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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20039 - pubb. 26/06/2018.

Convenzione di negoziazione assistita: non ammissibile in caso di divorzio cd. diretto, in virtù dell’applicazione della legge straniera


Tribunale di Torino, 01 Giugno 2018. Pres., est. Castellani.

Convenzione di negoziazione assistita – Applicabilità della legge straniera che consente il divorzio cd. diretto – Ammissibilità – Esclusione


L’art. 6 comma I del d.l. n. 132 del 2014 delimita i casi che consentono il ricorso alla convenzione di negoziazione assistita, in particolare circoscrivendola alle ipotesi di divorzio “di cui all’art. 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni” , quanto a dire alle fattispecie in cui “è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale”. Di conseguenza, non possono essere oggetto di accordi di negoziazione assistita tutti gli altri casi di scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio contemplati dall’art. 3 della legge 898/1970. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

DECRETO

 

a scioglimento della riserva assunta all’udienza 14.5.2018 nel procedimento avente ad oggetto autorizzazione di Accordo a seguito di negoziazione assistita da avvocati promosso da:

X X rappresentato e difeso dall’Avv. …, presso il cui studio in Torino è elettivamente domiciliato in forza di procura in atti;

e

YY rappresentata e difesa dall’Avv. …, presso il cui studio in Torino è elettivamente domiciliata giusta procura in atti;

 

premesso

che in data ..2.2018 le parti, ritualmente difese, depositavano alla Procura della Repubblica presso questo Tribunale Accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita, ex legge 162/2014, con il quale, evidenziata la crisi coniugale e l’interruzione della convivenza, dichiaravano di voler sciogliere il matrimonio contratto in … (GERMANIA), il ….2003 (…) esponendo di aver individuato soluzioni condivise in merito all’affidamento della figlia minore, alle modalità di visita e al mantenimento della stessa, nonché ad aspetti minori;

che, in particolare, i coniugi allegavano di voler accedere al divorzio diretto, senza la preventiva pronuncia di separazione, come consentito dall’art. 213 del Codigo Civil argentino, legge nazionale comune ai coniugi e pertanto applicabile al caso sulla base dell’art. 31 della legge 31.5.1995 n. 218 (DIP);

che in data 5.4.2018 il Pubblico Ministero riteneva di non poter accogliere la domanda rilevando che l’Accordo “non corrispondente all’interesse della figlia in quanto

- ai sensi dell'art. 6 comma 1 del dd. ll. n. 132/14 convertito con L. n. 162/14, la convenzione di negoziazione assistita può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all'articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;

- ai sensi del sopra indicato art. 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 1970, n. 898, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi nei casi in cui è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970;

- al di fuori dei predetti casi la convenzione di negoziazione assistita non può essere conclusa in assenza di precedente intervenuta separazione” e, pertanto, disponeva la trasmissione degli atti al Presidente di questa Sezione (in conformità alla Circolare congiunta del Tribunale e della Procura della Repubblica sottoscritta il 28 gennaio 2015) per quanto di competenza;

che all’udienza 14.5.2018, fissata ex art. 6 legge 162/2014, le parti sono comparse con i rispettivi legali e hanno insistito per l’accoglimento degli accordi di negoziazione assistita e quindi per la pronuncia di divorzio, auspicando un’interpretazione analogica dell’art. 6 della legge 162/2014 e sottolineando come tale disposizione consenta al Pubblico Ministero di negare l’autorizzazione solo in presenza di accordi in contrasto con l’interesse della prole, condizione insussistente nel caso in esame;

 

considerato

che l’interpretazione della normativa sulla negoziazione assistita da avvocati di cui alla L. 162/2014, di conversione del D.L. 132/2014, e, in particolare, l’individuazione del più corretto iter processuale nei casi in cui il Pubblico Ministero non ritenga di poter autorizzare l’accordo negoziale tra le parti e lo trasmetta al Presidente del Tribunale si presenta piuttosto ardua, stante l’estrema sinteticità del dato normativo, ma, a seguito dell’apporto chiarificatore dei contributi dottrinali e di alcune pronunce di merito (Pres. Tribunale Termini Imerese 24.3.2015; Pres. Tribunale Torino 20.4.2015; Pres. Tribunale di Udine 29.1.2016, in Avvocati di Famiglia, n. 1/2016, p. 9; Pres. Tribunale di Palermo, 1°.12.2016), può essere effettuata, sulla scorta degli argomenti esposti nei menzionati provvedimenti (agevolmente consultabili sul Web), nel senso che la fase avanti al Presidente sia da ricondurre alle forme del rito camerale, con autonomia di valutazione rispetto al diniego del P.M., tenuto anche conto delle delucidazioni che le parti possono fornire o della modificazione degli accordi oggetto del dissenso del P.M. ad opera delle stesse;

ritenuto

che, nel caso in esame, il dissenso del P.M. verte sulla mancata previsione, nel testo del menzionato art. 6, della possibilità di divorzio non preceduto dalla separazione dei coniugi;

che la posizione assunta dal Pubblico Ministero è indubbiamente supportata dal dato letterale dell’art. 6, il cui primo comma delimita i casi di negoziazione familiare, in particolare, avente ad oggetto la “cessazione degli effetti civili del matrimonio” o di “scioglimento del matrimonio” a quelli “di cui all’art. 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni” , cioè a dire alle ipotesi in cui “è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale” e la separazione si è protratta ininterrottamente per i periodi indicati nel comma successivo dell’articolo – dodici o sei mesi – notoriamente ridotti per effetto della legge 55/2015 sul divorzio “breve”;

che, di conseguenza, come posto in evidenza dalla dottrina (M. Sesta, Codice della Famiglia, Giuffrè Editore, p. 2526; A. Zaccaria, Commentario Breve al Diritto della Famiglia, CEDAM, p. 1473; F. Danovi, Il processo di separazione e divorzio, Giuffrè Editore, p. 873; S. Caporusso, Profili processuali delle nuove procedure consensuali di separazione personale e divorzio, Riv. Dir. Civile, 3/2015, p. 718) non possono essere oggetto di accordi di negoziazione assistita tutti gli altri casi di scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio contemplati dall’art. 3 della legge 898/1970;

che tale disciplina presenta una certa ragionevolezza, in primo luogo perché il divorzio preceduto dalla separazione personale rappresenta l’ipotesi assolutamente più frequente nella pratica giudiziaria e la legge 162/2014 mira proprio a ridurre il contenzioso avanti ai Tribunali, introducendo soluzioni stragiudiziali per la definizione dei conflitti; inoltre gli altri casi di divorzio elencati dal menzionato art. 3 possono presentare difficoltà di accertamento e profili giuridici non semplici, che impongono il giudizio e la competenza del Collegio e difficilmente potevano essere rimessi a una semplice autorizzazione da parte del P.M. (basti pensare all’accertamento dell’inidoneità a mantenere o ricostituire la convivenza familiare nei casi di condanna di un coniuge, oppure alla mancata consumazione del matrimonio);

che, con specifico riguardo alla fattispecie in esame, nella quale le parti domandano l’applicazione della normativa del Paese comune (Argentina), che consente il divorzio diretto, vale in qualche misura la stessa considerazione, in quanto l’applicazione al caso specifico della normativa straniera, da attuarsi in base alle disposizioni del Reg. UE n. 1259/2010 (c.d. Reg. Roma III) che, superando l’art. 31 legge 218/1995, individuano la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale e hanno applicazione generale (art. 4), può comportare l’esame di questioni di non facile soluzione, quali la valutazione della tempestività e validità dell’accordo per la scelta della legge applicabile (art. 5), anch’esse difficilmente affrontabili nella sede stragiudiziale e attraverso una semplice autorizzazione amministrativa;

che, pertanto, la conclusione assunta dal Pubblico Ministero viene in questa sede condivisa;

che, ancora, siffatta interpretazione dell’art. 6 legge 162/2014 non solleva particolari dubbi di illegittimità costituzionale, atteso che i coniugi di nazionalità straniera e che possono astrattamente avvalersi del divorzio diretto hanno comunque la possibilità, ove ritengano, di accedere alla negoziazione assistita da avvocati chiedendo previamente la separazione personale, oppure, se intenzionati a sciogliere il matrimonio senza la previa separazione, depositare un ricorso di divorzio a domanda congiunta, soluzioni che in linea di fatto non comportano particolare aggravio e la cui praticabilità impedisce comunque di ravvisare un profilo di illegittimità costituzionale fondato sulla violazione del principio di uguaglianza davanti alla legge ex art. 3 Costituzione;

che, infine, con particolare riferimento alla locuzione dell’art. 6 che dispone che il Procuratore della Repubblica trasmette gli atti al Presidente del Tribunale “quando ritiene che l’accordo non risponde all’interesse dei figli”, all’affermazione delle parti secondo cui il P.M. avrebbe in questo caso agito al di fuori di tale presupposto, si deve replicare osservando anzitutto che la normativa in esame non prevede altre possibilità per il Pubblico Ministero di definire, con pronuncia di segno negativo, l’ iter avviato con il deposito della negoziazione assistita e che pertanto è da preferire un’interpretazione non eccessivamente rigorosa di tale presupposto (si pensi al caso in cui le parti non sono assistite, ciascuna, da un proprio avvocato, come richiesto dal primo comma dell’articolo), pena il venir meno di ogni successivo controllo da parte del Presidente nel contraddittorio delle parti (mentre dai lavori preparatori della legge si desume una precisa volontà del Legislatore di assicurare “la rispondenza alle norme e ad un corretto principio di equilibrio e di tutela dei soggetti deboli” attraverso un “successivo passaggio attraverso il pubblico ministero e il tribunale”, seduta Senato, Aula, n. 333 del 16.10.2014);

che, più in generale, appare difficile concludere che non vi sia un collegamento tra la tutela dell’interesse dei figli e le limitazioni normative per l’ accesso al divorzio, essendo piuttosto evidente che le disposizioni di legge in materia di matrimonio tengono prioritariamente conto degli effetti sulla prole e, quindi, dell’esigenza di garantire una certa stabilità del vincolo, avendo la fase della separazione personale proprio lo scopo di suggerire alla parti una più attenta riflessione sulle scelte da compiere in ambito familiare.

 
P.Q.M.

Visto l’art. 6 del D.L. 12.9.2014 n. 132, convertito in L. 10.11.2014 n. 162,

non autorizza , nel senso di cui in motivazione, l’Accordo 2.2.2018 raggiunto a seguito di negoziazione assistita da avvocati a norma del citato art. 6 legge 162/2014 tra X X e Y ;

manda alla Cancelleria per la comunicazione alle parti.