Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1367 - pubb. 28/10/2008

Amministrazione di sostegno ed esame dell'amministrando

Tribunale Piacenza, 16 Settembre 2008. Est. Morlini.


Amministrazione di sostegno – Impossibilità del soggetto di esprimere le proprie esigenze – Esame diretto dell’amministrando da parte del giudice – Non necessità.



L’esame diretto dell’amministrando da parte del Giudice non è condizione necessaria per potere provvedere sulla richiesta di amministrazione di sostegno, laddove le condizioni fisiche del beneficiario impediscano allo stesso di esprimere i propri bisogni e le proprie esigenze. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)


 


omissis

IL GIUDICE TUTELARE

·                  visto il ricorso depositato da V. A., con cui si chiede la nomina di un amministratore di sostegno a favore del padre V. G. detto P., meglio generalizzato in dispositivo;

·                  rilevato che, risulta per tabulas come il convenuto sia “invalido con totale e permanente inabilità lavorativa 100% e con necessità di assistenza continua, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”(cfr. verbale 2/11/2005 della Commissione medica per l’accertamento degli stati di invalidità civile, agli atti), soffra di un “decadimento cognitivo severo” (cfr. certificato medico 2/6/2008 dott. C. e C., agli atti), sia“allettato ed impossibilitato a muoversi… e la presenza di estranei lo traumatizza” (cfr. dichiarazioni rese dalla figlia ricorrente all’udienza del 4/9/2008);

·                  considerato che, alla stregua di quanto sopra e delle complessive condizioni psicofisiche di parte convenuta, si rende necessaria la nomina di un amministratore di sostegno, che nel caso di specie appare misura ancora sufficiente ed adeguata, anche in considerazione delle scarse esigenze gestionali da soddisfare e della circostanza che il convenuto vive entro un ambiente circoscritto e protetto, sì che non sussiste grave pericolo che possa esporsi al compimento di atti pregiudizievoli.

Sul punto, deve infatti tenersi conto che la differenza tra amministrazione di sostegno da un lato ed interdizione ed inabilitazione dall’altro, non va ricercata nel meno intenso grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi, ma piuttosto nella maggiore idoneità dell’amministrazione di adeguarsi nel caso concreto in modo elastico alle esigenze del soggetto protetto. Pertanto, la differenza è da apprezzare sotto il profilo non quantitativo ma funzionale, con la conseguenza che, in linea generale, anche per patologie particolarmente gravi e non transeunti può farsi ricorso sia all’uno che all’altro strumento, e solo la specificità del caso concreto e delle esigenze da soddisfare determina la scelta tra gli istituti, con l’unica avvertenza che l’interdizione deve essere intesa come strumento residuale, in ragione della gravità degli effetti (Cass. n. 13584/2006);

·                  ritenuto che, in ragione delle condizioni fisiche del convenuto così come sopra descritte, il presente provvedimento, così come da richiesta della ricorrente al fine di ottenere una più pronta risposta giurisdizionale, può essere reso anche senza la diretta audizione del convenuto stesso da parte del Giudice. Ciò pare possibile in ragione sia di un argomento letterale che emerge dall’esegesi del disposto normativo, sia da un’analisi della ratio legis posta alla base di tale disposto normativo, così come anche confermato dalla giurisprudenza di merito edita che si è occupata della tematica (cfr. Trib. Pinerolo 28/6/2006 e Trib. Modena 21/3/2005), cui il Tribunale di Piacenza ha sempre aderito nei suoi precedenti provvedimenti.

Invero, sotto il profilo dell’analisi letterale delle disposizioni di legge, mentre l’esame diretto dell’interdicendo o dell’inabilitando è certamente dovuto in ragione del perentorio tenore letterale di cui all’art. 419 c.c.(“non si può pronunziare l’interdizione o l’inabilitazione senza che si sia proceduto all’esame”), oggettivamente più blanda appare la disposizione di cui all’art. 407 comma 3 c.c. in tema di amministrazione di sostegno (“il Giudice tutelare provvede… sentiti i soggetti di cui all’art. 406; in caso di mancata comparizione provvede comunque sul ricorso”). Ciò detto, è pur vero che l’art. 407 comma 2 c.c. stabilisce che “il Giudice tutelare deve sentire personalmente la persona cui il provvedimento si riferisce, recandosi ove occorra nel luogo in cui questa si trova”; ma è altrettanto vero che anche la più rigida formulazione contenuta nel citato art. 419 c.c. in tema di interdizione ed inabilitazione, è stata attenuata dall’interpretazione della Corte Costituzionale datane con la sentenza n. 382/1988, secondo cui l’esame non è obbligatorio in casi particolari, quali quelli in cui l’interdicendo o l’inabilitando siano irreperibili o si rifiutino di sottoporsi all’esame stesso. In sostanza, sussistendo motivi giustificati ed in casi determinati, tra i quali ben può rientrare lo stato di salute del beneficiario, tali da rendere inutile l’incombente probatorio (situazione, questa, a maggior ragione equiparabile all’irreperibilità od al rifiuto cosciente e volontario di sottoporsi all’esame), deve ritenersi che possa venire meno l’obbligo del Giudice di sentire personalmente l’interessato.

Alla conclusione della non necessità dell’audizione del beneficiario incapace di rapportarsi con terzi dal punto di vista comunicativo, deve pervenirsi anche muovendo da uno scrutinio della ratio legis posta alla base dell’istituto, atteso che l’incombente procedurale è finalizzato alla diretta conoscenza, da parte del Giudice, dei bisogni e delle richieste dell’amministrato (cfr. art. 407 comma 2 c.c.) ed è fondato logicamente sul presupposto fattuale che il beneficiario sia in grado di esprimere tali bisogni e richieste. Pertanto, l’audizione del beneficiario risulta necessaria solo ove l’interessato sia in grado di esprimere bisogni e richieste, ciò che è escluso nel caso di specie, sulla base delle inequivoche risultanze documentali sopra riportate.

A favore di tale conclusione milita poi anche il fatto che, nell’ottica di un minore rigore, anche terminologico, la L. n. 6/2004 in tema di amministrazione di sostegno non utilizza più la parola “esame” impiegata dall’art. 419 c.c. in materia di interdizione od inabilitazione, parola che evoca l’idea dell’osservazione cui viene sottoposta una persona per conoscerne lo stato, bensì adopera un’espressione più blanda, e cioè il verbo “sentire”. Pertanto, laddove sia documentalmente ed autorevolmente certificato che il soggetto non è in grado di instaurare un minimo di dialogo e/o di comunicazione con il mondo esterno, ne discende che l’incombente dell’audizione si palesa del tutto superfluo; anzi, laddove la persona non sia trasportabile, costituisce indubbiamente un ostacolo ad una decisione in tempi brevi del ricorso e ad una tempestiva protezione dell’amministrando, tenuto conto del rilevantissimo numero di procedure di amministrazione di sostegno proposte e dell’oggettiva difficoltà di organizzare le visite domiciliari;

·                  osservato che, non vi sono motivi per disattendere la richiesta della ricorrente, figlia e parente più prossima del convenuto, di essere nominata amministratore;

·                  evidenziato che il Pubblico Ministero ha concluso, in data 9/9/2008, per l’accoglimento della domanda;

·                  visti gli articoli 404 e seguenti del codice civile

 

NOMINA

V. A., residente a **, elettivamente domiciliata in ** presso lo studio dell’avv. *, quale amministratore di sostegno del padre V. G. detto P., nato a **, con le seguenti prescrizioni:

1. l’incarico è a tempo indeterminato è ha ad oggetto la cura della persona e l’amministrazione del patrimonio mobiliare ed immobiliare del beneficiario;

2. l’amministratore di sostegno è autorizzato a prendere visione della situazione relativa al complesso dei rapporti bancari (conto corrente, titoli), mediante richiesta di estratti conto e di prospetti idonei all’istituto di credito competente;

3. l’amministratore di sostegno avrà il potere di compiere, in nome e per conto del beneficiario, senza bisogno di ulteriore specifica autorizzazione da parte del giudice tutelare, i seguenti atti: allocazione residenziale/semiresidenziale del beneficiario; presentazione di domande di assistenza, anche sanitaria e di sussidi; redazione e presentazione di dichiarazioni fiscali e legali; operazioni sul conto corrente intestato al beneficiario; pagamento delle utenze, riscossione degli emolumenti (quali la pensione) spettanti al beneficiario; gestione ordinaria degli immobili di proprietà del beneficiario;

4. l’amministratore di sostegno dovrà chiedere l’autorizzazione del giudice tutelare per gli atti indicati negli artt. 374, 375 e 376 del codice civile ed è soggetto all’obbligo di informare tempestivamente il beneficiario circa gli atti da compiere, nonché, in caso di dissenso con il beneficiario, il giudice tutelare; in particolare, l’amministratore di sostegno dovrà richiedere l’autorizzazione del giudice tutelare per i seguenti atti:

- accettazione o rinunzia a donazioni o eredità;

- impiego di proventi derivanti al beneficiario da eredità o da donazioni;

- assunzione di obbligazioni nei confronti di istituti di credito;

- spese per la manutenzione straordinaria degli immobili di proprietà del beneficiario;

- alienazione dei beni o delle quote di comproprietà dei beni immobili del beneficiario ed impiego delle somme ricavate;

- rinnovo di titoli;

5. l’amministratore di sostegno potrà sostituire il beneficiario nel compimento degli atti di cui al precedente punto 4;

6. l’amministratore di sostegno dovrà riferire ogni anno al giudice tutelare circa l’attività svolta e le condizioni di vita del beneficiario.

Manda alla Cancelleria per le annotazioni del presente decreto nell’apposito registro, per la comunicazione dello stesso all’ufficiale dello stato civile.

Si comunichi.

Piacenza, 16 settembre 2008

Il Giudice Tutelare

dott. Gianluigi MORLINI


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