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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 12539 - pubb. 03/05/2015.

Concordato preventivo: controllo del tribunale sulla fattibilità della proposta e sindacato sulla fattibilità economica


Cassazione civile, sez. I, 06 Novembre 2013. Est. De Chiara.

Concordato preventivo - Deliberazione ed omologazione - Controllo del tribunale sulla fattibilità della proposta di concordato - Contenuto - Sindacato sulla fattibilità economica - Limiti - Attitudine del piano a realizzare la causa concreta del concordato - Fattispecie in tema di concordato preventivo con continuità aziendale

Responsabilità patrimoniale - Cause di prelazione - Privilegi speciali su determinati mobili - Crediti per tributi indiretti - Conai - Credito per contributi ambientali - Privilegio ex art. 2958 cod. civ. - Esclusione - Fondamento

Concordato preventivo - Ammissione - Credito privilegiato - Pagamento integrale - Necessità - Inesistenza, nel patrimonio del debitore, di bene gravato da privilegio speciale - Irrilevanza - Condizioni - Conseguenze - Fattispecie successiva al d.lgs. n. 169 del 2007


In tema di concordato preventivo, il sindacato del giudice sulla fattibilità, intesa come prognosi di concreta realizzabilità del piano concordatario, quale presupposto di ammissibilità, consiste nella verifica diretta del presupposto stesso, sia sotto il profilo della fattibilità giuridica, intesa come non incompatibilità del piano con norme inderogabili, sia sotto il profilo della fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti del piano medesimo, dovendosi in tal caso, verificare unicamente la sussistenza o meno di un'assoluta e manifesta non attitudine del piano presentato dal debitore a raggiungere gli obiettivi prefissati, ossia a realizzare la causa concreta del concordato. (Nella specie, concernente un'ipotesi di omologazione di concordato preventivo con continuità aziendale, le osservazioni contenute nel parere del commissario giudiziale ex art. 180, secondo comma, legge fall. - inerenti alla mancanza di apporto di nuova finanza da parte delle banche in epoca successiva all'omologa, nel "deficit" patrimoniale registrato dal debitore con conseguente totale perdita del capitale, nella mancanza di garanzie di vendita degli immobili e nella mancanza di copertura del fabbisogno concordatario con le risorse previste dal piano e, dunque, sostanziandosi in rilievi valutativi e prognostici - sono state ritenute inidonee a palesare la manifesta irrealizzabilità del piano e a giustificare l'intervento officioso del tribunale). (Massima ufficiale)

Il contributo dovuto al CONAI, legato alla produzione di imballaggi e parametrato alla quantità, al peso e alla tipologia del materiale di cui essi sono costituiti (art. 224, comma 3, lett. h, del d.lgs. 30 aprile 2006, n. 152), in quanto segno diretto della immissione nell'ambiente di rifiuti di un certo tipo e non segno indiretto di capacità reddituale, non partecipa della natura dei tributi indiretti e, pertanto non gode del privilegio ad essi riconosciuto dall'art. 2758, primo comma, cod. civ. (peraltro in favore dello Stato e non di soggetti privati, qual è il consorzio). Né v'è spazio per un'interpretazione estensiva - considerati i limiti lessicali - ovvero analogica della citata disposizione con riferimento alla disciplina della tariffa integrata ambientale (c.d. "TIA 2", art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006), atteso che quest'ultima non è un tributo indiretto, ma una tassa di scopo, cui compete il diverso privilegio di cui all'art. 2752, ultimo comma, cod. civ. (Massima ufficiale)

Anche nel concordato preventivo, come riformato dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, vale la regola generale, secondo cui, a differenza che nel fallimento, la mancanza nel compendio patrimoniale del debitore del bene gravato da privilegio non impedisce l'esercizio del diritto di prelazione, con la conseguenza che il credito va soddisfatto integralmente; ciò a condizione, però, che il proponente non si sia avvalso della facoltà, introdotta dal novellato art. 160, terzo comma, legge fall., di limitare la soddisfazione dei creditori privilegiati alla sola parte del loro credito, che troverebbe capienza nell'ipotesi di liquidazione del bene gravato. (Massima ufficiale)

Il testo integrale

(1) Dall'articolo "La giurisprudenza della Cassazione sul controllo di fattibilità del concordato preventivo dopo le Sezioni Unite del 2013" di Paola Vella:

Sopravviene Cass. 6 novembre 2013, n. 24970[1] [a Cass. 21901/2013, ndr], per sostenere - in dichiarata continuità con le Sezioni Unite - che: a) anche la fattibilità del piano concordatario, intesa come prognosi di concreta realizzabilità dello stesso, è presupposto di ammissibilità del concordato; b) tale sindacato non è di secondo grado, ossia limitato alla sola completezza e congruità logica dell'attestazione del professionista di cui all’art. 161, comma 3, l. fall., ma consiste nella verifica diretta del presupposto stesso; c) a tal fine è opportuno distinguere tra fattibilità giuridica, intesa come non incompatibilità del piano con norme inderogabili, e fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti del medesimo; d) mentre il sindacato del giudice sulla fattibilità giuridica non ha particolari limiti, «la fattibilità economica è intrisa di valutazioni prognostiche fisiologicamente opinabili e comportanti un margine di errore, nel che è insito anche un margine di rischio, del quale è ragionevole siano arbitri i soli creditori, in coerenza con l'impianto generale prevalentemente contrattualistico dell'istituto del concordato»; e) di conseguenza, sotto il profilo della fattibilità economica l’unica forma di sindacato officioso del giudice consiste nella «verifica della sussistenza o meno di una assoluta, manifesta non attitudine del piano presentato dal debitore a raggiungere gli obiettivi ivi prefissati».

In concreto, la Corte ha avallato la decisione con cui il giudice d’appello, nel revocare la sentenza dichiarativa di fallimento conseguente all’inammissibilità del concordato, aveva escluso che potesse ritenersi “manifesta” la non fattibilità economica del piano concordatario sulla base di una (pur pesante) prognosi valutativa fondata sulle seguenti circostanze: 1) mancanza di impegni cogenti delle banche per l’apporto di nuova finanza; 2) deficit patrimoniale con totale perdita del capitale; 3) mancanza di garanzie per la prevista dismissione di immobili; 4) mancanza di copertura del fabbisogno finanziario concordatario quinquennale mediante le risorse previste nel piano.

La lettura - apparentemente più restrittiva - è comunque allineata ai precedenti, laddove preclude un accertamento officioso della non fattibilità in termini meramente probabilistici (per quanto ragionevoli), osservando come non possa escludersi il sopravvenire di condizioni più favorevoli, come ad esempio «l’apporto della nuova finanza o la vendita degli immobili al prezzo sperato».



[1] Pres. Rordorf, rel. De Chiara, consultabile in Dir. fall., 2014, 223