Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1058 - pubb. 05/02/2008

Fallimento dell'assicurato e pagamento dell'indennità al fallimento

Tribunale Vicenza, 24 Maggio 2007. Est. Limitone.


Assicurazione INAIL – Natura indennitaria – Non esaustiva del risarcimento del danno biologico – Danno biologico differenziale – Risarcibilità (art. 13 d.lgs. n. 38/2000).

Assicurazione contro i danni – Avviso del sinistro all’assicuratore – Forme particolari – Non necessità (art. 1915 c.c.).

Fallimento – Assicurazione contro i danni – Responsabilità civile del fallito – Assicurazione – Pagamento diretto al danneggiato – Esclusione – Pagamento al fallimento – Necessità – Insinuazione al passivo del danneggiato – Necessità (art. 2767 c.c.).



Anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 38/2000, è sempre dovuto al lavoratore il risarcimento del danno c.d. differenziale, per la parte non coperta dalla prestazione assicurativa dell’INAIL, avente natura meramente indennitaria. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

La comunicazione del sinistro ex art. 1915 c.c. che non rivesta particolari requisiti di forma pone ugualmente l’assicuratore in condizione di acquisire con la dovuta tempestività gli elementi utili per l’adempimento della propria obbligazione, anche prima della effettiva richiesta del soggetto danneggiato. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Nell’ipotesi di fallimento dell’assicurato per la responsabilità civile, l’assicuratore è tenuto a pagare l’intera indennità al fallimento, al passivo del quale viene ammessa la ricorrente danneggiata, con il privilegio di cui all’art. 2767 c.c.. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 9 giugno 2003 e notificato il 15 maggio 2003, ZARIC Radica chiedeva di essere ammessa in via tardiva allo stato passivo del Fallimento ALPIPEL srl, avendo lavorato presso la società in bonis, quale addetta al funzionamento di una macchina a rulli per la colorazione delle pelli; esponeva di avere subito lo schiacciamento e la frattura scomposta di tre dita della mano destra e del metacarpo durante il processo di lavorazione, per l’esclusione di un blocco di sicurezza attuata dal legale rappresentante della fallita, sig. Luigi Minuzzo; di avere trascorso 8 mesi di malattia, con danno biologico del 30%; nel frattempo l’INAIL ha pagato la somma di € 4.557,74 quale indennità di temporanea e di € 6.445,38 per il danno biologico permanente, restando a carico del datore l’obbligo di risarcire il danno biologico temporaneo, quello permanente per la parte c.d. differenziale e quello morale.

Si costituiva il Fallimento chiedendo il rigetto della domanda attorea e comunque di essere manlevata dalla assicuratrice RAS, che chiamava in giudizio in garanzia.

Quest’ultima si costituiva affermando che non vi era prova della responsabilità del datore e che, comunque, la ditta non aveva denunciato il sinistro alla Compagnia, impedendo di fatto la gestione del sinistro da parte sua ed escludendo la copertura assicurativa, anche per la prescrizione ai sensi dell’art. 2952 c.c.; sul quantum, affermava che la copertura INAIL comprendeva per intero il danno biologico, con esclusione di un danno residuale, e del danno morale; comunque il risarcimento doveva essere proporzionalmente ridotto in ragione della apertura del concorso.

La causa era istruita documentalmente, per testi e con ctu, e, precisate le conclusioni il 1.2.2007, veniva quindi rimessa al Collegio per la decisione, con termine fino al 2.4.2007 per il deposito delle comparse conclusionali e fino al 23.4.2007 per le repliche eventuali.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il fatto e l’accertamento peritale.

Per quanto riguarda la vicenda storica, emerge dalle testimonianze BLAGOJEVIC e FINETTO che il 10 novembre 2000 l’attrice ZARIC Radica, addetta al funzionamento di una macchina a rulli presso la Alpipel srl, subiva, secondo quanto riferito dai testi ed accertato dal Ctu, dr. Angelo TOLOMEO, un trauma da schiacciamento della mano destra con la frattura scomposta della falange distale delle dita indice, medio e anulare e con frattura del secondo metacarpo (pag. V ctu).

La dinamica è stata chiaramente descritta dai testi: il braccio della ZARIC è stato visto dalla sig.ra BLAGOJEVIC (nuora della ricorrente, addetta ad una macchina vicina a quella dell’incidente) che già era incastrato nel rullo della macchina, dalla quale “il titolare per rendere più veloce il lavoro aveva tolto il blocco di sicurezza e faceva girare i rulli al contrario”.

Anche il sig. FINETTO, genero di MINUZZO Luigi (legale rappresentante della Alpipel srl), ha confermato le circostanze dell’infortunio, essendo “intervenuto assieme ad altra collega per liberare Zaric e abbiamo fatto molta fatica ad estrarle il braccio”, che era “già tra i rulli della macchina”.

La mancanza del blocco di sicurezza è stata attribuita dagli altri operai dell’azienda al sig. MINUZZO, come riportato dal teste BLAGOJEVIC, né vi sono testi che abbiano detto il contrario.

Deve pertanto ritenersi provato l’infortunio occorso sul lavoro all’attrice dovuto alla mancanza del blocco di sicurezza sulla macchina alla quale la stessa era addetta.

La responsabilità del datore.

L’azienda fallita deve ritenersi responsabile dell’infortunio, per avere il sig. MINUZZO, legale rappresentante della stessa, rimosso il blocco di sicurezza dalla macchina, che costituiva l’unico impedimento al verificarsi di infortuni del genere di quello occorso, e ciò è stato fatto “per rendere più veloce il lavoro” (teste BLAGOJEVIC).

Nessun elemento di prova è stato addotto per superare la presunzione di colpevolezza del datore prevista dall’art. 2087 c.c.

Il quantum risarcibile.

Secondo la prospettazione del Fallimento, nel caso in esame, disciplinato dalla nuova normativa in materia, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 38/2000 non sussisterebbe possibilità di risarcimento biologico ulteriore rispetto a quello già liquidato dall’INAIL e, pertanto, opererebbe l’esonero di responsabilità del datore di lavoro ex art. 10 dpr n. 1124/1965.

Secondo un orientamento della giurisprudenza di merito, in base ad un’attenta lettura dell’art. 13 d.lgs. cit., se è vero che nel comma primo il danno biologico viene puramente e semplicemente definito quale lesione dell’integrità psicofisica, è anche vero che nel successivo comma secondo, alla lettera a), si precisa che le menomazioni sono valutate in base ad una specifica tabella, che è comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali.

Pertanto, valorizzando tale definizione, si reputa che la nozione di danno biologico dettata con riferimento alla tutela previdenziale contro gli infortuni sul lavoro coincida con la nozione privatistica di danno alla salute, che tende ad attrarre nell’ambito del danno biologico la tutela di tutti quei valori della persona, in grado di garantirne il benessere psicofisico e sociale.

Tuttavia, si deve rilevare che il preteso intento del legislatore di introdurre un’unica disciplina e quantificazione del danno biologico, sia a fini indennitari che a fini risarcitori, dovrebbe risultare dal testo in modo assolutamente inequivoco, posto che la natura delle prestazioni erogate dall’INAIL è ontologicamente diversa dal risarcimento del danno: invero, le prestazioni erogate dall’assicuratore sociale sono dovute in ragione del semplice verificarsi dell’infortunio, mentre il risarcimento presuppone non soltanto il verificarsi dell’evento dannoso, ma anche la sua configurabilità come illecito in quanto prodottosi a seguito di un comportamento colposo del datore di lavoro o di un terzo.

Tale volontà del legislatore non traspare affatto dal testo normativo.

Invero, l’art. 13 d.lgs. n. 38/2000 introduce una definizione in via sperimentale, in attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento, ai soli fini della tutela dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro.

In particolare, nella nuova disciplina (art. 13, comma 1, d.lgs. cit.) la nozione del danno biologico viene rappresentata come “la lesione dell’integrità psico-fisica, suscettibile di valutazione medico-legale, della persona”, ma “in attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento”.

Come si desume dal tenore letterale del citato articolo e come risulta ancor meglio specificato nel comma successivo, l’erogazione dell’INAIL è pertanto un indennizzo del danno biologico, e si colloca (ex art. 13, comma 2, d.lgs. n. 38/2000) “nell’ambito del sistema di indennizzo e sostegno sociale”, e quindi non può certo garantire la totalità del risarcimento.

Peraltro, in caso di mancata ammissione della risarcibilità del danno biologico differenziale si finirebbe - sotto il profilo della responsabilità civile nei confronti del lavoratore - col mettere sullo stesso piano il datore di lavoro che ha diligentemente approntato le misure a prevenzione degli infortuni con quello che tali misure non ha affatto predisposto, così concorrendo a causare l’evento dannoso.

Ciò non è tuttavia conforme né ai principi in tema di responsabilità civile né a quelli che hanno ispirato la legislazione antinfortunistica.

Se ne deve allora dedurre che tale definizione non può essere estesa ad altri campi del diritto (e, così, a quello civile), per i quali si deve, invece, attendere una definizione di carattere generale, che fissi i criteri per la determinazione del risarcimento: la definizione introdotta dal legislatore del 2000 è, infatti, solo sperimentale e limitata al solo settore previdenziale.

Riprova di quanto sopra esposto si può del resto ricavare dal fatto che il d.lgs. n. 38/2000 si riferisce costantemente all’indennizzo e mai al risarcimento del danno biologico, a sottolineare che il danno biologico indennizzabile in sede previdenziale si distingue rispetto a quello civile per l’assenza del presupposto della colpa (che è, invece, condizione necessaria per la risarcibilità del danno biologico civile).

La norma previdenziale in esame, quindi, prevede la corresponsione di un minimun sociale garantito nelle ipotesi in cui non sia ravvisabile la colpa di alcuno; per questo motivo, attraverso la copertura sociale si indennizza, però non si risarcisce integralmente.

Pertanto, se l’INAIL non copre integralmente il danno biologico, per la parte non indennizzata non vi è prestazione previdenziale e viene meno, quindi, l’esonero del datore di lavoro.

Per le ragioni sopra esposte, si ritiene di dover aderire all’orientamento giurisprudenziale che ammette la risarcibilità del danno biologico differenziale, anche dopo la novella del 2000.

Occorre quindi procedere alla determinazione del danno secondo i criteri ordinari, per poi effettuare un raffronto fra l’importo che ne risulta e l’ammontare delle prestazioni erogate dall’INAIL, riconoscendo in favore del lavoratore l’eventuale differenza.

In ogni caso, per l’ipotesi di invalidità pari o superiore al 16%, in cui l’INAIL eroga una rendita riferita per una parte al danno biologico e per l’altra parte alle conseguenze patrimoniali della inabilità permanente, il raffronto deve essere operato non posta per posta, ma avuto riguardo all’ammontare complessivo dei rispettivi ristori, atteso il disposto dei commi 6 e 7 dell’art. 10 del dpr n. 1124/1965 (Cass. 25 maggio 2004 n. 10035), e considerato inoltre che una diversa soluzione è suscettibile di comportare un ristoro superiore all’ammontare del danno effettivamente patito.

Discorso diverso va fatto peraltro per quelle voci di danno (danno morale e biologico temporaneo) che erano e sono rimaste estranee alla copertura assicurativa: invero, nessuna novità il d.lgs. n. 38/2000 ha apportato riguardo a tali voci di danno, considerato che:

- nessun riferimento è fatto alla prima di esse (invero, è pacifico che l’INAILb non risarcisce il danno morale);

- per quanto concerne il danno biologico da inabilità temporanea, si evidenzia che l’indennizzo (in capitale ovvero in rendita), di cui all’art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 38/2000, è previsto in sostituzione della prestazione di cui all’art. 66, comma 1, n. 2, dpr n. 1124/1965 (e cioè la rendita per inabilità permanente) e non di quella di cui al precedente n. 1 (e cioè l’indennità giornaliera per l’inabilità temporanea, che è volta a compensare non il danno biologico temporaneo, bensì in via forfetaria il danno derivante al lavoratore dalla perdita della retribuzione per il periodo di mancata prestazione dall’attività lavorativa a causa dell’infortunio).

Pertanto, le voci relative al danno morale ed all’inabilità temporanea biologica possono essere richieste dal danneggiato direttamente al responsabile dell’infortunio (a prescindere dalla posizione assunta con riguardo alle questioni di cui si è detto), e vanno integralmente risarcite senza limitazione alcuna.

Il Ctu ha accertato, senza contestazioni sul punto, che l’attrice ha subito un danno biologico a carattere permanente del 12-13%, ed un danno alla capacità lavorativa specifica “quanto meno per il maggior affaticamento”, oltre al danno patrimoniale per le spese mediche sostenute, giudicate congrue.

Ha inoltre stimato la durata della malattia in 244 giorni, con pari inabilità temporanea al lavoro e con un danno biologico a carattere temporaneo, con ripercussioni sulle attività extra-lavorative), che viene così suddiviso: 100% per i primi 30 gg.; 75% per i successivi 60 gg.; 50% per gli ulteriori 60 gg.; 25% per gli ultimi 94 gg.

Le sofferenze psico-fisiche dell’attrice sono state ritenute di entità media.

Il danno permanente si è estrinsecato in una “globale anche se non grave ipovalidità delle dita con negativo risentimento sulla presa sia di forza che di finezza” (pag. VI ctu).

La sig.ra ZARIC ha già ricevuto l’indennità INAIL, per gli importi di € 4.557,74 (indennità temporanea) e di € 6.445,38 (per il danno biologico permanente).

Questi importi dovranno essere detratti dalla somma ancora dovuta, e devono considerarsi come non esaustivi della voce di danno biologico, restando da quantificare il c.d. danno differenziale (cioè il pagamento di somme ulteriori rispetto a quelle già erogate dall’INAIL) per quanto disposto dal d.lgs. n. 38/2000, dato che l’evento dannoso si è verificato dopo l’entrata in vigore dello stesso.

Spettano pertanto all’attrice, oltre a quanto già liquidato dall’INAIL (€ 6.445,98 per invalidità permanente; € 4.557,86 per indennità temporanea):

- a titolo di indennità temporanea, € 95,12;

- a titolo di danno biologico, € 17.304,02;

- a titolo di danno morale (il 40% del danno biologico), € 11.361,19;

- a titolo di risarcimento per la riduzione della capacità lavorativa specifica, che integra un’ulteriore profilo di danno biologico, che non è coperto dall’INAIL (cfr. Cass. 29 gennaio 2002 n. 1114), € 5.937,50 (25% del danno biologico, in via equitativa).

Il residuo risarcimento ammonta pertanto ad € 34.697,83, oltre, come chiesto, agli interessi dal fatto alla data del fallimento.

La copertura assicurativa.

La Società Assicurativa chiamata in causa non ritiene regolarmente denunciato il sinistro, ex art. 1915 c.c., sicché afferma di non aver potuto subito effettuare alcuna indagine circa le modalità dell’evento e le cautele per la sicurezza presenti sulla macchina alla quale era addetta l’attrice.

In realtà risulta dalla deposizione del teste TREVISAN che la RAS aveva già avuto (si presume: tempestiva e dall’assicurato) notizia del sinistro, sebbene in modo non formale, e che perciò non aveva provveduto ancora ad aprire la posizione relativa al sinistro (“..perché mancava la firma sul modulo di denuncia sinistro”).

Ora, premesso che la notizia del sinistro data all’Assicuratore serve a consentire allo stesso di porre in essere quanto è possibile per tutelare i propri interessi ed eventualmente limitare i danni, rimane irrilevante che tale notizia sia data in modo informale (Cass. 1975/2493) o per equipollenti (cfr. Cass. 1978 n. 4836), posto che in tal modo la Compagnia può comunque attivarsi per gli scopi indicati a prescindere dalla formalizzazione della comunicazione, la quale, in ipotesi, potrebbe anche non provenire mai dall’assicurato, ove questi non intenda per qualsiasi motivo provvedervi, né per questo va privato del risarcimento il soggetto danneggiato ed incolpevole rispetto al difetto di formale comunicazione.

Invero, l’avviso, anche deformalizzato, pone ugualmente l’Assicuratore in grado di acquisire con la necessaria tempestività gli elementi utili per l’adempimento della propria obbligazione, anche prima della effettiva richiesta del danneggiato (v. Cass. 1993 n. 7276).

D’altro canto, nel rispondere al Trevisan di avere già conoscenza del sinistro e che “..mancava la firma sul modulo di denuncia di sinistro”, la RAS non ha mai posto questioni inerenti la supposta tardività della denuncia o la sua provenienza, che si deve presumere pertanto avvenuta in tempo e da parte dell’assicurato, che ha solo omesso di andare poi a firmare il modulo di denuncia sinistro.

Successivamente a questa informale notizia, l’ASAT ha inviato alla RAS una raccomandata di messa in mora in data 3.7.2001 (il sinistro risale al 10.11.2000), ed altrettanto è avvenuto da parte dello stesso danneggiato con richiesta indirizzata all’Alpipel e girata dal Curatore alla RAS in data 20.2.2002 (doc. n. 3 conv.) con effetto sospensivo di cui all’art. 2952, co. 4, c.c.

Sotto ogni profilo risulta quindi che la RAS è stata adeguatamente e costantemente al corrente del sinistro, e la copertura deve ritenersi efficace.

Il risarcimento nei confronti del Fallimento.

Nell’ipotesi di fallimento dell’assicurato per la responsabilità civile, l’assicuratore è tenuto a pagare l’intera indennità al Fallimento, al passivo del quale viene ammessa la ricorrente danneggiata, con il privilegio di cui all’art. 2767 c.c.  (App. Bologna 15 novembre 1997, in Rep. F.it. 1999, voce Assicurazione [contratto], 159).

Pertanto la RAS dovrà versare il dovuto a mani del Curatore, che effettuerà successivamente il pagamento alla danneggiata in sede di riparto, in base alle regole del concorso.

Le spese seguono, per legge, la soccombenza. 

P.  Q.  M. 

Il Tribunale, in composizione collegiale,

definitivamente pronunciando;

ogni contraria ed altra istanza rigettata;

ammette al passivo del Fallimento Alpipel srl il credito di ZARIC Radica di € 34.697,83, oltre gli interessi dal fatto alla data del fallimento, e con il privilegio di cui all’art. 2767 c.c.;

condanna la RAS spa a pagare al Fallimento Alpipel srl la somma di € 34.697,83, oltre alla rivalutazione ed agli interessi fino al saldo sulla somma di anno in anno rivalutata, fino al passaggio in giudicato della sentenza (data in cui il credito di valore viene monetizzato);

condanna la RAS spa al pagamento delle spese processuali in favore del Fallimento Alpipel srl, che liquida in complessivi € 4.311,50, di cui € 32,47 per spese in senso stretto, € 395,45 per spese generali, € 1.333,58 per diritti ed € 2.550,00 per onorari, oltre cpa (2%) ed iva (20%), ed oltre alle spese anticipate per la ctu.

compensa le spese processuali tra ZARIC Radica ed il Fallimento Alpipel srl.

Così deciso nella camera di consiglio del 24 maggio 2007.


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