Persone e Misure di Protezione


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 18042 - pubb. 28/09/2017

Sui presupposti per la protezione sussidiaria

Cassazione civile, sez. VI, 21 Luglio 2017, n. 18130. Pres., est. Genovese.


Protezione internazionale – Potere-dovere del giudice di indagine – Effetti

Protezione internazionale – Protezione Sussidiaria – Presupposti



In tema di protezione internazionale, ai sensi dell’art. 3, comma 5, del d.lgs. n. 251 del 2007, le lacune probatorie del racconto del richiedente asilo non comportano necessariamente inottemperanza al regime dell’onere della prova, potendo essere superate dalla valutazione che il giudice del merito è tenuto a compiere delle circostanze indicate alle lettere da a) ad e) della citata norma (Sez. 6-1, ord. n. 15782/2014), dovendosi tenere presente che in ordine alla valutazione dell’esistenza delle condizioni poste a base delle misure tipiche e della misura residuale del permesso umanitario vi è - fermo il potere-dovere d’indagine previsto dall’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 25 del 2008 e quello relativo alla credibilità delle dichiarazioni del richiedente, precisato dall’art. 3 del d.lgs. n. 251 del 2007 - una "forte attenuazione del regime ordinario dell’onere della prova" (Sez. 6-1, n. 16221/2012; Sez. U, n. 27310/2008), posto che il citato art. 3, comma 5, del d.lgs. n. 251 del 2007 non prende in considerazione puramente e semplicemente la maggiore o minore specificità del racconto del richiedente asilo, ma impone al giudice di effettuare valutazioni ulteriori, attinenti alle ragioni dell’eventuale genericità (Sez. 6-1, ord. n. 16201/2015), secondo uno schema di valutazione dei fatti, delle dichiarazioni e degli indizi indicati nei commi 3, 4 e 5 dell’art. 3 cit. di tipo probabilistico ed inferenziale che, come tale, è compito esclusivo del giudice di merito. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

L’ipotesi di protezione sussidiaria, contenuta nell’art. 14, lett. c), e riguardante "la minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno od internazionale", non è subordinata alla condizione che quest’ultimo fornisca la prova che egli è interessato in modo specifico a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale; l’esistenza di una siffatta minaccia può essere considerata, in via eccezionale, provata qualora il grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso, valutato dalle autorità nazionali competenti impegnate con una domanda di protezione sussidiaria o dai giudici di uno Stato membro, raggiunga un livello così elevato che sussistono fondati motivi di ritenere che un civile rientrato nel paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire la detta minaccia. In definitiva, al fine di rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 14, lett. c), non è necessaria la rappresentazione coerente di un quadro individuale di esposizione diretta al pericolo per la propria incolumità, essendo sufficiente tratteggiare una situazione nella quale alla violenza diffusa e indiscriminata non sia contrapposto alcun anticorpo concreto dalle autorità statuali. Le eventuali contraddizioni soggettive non escludono questo nesso causale più ampio, ferma la necessità un’indagine officiosa sull’effettivo contrasto alla violenza svolto dalle autorità statuali del paese di provenienza e sul pericolo per l’incolumità cui sia esposto il cittadino straniero in caso di rientro nel paese d’origine, pur se non ricollegabile in via diretta e causale alla condizione soggettiva narrata, ai sensi degli artt. 8 e 14, lett. c), del d.lgs. n. 251/2007 (Sez. 6-1, ord. n. 15466/2014). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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