Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 18897 - pubb. 10/01/2017

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Cassazione civile, sez. III, 18 Maggio 2000, n. 6459. Est. Amatucci.


Sanzioni amministrative - Fallimento del trasgressore - Ordinanza/ingiunzione - Emissione e notificazione al trasgressore - Ammissibilità - Opposizione del trasgressore dichiarato fallito - Legittimità



In tema di sanzioni amministrative, il fallimento del trasgressore, sopravvenuto alla commissione della violazione amministrativa non impedisce l'emanazione dell'ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria, ne' la notifica del provvedimento al trasgressore medesimo. In siffatta ipotesi l'interessato è legittimato a proporre opposizione nonostante la sua dichiarazione di fallimento, posto che l'art. 43 legge fallimentare prevede la perdita della sua legittimazione processuale solo per i rapporti compresi nel fallimento, mentre l'ordinanza-ingiunzione è destinata a produrre effetti soltanto al di fuori del fallimento, quando il trasgressore sia tornato in "bonis". (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Antonio IANNOTTA - Presidente -

Dott. Roberto PREDEN - Consigliere -

Dott. Michele VARRONE - Consigliere -

Dott. Antonio LIMONGELLI - Consigliere -

Dott. Alfonso AMATUCCI - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

CURATELA FALLIMENTO LA CONSERVIERA, (già La Sorrentina S.r.l.), in persona del Curatore Avv. Vittorio Cavalcanti, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ASMARA 35, presso lo studio dell'avvocato PIERLUIGI CREA, difeso dall'avvocato MARIO PEPE, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

MINISTERO PER LE POLITICHE AGRARIE in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso gli uffici dell'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difeso per legge;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 389/97 del Pretore di COSENZA, emessa il 2/6/1997 depositata il 26/06/97; RG. 1861/94;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/02/00 dal Consigliere Dott. Alfonso AMATUCCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Stefano SCHIRÒ che ha concluso per l'accoglimento del I motivo del ricorso e l'assorbimento del II motivo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ordinanza n. 237/94, emessa il 31.10.1994, il ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali ingiunse alla "s.r.l. La Conserviera, già denominata La Sorrentina" il pagamento della somma di L. 6.106.624.739 a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione di cui all'art. 3, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1986, n. 898, consistita nell'indebita percezione di contributi comunitari erogati dal "Fondo europeo agricolo orientamento e garanzie".

2. Il curatore del fallimento della predetta società, a mani del quale il provvedimento era stato notificato, propose opposizione innanzi al pretore di Cosenza. Premesso che il fallimento era stato dichiarato con sentenza del tribunale di Cosenza in data 27.7.1990, testualmente chiese:

"a) accertare e dichiarare la propria incompetenza, in conseguenza della procedura fallimentare in corso, essendo competente ratione materiae il Tribunale fallimentare di Cosenza;

b) subordinatamente alla eccezione di incompetenza accertare e dichiarare la nullità dell'ordinanza ingiunzione per carenza (il periodo è tronco già sull'originale dell'atto);

c) dichiarare improponibile ed infondata l'ordinanza-ingiunzione de quo, per tutti i motivi esposti nella narrativa che precede;

d) accogliere la spiegata domanda riconvenzionale, accertando e dichiarando la dovutezza dei contributi AIMA in favore della Soc "La Conserviera", relativamente agli anni 1986~87 e 88 previa disapplicazione del provvedimento di sospensione e condannare al relativo pagamento;

e) sospendere la esecuzione del provvedimento impugnato". Sostenne, nell'ordine, quanto segue.

Anzitutto che l'ordinanza, sulla scorta di un consolidato orientamento giurisprudenziale, non avrebbe potuto essere emessa nei confronti della curatela del fallimento dell'imprenditore fallito per violazioni dallo stesso commesse prima del fallimento, giacché la relativa pretesa creditoria era soggetta alle regole concorsuali sulla formazione e l'accertamento del passivo, con la conseguenza che l'ordinanza ingiunzione era inopponibile alla curatela del fallimento; e contestualmente prospettò egli stesso l'incompetenza del giudice adito a conoscere l'opposizione, essendo funzionalmente competente il tribunale fallimentare.

Eccepì poi la prescrizione del diritto dell'amministrazione ad ottenere il pagamento, essendo stata l'ordinanza notificata oltre un quinquiennio dopo la (presunta) commissione della violazione, risalente agli anni 1984 e 1985.

Affermò, ancora, che l'ordinanza era nulla per genericità ed indeterminatezza, non contenendo alcun riferimento all'attività prodromica alla sua emissione, alla contestazione e notificazione della violazione, ai documenti ed agli scritti difensivi. Negò, dunque, che la società in bonis avesse commesso la violazione, contestando gli accertamenti eseguiti dal nucleo di polizia tributaria, di cui al processo verbale di constatazione redatto il 15.11.1989.

Chiese, infine, che l'amministrazione fosse condannata al pagamento dei contributi non versati negli anni dal 1986 al 1988 previa disapplicazione del provvedimento di sospensione dell'erogazione degli stessi.

3. Con sentenza n. 389/97 il pretore, acquisiti i documenti dall'amministrazione, ha confermato l'ordinanza ingiunzione, dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in ordine alla "domanda riconvenzionale" e compensato le spese.

Premesso che in caso di fallimento del trasgressore la pretesa creditoria costituita dall'importo della sanzione pecuniaria irrogata è priva di esecutorietà (nei confronti del fallimento) e può essere fatta valere solo nelle forme della procedura concorsuale mediante insinuazione del credito al passivo, il pretore ha rilevato che in caso di opposizione (della curatela) il giudice è tenuto a dichiarare l'inefficacia dell'ordinanza nei confronti della massa fallimentare. Ha negato, peraltro, che ciò comporti l'incompetenza del pretore a pronunciarsi sull'opposizione all'ordinanza ingiunzione, giacché al fallito non può negarsi la legittimazione a contestare nel merito la pretesa fatta valere con l'ordinanza ingiunzione nonostante la sua dichiarazione di fallimento. Questi potrebbe, infatti, pur sempre ritornare in bonis (e, inoltre, l'accoglimento dell'opposizione eliderebbe lo stesso presupposto dell'insinuazione del credito al passivo).

Ha ritenuto che, in virtù di tali considerazioni, egli fosse competente ma che, tuttavia, l'unico possibile interesse della curatela era quello di eliminare il presupposto dell'insinuazione al passivo; interesse che, però, non poteva che farsi valere innanzi al tribunale fallimentare. Sicché l'opposizione, per com'era stata proposta, andava rigettata, con conseguente conferma dell'ordinanza ingiunzione.

4. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione la curatela del fallimento "La Conserviera" sulla base di due motivi, cui resiste con controricorso il ministero per le politiche agricole.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo - deducendo "contraddittorietà della motivazione rispetto ad un punto decisivo della controversia" - la ricorrente curatela si duole che il pretore, chiamato a dichiarare l'inefficacia dell'ordinanza ingiunzione una volta portata a sua conoscenza la circostanza dell'intervenuta dichiarazione di fallimento, non solo la abbia confermata, ma abbia per di più ritenuto insussistente in capo alla curatela l'interesse a contestarne nel merito la legittimità, pur partendo dalla corretta premessa che in caso di opposizione (della curatela) il giudice è tenuto, anche d'ufficio, a dichiarare l'inefficacia dell'ordinanza nei confronti della massa fallimentare.

2. Col secondo motivo è denunciata "omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia; violazione dell'art. 28, l.24.11.1981, n. 689" per avere il pretore confermato l'ordinanza ingiunzione sebbene notificata al presunto trasgressore oltre il termine di prescrizione previsto dalla legge, omettendo di pronunciarsi sulla questione pregiudiziale ritualmente introdotta a mezzo di specifica eccezione.

3.1. Va preliminarmente rilevato che, al di là della letterale formulazione della domanda, con la quale in via principale si richiedeva declaratoria di incompetenza del giudice adito e che sarebbe stata come tale palesemente inammissibile per assoluto difetto di interesse, il pretore la ha implicitamente interpretata - con apprezzamento di fatto non censurato in questa sede - come volta all'accertamento della inefficacia dell'ordinanza ingiunzione nei confronti del fallimento.

Così qualificata la domanda, ha inutilmente fatto riferimento all'interesse del fallito ad opporsi all'ordinanza ingiunzione in relazione alla possibilità di un suo ritorno in bonis (secondo quanto ritenuto da Cass., n. 3041/93, la quale ha anche chiarito, con affermazione che va pienamente condivisa e che si discosta da Cass., n. 785/89, che "la sopravvenienza del fallimento del trasgressore rispetto alla commissione della violazione non fa perdere alla competente autorità amministrativa il potere di determinare l'ammontare della sanzione pecuniaria mediante l'emanazione dell'ordinanza ingiunzione prevista dall'art. 18 della legge n.689/81, dato che tale atto serve ad accertare, anche nei termini quantitativi, il debito pregresso del soggetto fallito"; e dato che - occorre aggiungere, in relazione al principio di tipicità degli atti amministrativi - non esistono modalità alternative all'emissione dell'ordinanza ingiunzione per la determinazione dell'Ammontare della sanzione pecuniaria da parte dell'autorità amministrativa (cfr. Cass., n. 7815/97). Nella specie, invero, l'opposizione non era stata proposta dal trasgressore fallito, ma dal curatore del fallimento, al fine di far valere l'inefficacia dell'ordinanza ingiunzione nei confronti della massa fallimentare. Inefficacia assolutamente pacifica, giacché il credito risultante dal provvedimento sanzionatorio resta soggetto alle regole concorsuali e quindi va accertato in via di insinuazione al passivo fallimentare ed esercitato secondo le relative regole procedurali (cfr., ex plurimis, oltre alla sentenza sopra citata, Cass. nn. 11421/91, 10269/91, 9944/91). Il pretore ha, peraltro, ritenuto che l'unico possibile interesse della curatela ad opporsi all'ordinanza ingiunzione era quello di eliminare il presupposto dell'insinuazione al passivo e che tale interesse non poteva che farsi valere innanzi al tribunale fallimentare.

L'affermazione reca due errori.

Il secondo, che ha verosimilmente determinato il primo, è che il tribunale fallimentare possa essere adito non solo dal creditore, per l'accertamento della sua pretesa, ma anche dal debitore per ottenere una preventiva pronuncia negativa limitatamente al punto pregiudiziale inerente alla immediata efficacia della pretesa stessa. Al che osta il principio secondo il quale ogni questione, anche pregiudiziale, relativa all'esistenza del credito deve essere esaminata nell'apposito procedimento previsto dagli artt. 93 e seguenti del r.d. n. 267 del 1942 (legge fallimentare), che deve necessariamente svolgersi davanti al giudice delegato, essendo il tribunale competente a conoscere la questione solo in caso di opposizione allo stato passivo (Cass., n. 10269/91). L'altro consiste nel non aver considerato che, poiché l'interesse ad agire Può consistere anche nell'interesse a rimuovere uno stato di possibile incertezza sulla esistenza di un diritto o di un obbligo, non può disconoscersi l'interesse del curatore del fallimento a chiedere, con azione di accertamento negativo, che l'esatta individuazione della volontà della legge e l'inefficacia del provvedimento nei confronti della massa dei creditori siano oggetto di apposita pronuncia, con il valore definitivo che è proprio dell'accertamento giudiziale, da parte del giudice funzionalmente competente (all'epoca, il pretore) in ordine all'opposizione ad ordinanza ingiunzione (cfr. le citate sentenze nn. 10269 e 9944/91). Il pretore avrebbe peraltro dovuto limitarsi alla declaratoria di inefficacia dell'ordinanza ingiunzione nei confronti del fallimento.

Al che, previa cassazione senza rinvio della sentenza, può provvedere questa corte ai sensi dell'art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

3.2. Resta assorbito il secondo motivo, giacché ogni questione relativa alla legittimità dell'ordinanza ingiunzione ed alla sussistenza della pretesa creditoria in essa racchiusa va esaminata in sede concorsuale, in esito alla richiesta del creditore di insinuazione al passivo.

4. Si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese dell'intero processo.

P.Q.M.

la corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata senza rinvio e, decidendo nel merito, dichiara inefficace nei confronti del fallimento della s.r.l. "La Conserviera" l'ordinanza ingiunzione n. 237/94 emessa il 31.10.1994 dal ministro per le risorse agricole, alimentari e forestali;

compensa tra le parti le spese dell'intero processo. Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2000.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2000