente il credito vantato nei confronti del fallito deve escludersi che tale titolo possa essere conseguito nei confronti non del fallito ma del terzo : costui difatti in quanto estraneo al rapporto di credito non sarebbe legittimato nel giudizio diretto alla creazione del titolo concernente tale credito.

Va ancora rilevato che è di nessuna rilevanza il fatto che il creditore abbia intrapreso l'azione nei confronti del fallito dichiarando espressamente di farlo al solo fine di perseguire il terzo e non anche il fallimento : il giudicato difatti ha valenza autonoma , la quale prescinde dal motivo , pur espressamente dichiarato , che ha indotto il soggetto ad iniziare l'azione che ha condotto al giudicato stesso.

Va infine rilevato che secondo l'orientamento di questa corte il fallimento importa incapacità del fallito non assoluta ma relativa alla massa dei creditori e pertanto il fallito conserva la capacità - c.d. suppletiva - (non solo per le azioni aventi contenuto personale ma anche) per quelle aventi contenuto patrimoniale nel caso in cui in ordine ai rapporti che le suffragano gli organi fallimentari siano volutamente inerti (cass., n. 1576/1995 ; n.8860/1994).

L'orientamento ora riportato si è formato in ordine a rapporti del fallito non acquisiti al fallimento e pertanto il quesito consiste nello stabilire se la capacità processuale del fallito sussista anche in ordine ad un rapporto che sia stato già acquisito al fallimento : nella specie difatti il credito per il quale è stato chiesto decreto ingiuntivo aveva già costituito oggetto di (domanda di) ammissione al passivo.

Al fine , pur premesso che secondo la normativa fallimentare tutti i rapporti patrimoniali del fallito devono necessariamente trovare tutela nell'ambito concorsuale (art.52) , che nelle relative controversie sta in giudizio il curatore (art.43) e che nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento (art.51) , deve comunque rilevarsi che la legittimazione del curatore è necessaria solo allorché il giudizio potrà o dovrà avere efficacia nei confronti della massa. Premesso ciò il quesito va risolto accertando quale sia la "ratio" dell'orientamento secondo il quale sussiste la capacità del fallito per rapporti patrimoniali non acquisiti al fallimento e poi stabilendo se essa ricorra anche nel caso che ne occupa. Detta "ratio" non può che risiedere nel rilievo che la volontaria e consapevole inerzia del curatore manifesta implicitamente che la massa ha ritenuto di non aver interesse ad acquisire quel rapporto nel fallimento e , conseguentemente , ha valutato altresì non pregiudizievole per essa l'eventuale esperimento di azione avente ad oggetto quel rapporto da parte o nei confronti del fallito in sede diversa da quella fallimentare.

Ora non v'è dubbio che la medesima "ratio" ricorra allorché il rapporto , pur essendo già acquisito al fallimento , costituisca oggetto di azione extrafallimentare - per la quale sussista interesse del soggetto che agisce - se risulti evidente che tale azione certamente non potrebbe arrecare pregiudizio alla massa , nel senso che non andrebbe a incidere sull'acquisizione già disposta del rapporto alla massa stessa.

Tale pregiudizio deve escludersi nella specie per le seguenti considerazioni.

La pronunzia che il creditore ottenga nei confronti del fallito per lo stesso credito per il quale esso creditore aveva chiesto l'ammissione al passivo non è opponibile al fallimento posto che nei confronti di questo valgono (salve eccezioni non ricorrenti nella specie) solo i provvedimenti emessi in sede fallimentare e secondo la normativa fallimentare.

Peraltro , e altrettanto decisivamente , nei confronti di un soggetto (nella specie il fallimento) non potrebbe farsi valere due volte il medesimo credito , pur se supportato da due distinti titoli. Inoltre la pronunzia conseguente all'azione ordinaria non sarebbe , per le ragioni ora esposte , neppure idonea a incidere sul giudizio in sede fallimentare , di verifica dei crediti perché tale giudizio è autonomo.

Deve quindi ritenersi che il difetto di pregiudizio per la massa consente l'azione "de qua".

Da quanto finora considerato può enuclearsi il seguente principio :

se il creditore , il quale abbia chiesto l'ammissione al passivo di un suo credito agisca in via ordinaria nei confronti del fallito personalmente per ottenere una pronunzia (nella specie : decreto ingiuntivo) sullo stesso credito , al fine di procedere esecutivamente nei confronti di terzo che anteriormente al fallimento abbia dato ipoteca su un proprio immobile per obbligazioni del futuro) fallito , questi è processualmente capace.

Il ricorso dev'essere pertanto respinto.

Giusti motivi consigliano la compensazione delle spese.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma il 11-11-1997.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 1998