Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1296 - pubb. 23/07/2008

Opposizione allo stato passivo e giurisdizione concorrente del giudice amministrativo

Cassazione Sez. Un. Civili, 16 Maggio 2008, n. 12371. Est. Salmè.


Opposizione allo stato passivo – Questione di competenza del giudice amministrativo – Competenza concorrente del giudice fallimentare – Sussistenza.



Nell'ipotesi in cui sia chiesta l'ammissione al passivo di un credito e l'ammissione sia contestata con opposizione ex art. 98 legge fall., fermo restando la devoluzione al giudice amministrativo delle questioni ad esso riservate, non viene tuttavia meno il potere del giudice fallimentare di ammettere con riserva il credito stesso, considerandolo come condizionale e sciogliendo tale riserva all'esito della definizione del giudizio amministrativo (fattispecie relativa al credito al credito di un comune nei confronti della società incaricata del servizio di tesoreria. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)



 omissis 

Fatto

Con ricorso del 30 giugno 1999 la Banca Popolare di Novara ha proposto opposizione avverso il decreto di ammissione allo stato passivo del fallimento della Italgest s.p.a. (che aveva esercitato funzioni di tesoreria) dei crediti per L. 1.362.854.037, e per L. 151.527.334, vantati dal comune di S. Giuseppe Vesuviano, con privilegio ex art. 2768 c.c., "sui beni eventualmente sequestrati a condizione che intervenga condanna definitiva". La banca ha sostenuto che la richiesta di privilegio era generica, perchè priva dell'indicazione del procedimento penale e che, pertanto, il privilegio era stato concesso d'ufficio; che il Comune aveva chiesto l'ammissione dei crediti con privilegio ex art. 2752 c.c., mentre era stato concesso quello ex art. 2768 c.c.; che la documentazione prodotta dal comune a sostegno delle sue richieste non era idonea a provare i crediti fatti valere; che erroneamente il privilegio era stato esteso agli interessi, anche per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento.

Con sentenza del 7 marzo 2003 il tribunale di Napoli, per quanto rileva in questa sede, ha ritenuto che nella specie sussiste la giurisdizione concorrente del giudice ordinario e della corte dei conti la quale, peraltro, con sentenza del 24 dicembre 2001, ha accertato l'irregolarità della gestione del servizio di tesoreria e la responsabilità contabile della Italgest, condannandola al pagamento della somma di L. 1.231.297.822, oltre a interessi e rivalutazione, in favore del Comune.

La corte d'appello di Napoli, con sentenza dell'8 marzo 2005, ha integralmente confermato la sentenza di primo grado.

Avverso la sentenza della corte d'appello di Napoli il Banco Popolare di Verona e Novara, succeduto alla Banca Popolare di Novara, ha proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi, tra i quali il primo, avente ad oggetto la questione di giurisdizione, illustrato con memoria, viene all'esame di queste sezioni unite. Il comune di S. Giuseppe Vesuviano resiste con controricorso.

Diritto

1. Deducendo il difetto di giurisdizione in relazione all’art. 93, comma 2 del D.Lgs. n. 267 del 2002 violazione e falsa applicazione dell'art. 55, comma 3 e art. 95, comma 2 legge fallimentare, nullità del procedimento per violazione dell'art. 345 c.p.c., comma 3, e difetto di motivazione la ricorrente sostiene che erroneamente è stata accertata la sussistenza della giurisdizione del tribunale fallimentare perchè il tesoriere e ogni altro agente contabile degli enti locali sono soggetti alla giurisdizione esclusiva della Corte dei conti. Tale giurisdizione ha carattere generale e non può essere derogata se non per effetto di un'espressa disposizione di legge che affermi l'esistenza della giurisdizione del giudice ordinario.

La ricorrente auspica, inoltre, un mutamento dell'orientamento di questa corte secondo cui, qualora dinanzi al tribunale fallimentare in sede di accertamento del passivo, sorga contestazione sulla esistenza o sull'ammontare di un credito per il quale opera la giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, il credito deve essere considerato sottoposto a condizione e quindi deve essere ammesso con riserva. Deduce, inoltre, che il credito del Comune di S. Giuseppe Vesuviano per L. 1.231.297.822, attualmente oggetto esclusivo del giudizio, sarebbe stato ammesso puramente e semplicemente e non con riserva e senza che il giudice delegato abbia sospeso il procedimento in attesa della definizione del procedimento davanti alla corte dei conti.

Osserva infine che, ai fini della soluzione della questione di giurisdizione, sarebbe irrilevante la sentenza della corte dei conti del 24 dicembre 2001, peraltro tardivamente prodotta nel giudizio di primo grado e non prodotta nuovamente nel giudizio d'appello.

2. Il motivo non è fondato.

Come ha rilevato la banca ricorrente, la questione sottoposta all'esame delle sezioni unite è stata affrontata e risolta dalla sentenza di questa corte 29 gennaio 1999, n. 789, nel senso che, nell'ipotesi in cui sia chiesta l'ammissione al passivo di un credito e l'ammissione sia contestata con opposizione ex art. 98, legge fallimentare, se le questioni relative all'esistenza e liquidità del credito stesso siano devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non viene meno il potere del giudice fallimentare di ammettere con riserva il credito stesso, considerandolo come condizionale, sciogliendo tale riserva all'esito della definizione del giudizio amministrativo.

A questa conclusione la Corte è pervenuta sulla base, sostanzialmente, del duplice rilievo che, da un lato, si pone la necessità di garantire al credito contestato la possibilità di partecipare al riparto mediante accantonamento, in attesa della decisione del giudice competente (decisione che potrebbe intervenire quando la procedura fallimentare è chiusa o, comunque, il riparto dell'attivo è già, in tutto o in parte, avvenuto) e, dall'altro, deve farsi applicazione del principio generale - desumibile sia dalla regola dettata espressamente dall’art. 45 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (secondo cui possono essere ammessi al passivo i crediti per imposte dirette, oggetto di giudizio davanti alle commissioni tributarie, sulla base della sola iscrizione a ruolo) che dall'orientamento giurisprudenziale che ha esteso tale regola anche a tributi diversi (Cass. n. 23001/2004; 7579/1996) - secondo il quale, nel caso in cui sorga controversia sul credito sottratta alla cognizione del giudice fallimentare (perchè quest'ultimo è carente di giurisdizione, o perchè sussiste una competenza inderogabile di altro giudice ordinario), gli organi del fallimento devono considerare il credito assimilabile ai crediti condizionati, e quindi possono ammetterlo con riserva, da sciogliersi dopo la definizione del processo dinanzi al giudice, competente, e in relazione all'esito di tale giudizio.

La banca ricorrente non ha indicato argomenti decisivi che inducano a rivedere l'orientamento espresso, che, pertanto, deve essere confermato, anche nella presente fattispecie nella quale il credito del quale il comune di S. Giuseppe Vesuviano ha chiesto l'ammissione al passivo ha ad oggetto la responsabilità per condotte di appropriazione e distrazione di denaro pubblico da parte del soggetto che aveva svolto il servizio di tesoreria del comune stesso, il cui accertamento è riservato alla giurisdizione della Corte dei conti (D.Lgs n. 267 del 2000, art. 93).

Nè a conclusioni diverse può indurre la circostanza che in realtà detto credito era stato ammesso puramente e semplicemente e non con riserva, perchè tale circostanza mette in discussione non la spettanza, ma il corretto esercizio del potere di ammissione del credito al passivo.

Rigettato il motivo, si deve quindi dichiarare la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.

Gli atti vanno rimessi al primo presidente per l'assegnazione alla sezione semplice competente per il giudizio sugli altri motivi di ricorso.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il primo motivo e dichiara la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria; rimette gli atti al primo presidente per l'assegnazione alla sezione competente per l'esame degli altri motivi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle sezioni unite civili, il 11 dicembre 2007.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2008


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