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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 18099 - pubb. 01/07/2010.

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Cassazione civile, sez. I, 14 Aprile 1994. Est. Di Palma.

Fallimento - Organi preposti al fallimento - Giudice delegato - Provvedimenti - Reclami - Vendita immobiliare - Sospensione dopo l'aggiudicazione - Reclamo avverso il relativo provvedimento - Termine - Decorrenza


Il termine di dieci giorni per la proposizione del reclamo al Tribunale Fallimentare contro il provvedimento, decisorio, del giudice delegato di sospensione, ex art. 108, terzo comma, Legge Fallimentare della vendita immobiliare dopo l'aggiudicazione, decorre dalla comunicazione del provvedimento medesimo, che deve essere eseguita dal cancelliere nelle forme previste dal codice di rito (artt. 136 cod. proc. civ. e 45 disp. att. stesso codice). (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Michele CANTILLO Presidente

" Pellegrino SENOFONTE Consigliere

" Vincenzo BALDASSARRE "

" Antonio CATALANO "

" Salvatore DI PALMA Rel. "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

LEO AMBROGIO, elett. dom.to in Roma via Pierluigi da Palestrina, 48 c-o l'avv. G. Porcacchia, rappr.to e difeso dagli avv.ti V. Michele Trimarchi e Vittorio Fazio per delega a margine del ricorso.

Ricorrente

contro

FALLIMENTO "SPESA ROCCALUMERA" S.P.A. in persona del curatore Arena Sandro, elett.te dom.to in Roma via V. Veneto 7 c-o l'avv. Paolo Tartaglia, rappr.to e difeso dall'avv.to Raffaele Tommasini per delega a margine del controricorso.

Controricorrente

avverso il provvedimento del tribunale di Messina notificato il 27.2.90;

sono presenti per il ric. l'avv. Fazio

per il res. l'avv. Tomassimi

il cons. dr. Di Palma svolge la relazione

la difesa del ric. chiede accoglimento

la difesa del res. chiede rigetto;

il P.M. dott. Amirante conclude per il rigetto;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ordinanza del 5 giugno 1989, il giudice delegato al Fallimento della Speda Roccalumera s.p.a. dispose la vendita al'incanto in lotto unico del complesso aziendale costituito dallo stabilimento industriale sito in Roccalumera.

Esperito l'incanto all'udienza del 4 ottobre 1989, lo stabilimento industriale posto in vendita fu aggiudicato in pari data al sig. Ambrogio Leo, unico concorrente, "salvo valido aumento di sesto ai sensi dell'art. 584 c.p.c.". Con provvedimento del 16 ottobre 1989, il giudice delegato - ritenuto che il prezzo dell'aggiudicazione non appariva congruo in relazione all'effettivo costo del bene, aumentato sicuramente (dopo la stima della consulenza tecnica) per la continua erosione del potere d'acquisto della lira; che non erano state formulate offerte dopo l'incanto e che non era stato pronunciato il decreto di trasferimento ai sensi dell'art. 586 c.p.c. - dispose la sospensione della vendita ex art. 108 comma 3 L.F., riservando di emanare con successivo provvedimento nuove disposizioni in merito. Con lettera raccomandata a.r. in data 28 ottobre 1989, spedita dal curatore del Fallimento al sig. Leo, e da questi ricevuta il 2 novembre successivo, il curatore inviò al Leo fotocopia del provvedimento di sospensione della vendita, e con altra lettera raccomandata a.r. del 4 novembre 1989, ricevuta il 7 successivo, fotocopia del provvedimento del g.d. in data 31 ottobre 1989 di autorizzazione alla restituzione del deposito versato dal Leo. Con ricorso al Tribunale di Messina, depositato il 15 dicembre 1989, il Leo propose reclamo, ex art. 26 L.F., avverso i due provvedimenti del g.d. del 16 (sospensione della vendita) e del 31 ottobre 1989 (autorizzazione alla restituzione del deposito versato dal Leo).

Il reclamante tra l'altro giustificava la tempestività del ricorso con l'argomento di non aver mai ricevuto comunicazione ufficiale e rituale dei provvedimenti reclamanti mediante notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario.

In contraddittorio con il curatore fallimentare, il Tribunale, con decreto senza data (ma notificato al Leo il 27 febbraio 1990) dichiarò improcedibile il reclamo.

In particolare, il Tribunale ha accertato che il Leo aveva avuto conoscenza del provvedimento 16 ottobre 1989, di sospensione della vendita, attraverso la comunicazione fattagliene dal curatore con la lettera raccomandata a.r. dianzi menzionata. Il Collegio, poi - dopo aver aderito a quell'orientamento che paragona la natura del reclamo ex art. 26 L.F. a quella concernente il procedimento camerale di cui all'art. 737 s.s. c.p.c., con la conseguenza che il termine utile per l'impugnazione è stabilito in dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento - ha ritenuto, con riferimento alla procedura "de qua", che non è prevista la notificazione dei provvedimenti relativi agli interessati per mezzo dell'ufficiale Giudiziario; che la loro comunicazione da parte del curatore con qualsiasi mezzo, idoneo in concreto a determinarne la conoscenza, è valida ed efficace; ed in definitiva che la comunicazione di qualsiasi provvedimento del giudice delegato, anche se eseguita in modo diverso dall'art. 136 c.p.c., è valida, vi sia la certezza che il provvedimento medesimo sia stato portato a conoscenza della parte e sia, altresì certa la data di tale conoscenza.

Avverso tale provvedimento, nonché avverso il provvedimento di sospensione della vendita adottato dal giudice delegato in data 16 ottobre 1989, il sig. Ambrogio Leo ha proposto ricorso per cassazione, ex art. 111 comma 2 Cost., deducendo due motivi di censura.

Resiste, con controricorso, illustrato da memoria, il fallimento della Speda Roccalmera s.p.a..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo (con cui deduce "violazione ed erronea applicazione art. 26 L.F.; art. 136 c.p.c.; in relazione all'art. 360 c.p.c., art. 111 Cost."), il ricorrente sostiene la illegittimità

del provvedimento decisorio sul reclamo, richiamando le decisioni della Corte costituzionale n. 303 del 1985 e 156 del 1986, secondo le quali, perché sia rispettato il diritto di difesa, sarebbe necessario che il termine per il reclamo ex art. 26 L.F. decorra, non già dalla data di pronuncia o di pubblicazione del provvedimento reclamabile, bensì dalla sua comunicazione eseguita con il rispetto delle vigenti disposizioni procedurali (e cioè ex art. 136 cod. proc. civ., mediante consegna del biglietto di cancelleria al destinatario, ovvero una notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario); e ciò, tanto più nei casi come sarebbe quello di specie - in cui il provvedimento è indirizzato ad un solo soggetto, incide su diritti soggettivi del medesimo e può limitare il suo diritto di difesa.

Con il secondo motivo (con cui deduce "violazione ed erronea applicazione art. 108 L.F., 501 e 584 c.p.c., in relazione all'art.360 n. 3 c.p.c.; art. 111 Cost.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.), il ricorrente lamenta l'illegittimità dei provvedimenti di sospensione della vendita e di autorizzazione alla restituzione del deposito, in quanto adottati dopo che l'aggiudicazione era divenuta definitiva, essendo trascorsi dieci giorni senza che fossero state formulate offerte in aumento dopo l'incanto. Il ricorrente censura, poi, la motivazione del provvedimento di sospensione della vendita in punto congruità del prezzo offerto, ed ancora il provvedimento di autorizzazione alla restituzione del deposito, sotto il profilo che lo stesso non necessario e non previsto dalla legge fallimentare; renderebbe "manifesta l'intenzione dello stesso ufficio di non emettere i provvedimenti definitivi circa la validità dell'espletata vendita ed il conseguente trasferimento".

Il fallimento controricorrente eccepisce, preliminarmente, l'improponibilità e l'improcedibilità del ricorso, sostenendo che il provvedimento reclamato avrebbe natura meramente ordinaria e non decisoria su posizioni di diritto soggettivo e non sarebbe, quindi, impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. 2.2. Anche alla luce delle contestazioni mosse dalla controricorrente curatela del Fallimento Speda Roccalumera s.p.a. appare necessario valutare se il ricorso, proposto ex art. 111 comma 2 Cost. sia ammissibile.

Con specifico riferimento alla fattispecie, occorre valutare se sia o meno ammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso il provvedimento, adottato dal tribunale ex art. 26 l. f., che abbia ritenuto intempestivo il reclamo, formulato contro il decreto del giudice delegato di sospensione della vendita con incanto, ai sensi dell'art. 108 comma 3 l.f. successivamente all'aggiudicazione del bene.

In prima approssimazione, non vale osservare che - come emerge chiaramente dal nucleo del primo motivo - siccome il ricorrente si duole, in definitiva, della violazione del proprio diritto di difesa, conseguente al contenuto del provvedimento impugnato, tale rilievo esimerebbe dallo scrutinio dell'ammissibilità del ricorso: infatti, se si tien conto della natura della garanzia costituzionale del diritto di difesa, "strumentale" alla configurazione giuridica di diritto sostanziale, ben si comprende come siffatto diritto sia tutelabile esclusivamente nell'ambito di procedimenti giurisdizionali che abbiano contenuto decisorio (c.f.r. Corte cost.le nn. 267 del 1974 e 71 del 1979).

Deve, allora rilevarsi che, in materia fallimentare, una decisione meramente processuale adottata in fase di reclamo (come nella specie; improcedibilità del reclamo per intempestività del ricorso) sortisce l'inevitabile effetto di render definitivo il provvedimento del giudice delegato oggetto del reclamo medesimo; nel senso che esso diviene insuscettibile di riesame attraverso ulteriori rimedi endoprocedimentali. E pertanto, avuto riguardo alla fattispecie, è divenuto definitivo il provvedimento, adottato dal giudice delegato ex art. 108 comma 3 l. f. successivamente all'aggiudicazione del bene, di sospensione della vendita con incanto (senza che assume rilievo la disciplina dell'art. 584 cod. proc. civ., postoché risulta positivamente che, dopo l'aggiudicazione, non sono state fatte ulteriori offerte di acquisto).

Siffatto provvedimento - definitivo per effetto dell'esito del reclamo - ha anche contenuto decisorio, dal momento che si concreta in una vera e propria revoca dell'aggiudicazione, a fronte della quale sta, non già una mera aspettativa dell'aggiudicatario, bensì il suo diritto al trasferimento della proprietà del bene previo pagamento del prezzo (così, da ultimo, Cass. n. 2420 del 1992). Se, dunque, la natura decisoria può predicarsi in relazione alla sospensione della vendita disposta dal giudice delegato, non diversa natura assume il provvedimento del tribunale in sede di reclamo che, per il suo contenuto (improcedibilità, come nella specie, ovvero rigetto del ricorso), risulti confermativo della sospensione stessa, rendendola, come già rilevato, in carenza di altri mezzo d'impugnazione, altresì definitiva.

2.3. Il primo motivo di ricorso è fondato.

Per quanto riguarda, in particolare, il problema delle forme della comunicazione ai fini della proposizione dell'eventuale reclamo del provvedimento del giudice delegato sospensivo della vendita dopo l'aggiudicazione ex art. 108 comma 3 l.f., un primo argomento, di natura testuale, milita nel senso della necessità del rispetto delle forme previste dal combinato disposto degli artt. 136 l.f. contenuto nelle "disposizioni generali" (sezione I) della "liquidazione dell'attivo" (capo VI del titolo II), dispone che alle vendite di beni mobili ed immobili del fallimento si applicano le disposizioni del codice di procedura civile relative al processo di esecuzione in quanto compatibili con le particolari disposizioni dettate in tema di vendita dei beni mobili (sez. II) ed immobili (sez. III). Dal momento che tali particolari norme nulla dispongono in materia di comunicazione dei provvedimenti adottati dal giudice delegato nella fase di liquidazione dell'attivo fallimentare, in virtù del rinvio operato dall'art. 105 l.f. occorre far riferimento alle regole del codice di rito civile relative ai "modi" ed alle "forme" dell'espropriazione forzata in generale (libro terzo, tit. II, capo I, sez. I cod. proc. civ.: art. 483-490): l'art. 487 (forma dei provvedimenti del giudice), dopo aver stabilito la regola generale dell'adozione, da parte del giudice dell'esecuzione, dei provvedimenti in forma di ordinanza, prescrive altresì, per siffatti provvedimenti, il rispetto della regola stabilita, per quanto interessa in questo discorso, dagli artt. 176 comma 2 e 186, vale a dire il principio secondo cui tutti i provvedimenti pronunciati dal giudice fuori dell'udienza debbono essere comunicati a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi nelle forme stabilite, in via generale, appunto dall'art. 136 (biglietto di cancelleria consegnato o notificato al destinatario).

Concorre, con quelle meramente testuale, un ulteriore argomento d'ordine sistematico.

È stato già sottolineato (cfr. prf. 22) che la garanzia costituzionale del diritto di difesa, prevista dall'art. 24 comma 2 Cost, opera esclusivamente nell'ambito dei procedimenti giurisdizionali che abbiano contenuto decisorio (Corte cost.le n. 267 del 1974).

A seguito di un percorso giurisprudenziale, segnato dalla pronunce della Corte cost.le nn. 42 del 1981, 303 del 1985, 55 e 156 del 1986, nonché dalle decisioni delle Sezioni Unite di questa Corte nn. 2255 del 1984 e 9212 del 1987, si sono consolidati i seguenti principi: a) l'istituto del reclamo endofallimentare contro i decreti del giudice delegato deve considerarsi attualmente vigente sia che essi abbiano contenuto decisorio sia che essi abbiano contenuto ordinatorio; b) l'adeguamento a Costituzione del procedimento di reclamo avverso i provvedimenti ordinatori del giudice delegato implica unicamente che il termine di tre giorni decorra, non già dalla data del decreto, ma dalla sua comunicazione "eseguita con il rispetto delle vigenti disposizioni procedurali" (Corte cost.le n. 303 del 1985); c) l'"adeguamento" a Costituzione del procedimento di reclamo nei confronti dei provvedimenti decisori del giudice delegato implica l'assoggettamento del procedimento medesimo alle disposizioni del rito camerale (artt. 737 cc. cod. proc. civ.) relativamente: 1) all'entità del termine per la proposizione del reclamo (dieci giorni: art. 739 comma 2); 2) alla decorrenza del termine stesso (comunicazione o notificazione del decreto: art. 739 comma 2); 3) alle garanzie del contraddittorio; 4) all'obbligo di motivazione del provvedimento che decide il reclamo.

Integrando l'argomento testuale e quello sistematico (che, anche se distintamente ed autonomamente considerati, conducono all'identica conclusione dell'applicabilità, ai decreti reclamabili del giudice delegato, del combinato disposto degli artt. 136 cod. proc. civ. e 45 disp. att. cod. proc. civ., implicitamente richiamati anche dall'art. 739 comma 2 del codice di rito), può, pertanto, affermarsi, con riferimento al caso di specie, che, nell'ipotesi in cui il giudice delegato nella fase di liquidazione dell'attivo fallimentare mediante vendita di beni immobili, abbia, dopo l'aggiudicazione, pronunciato, fuori dell'udienza, decreto di sospensione della vendita ex art. 108 comma 3 l.f., siffatto provvedimento, che ha natura decisoria ed è reclamabile dinanzi al tribunale fallimentare, in virtù della regola stabilita dall'art. 26 comma 1 l.f. e secondo i modi e le forme dei procedimenti in camera di consiglio, deve essere comunicato al destinatario o, comunque, ad ogni interessato, dal cancelliere secondo quanto dispongono gli artt. 136 cod. proc. civ. e 45 disp. att. cod. proc. civ.. 2.4. Tale essendo la corretta soluzione del problema posto dal ricorso, la decisione impugnata deve considerarsi illegittima ed essere, quindi, annullata, non senza rilevare che le pur giustificate esigenze di snellezza insite nelle procedure concorsuali non possono prevalere o, comunque, pregiudicare garanzie costituzionalmente tutelate, ovvero pretermettere specifiche funzioni pubbliche attribuite dalla legge, come, nella specie, quelle del cancelliere, cui è esclusivamente demandata l'attività di comunicazione degli atti processuali o dei provvedimenti del giudice (artt. 58 e 136 cod. proc. civ.); e ciò, segnatamente nelle ipotesi in cui, come nella specie, il giorno del compimento della comunicazione è assunto dal legislatore come "diesa quo" per la decorrenza di termini perentori. 2.5. L'accoglimento del primo motivo di ricorso comporta all'evidenza, l'assorbimento del secondo (relativo, tra l'altro al contenuto del provvedimento di sospensione della vendita adottato dal giudice delegato).

2.6. Il giudice di rinvio - che si individua nel Tribunale di Messina, cui si demanda anche la liquidazione delle spese di questa fase del giudizio - si uniformerà al seguente principio di diritto: "Il termine di dieci giorni per la proposizione del reclamo al tribunale fallimentare contro il provvedimento, decisorio, del giudice delegato di sospensione, ex art. 108 comma 3 l.f., della vendita immobiliare dopo l'aggiudicazione, decorre dalla comunicazione del provvedimento medesimo eseguita dal cancelliere nelle forme previste dal codice di rito".

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo. Cassa e rinvia al tribunale di Messina anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della I sezione civile, il 10 febbraio 1993.