Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 555 - pubb. 01/07/2007

Quote latte, riparto di giurisdizione e competenza per territorio

Tribunale Mantova, 26 Luglio 2006. Est. Pagliuca.


Riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo – Prelievo supplementare di quote latte – Opposizione ad ingiunzione – Criteri di riparto della giurisdizione in relazione all’entrata in vigore della legge 25 giugno 2005, n. 109.

Prelievo supplementare di quote latte – Opposizione ad ingiunzione – Giudice competente per territorio – Luogo ove avrebbe dovuto essere versata la somma trattenuta a titolo di prelievo – Tesoreria nominata dalla regione per l’annata di competenza.



Con riguardo alla richiesta di pagamento di prelievo supplementare di quote latte, dopo l’entrata in vigore della legge 25 giugno 2005, n. 109, i criteri per il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario ed amministrativo sono i seguenti: saranno di competenza del giudice amministrativo in via esclusiva solo i procedimenti giudiziali in materia di prelievo sul latte instaurati dopo il 26 giugno 2005; per i procedimenti giudiziali in materia di prelievo sul latte instaurati prima di tale data resta invece confermata la giurisdizione del giudice secondo le disposizioni normative in vigore al momento della pronuncia del provvedimento impugnato, quindi per i provvedimenti emessi prima del 30 dicembre 2004 quella del giudice amministrativo e per quelli emessi nel semestre compreso tra il 31 dicembre 2004 e il 25 giugno 2005 quella del giudice ordinario. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

La competenza per territorio per i giudizi di impugnazione delle sanzioni per il mancato versamento della somma trattenuta a titolo di prelievo sul latte fornito dai produttori conferenti è del giudice del luogo ove ha sede l’istituto bancario individuato quale tesoriere dalla regione. (Nel caso di specie, è stata ritenuta la competenza del Tribunale di Milano, ove ha sede l’Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane nominato tesoriere per la Regione Lombardia con atto antecedente l’inizio dell’annata lattiera 2004/2005). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)



omissis 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso tempestivamente depositato, il ricorrente sopra indicato proponeva opposizione, ai sensi dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981 n. 689, avverso la comunicazione della Regione Lombardia del 16.2.2005, n. MI20050004649/ocm GB/AC, con la quale si intimava il versamento del prelievo supplementare sulle consegne di latte vaccino in eccesso rispetto al QRI, per il mese di novembre 2004 per l’importo di € 38.103,07, deducendo specifici profili di illegittimità e chiedendo l’annullamento di detta comunicazione, previa sospensione della stessa.

Il Giudice sospendeva con ordinanza l’esecutività del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 22 ultimo comma della legge n. 689/81, e, disponeva la comparizione personale delle parti.

Si costituiva in giudizio la Regione Lombardia ed eccepiva l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione - non essendo il provvedimento impugnato qualificabile quale sanzione amministrativa – e per carenza di legittimazione ad agire in capo al ricorrente – in quanto il provvedimento impugnato non aveva natura di ordinanza ingiunzione bensì di mera comunicazione - e l’infondatezza del ricorso nel merito.

Alla prima udienza il giudice sottoponeva d’ufficio alle parti la problematica inerente alla competenza territoriale dell’intestato Tribunale, invitandole a prendere posizione.

Su richiesta delle parti il giudice assegnava termine per deposito di memoria con cui prendere posizione sulle questioni pregiudiziali di giurisdizione e competenza, rinviando la causa per la discussione.

All’udienza del 26.7.06, precisate le conclusioni come sopra, la causa veniva discussa e decisa mediante lettura della presente sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve in primo luogo verificarsi se sussistano la giurisdizione e la competenza del Giudice ordinario che, costituendo presupposti processuali, devono necessariamente preesistere alla domanda, e, dunque, anche all’accertamento in concreto dell’interesse della parte a proporla.

Invero, la Regione Lombardia ha eccepito il difetto di legittimazione ad agire della ricorrente, contestando la titolarità in capo alla cooperativa del diritto fatto valere in giudizio, ossia del diritto ad opporsi alla pretesa avanzata dall’amministrazione, in quanto il provvedimento impugnato non avrebbe valenza di ordinanza ingiunzione bensì di mera comunicazione inidonea a spiegare effetti pregiudizievoli per il ricorrente.

Il rilievo, a ben vedere, inerisce all’accertamento della titolarità effettiva dell’azione in capo alla ricorrente e, come tale, costituisce questione di merito, in relazione alla quale, l’accertamento della giurisdizione e della competenza, rappresentano un antecedente logico.

1) Eccezione di difetto di giurisdizione

Venendo quindi all’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Regione Lombardia deve in primo luogo stabilirsi se la comunicazione oggetto di impugnazione sia o meno assimilabile ad una ordinanza-ingiunzione applicativa di sanzione amministrativa, impugnabile quindi  con il procedimento di opposizione disciplinato dagli artt. 22 e 23 della citata legge n. 689/81.

Con detta comunicazione viene testualmente richiesto alla cooperativa ricorrente il pagamento del prelievo supplementare sul latte conferito dai soci ed a sostegno della richiesta viene invocato il disposto dell’art. 5, comma 5 della legge 119/03 (secondo cui, anche nel caso di mancata trattenuta, il primo acquirente è obbligato a versare il prelievo supplementare) e quello dell’art. 1, comma 9 della stessa legge (secondo cui in caso di mancato versamento del prelievo supplementare dovuto la Regione, dopo averne intimato il pagamento, procede alla riscossione coattiva mediante ruolo). 

Non vi è dubbio, quindi, che il provvedimento oggetto di impugnazione avuto riguardo al suo contenuto specifico ed ai riferimenti normativi in esso indicati debba essere qualificato quale vera e propria richiesta di versamento del prelievo supplementare rivolta al primo acquirente (evidentemente sul presupposto che questi sia obbligato verso la PA, unitamente al produttore, al versamento del prelievo) e non quale provvedimento applicativo a carico dello stesso primo acquirente della sanzione amministrativa per mancata trattenuta prevista sempre dall’art. 5, comma 5 legge 119/03.

Appurato, quindi, che oggetto del presente giudizio è senz’altro una richiesta di versamento del prelievo supplementare rivolta alla cooperativa opponente, occorre stabilire la natura di detto provvedimento e, quindi, a quale autorità  spetti la giurisdizione.

Sul punto la Corte di Giustizia Europea, nella pronuncia emessa in data 25.3.04 e la Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 20252 del 14.10.04 dopo aver ripercorso le tappe dell’evoluzione della legislazione comunitaria e nazionale, avevano individuato la funzione dei c.d. diritti di prelievo supplementare nel raggiungimento delle finalità di politica agricola comune, ed in particolare, nella esigenza di ristabilire l’equilibrio fra domanda e offerta sul mercato lattiero, negando che essi avessero natura sanzionatoria. In particolare, poteva leggersi nel provvedimento del Giudice Comunitario, che “il prelievo supplementare non può essere considerato come una sanzione analoga alle penalità previste negli artt. 3 e 4 del regolamento n. 536/93,……ma costituisce una restrizione dovuta a regole di politica dei mercati o di politica strutturale” e che “il prelievo supplementare ha anche una finalità economica, in quanto mira a procurare alla Comunità i fondi necessari allo smaltimento della produzione realizzata dai produttori in eccedenza rispetto alle loro quote”.

In tal senso, inoltre, si era già pronunciato anche il Consiglio di Stato, con la decisione n. 6208 del 13.10.03, laddove aveva affermato la giurisdizione del giudice amministrativo sui ricorsi avverso le comunicazioni inerenti i diritti di prelievo supplementare, riconoscendo al prelievo la natura di “prezzo amministrato” e non già di sanzione amministrativa.

Ciò posto, è evidente che all’epoca di dette pronunce ed avuto riguardo alla disciplina di legge in allora in vigore doveva riconoscersi al prelievo la natura giuridica di contributo (e non di sanzione amministrativa), così come, peraltro, era dichiarato anche nella premessa non solo del regolamento n. 857/84, ove si affermava che “l’importo di detto prelievo deve coprire i costi di smaltimento del latte che supera il quantitativo di riferimento”, ma anche del successivo regolamento n. 3950/92, ove si leggeva che “il prelievo previsto dal presente regolamento è destinato a regolarizzare e stabilizzare il mercato dei prodotti lattiero-caseari e che è pertanto opportuno destinarne il ricavato al finanziamento delle spese del settore lattiero”.

All’epoca, quindi, doveva senz’altro ritenersi che la giurisdizione a conoscere delle vertenze relative ai provvedimenti in materia di prelievo sul latte non appartenesse al giudice ordinario, bensì a quello amministrativo.

Il legislatore era poi intervenuto nella materia con l’art. 1 comma 551 della L. 30.12.2004 n. 311, che testualmente disponeva: “i provvedimenti amministrativi relativi alle misure comunitarie sono impugnabili con i rimedi previsti dalla legge 24.11.1981 n. 689”.

Da lì a poco la Cassazione, con  la sentenza resa a sezione unite n. 7555 del  13.4.2005, pronunciata in relazione ad una richiesta di versamento di prelievo antecedente l’entrata in vigore della suddetta norma,  aveva chiarito  che pur a fronte di detto ius superveniens non poteva riconoscersi natura sanzionatoria.ai provvedimenti in materia di prelievo supplementare emessi prima dell’entrata in vigore della disposizione .

In particolare, nell’interpretare la portata  innovativa dell’art. 1 c. 551 L. 311/04 la Suprema Corte aveva affermato che detta disposizione non dettava una disciplina immediata e diretta della giurisdizione ma, richiamando la legge 689/81 in materia di sanzioni amministrative ed istituendo una stretta correlazione tra i rimedi ivi previsti ed i provvedimenti aventi natura sanzionatoria assumeva valore di vera e propria disposizione sostanziale, direttamente attributiva della natura di sanzione amministrativa al prelievo supplementare.

In sostanza, solo per effetto della novella era stata attribuita natura sanzionatoria a provvedimenti ai quali detta qualificazione non poteva essere riconosciuta  prima della entrata in vigore della L. 311/04. La natura di norma meramente sostanziale e non processuale implicava poi che la sua efficacia poteva spiegarsi soltanto per l’avvenire, ovvero solo per i provvedimenti attinenti al prelievo supplementare emessi successivamente all’entrata in vigore della disposizione (quindi dopo il 30.12.04). 

Per converso i provvedimenti in materia di prelievo sul latte già anteriormente emessi (ossia prima del 30.12.04) continuavano a rimanere estranei all’area del potere punitivo della amministrazione competente, quindi privi della natura di sanzione amministrativa e, pertanto, sottratti alla cognizione del giudice ordinario.

Riassumendo, quindi, dopo l’entrata in vigore dell’art. 1, comma 551 della legge 311/04 per i provvedimenti in materia di prelievo supplementare emessi prima del 30.12.04 sussisteva la giurisdizione del giudice amministrativo (in quanto atti privi della natura di sanzione amministrativa), mentre per quelli emessi dopo tale data la giurisdizione doveva essere riconosciuta in capo al giudice ordinario (in quanto l’art. 1, comma 551 aveva attribuito a detti provvedimenti natura sanzionatoria).

Il legislatore è da ultimo nuovamente intervenuto con l’art. 2 sexies della legge 25 giugno 2005, n. 109 abrogando espressamente l’art. 1, comma 551 della legge 311/04 e stabilendo che i giudizi in materia di prelievo supplementare promossi in momento antecedente all’entrata in vigore della legge stessa (26.6.2005) “restano devoluti alla competenza del Giudice ordinario”.

Si pone quindi il problema di valutare l’incidenza di detta disposizione sulla problematica della giurisdizione con riferimento ai giudizi già instaurati alla data della sua entrata in vigore (quindi ante 26.6.05).

A ben vedere la norma non sembra poter essere letta quale disposizione innovativa ed attributiva di giurisdizione al G.O nei casi in cui questi già non l’avesse in forza delle previgenti disposizioni di legge. Infatti, considerato anche il tenore letterale della disposizione (ed in particolare l’uso della locuzione “restano”, compatibile più con la permanenza di una certa situazione pregressa, piuttosto che con la sua modificazione), la norma sembra limitarsi a confermare per i giudizi anteriori la competenza giurisdizionale del giudice (ordinario o amministrativo) a cui la medesima già spettava in forza della previgente normativa, senza innovare sul punto.

D’altra parte detta interpretazione ha ricevuto l’autorevole avallo anche dalla Cassazione a sezioni unite (Cass. s.u. 29.11.05 n. 25889) che, chiamata a valutare le ricadute sul riparto di giurisdizione dello ius superveniens costituito dall’art. 2 sexies legge 109/05, ha anch’essa rilevato che “è del tutto evidente che, se una controversia “resta” oggi devoluta alla competenza di un determinato giudice, essa doveva già essergli in precedenza affidata” e, con riguardo ad una richiesta di pagamento di prelievo supplementare antecedente all’entrata in vigore della legge 109/05 (ed anche alla promulgazione dell’art. 1, comma 551 della legge 311/04), ha appunto ritenuto sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo.

La  norma in esame, quindi, modifica i criteri di riparto di giurisdizione (attribuendola senz’altro al giudice amministrativo in via esclusiva) solo in riferimento ai procedimenti giudiziali in materia di prelievo sul latte instaurati dopo il 26.6.05.

Per i procedimenti giudiziali in materia di prelievo sul latte instaurati anteriormente al 26.6.05 resta invece confermata la giurisdizione del giudice a cui essa spettava in forza delle disposizioni normative in vigore al momento della pronuncia del provvedimento impugnato, quindi per i provvedimenti emessi prima del 30.12.04 quella del giudice amministrativo e per quelli emessi nel semestre compreso tra il 31.12.04 e il 25.6.05 quella del giudice ordinario.

Nella fattispecie il provvedimento impugnato è stato emesso in momento successivo all’entrata in vigore dell’art. 1, comma 551 legge 311/04 ma anteriore all’entrata in vigore del citato art. 1, comma 551  e pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, la domanda ha ad oggetto la richiesta di annullamento di un atto avente natura di sanzione (cui pertanto è applicabile lo speciale procedimento previsto alla legge 689/1981), e deve essere perciò affermata la giurisdizione del giudice ordinario, con conseguente rigetto dell’eccezione formulata dalla P.A.

2) Incompetenza del giudice adito

In primo luogo deve evidenziarsi che quella a conoscere delle impugnazioni avverso i provvedimenti irrogativi di sanzioni amministrative è competenza di tipo funzionale ed inderogabile e, pertanto, l’eventuale incompetenza può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice ai sensi dell’art. 38 cpc (Cass. 9440/91, Cass. 6335/96, Cass. 8294/05, Cass. 27065/05), come avvenuto nella fattispecie.

V’è poi da dire che ai sensi dell’art. 22 della legge 689/81 l’opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa (com’è senz’altro qualificabile il provvedimento in esame sulla scorta delle osservazioni di cui al punto precedente) deve essere proposta dinanzi al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione, salvo che la legge non disponga diversamente (art. 22 bis ultimo comma).

Stante il chiaro tenore letterale del dato normativo non può invece ritenersi sempre e senz’altro competente il giudice del luogo ove la violazione è stata accertata, come ipotizzato dalla P.A. resistente.

Infatti, come condivisibilmente affermato dalla Suprema Corte di Cassazione: “In tema di sanzioni amministrative ed ai fini della individuazione del giudice competente, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, a decidere sull'opposizione (art. 22), il luogo della commissione dell'illecito è da reputarsi coincidente con il luogo dell'accertamento in relazione al presumibile perfezionarsi dell'infrazione nel posto in cui ne vengano acclarati gli elementi costitutivi, ovvero venga constatata parte della condotta attiva o passiva del trasgressore in sè idonea ad integrare contegno sanzionabile. L'operatività di detta presunzione deve tuttavia essere esclusa, per assenza della base logica su cui riposa, quando la stessa imputazione indichi un luogo della commissione del fatto diverso da quello dell'accertamento, relegando questo a mero luogo del reperimento delle prove di un illecito commesso altrove” (Cass. 18075/04, Cass. 10917/03)”.

In sostanza, la normale coincidenza tra il luogo di commissione della violazione e quello del suo accertamento da parte della P.A., se da una parte può senz’altro fondare e giustificare la presunzione che il giudice competente per l’opposizione ex art. 22 legge 689/81 possa coincidere proprio con quello del luogo ove è avvenuto l’accertamento, dall’altra non può certo implicare una deroga al criterio legale di attribuzione della competenza laddove risulti che nel caso specifico il luogo ove la violazione è stata commessa diverge da quello in cui è avvenuto l’accertamento. In quest’ipotesi, infatti, non vi sono i presupposti perché possa operare la presunzione che consente di individuare il giudice competente in quello del luogo dell’accertamento e dovrà invece senz’altro trovare applicazione il criterio legale di cui all’art. 22 legge 689/81, con conseguente competenza del giudice del luogo ove la violazione è stata commessa. 

Più esattamente, il criterio del luogo dell’accertamento della violazione potrà essere applicato anche in ipotesi in cui sia noto il luogo di commissione della violazione, ma solamente nei casi in cui vengano in rilievo più violazioni commesse in luoghi diversi ma avvinte dal vincolo della continuazione ex art. 8 legge 689/81, ovvero nel caso di unica violazione di tipo permanente la cui consumazione sia avvenuta in più luoghi.

In questi casi, infatti, se si avesse riguardo al criterio del luogo della commissione della violazione concorrerebbero più competenze territoriali e pertanto, in mancanza di una norma che stabilisca quale giudice sia competente nella fattispecie (come è invece previsto in ambito penale: cfr artt. 12 e 16 cpp), il criterio che individua il giudice competente in quello del luogo ove la violazione è stata accertata (luogo che ovviamente dovrà corrispondere a quello in cui è stata commessa almeno una delle violazioni in continuazione ovvero in cui è avvenuta una parte della consumazione dell’illecito) appare senz’altro idoneo a dirimere il conflitto, consentendo di radicare la competenza in relazione alla violazione continuata o permanente dinanzi ad uno stesso giudice (cfr Cass. 9708/01, Cass. 10243/00, Cass. 1876/00, Cass. 11774/01).

In conclusione:

a) la possibilità di ritenere competente il giudice del luogo dell’accertamento presuppone che detto luogo coincida con quello in cui la violazione è stata commessa;

b) in generale, in assenza di elementi da cui risulti il luogo in cui la violazione è stata commessa, può presumersi che detto luogo coincida con quello dell’accertamento e, quindi, può affermarsi la competenza del giudice del luogo dell’accertamento;

c) qualora invece risulti il luogo in cui la violazione è stata commessa e questo diverga da quello in cui la stessa è stata accertata, non potendosi derogare al criterio legale di cui all’art. 22 legge 689/81 in assenza di espressa previsione di legge ex art. 22 bis ultimo comma, va senz’altro ritenuto competente il giudice del luogo in cui la violazione è stata commessa;

d) infine, in caso di violazione continuata o permanente consumata in più luoghi, la competenza territoriale appartiene al giudice del luogo in cui la violazione è stata accertata. 

Ciò premesso va detto che nella fattispecie viene in rilievo un’unica violazione e di tipo omissivo.

Infatti la violazione che viene imputata al ricorrente nel provvedimento impugnato consiste nel mancato versamento della somma trattenuta a titolo di prelievo sul latte fornito dai produttori conferenti, entro il termine previsto dall’art. 5, comma 2 legge 119/03.

Trattandosi di illecito amministrativo di tipo omissivo deve ritenersi che la violazione si sia consumata al momento della scadenza del termine per il pagamento e nel luogo ove detto pagamento avrebbe dovuto avvenire.

Invero, come è noto, a seguito della promulgazione della legge 689/81 all’illecito amministrativo sono considerati in generale applicabili i principi di teoria generale elaborati in ambito penale in relazione al reato.

Pertanto, atteso che secondo pacifico indirizzo dottrinale e giurisprudenziale (cfr Cass. pen 3985 del 24.11.00, Cass. pen 6850 del 4.12.97, Cass. pen. 2136 del 14.7.89, Cass. pen 505 del 27.2.89, Cass. pen 2602 del 23.10.89, Cass. pen. 3452 del 24.9.87 pronunciate in relazione ad ipotesi di omesso versamento all’INPS di contributi trattenuti dal datore di lavoro sugli stipendi dei dipendenti, caso invero del tutto simile a quello in esame, in cui l’opponente è tenuto a versare alla P.A. il prelievo trattenuto in sostituzione del produttore conferente) in caso di reato omissivo proprio (ossia in ipotesi in cui è sanzionata l’omissione di un comportamento imposto dalla norma) il reato si considera commesso nel luogo in cui avrebbe dovuto essere compiuta l’azione imposta dalla norma, deve parimenti ritenersi che anche l’illecito amministrativo di tipo omissivo venga a consumarsi nel luogo in cui doveva avvenire il comportamento imposto dalla legge.  

Nella fattispecie, quindi, l’illecito è stato commesso nel luogo in cui l’opponente avrebbe dovuto effettuare il versamento della somma trattenuta a titolo di prelievo supplementare.

Ebbene ai sensi dell’art. 5, comma 2 della legge 119/03 gli acquirenti sono tenuti a versare gli importi trattenuti in un apposito conto corrente acceso presso l’istituto tesoriere dell’Agea.

A seguito delle informazioni richieste ai sensi dell’art. 213 cpc alla Regione Lombardia è emerso che per l’annata lattiera 2004/05 per cui è causa e ben prima dell’inizio della medesima con apposita convenzione stipulata in data 11.12.02 a seguito di gara indetta con bando del 3.5.02 l’AGEA aveva individuato quale proprio istituto tesoriere per la Regione Lombardia - presso il quale (su apposito conto corrente) avrebbero dovuto essere effettuati tutti i versamenti di somme trattenute dagli acquirenti a titolo di prelievo -  l’Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane, con sede in Milano, corso Europa 18.

E’quindi evidente che nella fattispecie in esame l’istituto tesoriere dell’Agea a cui fa riferimento l’art. 5, c. 2 legge 119/03, individuato dalla stessa mediante atto di portata generale antecedente l’inizio della campagna, aveva sede in Milano. 

Di conseguenza l’obbligazione gravante sugli acquirenti poteva ritenersi adempiuta solamente allorché la somma fosse stata effettivamente accreditata sul conto corrente acceso presso il sopraindicato istituto tesoriere, essendo evidente che un versamento effettuato entro il termine di legge ma in modo erroneo (ad esempio per errore nella indicazione delle coordinate bancarie), senza accredito delle somme a favore dell’istituto tesoriere dell’Agea, non sarebbe stato idoneo ad estinguere l’obbligazione.  

E’quindi logico ritenere che dal punto di vista giuridico il luogo dove doveva avvenire il pagamento (ossia dove dovevano infine pervenire o comunque essere accreditate le somme trattenute) era proprio la sede dell’istituto tesoriere dell’Agea per la Regione Lombardia e, quindi, Milano

D’altra parte, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, non può invece prendersi a riferimento quale luogo del pagamento quello in cui l’acquirente materialmente dispone l’operazione di pagamento e quindi, ad esempio, la banca presso la quale viene effettuata l’operazione di bonifico o l’abitazione e/o ufficio da cui tramite collegamento internet con la banca si effettua l’operazione di pagamento.

Invero le regole che disciplinano la competenza dei giudici sono poste a tutela dell’interesse costituzionalmente garantito alla precostituzione per legge del giudice naturale ed è quindi ovvio che il magistrato competente deve poter essere individuato sulla scorta di criteri prestabiliti, obiettivi e non rimessi alla scelta della parte.

Ebbene se si accedesse alla tesi dell’opponente secondo cui luogo del pagamento è quello dove l’acquirente di fatto dispone l’operazione bancaria di bonifico sul conto corrente milanese dell’istituto tesoriere dell’Agea, atteso che si tratta di operazione bancaria che può essere posta in essere non necessariamente nel luogo ove si trova la sede dell’azienda dell’acquirente ma in qualunque parte del territorio nazionale (e, a ben vedere, del mondo intero), si rimetterebbe di fatto all’acquirente medesimo la scelta di volta in volta del giudice competente (c.d. fenomeno di forum shopping). 

Se si ha invece riguardo al luogo dove il pagamento deve giungere, ossia la sede dell’istituto tesoriere dell’Agea (che quest’ultima, all’evidente fine di dare attuazione  al disposto dell’art. 5, c. 2 legge 119/03, provvede ad individuare con proprio provvedimento di portata generale, vincolante per tutti i soggetti primi acquirenti ed emesso prima dell’inizio della campagna, con conseguente esclusione di ogni finalità di predeterminazione del giudice competente in caso di contestazioni) viene ad essere individuato un luogo predeterminato, certo e non modificabile, che consente di stabilire con certezza ed ex ante il giudice competente per l’eventuale impugnazione, nel pieno rispetto del principio di immodificabilità del giudice naturale di cui all’art. 25, c. 1 Cost.  

In conclusione deve senz’altro affermarsi che il pagamento doveva avvenire entro il termine di legge in Milano e che, pertanto, proprio nella città meneghina si è consumata la violazione.

Sulla scorta di quanto sopra affermato, atteso che risulta accertato il luogo ove è stata commessa la violazione, deve poi senz’altro escludersi che il giudice competente possa essere individuato in quello del posto in cui è avvenuto l’accertamento, dovendosi peraltro rilevare che anche utilizzando detto criterio la competenza a decidere della controversia apparterebbe comunque al Tribunale di Milano, atteso che proprio in detta città si trovano gli uffici regionali che hanno provveduto a rilevare il mancato versamento del prelievo da parte dell’opponente ed hanno quindi proceduto all’accertamento della violazione per cui è causa 

In conclusione, competente a conoscere dell’opposizione avverso il provvedimento impugnato è, ai sensi dell’art. 22 legge 689/81,  il giudice del luogo ove è avvenuta la violazione e, quindi, il Tribunale di Milano.

Va pertanto dichiarata l’incompetenza dell’adito Tribunale a favore di quello di Milano, dinanzi al quale la causa dovrà essere riassunta entro il termine massimo di cui all’art. 50 cpc.

3) Spese

La complessità della normativa, che ha richiesto anche un intervento interpretativo della Corte di Giustizia CEE, giustifica l’integrale compensazione  delle spese processuali.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa domanda, istanza ed eccezione:

- rigetta l’eccezione di difetto di giurisdizione;

- dichiara l’incompetenza dell’intestato Tribunale ed individua quale giudice competente il Tribunale di Milano;

- fissa in mesi sei il termine per la riassunzione del presente giudizio dinanzi al Tribunale di Milano;

- compensa integralmente le spese di lite;

- revoca l’ordinanza con cui era stata sospesa l’esecutività del provvedimento impugnato.

Così deciso in Castiglione delle Stiviere, il 26.7.06