Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1177 - pubb. 12/04/2008

Riconciliazione dei coniugi separati con atto notarile

Tribunale Mondovì, 28 Novembre 2005. Est. Demarchi.


Stato civile – Dichiarazione di riconciliazione dei coniugi separati ex art. 157 cod. civ. – Atto notarile – Annotazione a margine dell’atto di matrimonio – Ammissibilità.



Può essere annotata a margine dell’atto di matrimonio la dichiarazione di riconciliazione ex art. 157 cod. civ. resa dai coniugi avanti ad un notaio e contenuta in un rogito. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


 


IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI MONDOVI'

Riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Signori:

Dr. Giuseppe Masante             Presidente

Dr. Luigi Acquarone                Giudice

Dr. Paolo Demarchi                 Giudice  est.

ha pronunciato il seguente

DECRETO

Visto il ricorso presentato dal notaio dott. Testa, con il quale si domanda l’ordine di annotazione all’ufficiale dello stato civile di Mondovì del suo rogito in data 25.07.2005, con cui i coniugi A.G. e B.I. hanno riconosciuto la già avvenuta riconciliazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 157 c.c. e hanno manifestato la volontà di adottare, per il futuro, il regime patrimoniale della separazione dei beni;

ritenuto il visto del P.M.;

rilevato che l’ufficiale di stato civile di Mondovì, udito in camera di Consiglio dal giudice relatore alla data del 4.11.2005, ha confermato la sua volontà di non procedere nell’annotazione della dichiarazione di riconciliazione;

rilevato che il dott. Testa ha insistito nel ricorso

OSSERVA

Ai sensi dell’art. 157 c.c. i coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione; non vi è dubbio che la dichiarazione espressa possa rivestire qualsiasi forma, essendo sufficiente anche una semplice scrittura privata[1].

Non vi è pertanto dubbio che analoghi effetti possa avere il riconoscimento contenuto in un rogito notarile[2], come è avvenuto nel caso di specie.

Se i predetti sono dati incontrovertibili, si deve rilevare che le parti non concordano sulla annotazione dell’atto e cioè sulla possibilità per l’ufficiale di stato civile di procedere all’annotazione del rogito notarile a margine dell’atto di matrimonio.

Occorre osservare, in proposito, che l’annotazione della riconciliazione, non prevista espressamente fino al 2000, è oggi riconosciuta dal D.P.R. 396/2000[3], il quale ha raccolto le sollecitazioni di dottrina e giurisprudenza al fine di soddisfare le esigenze di certezza in capo ai terzi che contrattano con un coniuge per il quale sia stato annotato un provvedimento che comporta lo scioglimento della comunione legale (nel dubbio che possa essere intervenuta una causa di riconciliazione, non conoscibile perché non annotabile).

Ci troviamo dunque, oggi, in un sistema in cui la riconciliazione può essere attuata con qualsiasi forma e può anche essere annotata a margine dell’atto di matrimonio. Occorre a questo punto verificare se vi sia identità di presupposti per entrambi gli incombenti, ossia se tutti gli atti che sono idonei a far cessare gli effetti della separazione e dunque a ripristinare il regime patrimoniale “familiare” siano anche per ciò stesso annotabili.

La risposta non può che essere negativa, per l’evidente impossibilità di annotare atti che non siano dotati di fede privilegiata, quali, ad esempio, scritture private non autenticate.

Non è invece altrettanto scontata l’esclusione degli atti pubblici rogati dai notai, attesa la normale trascrivibilità e annotabilità degli stessi, quali risultanti ad esempio dalla normativa sulla stipula e sulla pubblicità delle convenzioni matrimoniali.

Sostiene l’ufficiale di stato civile di Mondovì che non è possibile procedere all’annotazione del rogito del dott. Testa perché l’art. 63 del D.P.R. 396/2000 prevede solo l’iscrizione (e cioè l’inserimento di atti ricevuti dallo stesso ufficiale) delle dichiarazioni di riconciliazione, e non anche la trascrizione delle stesse dichiarazioni; da ciò deduce che solo la riconciliazione manifestata davanti all’ufficiale dello stato civile sia idonea ad essere inserita – tramite iscrizione – nell’atto di matrimonio.

La tesi non può essere accolta: l’esame del regolamento sullo stato civile consente di ritenere che il legislatore ha suddiviso gli atti suscettibili di essere inseriti nei registri dello stato civile in tre categorie[4], a seconda del soggetto che li riceve.

Si hanno così – salvo minime ed irrilevanti eccezioni (v. art. 69 lett. a) - atti ricevuti direttamente dall’ufficiale dello stato civile, che devono essere “iscritti”, ed atti che sono ricevuti da altri soggetti, per i quali la legge ha previsto la “trascrizione” o la “annotazione”, verosimilmente in relazione agli effetti che essi producono[5].

E’ per tali ragioni che deve ritenersi corretta l’affermazione del notaio Testa, secondo cui alla questione in esame deve applicarsi il disposto dell’art. 69, e non la norma contenuta nell’art. 63 del D.P.R. 396/2000.

Si può allora tentare una ricostruzione organica dell’infelice formulazione legislativa (altrimenti affetta da un insanabile conflitto “interno”), sostenendo  - con le inevitabili imprecisioni che derivano da ogni generalizzazione - che il conservatore dei registri di stato civile deve procedere all’iscrizione degli atti che egli stesso ha ricevuto, nonché alla trascrizione ed annotazione di determinati atti ricevuti da terzi. Nel caso in esame, e cioè con riferimento alla dichiarazione di riconciliazione, l’ufficiale di stato civile dovrà dunque iscrivere la dichiarazione resa dai coniugi davanti a sé ed invece provvedere all’annotazione della medesima dichiarazione che i coniugi abbiano reso davanti ad altri pubblici ufficiali a ciò autorizzati[6].

Diversamente opinando non avrebbe senso la duplicazione di oneri per lo stesso fatto; dovrebbe cioè ritenersi, contrariamente ad ogni logica, che l’ufficiale di stato civile che riceve una dichiarazione coniugale di riconciliazione deve procedere sia all’iscrizione ex art. 63, sia alla annotazione del medesimo atto ex art. 69 del D.P.R. 396/2000. La qual cosa è ovviamente irrazionale.

Quanto esposto non risolve ancora del tutto la controversia insorta tra il notaio Testa e l’ufficiale di stato civile di Mondovì, in quanto si deve stabilire se l’atto pubblico notarile rientra tra gli atti che possono essere annotati ex art. 69 del D.P.R. 396/2000.

A tal proposito si elencano alcuni argomenti a favore della soluzione positiva:

-                             L’art. 69 del Dpr 396/2000 elenca una serie di atti e provvedimenti annotabili, tra cui rientrano pacificamente gli atti pubblici notarili (fattispecie sub lett. b);

-                             Le dichiarazioni di riconciliazione hanno un effetto modificativo sul regime patrimoniale in vigore, ripristinando automaticamente la comunione legale (o l’atro regime vigente al momento della separazione dei coniugi); anche la Corte Suprema ha rilevato l’analogia di effetti con le convenzioni modificative, la cui stipula spetta indubbiamente al notaio, ex artt. 162-163 c.c.[7]

-                             Vi è impossibilità di riferire la previsione di cui all’art. 69 lett. f) ad altri atti ricevuti da terzi (ad eccezione delle dichiarazioni rese davanti al giudice);

-                             Si rileva l’incongruenza di una disciplina che autorizza il notaio a ricevere la dichiarazione di riconciliazione, che lo abilita a ricevere atti annotabili a margine dell’atto di matrimonio (quali le convenzioni matrimoniali) e che inspiegabilmente non gli consentirebbe di annotare la riconciliazione, che non ha effetti sostanzialmente diversi dalla modifica di una convenzione in essere.

Anche la circolare MIACEL del 26.03.2001, citata da entrambe le parti, sembra prendere posizione a favore della tesi qui adottata, laddove dice che “..la dichiarazione di riconciliazione, ai sensi dell’art. 157 del codice civile, può essere resa anche dinanzi all’ufficiale dello stato civile”; dalla formulazione letterale citata si evince che la dichiarazione di riconciliazione può essere resa anche dinanzi ad altri soggetti.

Merita dunque accoglimento il ricorso presentato dal notaio Testa.

Non è stata fatta richiesta di rimborso spese, per cui nulla statuisce il tribunale su tale punto, rilevando comunque che la complessità della questione e l’assenza di orientamenti unitari in dottrina, unita all’assenza di precedenti giurisprudenziali in termini, avrebbero comunque giustificato ampiamente una totale compensazione tra le parti.

 

P.Q.M. IL TRIBUNALE

Contrariis reiectis,

ORDINA

All’ufficiale di stato civile del Comune di Mondovì l’annotamento a margine dell’atto di matrimonio di A.G. e B.I. in data 18 aprile 1998 (Anno 1998 -Parte Il - Serie A - Atto numero **) dell’atto a rogito notaio Michele Testa in data 25 luglio 2005, repertorio numero ***, di cui al ricorso, e più precisamente della dichiarazione di riconciliazione con conseguente ricostituzione della comunione legale e della successiva convenzione matrimoniale di scelta del regime patrimoniale di separazione dei beni.

Mondovì, 23/04/2009

 

 

[1] V. già Cass. Sez. I n. 1883 del 3.04.1979, in Giust. Civ. 1979, I, 1193, all’indomani dell’entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia

[2] Trattandosi, tra l’altro, di manifestazione di volontà che assume anche aspetti negoziali.

[3] Art. 69 lett. f). Fino all’entrata in vigore del nuovo regolamento dell’ordinamento di stato civile,  i relativi registri potevano consentire l'opponibilità ai terzi di un regime diverso da quello effettivamente in vigore tra i coniugi, divenendo, così, addirittura "strumento di diffusione probatoria e pubblicitaria di possibili accordi simulati"

[4] Gli atti di stato civile, ai quali è attribuita la funzione di comprovare il complesso degli stati che qualificano la personalità giuridica di individuo, si connotano come atti amministrativi a contenuto tipico, distinti in iscrizioni, trascrizioni ed annotazioni” (MINISTERO DELL’INTERNO - L'informatizzazione dei Registri Comunali di Stato Civile - Linee guida per la sperimentazione - Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali - Direzione Centrale per i Servizi Demografici, disponibile su 

http://www.servizidemografici.interno.it/cnsd/settori/statocivile/competenze/lineeGuidaImpaginato.pdf)

Si vedano, ad esempio, gli artt. 10 co. II, 19, 23, 24, 28, 63, 69, 71.

[5] L’atto sarà dunque trascritto se costituisce la genesi di una situazione rilevante ai fini dello stato civile del soggetto o dei soggetti interessati, mentre sarà sottoposto ad annotazione quando sia modificativo di una pregressa situazione già iscritta, trascritta o automaticamente prevista dalla legge (ad esempio la comunione coniugale dei beni).

Nello stesso senso pare orientata la commissione ministeriale per l'informatizzazione dei Registri Comunali di Stato Civile, la quale testualmente recita: “Gli atti dello stato civile, in senso ampio, sono tutti gli atti che vengono registrati presso l’ufficio di stato civile a seguito degli eventi fondamentali della vita dei cittadini. In ogni ufficio sono tenute quattro registrazioni e, precisamente, quelle di nascita, matrimoni, cittadinanze e morte.

La formazione degli atti si distingue in tre modi, precisamente:

• l’iscrizione; è la registrazione che ha per oggetto gli atti ricevuti direttamente dall’Ufficiale dello stato civile che tiene i registri. Con l’iscrizione l’atto viene formato di norma sulla base della dichiarazione di uno o più soggetti. Vi sono alcune eccezioni per le quali l’iscrizione ha luogo d’ufficio sulla base di comunicazioni, avvisi, denunce o altro pervenuti da soggetti qualificati a trasmetterli all’Ufficiale dello stato civile

• la trascrizione; è la registrazione che ha per oggetto gli atti ricevuti da altro pubblico ufficiale o emessi da altra autorità. Con la trascrizione l’atto viene formato attraverso un procedimento che comporta la riproduzione di atti, documenti, provvedimenti o altro formati da altra pubblica autorità. La trascrizione può essere per sunto o integrale

• l’annotazione; è una registrazione accessoria ad altro atto già registrato”

(v su http://www.servizidemografici.interno.it/cnsd/settori/statocivile/competenze/lineeGuidaImpaginato.pdf)

[6] La Formula ministeriale 175-ter Annotazione di dichiarazione di riconciliazione (art. 157  del  codice civile e art. 69, primo comma, lett. f) del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396), che così recita: “Con dichiarazione  resa  dinanzi  a...  in  data...  iscritta nei registri  di  matrimonio  del  Comune di... anno... parte... serie...   n...  i coniugi separati hanno manifestato di essersi riconciliati in  data..” può facilmente essere adattata al caso in esame. La stessa non riveste, comunque, portata normativa.

La stessa commissione ministeriale, già citata, dà comunque atto dell’incompletezza delle formule di cui al D.M. 5.04.2002: “Infine, occorre prestare la dovuta attenzione a tutte le ipotesi di annotazioni da apporre sugli atti di stato civile già formati, nel rispetto delle previsioni dei diversi articoli del D.P.R. 396/2000, che indicano quali debbano essere le notizie da annotare. Sarebbe opportuno cercare di ridurre, nei limiti del possibile, le formule previste, limitandole esclusivamente alle ipotesi previste e, in qualche caso, integrarle con quelle che risultano mancanti dal formulario attualmente vigente”.

[7] “Risultando, per altro, confermato, anche a livello codicistico, che una scissione dei profili effettuali - interni ed esterni - del regime patrimoniale dei coniugi è ben possibile, ed è anzi (in funzione delle rilevate esigenze di bilanciamento dei contrapposti interessi) necessitata: come si desume (sul piano sistematico) dalla disposizione dell'art. 162 ultimo comma cod. civ.. La quale - nell'escludere l'opponibilità ai terzi delle convenzioni matrimoniali sostitutive o modificative del regime legale di comunione, che non risultino "annotate a margine dell'atto di matrimonio" - disciplina una ipotesi speculare a quella di modifica, in senso inverso, del regime patrimoniale della famiglia, per ripristino della originaria comunione in luogo della separazione dei beni, instauratasi con lo scioglimento di quella comunione per effetto (ex art. 191 cit.) della separazione personale dei coniugi”. (in motivaz. Cassazione civile, sez. I, 5 dicembre 2003, n. 18619).