Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1298 - pubb. 26/07/2008

Omologa di concordato preventivo successivo al dl 35/2005 e disciplina applicabile

Cassazione civile, sez. I, 22 Maggio 2008, n. 13088. Est. Plenteda.


Concordato preventivo – Domanda di omologazione presentata dopo l’entrata in vigore del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 – Disciplina applicabile – Impugnazione – Potere del tribunale di valutare il merito della proposta – Insussistenza.



Al provvedimento di rigetto della domanda di omologazione del concordato preventivo depositata dopo l’entrata in vigore del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 si applica la nuova disciplina introdotta dal citato decreto legge; il provvedimento di rigetto è quindi impugnabile con reclamo alla corte d’appello ed il tribunale non ha facoltà di verificare se i beni ceduti siano o meno sufficienti al pagamento dei debiti. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato




 omissis

Fatto

Con Decreto 30 gennaio 2007 la corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile il reclamo della società F. s.r.l., avverso il decreto di rigetto della domanda di omologazione del concordato preventivo della società medesima, depositato il 29 giugno 2006, cui era seguita la dichiarazione di fallimento in data 29 settembre 2006.

Ha rilevato che la procedura di concordato, pendendo alla data del 16 luglio 2006, era disciplinata dalla normativa precedente alla riforma e così era stata ritenuta dal tribunale, benchè avesse respinto la domanda con decreto anzichè con sentenza, in quanto non si era limitato a verificare il raggiungimento delle prescritte maggioranze - unica condizione richiesta per la omologazione dalla nuova disciplina - ma aveva verificato anche se fossero sufficienti i beni ceduti a pagare i debiti - condizione questa ulteriore, richiesta dalla disciplina previgente - ed aveva concluso in senso negativo, nonostante il raggiungimento della maggioranza.

Ciò posto, ha ritenuto la corte territoriale che, essendo quel decreto in realtà una sentenza, tanto che era stato sottoscritto dal presidente e dal giudice relatore del collegio, la impugnazione avrebbe dovuto essere proposta con l'appello e non con il reclamo, come del resto la società aveva fatto, in aggiunta al reclamo.

Propone ricorso con due motivi la società F. non il svolgono difese l'intimato fallimento nè il commissario giudiziale della procedura di concordato preventivo.

Diritto

Con il primo motivo denunzia la ricorrente violazione dell’art. 150, D.Lgs. n. 5 del 2006, rilevando che la norma fa riferimento ai ricorsi per dichiarazione di fallimento e alle domande di concordato fallimentare, non anche a quelle di concordato preventivo, per le quali l’art. 2, comma 2 bis, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla L. n. 80 del 2005, stabilisce che i nuovi artt. 160, 161, 163, 177, 180 e 181 della legge fallimentare, si applichino ai procedimenti di concordato preventivo, pendenti e non ancora omologati alla data di entrata in vigore del decreto predetto.

Peraltro, aggiunge la società, il principio di retroattività della disciplina del concordato preventivo non era invocabile, in quanto la domanda era stata proposta dopo il 16 marzo 2005 e cioè l'1 giugno 2005.

Con il secondo mezzo si denunciarla violazione e falsa applicazione degli artt. 180, 181 e 183 legge fallimentare, in relazione all'assunto del tribunale condiviso dalla corte di appello - che dovesse trovare applicazione il vecchio testo degli artt. 180 e 181, sicchè in luogo della verifica delle maggioranze, unico adempimento richiesto dalle nuove norme, si dovesse verificare anche la sufficienza dei beni ceduti per il pagamento dei debiti.

Il ricorso merita di essere accolto.

Per essere stata la domanda di concordato preventivo depositata l'1 giugno 2005, la disciplina alla quale era soggetto il procedimento è stata quella innovata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, entrato in vigore il 16 successivo e convertito dalla L. 14 maggio 2005 n. 80.

Erra dunque la corte di merito allorchè a tale procedimento assegna la normativa precedente, quella cioè del R.D. n. 267 del 1942, e argomenta che ad essa abbia fatto riferimento il tribunale, sebbene abbia deciso con decreto e non con sentenza, posto che in realtà il provvedimento aveva i caratteri della sentenza, sia perchè firmato anche dal relatore - estensore, sia perchè all'art. 183 vecchio testo - che la sentenza contemplava come atto terminale all'esito del procedimento di omologazione - la decisione si era conformata nel prendere in considerazione non solo le maggioranze dei creditori in sede di voto, come richiesto in via esclusiva dall'art. 183 riformato, ma anche il rapporto di congruità dei beni offerti in cessione con le passività da soddisfare; ed in forza di tali argomenti giudica inammissibile il reclamo, in quanto, dovendo operare la legge ante riforma, per il disposto del art. 150, D.Lgs. 9 gennaio 2006 n. 5, era l'appello il mezzo impugnatorio consentito.

Va infatti considerato che le norme sul concordato preventivo sono state innovate dal citato D.L. n. 35 del 2005, convertito dalla L. n. 80 del 2005, il quale all'art. 2, comma 2 bis, ha stabilito che "le disposizioni si applicano altresì ai procedimenti di concordato preventivo pendenti e non ancora omologati alla data di entrata in vigore del presente decreto"; sicchè, essendo stato il concordato preventivo proposto l'1 giugno 2005, ancor più ad esso andava applicata la nuova disciplina.

E irrilevante è invece il disposto dell'art. 150 citato, che ha riguardato il corpo delle disposizioni della legge fallimentare riformata da quella novella, diverse dalle disposizioni sul concordato preventivo; e che il distinto regime della "legge anteriore" ha riservato ai ricorsi per dichiarazione di fallimento e alle "domande di concordato fallimentare" depositate prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, datate al 16 luglio 2006, ad eccezione degli artt. 48, 409, 50, di immediata applicazione.

Il provvedimento impugnato dunque cassato, con rinvio alla corte di appello di Roma anche per le spese processuali di cassazione.

P.Q.M.

La Corte:

Accoglie il ricorso; cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla corte di appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese di cassazione.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2008.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2008


Testo Integrale