Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1049 - pubb. 28/11/2007

Alto rischio dei bond argentini e fatto notorio

Tribunale Vicenza, 13 Luglio 2007. Est. Limitone.


Contratti in genere – Intermediazione finanziaria – Bond argentini – Alto rischio – Notiziario CONSOB – Fatto notorio – Sussistenza



Il notiziario CONSOB del 3.7.2000, da cui si evince l’alto rischio caratterizzante i titoli argentini, può reputarsi fatto notorio, atteso che si tratta di documentazione che è nella necessaria disponibilità delle Banche e di tutti gli operatori finanziari. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)



omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 17 novembre 2005, M. G., quale unica erede del fratello Giacomo G., chiamava in giudizio la Banca ***, esponendo che il proprio de cuius aveva acquistato presso la Banca *** di T. (VI), ove aveva intrattenuto da anni un rapporto di conto corrente e di deposito titoli, bond argentini al tasso del 10,25% per € 200.000,00 il 26.4.2000, e al tasso dell’11,75% per $ USA 400.000,00 il 2.8.2000 ($ USA 380.000,00) ed il 13.10.2000 ($ USA 20.000,00), con violazione delle norme che regolano la trasparenza degli investimenti a mezzo banca; che il modulo con l’informativa sugli investimenti era probabilmente stato sottoscritto in bianco dal de cuius, per poi essere compilato dalla Banca; che, in ogni caso, la firma non appariva autografa e quindi ne contestava l’autenticità; che risultava mancante il contratto di consulenza finanziaria ex art. 30 Reg. Consob, non potendo essere tale il modulo che conteneva le sole informazioni sulla propensione al rischio del cliente; che non era stato consegnato al de cuius neppure il documento sul rischio generale degli investimenti di cui all’art. 28, lett. b, del Reg. Consob; che la Banca non aveva avvisato che quelle operazioni non erano adeguate al profilo di quel cliente, ex art. 29 n. Reg. Consob e che quindi non era opportuno procedere all’esecuzione delle stesse ex art. 29 n. 3 Reg. Consob; che lo Stato Argentino era già all’epoca considerato poco affidabile, con un rating BB di Standard & Poors e che le Banche già prima del 2000 avevano iniziato a disfarsi dei titoli argentini vendendoli ai privati; chiedeva, pertanto, il risarcimento dei danni subiti a causa del default argentino verificatosi il 24.12.2001.

Si costituiva la Banca convenuta chiedendo il rigetto delle domande attoree; infatti: a) il contratto per la negoziazione dei valori mobiliari era stato stipulato regolarmente il 7.7.1993; b) la Banca aveva regolarmente chiesto al cliente tutte le informazioni necessarie per l’investimento, che erano state fornite nel modulo di aggiornamento sulla situazione finanziaria del cliente, sulla cui sottoscrizione presentava istanza di verificazione, atteso il disconoscimento operato dall’attrice; c) le operazioni di investimento risultavano adeguate al profilo del cliente ed erano stati adempiuti gli obblighi di informazione nei suoi confronti; d) gli era stata anche consegnata copia del contratto di negoziazione e del documento informativo sui rischi generali delle operazioni di investimento; poneva questione di legittimità costituzionale degli artt. 2-22 del d.lgs. n. 5/03 per avere il legislatore  delegato ecceduto dalla delega per quanto riguarda la normazione quadro del processo, affermando che il legislatore delegato non avrebbe potuto creare ex se una disciplina completa affatto nuova del processo societario in sede ordinaria e sommaria, ciò anche in assenza nella delega di specifici e determinati principi rivolti a regolare l’attività del delegato: di qui l’illegittimità costituzionale dell’art. 12 l. n. 366/01; eccepiva la decadenza dai diritti fatti valere per mancata tempestiva contestazione ex art. 16 della “raccolta degli usi unificabili di borsa”; affermava l’infondatezza delle domande nel merito, sia sotto il profilo della nullità che della annullabilità; contestava altresì l’esistenza di un danno e, in subordine, la sua quantificazione; chiedeva, infine, che venisse tenuto conto delle cedole già incassate sui titoli.

Seguiva rituale scambio di memorie.

Con istanza depositata il 28.4.2006, M. G. chiedeva la fissazione dell’udienza davanti al Collegio.

La causa era istruita documentalmente e con ctu grafica e discussa all’udienza del 13.7.2007, quindi veniva trattenuta dal Collegio per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Si osserva innanzitutto che non è stata più coltivata l’eccezione di incostituzionalità di cui alla iniziale precisazione delle conclusioni ed il Collegio non ritiene di proporla di ufficio, perché infondata.

Occorre quindi dare atto dell’esito della ctu grafica, che ha accertato essere vera la firma di G. G. sul doc. 5 della Banca convenuta, “aggiornamento situazione finanziaria, propensione al rischio, obiettivi di investimento”.

A parte una generica contestazione presentata a verbale dall’attrice il 13.7.2007, nessun motivo particolare può inficiare l’esito dell’accertamento grafico, svolto con metodo scientifico e immune da vizi logici, per cui si deve concludere che G. sottoscrisse il documento relativo alla variazione della linea di gestione (cfr. i docc. 5 e 10 della convenuta) in data 19.1.2000 e 8.2.2000, da cui si evince, in mancanza di una specifica e diretta prova da cui poter desumere un abusivo riempimento, il suo profilo finanziario: di esperienza alta, con propensione al rischio molto alta, e obiettivi di investimento con prevalenza di rivalutabilità, con il rischio dell’andamento dei corsi e compresenza di redditività, avendo aderito alla linea azionaria globale, con sub indirizzo aggressivo e ad alto rischio.

Poiché tutti gli acquisti in contestazione sono stati effettuati in epoca successiva alla data di questo documento (il 26.4.2000, il 2.8.2000, il 13.10.2000), essi devono ritenersi tutti adeguati al profilo di rischio che G. aveva indicato come proprio.

Ne consegue che la Banca, con riferimento ai titoli argentini (anche a volerli ritenere già in allora ad alto rischio) non aveva alcun onere di informare il cliente della specifica inadeguatezza e neppure di far formalizzare l’ordine per iscritto ai sensi dell’art. 29, co. 3, Reg. CONSOB.

La questione si sposta allora sugli obblighi di informazione, che non risultano qui essere stati adempiuti dalla Banca, circa la rischiosità dello specifico acquisto, fermo restando che si trattava di operazione comunque adeguata al profilo di quel cliente.

A questo proposito, occorre in primo luogo chiarire che l’eventuale esperienza del soggetto che acquista non esime l’intermediario dai propri obblighi informativi.

Il fatto che l’investitore possa considerarsi esperto di strumenti finanziari perché aduso ad operazioni caratterizzate dalla ricerca di alti rendimenti non esime l’intermediario dagli obblighi informativi, anche se diversamente calibrati a seconda della tipologia del cliente, giacché la esigenza di conoscere le caratteristiche dello specifico investimento offerto è propria di ogni investitore, anche di quello più disposto a correre rischi (App. Milano 19 dicembre 2006 n. 3070, il caso.it).

Ciò premesso, la domanda è solo parzialmente fondata.

Risulta, infatti, che al momento degli ultimi due acquisti (2.8.2000 e 13.10.2000) la Banca già sapeva, o doveva comunque saperlo usando la normale diligenza dell’operatore finanziario, che i bond argentini erano obbligazioni ad elevato rischio, “adatte unicamente a investitori speculativi e in grado di valutare e sostenere rischi speciali” (Notiziario CONSOB del 3.7.2000, che può reputarsi notorio, atteso che si tratta di documentazione che è nella necessaria disponibilità delle Banche e di tutti gli operatori finanziari).

D’altro canto, appartiene ugualmente al fatto notorio la circostanza che le Banche hanno iniziato a disfarsi dei titoli argentini con carattere di sistematicità sin dal 1999, segno che il presagio del default era già percepibile dagli operatori sin d’allora (cfr. doc. 9 attoreo).

In questa situazione conoscitiva, la Banca aveva l’obbligo di avvisare il cliente del grado di rischio cui andava incontro con quello specifico acquisto, anche se il cliente era connotato da elevata professionalità.

Maggiormente quando, come nel caso di specie, l’acquisto dei titoli ad alto rischio avveniva con il ricavato della dismissione di titoli molto più sicuri, connotati da un rating “tripla A” (v. docc. 10 e 24 attorei).

Non si trattava, come è intuibile, di avvisare il cliente dell’ipotetico declassamento del livello di rating, che si sarebbe verificato ufficialmente solo nel mese di marzo del 2001, ma di informarlo del rischio già di per sé insito nel titolo che si stava proponendo.

L’obbligo di informazione si ricava, oltre che dalla norma di cui all’art. 21, co. 1, lett. a) d.lgs. n. 58/1998 (diligenza e correttezza), anche, e più specificamente, da quella di cui all’art. 28 del Reg. CONSOB n. 11522/1998, secondo il quale gli intermediari devono fornire all’investitore, prima di ogni operazione, informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione in atto, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento.

Va precisato, tuttavia, che non sussiste un obbligo generale di tenere i clienti adeguatamente informati in relazione ad ogni investimento, salvi i casi in cui l’intermediario rilevi una perdita di oltre il 50%, o anche solo del 30%, quando gli sia stato affidato il patrimonio in gestione (art. 28, co. 3 e co. 4, Reg. CONSOB n. 11522/1998).

Naturalmente, la prova di avere fornito tali indispensabili informazioni non può essere fornita oralmente dallo stesso funzionario di banca che ha posto in essere l’operazione con le modalità non corrette, sia per la chiara difficoltà di chiunque ad ammettere di avere male operato, anche per le responsabilità che potrebbero gravare su quel soggetto, sia perché lo stesso funzionario potrebbe essere chiamato in causa in manleva dalla Banca, per non avere posto in essere l’operazione secundum legem.

Ragion per cui non può ritenersi ammissibile la testimonianza del funzionario della *** S.D., unico teste citato, proprio sulle circostanze dell’operazione per cui è causa.

Ne consegue un onere della Banca collocatrice di predisporre documentalmente la prova di aver informato adeguatamente il cliente circa il rischio dell’operazione che intende compiere, attesa la possibile inattendibilità di altri funzionari che abbiano eventualmente assistito alla stipula con compiti fidefacenti d’istituto.

Deve dunque ritenersi che l’ordine di acquisto sia avvenuto in palese violazione degli obblighi di informativa di cui agli artt. 21, lett. a) e b), d.lgs. n. 58/1998 e 28 Reg. CONSOB n. 11522/1998.

Le norme violate dal collocatore costituiscono senz’altro norme imperative (Cass. 29 settembre 2005 n. 19024, Mass. CED n. 583654), essendo poste a tutela di interessi pubblicistici che trascendono gli interessi delle parti, individuabili, da un lato, nella tutela dei risparmiatori uti singuli, e dall’altro lato nella tutela del risparmio pubblico quale elemento di valore dell’economia nazionale, oltre al corretto andamento delle contrattazioni di borsa in funzione antispeculativa, pure in funzione dell’efficienza del mercato dei valori mobiliari (cfr., sui valori tutelati dalle norme in materia di collocamento del risparmio privato, Cass. 7 marzo 2001 n. 3272, Fall.2002, 377 e G.civ. 2001, I, 2109).

Alle violazioni de quibus non necessariamente consegue la radicale nullità del negozio stipulato in occasione delle stesse, poiché gli obblighi di informazione sono elementi estrinseci alla stretta fattispecie negoziale, in quanto non riguardano elementi strutturali del contratto, ma soltanto utili per la valutazione della convenienza o meno dell’operazione, sicché la loro violazione neppure dà luogo a mancanza del consenso del cliente (Cass. 29 settembre 2005 n. 19024, Mass. CED n. 583654; Cass. 9 gennaio 2004 n. 111; Cass. 25 settembre 2003 n. 14234).

Rimane tuttavia un obbligo risarcitorio per la perdita subita dal cliente in conseguenza delle operazioni compiute illegittimamente senza adeguata informazione, cioè a dire che l’illegittimità della non informazione è di per sé stessa fonte di una autonoma responsabilità del soggetto collocatore, a prescindere dalla non incidenza della sua attività illegittima sull’atto negoziale, che rimane valido.

Il risarcimento, in tali ipotesi, deve essere ragguagliato al minor vantaggio o maggior aggravio economico causato dal contegno sleale di una parte (Cass. 11 luglio 1976 n. 2840; Cass. 16 agosto 1990 n. 8318).

La violazione degli obblighi di informazione di cui si tratta costituisce infatti un’ipotesi di responsabilità contrattuale (così intesa in quanto consegue alla violazione di specifici obblighi di legge o contrattuali) che può essere fatta risalire alla norma di cui all’art. 1337 c.c., che impone, alla stregua di una clausola generale, di astenersi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti, nonché di fornire alla controparte ogni elemento rilevante ai fini della stipulazione del contratto, che la stessa parte conosca o debba conoscere con l’ordinaria diligenza (cfr. Cass. 29 settembre 2005 n. 19024,Mass. CED n. 583654, che però qualifica la stessa come responsabilità extracontrattuale, in quanto precontrattuale).

Cosicché la violazione della norma di cui all’art. 1337 c.c. diventa rilevante non solo nei casi in cui si verifichi la rottura ingiustificata delle trattative (con la mancata conclusione del contratto) o il contratto sia invalido o inefficace (artt. 1338, 1398 c.c.), ma anche ove il contratto posto in essere sia valido ed efficace, e tuttavia fonte di pregiudizio per la parte che ha subito il comportamento scorretto (cfr., analogamente, l’art. 1440 c.c.; Cass. 29 settembre 2005 n. 19024, Mass. CED n. 583654).

Sotto altro profilo, la natura pubblicistica delle norme violate e la oggettiva prevalenza degli interessi tutelati fanno sì che la violazione degli specifici obblighi informativi si imponga come causa di responsabilità del soggetto che ha non correttamente collocato i titoli infruttuosi, a prescindere dalla dimostrazione, che dovrebbe in ipotesi dare l’acquirente, per cui – se fosse stato adeguatamente informato - avrebbe acquistato titoli con un rendimento migliore, poiché ciò corrisponde ad una valutazione di mero fatto, eventualmente acquisibile nel processo ad iniziativa del soggetto collocatore, ma certo non considerata rilevante dal Legislatore nell’imporre in termini oggettivi, e a tutela di interessi generali, i ridetti obblighi di informazione.

Non può essere perciò condivisa l’impostazione per cui chi ha subito il danno dovrebbe dimostrare che avrebbe acquistato titoli diversi e che, con essi, non avrebbe avuto le stesse perdite.

Si tratta, dunque, soltanto di risarcire una perdita conseguente alla violazione di un obbligo di legge posto come tale a tutela del risparmio, senza incidenza sul negozio e senza dover indagare su eventuali vicende negoziali alternative, il che atterrebbe alla sfera privatorum, mentre la vicenda omissiva attiene al diritto pubblico dell’economia.

Il risarcimento deve essere determinato nella misura del valore monetario perduto nell’operazione in conseguenza del mancato assolvimento colpevole dell’obbligo di informativa, dedotte le cedole che il G. ha incassato, l’eventuale risparmio fiscale ed il controvalore dei titoli argentini ancora detenuti dall’attrice.

Sul residuo si devono calcolare gli interessi legali dal giorno della domanda giudiziale, in quanto si tratta di inadempimento contrattuale (v. Cass. 9 febbraio 2005 n. 2634) fino all’effettivo saldo.

Non resta margine per apprezzare un eventuale concorso di colpa del danneggiato, ai sensi del richiamato art. 1227 c.c., posto che la colpa di non averlo informato esaurisce l’intera fattispecie di responsabilità.

Le questioni non espressamente esaminate si reputano assorbite.

La causa prosegue con ordinanza per accertare il quantum dovuto.

Spese al definitivo.

P.  Q.  M.

Il Tribunale, in composizione collegiale,

non definitivamente pronunciando;

ogni contraria ed altra istanza rigettata;

dichiara che Banca *** ha agito, con riguardo all’attività di intermediazione relativa alle operazioni di investimento in bond argentini del 2.8.2000 e del 13.8.2000 per cui è causa, in violazione degli artt. 21 d.lgs. n. 58/1998 e 28 Reg. Consob n. 11522/1998;

dichiara Banca *** tenuta a risarcire il danno causato da tali omissioni, con riferimento agli acquisti compiuti il 2.8.2000 ed il 13.8.2000, da quantificare nel prosieguo del giudizio;

dispone con separata ordinanza il prosieguo del giudizio.

Così deciso in Camera di consiglio il giorno 13.7.2007.