ilcaso.it
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 10209 - pubb. 20/03/2014.

Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di S.r.l., natura sociale dell’azione, legittimazione sostitutiva del socio e litisconcorzio necessario tra società e socio


Tribunale di Napoli, 07 Novembre 2013. Est. Quaranta.

Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di SRL – Natura sociale dell’azione – Legittimazione sostitutiva del socio – Litisconsorzio necessario tra società e socio – Sussistenza.

Revoca cautelare dell’amministratore della SRL – Presupposti – Gravi irregolarità nella gestione della società – Danno effettivo o danno potenziale quale conseguenza di tali irregolarità – Natura conservativa o anticipatoria della misura cautelare – Strumentalità della misura rispetto all’azione di responsabilità o all’azione di revoca dell’amministratore.

Responsabilità dell’amministratore di SRL nei confronti del socio – Azione individuale – Danno diretto – Sussistenza – Danno riflesso – Esclusione.

Strumenti cautelari per il socio in caso di azione individuale di responsabilità nei confronti dell’amministratore di SRL – Revoca e/o decadenza dell’amministratore – Esclusione.


L’attenuazione del nesso di strumentalità necessaria ed il venir meno della necessaria fase di merito - conseguenti alla inserzione dei nuovi commi 6 e 7 nell'art. 669-octies c.p.c., attuata dal D.L. n. 35/2005, convertito in L. n. 80/2005 - non elimina la possibilità che venga instaurato un processo di cognizione avente ad oggetto la domanda (di merito), con la conseguente necessità, per chi invoca la tutela cautelare, di indicare specificamente l'azione di merito cui il ricorso è strumentale ai sensi dell’art. 125 cpc. E’ sufficiente una prospettazione dei fatti costitutivi e delle richieste che faccia individuare implicitamente la tutela che s’intende azionare in sede di merito. (Francesco Fimmanò) (riproduzione riservata)

La conseguenza dell’omessa indicazione dell’azione di merito va rinvenuta in una pronunzia di rito che rigetti l’istanza, non apparendo applicabile alla fattispecie il meccanismo della rinnovazione integrazione dell’atto introduttivo previsto dall’art. 164 cpc. (Francesco Fimmanò) (riproduzione riservata)

L’art. 2476 c.c., comma 3 c.c., prevede la legittimazione sostitutiva del socio a promuovere l’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di Srl. (Francesco Fimmanò) (riproduzione riservata)

L’azione prevista da tale norma è azione di tipo sociale. Infatti l’amministratore risponde nei confronti della società, della correttezza e legittimità della sua attività di gestione; può dirsi, più precisamente, che la società sia creditrice dell’adempimento dell’obbligo gestorio nei riguardi di chi l’amministra e, quindi, di quello risarcitorio nei casi in cui l’attività non sia svolta nel rispetto della legge e dello statuto, provocando danni all’ente. Nei suddetti termini, un’interpretazione dell’art. 2476 che voglia essere conforme al dettato Costituzionale e, segnatamente, ai diritti contemplati dall’art. 24 della Carta, non può che imporre il riconoscimento alla società della legittimazione ad agire per tutela dei crediti appena evidenziati. D’altra parte, è prevista espressamente che l’azione di cui si discute sia oggetto di rinunzia o transazione da parte della società ( salva deroga statutaria); ciò costituisce conferma di un potere dispositivo, che altrimenti non può giustificarsi se non quale contraltare di una legittimazione sostanziale e processuale della società nei confronti del suo amministratore. (Francesco Fimmanò) (riproduzione riservata)

L’art. 2476, comma 3°cit., ove prevede la possibilità di richiedere la revoca cautelare dell’amministratore di Srl, è tuttora oggetto di due lettura; una, per cui tale misura sarebbe strumentale all’azione sociale di responsabilità, tale per cui la richiesta potrebbe essere proposta solo in caso di gravi irregolarità di gestione che abbiano già provocato un danno al patrimonio sociale. Altra lettura è invece nel senso che l’azione (cautelare) di revoca (anticipata) dell’amministratore costituisca, in realtà, una misura tipica volta non a cautelare il proficuo esercizio dell’azione sociale di responsabilità. (Francesco Fimmanò) (riproduzione riservata)

Di fronte al medesimo fatto, doloso o colposo, costituente “inosservanza da parte degli amministratori ai doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società” ex art. 2476, comma 1°, c.c. ovvero espressione o sintomo di “gravi irregolarità nella gestione”, il singolo socio, in nome proprio e nell’interesse esclusivo della società, potrebbe quindi promuovere (secondo una delle interpretazioni riportate) l’azione di responsabilità sociale, chiedendo, prima ovvero in corso di causa, le misure cautelari, tipiche (la revoca) o atipiche, che sono strumentali alla conservazione dello status quo o del credito azionato; viceversa (secondo l’altra impostazione) proporre l’azione di revoca dell’amministratore incolpato, per la sua rimozione anticipata dalla carica ricoperta, se del caso promuovendone la revoca cautelare (o provvisoria), quale misura tipicamente anticipatoria degli effetti della decisione di merito, e cioè la revoca definitiva, durante il giudizio di merito ma, a ben vedere, anche prima della sua proposizione. (Francesco Fimmanò) (riproduzione riservata)

L'azione individuale del socio è da collegare all'avverbio "direttamente" contenuto sia nell’art. 2476, comma 6, che nell’art. 2395, delimitandosi l'ambito della sua esperibilità solo ai pregiudizi che si verifichino nel patrimonio del socio quale conseguenza immediata e diretta (non riflessa) del comportamento colposo o doloso dell’amministratore. (Francesco Fimmanò) (riproduzione riservata)

Il socio che intenda agire con l’azione risarcitoria diretta nei confronti dell’amministratore della società cui partecipa, deve poter chiedere una misura (atipica) volta a cautelare il suo credito, con funzione latu sensu conservativa. Più segnatamente, oltre al rimedio tipico diretto a cautelare la garanzia offerta dal patrimonio del suo debitore, rispetto ad eventuali atti di dispersione e/o distrazione (il sequestro conservativo), si può immaginare che questi possa invocare ed ottenere un provvedimento che lo sottragga dal rischio del perpetuarsi di condotte gestorie che gli arrechino danni diretti. Tuttavia detta misura non può consistere nella decadenza qui richiesta. Ad avviso del giudicante quest’ultima, così come la revoca cautelare, integra la natura di rimedio nella disponibilità della sola società, che ha un rapporto di mandato con l’amministratore. (Francesco Fimmanò) (riproduzione riservata)

La revoca e la decadenza costituiscono misure che – pur in ipotesi con diversa natura (costitutiva o dichiarativa) – mirano a conseguire (o accertare) l’effetto della risoluzione (scioglimento) di detto rapporto, che appunto esiste solo tra la società e l’organo di gestione. Ciò in coerenza con il dettato normativo di cui all’art. 2475 c.c. (e, in questo caso, anche con quello statutario) secondo cui il potere di nomina e di revoca degli amministratori è rimesso ala decisione assunta da tutti i soci, secondo lo schema di cui agli artt. 2479 e 2479 bis. (Francesco Fimmanò) (riproduzione riservata)

L’art. 2382 c.c. individua nell’interdizione (anche temporanea) dagli uffici direttivi di persone giuridiche una causa d’immediata ed automatica decadenza dell’amministratore. Pertanto, al verificarsi di una tale condizione di decadenza, i soci dovrebbero piuttosto adottare le decisioni di (presa d’atto e) sostituzione dell’organo decaduto, secondo gli schemi decisionali stabiliti dalla legge o dallo statuto. In ipotesi d’impossibilità di addivenire alla decisione, del caso per l’inerzia dell’organo gestionale nel provvedere alla convocazione, o procedere in nome proprio ma nell’interesse della società con gli strumenti cautelari previsti dall’art. 2476 c.c. ovvero a sollecitare l’accertamento giudiziale del verificarsi eventuale di una causa di scioglimento della società (per sua impossibilità di funzionamento). Ad ogni modo (l’accertamento del) la decadenza non può costituire oggetto di una domanda cautelare da parte del socio uti singulus, perché ciò vorrebbe significare il poter per questi di ottenere in via d’urgenza di più di quanto gli sarebbe possibile conseguire con l’azione di merito. (Francesco Fimmanò) (riproduzione riservata)

Segnalazione del Prof. Avv. Francesco Fimmanò


Il testo integrale