Diritto Penale


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1136 - pubb. 27/02/2008

Decreto penale e nuova formulazione dell'art. 460 cpp

Tribunale Torino, 28 Marzo 2007. Est. Vignera.


Procedimenti speciali – Procedimento per decreto – In genere – Nuova formulazione dell’art. 460, comma 5, c.p.p. – Norma sostanziale più favorevole al reo – Retroattività

Pena – Estinzione (cause di) – Rriabilitazione – Decreto penale di condanna – Decorrenza dei termini previsti dall’art. 460, comma 5, c.p.p. – Interesse ad ottenere la riabilitazione – Esclusione



L'art. 460, comma 5, c.p.p., nel testo introdotto dall'art. 3, comma 2, lett. b), l. 16 dicembre 1999 n. 479 (in base al quale, nel caso di condanna inflitta con decreto penale divenuto esecutivo, il reato è estinto se, entro i termini previsti, l'imputato non commette altri reati) deve considerarsi norma sostanziale e, quindi, in quanto disposizione più favorevole al reo è applicabile pure ai decreti penali divenuti esecutivi prima dell'entrata in vigore della predetta l. n. 479/99. (Giuseppe Vignera) (riproduzione riservata)

Poiché l’eliminazione di ogni effetto penale conseguente alla riabilitazione è del tutto equivalente a quella conseguente all’estinzione del reato per decorrenza dei termini previsti dall’art. 460, comma 5, c.p.p., non sussiste alcun interesse a richiedere la riabilitazione quando la pena sia stata applicata con decreto penale di condanna e siano utilmente decorsi i termini predetti. (Giuseppe Vignera) (riproduzione riservata)


 


omissis

1. - La riabilitazione nella fattispecie è stata richiesta, anzitutto,  in ordine ad un decreto penale di condanna emesso dal Pretore di Tortona il 25 gennaio 1992 e divenuto esecutivo in data 16 maggio 1992.

 

1.2. - L'art. 460, comma 5, c.p.p. [nel testo novellato dall'art. 37, comma 2, lett. b), della legge 16 dicembre 1999 n. 479], dopo aver previsto che, nel caso di condanna inflitta con decreto penale divenuto esecutivo, il reato è estinto qualora, entro i termini stabiliti, il condannato non commetta altri reati, prevede pure che “in questo caso si estingue ogni effetto penale della condanna”.

 

1.3. – Secondo Cass. pen., Sez. I, 30/01/2001, n. 15038, Papa (in Cass. Pen., 2002, 1738) “L'art. 460, comma 5,  c.p.p., nel testo introdotto dall'art. 37 comma 2 lett. b) l. 16 dicembre 1999 n. 479 - in base al quale, tra l'altro, nel caso di condanna inflitta con decreto penale divenuto esecutivo, il reato è estinto se, entro i termini previsti, l'imputato non commette altri reati - è soggetto, in quanto norma processuale, alla regola del tempus regit actum. Esso non può, quindi, trovare applicazione con riguardo a decreti penali divenuti esecutivi prima dell'entrata in vigore della citata l. n. 479/99”.

 

1.4. - Codesto insegnamento, tuttavia, non appare condivisibile perché contrasta con il criterio discretivo tra norma sostanziale e norma processuale enucleabile  dalla giurisprudenza di legittimità complessivamente considerata.

In base a tale giurisprudenza, invero, la natura processuale o sostanziale di una norma penale non può essere desunta unicamente dalla sedes materiae, dovendosi invece considerare anche (e soprattutto) il suo effettivo contenuto.

Più esattamente, si considera norma penale sostanziale quella, il cui contenuto incida direttamente sul precetto o sulla sanzione e, quindi, sulla sostanza del reato.

In questa prospettiva, in particolare, va assegnata natura sostanziale alla norma “che incide sulla sussistenza stessa del reato, del quale può comportare l’estinzione” (così, tra le più recenti, la parte motiva di Cass. pen., Sez. I, 30/11/2005, n. 47291, De Filippo).

 

1.5. - Alla stregua di tale criterio va riconosciuta natura sostanziale pure all'art. 460, comma 5, c.p.p. nel testo novellato dall'art. 37, comma 2, lett. b), della legge 16 dicembre 1999 n. 479, la cui incidenza prevalente è stata (per l’appunto) quella di introdurre nel sistema un’ulteriore causa di estinzione del reato.

Trattandosi di norma sostanziale, quindi, rispetto ad essa trova applicazione il principio del favor rei posto dall’art. 2, comma 3, c.p. in materia di successione di leggi penali nel tempo, quale deroga al principio fissato dall’art. 11, comma 1, delle preleggi.

 

1.6. - Codesta impostazione, del resto, trova riscontro nel più recente orientamento della Suprema Corte, la quale (“bloccando” la via inizialmente tracciata da  Cass. pen., Sez. I, 30/01/2001, n. 15038, Papa) ha affermato: “L'art. 460 c.p.p., comma quinto - il quale, nel testo novellato dall'art. 37, comma secondo, lett. b), della legge 16 dicembre 1999 n. 479, prevede che nel caso di condanna inflitta con decreto penale divenuto esecutivo, il reato è estinto qualora, entro i termini stabiliti, il condannato non commetta altri reati trova applicazione, trattandosi di norma da considerare di natura sostanziale, anche con riguardo a decreti divenuti esecutivi prima dell'entrata in vigore della novella, ed i termini anzidetti decorrono, anche in tale ipotesi, dalla data dell'esecutività” (così Cass. pen., Sez. V, 20/05/2004, n. 27988, Makbule, in Arch. Nuova Proc. Pen., 2005, 514 ; nello stesso senso v. Cass. pen., Sez. III, 24/01/2003, n. 9898, Pacini, ivi, 2004, 236 ; Cass. pen., Sez. I, 14/01/2005, n. 2907, Di Vincenzo, ivi, 2006, 3, 330).

 

1.7. - Posta (come testè dimostrato) l’applicabilità nella fattispecie dell’art. 460, comma 5, c.p.p., nel testo novellato dall'art. 37, comma 2, lett. b), della legge 16 dicembre 1999 n. 479, si rileva che il condannato non ha commesso altri reati nel termine stabilito dalla norma suindicata.

Conseguentemente, l’istanza di riabilitazione in parte qua è inammissibile per carenza di interesse, atteso che l'eliminazione di ogni effetto penale, che ad essa conseguirebbe ex art. 178 c.p., è in tutto equivalente a quella già derivante dall'estinzione del reato ex art. 460, comma 5, c.p.p. nel testo oggi vigente (la cui pronuncia ricognitiva è demandata al giudice dell’esecuzione ex art. 676 c.p.p.).

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