Diritto e Procedura Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 10146 - pubb. 01/07/2010

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Tribunale Torino, 21 Giugno 2013. .


Legittimazione ad agire o a contraddire in giudizio - Questioni sulla effettiva titolarità del diritto - Questione di merito - Onere della prova a carico di che solleva l'eccezione.



La legittimazione ad agire o contraddire è una “condizione dell’azione”, intesa come diritto potestativo di ottenere dal giudice una decisione nel merito, vale a dire come identità tra colui che esperisce o contrasta l’azione e colui al quale la legge riconosce il potere di proporla o contrastarla, così che tutte le questioni sull’effettiva titolarità del diritto riguardano il “merito”. Chi sostiene la propria estraneità al rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio e, conseguentemente, il difetto della titolarità dell’attore o propria rispetto ai diritti e agli obblighi che a quel rapporto si ricollegano, solleva in realtà una “questione di merito” sulla effettiva titolarità attiva o passiva del rapporto controverso (e, dunque, sull’identificabilità o meno dell’attore o del convenuto nel soggetto, rispettivamente, avente diritto alla prestazione richiesta dall’attore o tenuto alla stessa) e chiede che questa si risolva con una pronuncia di “rigetto” della domanda proposta dall’attore. Da ciò consegue poi che, a differenza del difetto di “legitimatio ad causam”, attinente alla verifica della regolarità processuale del contraddittorio e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, il difetto dell’effettiva titolarità attiva o passiva del rapporto, attenendo al merito della controversia, deve essere provato da chi lo eccepisce, deve formare oggetto di specifica censura in sede di impugnazione e non può essere eccepito per la prima volta in Cassazione. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)