Diritto e Procedura Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 42 - pubb. 01/01/2007

Riparto degli affari tra tribunale e sezione distaccata

Tribunale Mantova, 01 Febbraio 2005. Est. Gibelli.


Riparto negli affari giurisdizionali tra sede centrale e sezioni distaccate del medesimo tribunale – Inosservanza delle disposizioni sulle attribuzioni delle sezioni distaccate – Vizio attinente alla costituzione del giudice – Insussistenza.



La questione relativa alla ripartizione degli affari giurisdizionali tra sede centrale e sezioni distaccate del medesimo tribunale non involge né problemi di competenza né attiene alla tipologia delle invalidità concernenti la costituzione del Giudice.
Infatti, così come non si considerano attinenti alla costituzione del giudice le disposizioni dell’art. 50 quater c.p.c., che stabiliscano che il tribunale giudichi in composizione collegiale sulle cause elencate dall’art. 50 bis c.p.c., allo stesso modo non possono dar luogo a vizio concernente la costituzione del giudice le violazioni - sicuramente meno gravi - delle disposizioni di cui all’art. 48 quater Ord. Giud.. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


 


Svolgimento del processo

Con ricorso per decreto ingiuntivo in data 27/3/2002 la Banca di Credito Cooperativo di Casalmoro e Bozzolo s.c.r.l, con sede in Asola, esponeva:

I)   di essere creditrice nei confronti della Alfa di Rossi D. & C. s.a.s., con sede in Goito, frazione Cerlongo, della somma di € 42.478,52 oltre ad interessi maturandi dal 26/3/2002 al saldo al tasso legale pro tempore vigente in dipendenza del rapporto di sconto finanziario di originarie € 42.478,52 = £ 96.432.100;

2)         che detto debito era portato da n. 18 cambiali emesse a favore della Banca di Credito Cooperativo di Casalmoro e Bozzolo s.c.r.l di cui una con scadenza 2/3/2002 protestata e 17 in scadenza;         

3)         che la posizione era garantita da fideiussione prestata in data 29/5/1998 da Rossi L., nato a Goito il 20/7/1931 e residente in Goito frazione Cerlongo, limitata a £ 500/mln nonché da fideiussione prestata in data 29/7/1997 da Rossi D., nato a Goito il 31/3/1966 e residente in Goito, frazione Cerlongo, originariamente limitata a £ 150/mln e successivamente elevata sino a £ 440/mln con atto integrativo del 13/1/1998; 

4)         che Rossi L. aveva prestato avallo sulle cambiali rilasciate dalla società;

5)    che con raccomandata 21/3/2002, la Banca aveva provveduto a comunicare alla debitrice principale e ai garanti la decadenza dal beneficio del termine costituendo gli stessi in mora;

6) che sussisteva il pericolo del grave pregiudizio nel ritardo rappresentato dall'avvenuto protesto della cambiale scaduta il 2/3/2002; inoltre in data 22/2/2002 erano state rilevate a carico di Rossi L. n. 2 ipoteche giudiziali iscritte dalla Cassa di Risparmio di Carpi.

Con decreto in data 29/3/2002 il Presidente del Tribunale ingiungeva a Alfa s.a.s., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, nonché ad Rossi L. e Rossi D. di pagare, immediatamente, in solido tra loro, alla Banca di credito cooperativo di Casalmoro e Bozzolo la somma di € 42 478,52 oltre ad interessi maturandi dal 26/3/2002 al saldo al tasso legale pro tempore vigente in dipendenza del rapporto di sconto finanziario di originarie € 42.478,52 oltre alle spese e competenze del procedimento liquidate in € 782,59 oltre IVA e CPA e alle successive occorrende autorizzando l'esecuzione provvisoria ex art. 642 c.p.c..

Avverso tale decreto proponevano opposizione la società Alfa s.a.s. di Rossi D. & C., in persona del suo legale rappresentante, nonché Rossi D. e Rossi L. deducendo:

a)  la nullità del rapporto per inosservanza dell'obbligo di forma nella stipulazione dei contratti di conto corrente e di affidamento ai sensi dell'art. 117 n. 1 e 3 D. Lgs. N.385/93;

b) che la pretesa avversaria si era formata mediante l'applicazione di interessi ultralegali e di commissioni non dovuti perché non validamente pattuiti, di illegittimo anatocismo trimestrale nonché di oneri conseguenti a distorta applicazione di valute.

Gli opponenti chiedevano quindi l'accoglimento delle sopra riportate conclusioni.    

Si costituiva ritualmente l'ingiungente opposta la quale insisteva per il rigetto dell'opposizione e la conferma dell'opposto decreto chiedendo l'accoglimento delle sopra riportate conclusioni.   

Con ordinanza in data 27/12/2002 il G.I. disponeva la trasmissione del fascicolo al Presidente del Tribunale dopo aver osservato che la competenza apparteneva alla sezione Staccata di Castiglione delle Siviere.

Con decreto in data 7/1/03 il Presidente disponeva che il procedimento fosse trattato presso la sede centrale del Tribunale dal G.I. nominato.        

Il G.I., con ordinanza in data 24/4/2003, rigettava l'istanza di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e, con successiva ordinanza in data 27/l/2004, dopo avere rigettato la nuova richiesta di sospensione formulata dagli opponenti, rinviava per la precisazione delle conclusioni ritenendo la causa matura per la decisione.

Precisate le conclusioni come sopra riportate, all'udienza del 19/10/04 la causa veniva trattenuta per la decisione previa assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.         

Motivi della decisione

La difesa degli opponenti ha ribadito in comparsa conclusionale quanto già aveva dedotto a verbale dell'udienza 24/3/2003 circa la nullità dell'opposto decreto "in quanto emesso in violazione delle norme relative al luogo ove la causa doveva per legge essere trattata e delle ulteriori norme sulla predesignazione del giudice".

Tale tesi non può essere condivisa.      

Effettivamente si deve riconoscere che Cass. Civ. Sez. I 14/6/2001 n. 8025, dopo aver affermato il principio secondo cui la ripartizione degli affari giurisdizionali tra sede centrale e sezioni distaccate del medesimo Tribunale non involge problemi di competenza stricto sensu bensì afferisce a questioni di distribuzione delle controversie nell'ambito dello stesso ufficio giudiziario, ha anche affermato che la violazione di tali norme appartiene alla tipologia delle invalidità concernenti la costituzione del Giudice.       

A tale affermazione va però attribuito il valore di un mero obiter dictum.

Si deve invece ritenere che la violazione delle disposizioni dettate dall'art. 48 quater Ord. Giud. non dia luogo a vizio concernente la costituzione del Giudice.

Va ricordato al riguardo che in forza dell'art. 50 quater c.p.c. le disposizioni che stabiliscono che il Tribunale giudichi in composizione collegiale sulle cause elencate dall'art. 50 bis c.p.c. "non si considerano attinenti alla costituzione del Giudice".

Come è stato opportunamente osservato, se l'inosservanza della norma che impone la collegialità dell'organo giudicante non deve, a termini di legge, essere considerata attinente alla costituzione del Giudice, non è più possibile continuare a ritenere appartenente alla tipologia delle invalidità concernenti la costituzione del Giudice una violazione di ben minore gravità e disvalore quale è quella relativa alle disposizioni di riparto del lavoro tra le, sezioni distaccate del Tribunale.

Tratte quindi le dovute conseguenze interpretative dall'introduzione dell'art. 50 quater c.p.c. si deve riconoscere che la violazione delle disposizioni di cui all'art. 48 quater Ord. Giud non dà luogo a vizio attinente alla costituzione del Giudice e che non potendosi applicare la comminatoria prevista dall'art. 158 c.p.c., i provvedimenti emessi in violazione della citata norma non possono incorrere in alcuna declaratoria di nullità.

Del resto secondo Cass. Civ. Sez. Lav. 13/12/1999 n. 13980, il vizio di costituzione del Giudice ai sensi dell'art. 158 c.p.c. è ravvisabile quando gli atti giudiziari siano posti in essere da persone estranee all'ufficio e non investite della funzione esercitata mentre non è riscontrabile quando si verifichi una sostituzione fra Giudici di pari funzione e pari competenza appartenenti al medesimo ufficio giudiziario anche se non siano state osservate le disposizioni previste al riguardo dal codice di procedura civile ovvero dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

Da ultimo sul punto va rilevato che, nella relazione ministeriale al D. Lvo n. 51/98, a proposito dell'art. 83 ter disp. di att. c.p.c., si legge che esso "esclude, all'evidenza, che la disfunzione organizzativa (conseguente alla violazione delle disposizioni che presiedono alla ripartizione degli affari tra sede principale del Tribunale e Sezioni distaccate del medesimo Tribunale) possa ritenersi integrativa di una violazione delle regole di riparto della competenza per territorio o di un vizio inerente alla regolare costituzione del Giudice. E' questa, in effetti, una soluzione pienamente conforme ai criteri di delega, ed anzi da essi logicamente imposta, tenuto conto segnatamente di ciò, che, al lume dei puntuali imperativi della stessa legge di delegazione (art. 1 comma l, letti), la ben più grave disfunzione consistente nell'assegnazione di un affare al Tribunale in composizione monocratica anziché collegiale, e viceversa, deve essere considerata <non attinente alla capacità del Giudice>".

Ciò premesso ulteriormente si osserva quanto segue.

Gli opponenti hanno chiesto che sia dichiarata la nullità per inosservanza dell'obbligo di forma dei rapporti di conto corrente n. 049-08-250594-43 e dei correlativi affidamenti e per l'effetto insussistenti le obbligazioni cambiarie sulle quali è fondato il decreto opposto in quanto derivanti da rapporto nullo.

Non è stata quindi chiesta declaratoria di nullità del contratto di sconto.

Di ciò la difesa degli opponenti dà atto in comparsa conclusionale nella quale peraltro richiama la giurisprudenza formatasi in punto di rilevabilità d'ufficio della nullità indipendentemente dall'attività assertiva delle parti ove sia in contestazione l'applicazione o l'esecuzione di un contratto la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda.

Il contratto di sconto, nel caso di specie, dovrebbe essere ritenuto nullo secondo gli opponenti atteso che, anche a voler inquadrare il caso di specie nell'ipotesi della volontà negoziale espressa su due documenti, nulla autorizzerebbe a ritenere che la deliberazione del 12 novembre 2001 della Banca, cui fa riferimento la "accettazione di concessione di fido" doc. 5 del fascicolo dell'opposta, sia stata adottata in forma scritta anziché verbale.  

Al riguardo si osserva che l'accettazione della concessione di fido costituisce anche presa d'atto della delibera degli organi competenti della Banca e cioè della comunicazione della manifestazione di volontà del Consiglio di Amministrazione estrinsecatasi appunto in una deliberazione.

Tale deliberazione (della cui esistenza non dubitano nemmeno gli opponenti) è da ritenere certamente valida (in quanto non oggetto di impugnazione alcuna) ed efficace (in quanto poi concretamente attuata) e quindi, in via presuntiva, secondo l'id quod plerumque accidit, debitamente verbalizzata nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Consiglio di Amministrazione dell'ingiungente opposta.

Gli opponenti hanno poi contestato la pretesa monitoriamente azionata in quanto derivante da illegittimi addebiti effettuati sul conto corrente a titolo di interessi non dovuti e in ogni caso hanno richiesto l'accertamento dell'illegittimità di detti addebiti. In comparsa conclusionale la difesa degli opponenti ha sostenuto che tale domanda dovrebbe essere decisa anche in caso di ritenuta sussistenza del credito di cui al decreto in quanto derivante dall'operazione di sconto.

Più precisamente tale domanda dovrebbe essere intesa quale domanda di accertamento di un controcredito da indebito oggettivo.

Al riguardo si osserva che, come rilevato dalla difesa dell'ingiungente opposta in memoria di replica, la domanda di ripetizione per indebito oggettivo integra domanda nuova per la prima volta formulata negli scritti conclusivi e come tale inammissibile.

Gli opponenti hanno precisato le conclusioni riportandosi a quelle dell'atto di citazione, non essendosi avvalsi del resto della facoltà di cui all'art. 183 comma quinto c.p.c. come si erano riservati di fare in memoria 8/11/2002.

La richiesta formulata in via subordinata nell'atto di citazione riguarda espressamente il contratto di conto corrente cessato il 2/11/2001 a istanza della società correntista. Lo sconto finanziario di cui si discute è stato erogato il 12/12/2001 ed è contratto del tutto autonomo e distinto da quello di conto corrente.

In ogni caso va ribadito che, come già osservato con l'ordinanza 24/4/2003, la deduzione contenuta in atto di citazione con la quale si contesta la contabilità tenuta dalla Banca appare del tutto generica in contrasto col principio che impone una specifica contestazione delle singole poste ( Cass. Civ. Sez. I 16/11/2000 n. 14849).

Da ultimo gli opponenti deducono l'illegittimità degli interessi eccedenti la misura legale ricompresi nelle cambiali siccome non oggetto di valida pattuizione.

Anche tale censura è da ritenere infondata.

Invero la deliberazione 12/11/2001 citata nell'accettazione di concessione di fido in data 6/12/2001 fa seguito ("...in relazione alla richiesta da me/noi formulata ...") alla precedente richiesta di concessione di fido in data 2/11/2001 sottoscritta dalla società opponente (doc. 4 di parte opposta) nella quale è chiaramente indicato il tasso del 8%.

L'opposizione va quindi rigettata e per l'effetto si deve confermare l'opposto decreto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in € 3.824,36 di cui € 153,49 per esborsi, € 1.463,00 per diritti, € 1.800,00 per onorari, € 407,87 per rimborso spese generali oltre a quanto dovuto per legge.

P.Q.M.

Il Tribunale ogni contraria istanza eccezione e deduzione disattesa così provvede:

1)                Rigetta l'opposizione e per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo opposto;

2)                Condanna gli opponenti in solido alla rifusione delle spese che liquida in € 3.824,36 di cui € 153,49 per esborsi, € 1.463,00 per diritti, € 1.800,00 per onorari, € 407,87 per rimborso spese generali oltre a quanto dovuto per legge.