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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 18899 - pubb. 10/01/2017.

Dichiarazione di fallimento e perdita della capacità processuale del fallito


Cassazione Sez. Un. Civili, 21 Luglio 1998, n. 7132. Est. Ravagnani.

Legittimazione processuale del fallito - Difetto - Carattere relativo - Rilevabilità d'ufficio o esecuzione della controparte - Esclusione - Presupposti


La perdita della capacità processuale del fallito a seguito della dichiarazione di fallimento non è assoluta ma relativa alla massa dei creditori, alla quale soltanto - e per essa al curatore - è concesso eccepirla, con la conseguenza che se il curatore rimane inerte ed il fallito agisce per conto proprio, la controparte non è legittimata a proporre l'eccezione ne' il giudice può rilevare d'ufficio il difetto di capacità. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Antonio LA TORRE - Primo Presidente Agg.to -

Dott. Romano PANZARANI - Presidente di Sezione -

Dott. Manfredo GROSSI - Presidente di Sezione -

Dott. Giuseppe IANNIRUBERTO - Consigliere -

Dott. Erminio RAVAGNANI - Rel. Consigliere -

Dott. Antonio CATALANO - Consigliere -

Dott. Francesco SABATINI - Consigliere -

Dott. Roberto Michele TRIOLA - Consigliere -

Dott. Stefanomaria EVANGELISTA - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

FALLIMENTO PALLACANESTRO UDINESE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA B. TORTOLINI 34, presso lo studio dell'avvocato NICOLÒ PAOLETTI, rappresentata e difesa dall'avvocato LINO GUGLIELMUCCI, giusta delega in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

POZZECCO GIANMARCO, FEDERAZIONE ITALIANA PALLACANESTRO;

- intimati -

e sul 2 ricorso n. 12324/96 proposto da:

F.I.P. (FEDERAZIONE ITALIANA PALLACANESTRO), in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA FONSECA PIMENTEL 2, presso lo studio dell'avvocato MICHELE COSTA, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

FALLIMENTO DELLA SOC. PALLACANESTRO UDINESE S.R.L., POZZECCO GIANMARCO;

- intimati -

e sul 3 ricorso n. 12770 /96 proposto da:

POZZECCO GIANMARCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAVOUR 275, presso lo studio dell'avvocato EMANUELE RICCI, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

FALLIMENTO DELLA PALLACANESTRO UDINESE S.R.L., F.I.P. - FEDERAZIONE ITALIANA PALLACANESTRO;

- intimati -

avverso la sentenza n 639/96 del Tribunale di UDINE, depositata il 24/06/96;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/03/98 dal Consigliere Dott. Erminio RAVAGNANI;

uditi gli Avvocati Lino GUGLIELMUCCI, per la ricorrente, Emanuele RICCI per Pozzecco Marco, Michele COSTA per la F.I.P. - Federazione Italiana Pallacanestro;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Mario DELLI PRISCOLI che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale e rigetto dei ricorsi incidentali dichiarandosi la giurisdizione della A.G.O.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 5 settembre 1995 il Pretore del lavoro di Udine rigettava la domanda proposta dalla Pallacanestro Udinese s.r.l. nei confronti della Federazione Italiana di Pallacanestro (FIP) e del signor Gianmarco Pozzecco, perché fosse accertato il diritto della società alla stipulazione del primo contratto professionistico con quest'ultimo, previa disapplicazione o declaratoria di nullità dello "svincolo" del giocatore, disposto con delibera del 30 luglio 1994 dai competenti organi federali.

Con ricorso depositato il 5 ottobre 1995 la società Udinese interponeva appello davanti al Tribunale di Udine, chiedendo che, in riforma della sentenza di primo grado, si procedesse alle declaratorie non formulate.

I convenuti resistevano al gravame, eccependo preliminarmente che, essendo intervenuto il fallimento dell'appellante, dichiarato con sentenza del 5 ottobre 1995, depositata il giorno 11 successivo, e, quindi, prima della notificazione del ricorso in appello e del pedissequo decreto presidenziale, la notificazione medesima, che era avvenuta ad istanza del rappresentante della società e, quindi, di soggetto privo di legittimazione processuale, doveva ritenersi inesistente, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Essi riproponevano poi, con ricorso incidentale, le eccezioni, già disattese dal primo giudice, di difetto di giurisdizione del giudice di ordinario, e di incompetenza per materia e per territorio del pretore del lavoro adito. Il Tribunale di Udine dichiarava l'inammissibilità dell'appello principale, e la conseguente preclusione degli appelli incidentali, osservando quanto segue.

Poiché gli effetti della dichiarazione di fallimento si verificano dal giorno del deposito della relativa sentenza, la perdita della legittimazione processuale dell'appellante e lo scioglimento del mandato alle liti si sono verificati nella specie dal giorno 11 ottobre 1995 e, quindi, la notificazione dell'atto di appello, eseguita il 19 ottobre successivo su istanza della società o del suo mandatario alle liti, deve ritenersi inesistente, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata, non evitabile ne' con la rinnovazione della notificazione disposta dal giudice, ne' con la costituzione in giudizio della controparte.

Il fallimento della Pallacanestro Udinese s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura.

La FIP ed il Pozzecco hanno presentato rispettivi controricorsi, contenenti ricorsi incidentali condizionati, illustrati con memorie. Motivi della decisione

I ricorsi debbono anzitutto essere riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 cod. proc. civ.). Con il primo motivo il ricorrente principale, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 43 e 78 RD 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare), assume che il curatore, che subentra nel processo in cui è parte il fallito, è l'unico legittimato ad eccepire la perdita della capacità del fallito stesso e, pertanto, il mandato alle liti rilasciato "in bonis" non si estingue con la dichiarazione di fallimento, potendo il curatore avvalersi dell'attività processuale svolta da fallito, posto che l'art. 78 cit. riguarda soltanto i rapporti sostanziali.

Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 435 cod. proc. civ., lamenta che il Tribunale non abbia rilevato che l'appello si perfeziona con il deposito del relativo ricorso; che la mancanza di notificazione non esclude la fissazione di un termine da parte del giudice, sempre che l'appellato non si costituisca; e che, d'altra parte, il passaggio in giudicato della sentenza impugnata dipende da vizi dell'atto di appello e non della notificazione.

Questi motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, per la stretta connessione giuridica delle questioni con essi poste, debbono essere trattati in via preliminare, anche rispetto ai motivi dei ricorsi incidentali concernenti la giurisdizione, attenendo alla inammissibilità o no dell'appello.

Invero, se la sentenza resa sul punto dal Tribunale dovesse ritenersi corretta, la decisione del Pretore, implicitamente affermativa della giurisdizione del giudice ordinario, sarebbe passata in cosa giudicata, e, quindi, ora sarebbe precluso l'esame della questione di giurisdizione nuovamente dedotta in questa sede. Dovendosi invece ritenere erronea la decisione d'appello, stante, come si vedrà tra poco, l'ammissibilità del gravame, è evidente che il Tribunale avrebbe dovuto pronunciarsi sul merito e, prima ancora, sulla questione di giurisdizione, della quale dunque sono tenute, subito dopo, ad occuparsi le Sezioni Unite, con la conseguenza che, se queste dovessero ritenere sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, ed è, come si vedrà più sotto, il caso di specie, dovrebbero pronunciarsi sulle ulteriori questioni non esaminate dal Tribunale, mentre solo nel caso contrario dovrebbero limitarsi a pronunciarsi sulla richiesta di declaratoria di difetto assoluto di giurisdizione, ovvero di sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.

Procedendo quindi nell'ordine logico prefigurato, si rileva che i due motivi del ricorso principale sono fondati e che quindi l'ammissibilità dell'appello avrebbe dovuto essere dichiarata alla stregua dei principi di diritto più volte affermati da questa Corte e non tenuti presenti dal Tribunale.

Invero, anzitutto, la perdita della capacità processuale del fallito, a seguito della dichiarazione di fallimento, non è assoluta, ma relativa alla massa dei creditori, alla quale soltanto - e per essa al curatore - è concesso eccepirla, con la conseguenza che, se il curatore rimane inerte ed il fallito agisce per proprio conto, la controparte non è legittimata a proporre l'eccezione, ne' il giudice può rilevare d'ufficio il difetto di capacità (v. tra le altre, Cass. 21 aprile 1997 n. 3400 ; 12 novembre 1993 n. 11191). In secondo luogo, nelle controversie soggette al rito del lavoro, la proposizione dell'appello si perfeziona, ai sensi dell'art. 435 cod. proc. civ., con il deposito, nei termini previsti dalla legge, del ricorso nella cancelleria del giudice "ad quem", che impedisce ogni decadenza dell'impugnazione, con la conseguenza che ogni eventuale vizio o inesistenza - giuridica o di fatto - della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione non si comunica all'impugnazione ormai perfezionatasi (v. per tutte Cass. SU 29 luglio 1996 n. 6841). Orbene, poiché nella specie, da un lato, il ricorso in appello è stato tempestivamente depositato dalla società Pallacanestro Udinese prima della dichiarazione di fallimento, e, d'altro lato, l'eccezione di inesistenza (giuridica) della notificazione - siccome eseguita successivamente a detta dichiarazione e ad istanza della società medesima per mezzo del suo rappresentante e non della massa fallimentare per mezzo del curatore - è stata sollevata dalla FIP e dal Pozzecco, non già dal curatore medesimo, devesi concludere che, da un lato, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare l'ammissibilità dell'appello, e che, dall'altro, di conseguenza, nessun giudicato può ritenersi formato sulla giurisdizione. Il ricorso principale deve dunque essere accolto.

Passando quindi all'esame congiunto di entrambi i ricorsi incidentali, posto che vi si deducono identiche questioni di giurisdizione e di competenza, svolte con analoghe argomentazioni, si osserva quanto segue.

Con il primo motivo di detti ricorsi, deducendosi carenza di giurisdizione, si assume che la domanda di declaratoria di nullità della decisione ("svincolo") della federazione abbia introdotto una materia che attiene all'organizzazione sportiva (il tesseramento) e che è quindi fonte di interessi semplici non tutelati dall'ordinamento. In subordine, concernendo detta domanda l'applicazione di norme regolamentari vincolanti per gli affiliati alla FIP, si osserva che potrebbe configurarsi un interesse legittimo dell'attore e, di conseguenza, la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.

Il motivo è infondato.

Il petitum sostanziale, sulla base del quale, come è noto, deve essere risolta ogni questione di giurisdizione, è chiaramente la declaratoria del diritto della società Pallacanestro Udinese alla stipulazione del primo contratto professionistico con il Pozzecco e la disapplicazione o declaratoria di nullità del provvedimento di svincolo del giocatore, adottato dalla Federazione Italiana Pallacanestro.

Premesso che l'individuazione di tale petitum, contrariamente a quanto assumono la FIP ed il Pozzecco - che, a sostegno della loro tesi al riguardo, oppongono soltanto l'insussistenza del diritto vantato e quindi una ragione attinente al merito della controversia, inammissibile in sede di regolamento della giurisdizione - , non si basa sulla mera prospettazione della domanda, ma sulla interpretazione della domanda medesima attraverso il suo contenuto ed il riferimento esplicito all'art. 6 della legge n. 91 del 1981, a prescindere beninteso dalla sua fondatezza, risulta evidente che la spiegata azione di accertamento, previa la disapplicazione del provvedimento federale, ovvero le spiegate azioni, rispettivamente, nei confronti della società convenuta in giudizio, di accertamento del diritto e, nei confronti della Federazione del pari convenuta, di accertamento della nullità del provvedimento - e non di annullamento del medesimo, come erroneamente assumono i ricorrenti incidentali - , rientrano pienamente non solo nella giurisdizione ma anche nei limiti dei poteri del giudice ordinario.

È appena il caso di rilevare, infatti, che quest'ultimo è stato adito per l'accertamento di un diritto soggettivo, sia pure connesso ad un provvedimento federale, e che la natura pubblicistica di quest'ultimo, siccome attinente alla organizzazione sportiva, non può rilevare nel rapporto tra la società ed il giocatore fino a ridurre la posizione soggettiva di quest'ultimo, qualificabile come diritto soggettivo, a mero interesse o ad interesse legittimo. Invero, come è stato più volte affermato da questa Corte (v. SU 19 febbraio 1983 n. 1291 ed altre successive) il rapporto di lavoro dei dipendenti delle società sportive ha natura privatistica, e, pertanto, è devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario, essendo dette società enti di diritto privato (sia pure associate a federazione sportiva, che ha veste, peraltro non esclusiva, di organo del CONI) e non essendo configurabile una questione di giurisdizione nei rapporti tra privati (v. Cass. SU 21 aprile 1989 n. 1904 ; 21 gennaio 1988 n. 931 ; 1 gennaio 1983 n. 1532). D'altra parte, la disapplicazione del provvedimento federale o la declaratoria della sua nullità sono state richieste in via meramente strumentale ed incidentale, non essendo stato dimostrato dal richiedente (ed a tal fine non può ritenersi sufficiente la mera chiamata in causa della FIP quale autrice del provvedimento in questione) che la relativa domanda fosse diretta alla soluzione di una causa anziché soltanto di una questione pregiudiziale, e cioè ad un accertamento con efficacia di giudicato autonomo strettamente rispondente ad un interesse trascendente quello immediato dell'accertamento del diritto soggettivo vantato, sicché (ed in ogni caso) non può ritenersi che assumano un rilievo potiore rispetto a quest'ultimo le posizioni soggettive eventualmente configurabili come interessi semplici ovvero come interessi legittimi nel rapporto delle parti private con il regolamento federale.

Con il secondo motivo, deducendosi "improponibilità della domanda per violazione dell'art. 33 dello statuto della FIP e degli artt. 16, 62 e 70 del regolamento esecutivo", si osserva che, in materia di tesseramento, il regolamento prevede che le controversie relative al trasferimento dei giocatori siano demandate alla commissione del tesseramento, organo di giustizia federale. Si ritiene quindi che la società Udinese avrebbe dovuto impugnare la delibera di detta commissione, che ha dichiarato lo svincolo, davanti alla corte federale, la cui decisione, finalmente, avrebbe costituito l'atto definitivo impugnabile davanti al TAR..

Il motivo è infondato.

Come queste Sezioni Unite già hanno avuto occasione di affermare sent. 1 marzo 1983) le norme contenute nei regolamenti federali sono norme che, nel prevedere un articolato sistema interno per la risoluzione delle controversie tra soggetti inquadrati nella stessa federazione, non importano alcuna deroga alle norme statuali sulla giurisdizione del giudice ordinario in ordine a dette controversie, nè sotto il profilo dell'istituzione di una giurisdizione speciale, nè sotto quello dell'introduzione di un sistema di ricorsi amministrativi pregiudiziale dell'azione giudiziaria, l'una e l'altro potendo essere disciplinati soltanto per legge, ma possono eventualmente introdurre solo una questione di competenza - ove con le indicate disposizioni si voglia ritenere rimessa la controversia ad un giudizio arbitrale - come tale non proponibile in sede di regolamento della giurisdizione (v., altresì, Cass. SU 5 settembre 1986 n. 5430 ; 17 novembre 1984 n. 5838). Nella specie, pertanto, da un lato, deve ritenersi irrilevante la denuncia di omesso esperimento dell'iter processuale interno, e, d'altro lato, non è configurabile, non solo, come si è visto, un questione di giurisdizione, ma neppure una questione di proponibilità della domanda, non essendo emersi elementi idonei a delineare gli estremi di una clausola compromissoria. Con il terzo motivo, deducendosi "incompetenza funzionale del giudice del lavoro", si assume che la società Udinese, svolgendo unicamente attività dilettantistica, non possa chiedere l'applicazione della legge n. 91 del 1981 che prevede la stipulazione del primo contratto con il giocatore che passa dalla categoria giovanile, dilettantistica, a quella professionistica, e che configura un rapporto di lavoro subordinato soltanto con professionisti. Non si verterebbe, quindi, in materia di lavoro, ma, eventualmente, in materia di rapporti tra società ed affiliati, le cui controversie non sono di competenza del giudice del lavoro. Anche questo motivo è infondato.

I ricorrenti incidentali, eccependo l'inapplicabilità della legge n.91 del 1981, deducono una ragione di merito e cioè la infondatezza della domanda, che, come si è detto, è inammissibile in questa sede, ma non rilevano che la domanda spiegata dalla società è astrattamente, e cioè a prescindere dalla esistenza in concreto dei relativi presupposti, funzionale alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato, eventualmente anche estraneo alla fattispecie delineata da detta legge, ed è quindi necessariamente assoggettata alla competenza funzionale del pretore ed al rito del lavoro (art.409 cod. proc. civ.). Nè, d'altra parte, può influire su tale competenza la domanda di nullità rivolta anche nei confronti della FIP, posto che, anche se questa potesse essere configurata come domanda incidentale tendente a risolvere non tanto una questione, quanto una causa pregiudiziale, la connessione di cause comporterebbe l'attrazione della incidentale nella causa principale di lavoro, ai sensi dell'art. 40 cod. proc. civ. novellato ed applicabile nella sua nuova formulazione, vertendosi in fattispecie processuale costituita in data non anteriore al 1 gennaio 1993. Con il quarto motivo, deducendosi "incompetenza territoriale", si assume che la domanda di nullità della delibera di svincolo sia di competenza del foro di Roma, ivi essendo la sede della federazione e della commissione del tesseramento.

L'infondatezza di questo motivo risulta evidente dal rilievo ora svolto in ordine alla connessione di cause, in applicazione dell'art. 40 cod. proc. civ. novellato, che determina l'attrazione della causa incidentale in quella principale, per la quale la competenza è funzionale sia per materia sia per territorio. I ricorsi incidentali debbono dunque essere rigettati. Conseguentemente, ai sensi dell'art. 382, primo comma, cod. proc. civ., va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso principale accolto, e la causa deve essere rinviata ad un giudice di pari grado, che si designa nel Tribunale di Pordenone, al quale si rimette altresì la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il principale, rigetta gli incidentali, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Pordenone anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 12 marzo 1998.