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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 122 - pubb. 01/01/2007.

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Tribunale di Ivrea, 18 Novembre 2004. Est. Marra.

Processo societario – Nullità dell’atto di citazione – Rinnovazione ex art. 164 c.p.c. – Inammissibilità – Autosufficienza del nuovo rito.


Le norme del nuovo processo societario non consentono all’attore di sanare l’eventuale nullità dell’atto di citazione qualora il convenuto notifichi istanza di fissazione dell’udienza dopo aver eccepito la nullità della citazione nella propria comparsa di risposta, in tal modo precludendo all’attore la possibilità di presentare una memoria di replica alle eccezioni mosse in comparsa e sanare l’eccepita nullità.
Non si ritiene, infatti, che la disciplina dell’art. 164 c.p.c. (che consente la sanatoria della nullità in questione) sia compatibile con la ratio del nuovo processo societario ove la partecipazione del giudice è prevista in un momento successivo quando le domande delle parti sono ormai cristallizzate.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione regolarmente notificato Bianchi Alda in qualità di socia, conveniva in giudizio davanti questo Tribunale la ALFA s.r.l. e Verdi Giorgia, amministratore delegato della s.r.l., per ottenere nei loro confronti una sentenza nullità e/o annullamento del bilancio della società che aveva apportato una modifica nei criteri di valutazione di una posta, in particolare aveva inserito l’unico cespite immobiliare non più nella voce” immobilizzazioni materiali” bensì in quella “attivo circolante”, così violando, a parere dell’attrice, i principi di chiarezza e precisione dettati dall’art.2423 comma 2 c.c. per la corretta redazione delle scritture contabili. L’attrice impugnava altresì le delibere del Consiglio di Amministrazione del 30.03.2004 nelle quali, malgrado l’opposizione della socia Bianchi, veniva approvato il progetto di bilancio relativo all’annualità del 2003, e veniva conferita la delega alla convenuta Verdi Giorgia, quale Amministratore Delegato, adducendo, a sostegno di quest’ultima censura, che il conferimento della delega sarebbe stato di competenza dell’assemblea dei soci e non del C.d.A. e che in ogni caso, si sarebbero dovuti indicare con esattezza i limiti della delega attribuita all’Amministratore Delegato.

Con comparsa di risposta tempestiva entrambi i convenuti si costituivano in giudizio, formulando alcune eccezioni pregiudiziali in rito e contestando in ogni caso nel merito il fondamento delle pretese avversarie, chiedendone la reiezione; in particolare in via pregiudiziale, veniva eccepita l’estinzione del processo per tardiva costituzione dell’attore ai sensi dell’art.13 del D.lgs.5/03, veniva poi eccepita la nullità dell’atto di citazione per assoluta indeterminatezza delle domande formulate (in particolare incertezza su quale fosse il bilancio impugnato se quello al 31.12.2002 ovvero quello al 31.12.2003, considerato che la modifica oggetto dell’impugnazione era stata operata nel bilancio relativo all’anno 2002), nonché veniva eccepito il difetto di legittimazione passiva di Verdi Giorgia, poiché le delibere impugnate erano riferibili alla società e non alla persona fisica convenuta, se pur nella veste di Amministratore Delegato.

Nel merito si confermava la bontà dell’operato della società, poiché le ragioni della modifica della posta al bilancio era stata ampiamente chiarita nella nota integrativa al bilancio e comunque tale modifica era del tutto ininfluente ai fini della esatta rappresentazione patrimoniale e finanziaria della società; quanto alla validità della nomina da parte del C.d.A. della Verdi quale Amministratore Delegato, si evidenziava la validità dell’operato del C.d.A., dato che lo Statuto si limita ad affermare che tale competenza è del Consiglio, mentre non vi è alcuna disposizione che faccia ritenere cogente l’intervento dell’assemblea dei soci.

I convenuti entro il termine di cui all’art.8 del D.lgs.5/03 (esattamente il 9 settembre 2004) depositavano istanza di fissazione d’udienza, in cui ribadivano le proprie conclusioni già formulate in comparsa. Veniva nominato il Giudice relatore, il dott. Marra, il quale provvedeva, nel rispetto dei termini di cui all’art.12, ad emettere il decreto di fissazione d’udienza avanti al Collegio, mentre la controparte a cui era stato notificata l’istanza di fissazione d’udienza, non depositava alcuna memoria, come invece è reso possibile dall’art.10 del citato D.lgs..

Nel decreto di fissazione d’udienza il Giudice relatore rilevava la fondatezza delle eccezioni pregiudiziali relative alla nullità della citazione ed al difetto di legittimazione passiva della Verdi, ma ritenendo non applicabile in via analogica il disposto dell’art.164 comma 5 c.p.c, non ordinava alcuna integrazione dell’atto introduttivo considerato nullo. Rigettava le richieste probatorie per assoluta genericità dei capitoli indicati ed invitava poi le parti, ai sensi dell’12 comma 3 lett.e), a presentare memorie scritte in ordine alle seguenti questioni: 1) esistenza di un divieto espresso o tacito di variazione dei criteri di valutazione di alcune poste di bilancio, da un esercizio all’altro; 2) possibilità di impugnare le delibere del Consiglio di Amministrazione di una società a responsabilità limitata; 3) condizioni e limiti della delega di attribuzioni da parte del C.d.A. ad un amministratore.

All’udienza collegiale in camera di consiglio del 18.11.2004, il Presidente dopo aver tentato inutilmente la conciliazione, invitava le parti a discutere oralmente la causa . Di seguito il Collegio decideva di confermare il decreto del Giudice relatore ed emetteva l’ordinanza con la quale, ritenuta la complessità della causa, si riservava di emanare sentenza entro i 30 giorni successivi all’udienza camerale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Quanto alla prima eccezione pregiudiziale di intervenuta estinzione del procedimento, per tardiva costituzione dell’attrice, già il relatore ha rilevato che tale eccezione pregiudiziale non è meritevole di accoglimento, poiché risulta che la citazione è stata notificata ai convenuti in data 28 giugno 2004 e che la costituzione da parte dell’attrice è stata poi effettuata in data 5 luglio 2004, come risulta dal timbro della cancelleria sulla nota di iscrizione a ruolo della causa e sull’elenco documenti prodotti, così rispettando il termine di 10 giorni per la costituzione dell’attore previsto dall’articolo 3 del D.lgs.5/03.

Deve invece essere accolta la seconda eccezione pregiudiziale sollevata dai convenuti, quella relativa alla nullità dell’atto di citazione, la quale non potendo essere sanata, per le ragioni che di seguito verranno esposte, conduce ad una pronuncia in rito, con cui si dichiara la nullità dell’atto introduttivo.

La nullità oggetto di valutazione inerisce alla cosiddetta editio actionis, in particolare riguarda l’assoluta indeterminatezza della domanda attorea in ordine al petitum, sia con riferimento a quale è il bilancio impugnato, sia relativamente a quale è la domanda rivolta nei confronti della convenuta Verdi Giorgia.

Quanto alle problematiche del bilancio va evidenziato che la citazione ha come intestazione la seguente dicitura:” Atto di impugnazione di delibera assembleare di società a responsabilità limitata”, senza specificare quale delibera assembleare è oggetto di impugnazione, e nelle conclusioni dell’atto di citazione si chiede dichiararsi la nullità e/o annullabilità” ..del bilancio sociale formato e deliberato in contrasto con i principi ed i criteri sanciti dalla legge.”, senza specificare, anche in tale formula conclusiva, quale è il bilancio impugnato.

Tale incertezza presente nell’intestazione e nelle conclusioni dell’atto di citazione, non è stata poi dissipata, ad avviso di questo Collegio, nella parte motiva dell’atto introduttivo del presente giudizio.

Infatti l’attrice, come già anticipato, si duole del fatto che sia stata apportata una modificazione, a suo dire illegittima per violazione dei principi di chiarezza e precisione, ai criteri di valutazione di una posta di bilancio, in particolare aver inserito l’unico cespite immobiliare, non più nella voce” immobilizzazioni materiali”, bensì in quella “attivo circolante”. Tale modifica risulta stata apportata nel bilancio al 31.12.2002 e spiegata nella relativa nota integrativa, ragione per la quale parrebbe plausibile ritenere che il bilancio impugnato sia quest’ultimo e non invece quello successivo al 31.12.2003, in cui si sono poi semplicemente adottati gli stessi criteri in precedenza modificati.

Tuttavia l’attrice nel suo confuso atto di citazione impugna altresì le delibere del Consiglio di Amministrazione riunito il 30.03.2004, in cui tra le altre cose fu approvato il progetto di bilancio al 31.12.2003, da portare all’approvazione dell’assemblea dei soci. Per tale verso allora parrebbe plausibile al contrario, ritenere che l’impugnazione abbia avuto riguardo all’approvazione del bilancio al 31.12.2003 e non quella dell’annualità precedente.

Nessuna chiarezza forniscono poi i documenti prodotti, poiché l’attrice non ha prodotto nessuna copia di alcuna delle due delibere assembleari di approvazione dei rispettivi bilanci (l’impugnazione a rigore riguarda proprio la delibera di approvazione del bilancio e non quest’ultimo ex se), mentre ha prodotto copia di tutti e due i bilanci, quello relativo all’anno 2002 e quello relativo all’anno 2003, generando nuovamente incertezza su quale sia l’oggetto dell’impugnazione.

Analogamente totale incertezza sull’ulteriore parte delle conclusioni formulate nell’atto di citazione, in particolare laddove l’attrice chiede la nullità e/o annullamento:” ..di tutte le decisioni attinenti al capitale sociale per i vizi presenti nella fase procedimentale prodromica alla riunione dell’assemblea”. Nella parte motiva non vi è alcuna traccia di decisioni attinenti al capitale sociale (se per esse deve intendersi nel dubbio aumenti e/o diminuzioni di capitale sociale, utilizzo di riserve ecc.ecc.), poiché la difesa attorea ha speso tutte le sue argomentazioni relativamente al solo profilo sopra descritto, della modifica del criterio di valutazione dell’unico immobile della società.

Del tutto oscura poi è quale sia la richiesta di pronuncia giudiziale avanzata nei confronti della convenuta Verdi Giorgia (il c.d. petitum immediato), né quale è il bene della vita che si chiede alla stessa (il c.d. petitum mediato).

Tale profilo è anche pregiudiziale rispetto all’eccepito difetto di legittimazione passiva della convenuta, perché il Collegio per comprendere se la Verdi è legittimata nei confronti di una certa domanda, deve ovviamente capire che tipo di pronuncia in astratto viene chiesto nei confronti di Verdi Giorgia, seuna sentenza dichiarativa, costitutiva o di condanna, e su quale bene della vita essa vada ad incidere; in tale evidente incertezza, non è perciò consentito neanche alla convenuta di difendersi con cognizione.

Orbene l’attrice si lagna della nomina quale amministratore delegata della convenuta, effettuata dal Consiglio di Amministrazione anziché dall’Assemblea dei soci, ma ciò palesemente riguarda un atto imputabile alla società nella sua soggettività giuridica, in cui al Verdi è semplice destinataria di alcuni effettivi de iure. Non vi è quindi nessun ausilio neanche dall’analisi della causa pretendi.

Per tutti questi motivi il Collegio ha confermato la valutazione del Giudice relatore in ordine alla nullità dell’atto di citazione per vizio della c.d. editio actionis, valutazione che essendo pregiudiziale ed assorbente impedisce ogni altra decisione sulle diverse questioni di merito esposte dalle parti.

L’attrice peraltro non ha avuto modo di rimediare ai propri errori, in quanto i convenuti, avvalendosi delle possibilità loro offerte dal nuovo rito societario, hanno presentato immediatamente istanza di fissazione d’udienza, subito dopo aver eccepito la nullità della citazione nella propria comparsa di risposta, così non lasciando all’attrice la possibilità di presentare una memoria di replica alle eccezioni mosse nella comparsa, memoria con la quale la difesa attorea avrebbe potuto precisare e/o modificare le proprie domande e così sanare eventualmente la nullità eccepita.

Il thema decidendum è quindi rimasto cristallizzato ai soli due rispettivi atti introduttivi; parte attrice non ha peraltro neppure presentato, successivamente all’istanza di fissazione d’udienza, la nota di cui all’art.10 comma 1 del D.lgs.5/03. In tale nota non è peraltro possibile precisare e/o modificare le proprie istanze ed eccezioni; tuttavia la decadenza da tali possibilità può essere dichiarata solo su eccezione della controparte, che potrebbe per ipotesi avere interesse ad ottenere una pronuncia nel merito piuttosto che in rito, e quindi consentire ad esempio all’attore di precisare le proprie domande anche oltre la maturata decadenza, e sanare così di fatto la nullità dell’atto introduttivo.

Profilo di particolare interesse è poi quello relativo alla possibilità del Giudice, sia esso il relatore ovvero il Collegio, di ordinare l’integrazione degli atti introduttivi nulli al fine consentire l’eventuale sanatoria, applicando in via analogica il disposto dell’art.164 comma 5 c.p.c.

Va sottolineato che il D.lgs. n5/03 (nel totale silenzio dello scarno art.12 della legge delega), mentre disciplina espressamente il caso di nullità della notifica della citazione al convenuto contumace (vedi art.12 comma 7), prevedendo la possibilità della rinnovazione della notifica e quindi della sua sanatoria, nulla invece dispone relativamente all’ipotesi di nullità della citazione o della comparsa di risposta per vizi dell’editio actionis.

Richiamando il brocardo romano”ubi lex voluti dixit , ubi noluit tacuit”, si dovrebbe concludere semplicemente per la non applicabilità nel rito societario dell’art.164 comma 5 c.p.c. in via analogica, tenuto conto, come sopra detto, che invece il legislatore si è preoccupato di dare una disciplina specifica ad una fattispecie per così dire parallela, quella della nullità della notifica dell’atto di citazione.

Questo Tribunale non ignora tuttavia che una parte della dottrina, anche molto autorevole, ritiene che questa sia una mera lacuna legislativa (che per la verità sarebbe invero alquanto grossolana) e che in ogni caso l’art.1 comma 4 del D.lgs., il quale prevede l’applicabilità residuale delle norme del codice di procedura civile in quanto compatibili con il rito societario, consentirebbe di applicare in via di richiamo l’art.164 c.p.c., norma esprimente un principio generale dell’ordinamento processuale, quello di salvezza degli atti giuridici, volto a limitare al minimo le pronunce in mero rito, inidonee a rendere effettiva giustizia.

Il punto di discussione è quindi la compatibilità della disciplina dell’art.164 c.p.c. con la ratio del nuovo rito societario, che altra dottrina, parimenti autorevole, esclude invece in maniera decisa, ritenendo la sostanziale autosufficienza del rito approntato (nella relazione governativa al D.lgs.n5/03 si può peraltro leggere:”… la materia vi è disciplinata in modo da farne risultare una normativa pressoché sempre autosufficiente, soltanto residualmente integrabile dalla normativa generale del codice di rito”).

Al riguardo va evidenziato che mentre nel rito ordinario l’intervento del Giudice, con i poteri correttivi di cui all’art.164 citato, è previsto alla prima udienza di comparizione delle parti, quando ancora il thema decidendum non si è definito, nel rito societario invece la partecipazione del Giudice è prevista solo per così dire”a valle”, dopo che le parti si sono scambiate una serie più o meno numerosa di atti, memorie e contromemorie, sino a che una delle due ha ritenuto di chiedere, con l’istanza di fissazione dell’udienza, l’inizio dell’attività decisoria rimessa all’autorità giudiziaria. In tale ultimo caso tutte le decadenze in ordine alle domande ed eccezioni sono invece maturate con la presentazione dell’istanza di fissazione d’udienza, per cui immaginare un intervento correttivo del Giudice, che riporterebbe le parti agli atti introduttivi, appare con tutta evidenza un chiaro vulnus per il convenuto costituito, che ha deciso di chiedere la pronuncia del Giuidice.

La ratio di questo rito speciale vede perciò una scissione netta tra la fase preparatoria, rimessa alle parti, e la fase decisoria, ovviamente propria ed esclusiva del Giudice (iuris dicere).

La convinzione che la mancata previsione di una disciplina analoga all’art.164 c.p.c, non è una mera lacuna legislativa da coprire in qualche modo, è data anche da quanto disposto dal comma 2° dell’art.10 del D.lgs., in cui si prevede che le decadenze dalla possibilità di precisare domande o eccezioni, nonché dal formulare nuove istanze istruttorie, derivanti dalla presentazione dell’istanza di fissazione d’udienza, possono essere dichiarate dal Giudice solo su eccezione della parte interessata, proprio a sottolineare ulteriormente l’ampliamento dei poteri dispositivi delle parti anche negli aspetti processuali. Pure qui è evidente il distacco dal processo ordinario, in cui le decadenze invece sono rilevate anche ex officio dall’istruttore, in ragione della necessità, considerata di ordine pubblico, di far rispettare le scansioni temporali del processo fissate dal legislatore.

Se quindi la logica è quella di escludere l’intervento del Giudice per tutta la fase preparatoria all’individuazione del thema decidendum per rimetterla alle parti, essa deve perciò trovare il suo corollario nell’autoresponsabilizzare le stesse, con tutte le conseguenze che ne derivano; ad esempio nel caso di errore dell’attore che confeziona una citazione nulla, spetterà al convenuto la non facile scelta se chiedere subito la fissazione d’udienza, così delimitando da principio il thema decidendum, ovvero proseguire nello scambio di atti, consentendo in tal caso all’attore di precisare e/o modificare le proprie domande iniziali e giungere nel caso ad una pronuncia sul merito delle questioni.

Consentire al Giudice, sia esso il relatore che il Collegio, di intervenire correttivamente, per riportare le parti agli atti introduttivi, appare del tutto asistematico rispetto alle scelte del legislatore, e deve essere perciò escluso se non nei casi espressamente previsti dal nuovo rito.

Per tutte queste ragioni il Collegio si limita ad accertare e dichiarare con sentenza la nullità dell’atto di citazione promosso da Bianchi Alda.

Le spese di lite seguono la soccombenza, per cui l’attrice è condannata a rifondere ai convenuti in solido le spese che si liquidano in complessivi euro 2.400 per diritti ed onorari, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge.

P.Q.M.

il Tribunale, definitivamente pronunciando, respinta ogni altra domanda, istanza od eccezione,

DICHIARA

La nullità dell’atto di citazione nella causa promossa da Bianchi Alda nei confronti della ALFA s.r.l. e di Verdi Giorgia.

CONDANNA
Bianchi Alda al pagamento in solido in favore della ALFA s.r.l. e di Verdi Giorgia delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 2.400 per diritti ed onorari, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge.