Diritto e Procedura Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21712 - pubb. 25/05/2019

Il decreto ingiuntivo è nullo se il ricorso monitorio è successivo alla domanda di accertamento negativo del credito

Tribunale Torino, 10 Ottobre 2018. Est. Di Capua.


Procedimento monitorio – Domanda di accertamento negativo del credito ingiunto – Rapporto di continenza – Sussiste – Prevenzione – Determinata dal deposito del ricorso monitorio – Affermazione

Opposizione a decreto ingiuntivo – Accoglimento parziale o totale dell’opposizione – Revoca in toto del decreto opposto – Affermazione



Nel caso in cui la parte nei cui confronti è stata chiesta l’emissione di decreto ingiuntivo abbia proposto domanda di accertamento negativo del credito davanti ad un diverso giudice prima che il ricorso ed il decreto ingiuntivo le siano stati notificati, se, in virtù del rapporto di continenza tra le due cause, quella di accertamento negativo si presti ad essere riunita a quella di opposizione, la continenza deve operare in questo senso, retroagendo gli effetti della pendenza della controversia introdotta con la domanda di ingiunzione al momento del deposito del relativo ricorso, sempre che la domanda monitoria sia stata formulata davanti a giudice che, alla data della presentazione, era competente a conoscerla. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Il decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto per un maggiore importo dev’essere revocato, tenuto conto che l’oggetto del giudizio di opposizione non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all’accertamento, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza, dei fatti costitutivi del diritto in contestazione. Pertanto, il giudice, qualora riconosca fondata, anche solo parzialmente, un’eccezione estintiva o modificativa formulata dall’opponente, deve comunque revocare in toto il decreto opposto, senza che rilevi in contrario l’eventuale posteriorità dell’accertato fatto estintivo o modificativo al momento dell’emissione suddetta, sostituendosi la sentenza di condanna al pagamento di residui importi del credito all’originario decreto ingiuntivo. Il titolo esecutivo è dunque costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI TORINO

Prima Sezione Civile

in composizione monocratica

in persona del Giudice dott. Edoardo DI CAPUA

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 10066/2016 R.G.

omissis

 

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Premessa.

1.1. Su ricorso depositato dalla società UNICREDIT S.P.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, il Tribunale di Torino, con decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 2554/2016, datato 14.03.2016, depositato in data 15.03.2016, ha ingiunto alla società I. S.N.C. di E. Gianpiero e B. Mario, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché ai signori E. Gianpiero e B. Mario, in qualità di fideiussori, di pagare in solido alla ricorrente la somma di Euro 222.400,99=, oltre interessi come da domanda ed oltre alle spese della procedura monitoria e successive occorrende.

La ricorrente ha richiesto ed ottenuto il suddetto decreto ingiuntivo opposto a titolo di saldo debitore del rapporto di conto corrente ordinario n. 40110181, conto corrente anticipi fatture n. 103419813 e residuo del contratto di mutuo chirografario n. 3929447.

1.2. Con atto di citazione datato 4.04.2016 ritualmente notificato, la società I. S.N.C. di E. Gianpiero e B. Mario, in persona del legale rappresentante pro tempore sig. B. Mario, nonché i signori B. Mario e E. Gianpiero, in proprio e in qualità di fideiussori, hanno convenuto in giudizio la ricorrente, proponendo opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo chiedendo, nel merito, l’accoglimento delle seguenti conclusioni:

“in via preliminare SOSPENDERE nei conifronti degli opponenti, l'efficacia esecutiva del Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso dal Tribunale di Torino n. 2554/2016 del 15/03/2016 - R.G. n. 6177/2016 - Rep. n. 3356/2016 del 15/03/2016 - formula esecutiva apposta il 22/03/2016 – notificato in data 30/03/2016, per la sussistenza dei gravi motivi ex art. 649 c.p.c.;

ancora in via preliminare, nella qualità di Giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, nell’esercizio della propria competenza funzionale ed inderogabile sull’opposizione, altresì ACCERTATA la ricorrenza nella fattispecie in esame del rapporto di continenza tra cause, DICHIARARE l’incompetenza del giudice che ha emesso il decreto e conseguentemente la nullità del Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso dal Tribunale di Torino n. 2554/2016 del 15/03/2016 - R.G. n. 6177/2016 - Rep. n. 3356/2016 del 15/03/2016 - formula esecutiva apposta il 22/03/2016 – notificato in data 30/03/2016, ovvero a rimettere la causa al primo Giudice preventivamente adito in sede di cognizione ordinaria;

e nel merito, in accoglimento della proposta opposizione, previa ogni più opportuna declaratoria, REVOCARE E/O DICHIARARE NULLO E/O COMUNQUE INEFFICACE il Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso dal Tribunale di Torino n. 2554/2016 del 15/03/2016- R.G. n. 6177/2016 - Rep. n. 3356/2016 del 15/03/2016 - formula esecutiva apposta il 22/03/2016 – notificato in data 30/03/2016, in quanto illegittimo e comunque infondato in fatto ed in diritto, per le ragioni tutte esposte narrativa, con conseguente condanna dell’opposta alla refusione delle spese di giustizia da liquidarsi in favore del sottoscritto procuratore antistatario.”

1.3. Si è costituita telematicamente la parte convenuta opposta, depositando comparsa di costituzione e risposta, contestando le allegazioni e le domande di controparte e chiedendo, nel merito, l’accoglimento delle conclusioni di cui in epigrafe.

1.4. Con Decreto datato 28.04.2016 il Giudice Istruttore ha fissato udienza per l’instaurazione del contraddittorio tra le parti sull’istanza di sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto ai sensi dell’art. 649 c.p.c.

A scioglimento della riserva assunta all’udienza in data 11.05.2016, il Giudice Istruttore, con Ordinanza in data 16.05.2016, ha rigettato la predetta istanza delle parti attrici opponenti.

1.5. All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti ex art. 183 c.p.c. il Giudice Istruttore ha concesso ad entrambe le parti i termini perentori previsti dall’art. 183, 6° comma, c.p.c.

1.6. All’udienza successiva le parti hanno insistito sulle rispettive istanze istruttorie e il Giudice Istruttore si è riservato.

Con Ordinanza datata 23.1.2017 il Giudice Istruttore, sciogliendo la predetta riserva, ha ritenuto che “le eccezioni proposte dalla parte attrice opponente concernano unicamente il conto corrente n. 40110181 e non anche il conto corrente anticipi fatture n. 103419813 e neppure il mutuo chrirografaio n. 3929447, in relazione ai quali risulta fondata l’eccezione di giudicato del decreto ingiuntivo opposto proposta dalla parte convenuta opposta (e, in ogni caso, le contestazioni della parte attrice opponente, per come risultano formulate, concernono unicamente il conto corrente n. 40110181)”, ha disposto CTU contabile ed ha formulato alle parti una proposta conciliativa e/o transattiva ex art. 185 bis c.p.c.

1.7. A seguito dell’udienza di conferimento dell’incarico e di giuramento del nominato CTU dott. Marco CIANI, sono state svolte le operazioni peritali ed è stata depositata la relazione del consulente tecnico d’ufficio. A fronte delle osservazioni formulate dalla parte convenuta opposta con riguardo alle risultanze della consulenza tecnica all’udienza in data 28.06.2017, il Giudice Istruttore si è riservato.

Con Ordinanza datata 30.06.2017 il Giudice Istruttore, sciogliendo la predetta riserva, ha disposto che il nominato CTU depositasse una breve relazione scritta contenente chiarimenti e/o integrazioni entro e non oltre il 30.01.2018.

1.8. Infine, all’udienza in data 6.06.2018 il Giudice Istruttore, fatte precisare alle parti costituite le conclusioni così come in epigrafe, ha trattenuto la causa in decisione, disponendo il deposito delle comparse conclusionali entro il termine perentorio di 60 giorni e delle memorie di replica entro il successivo termine perentorio di 20 giorni a norma dell’art. 190 c.p.c., così come previsto dall’art. 281-quinquies 1° comma c.p.c..

 

2. Sull’eccezione proposta dalle parti attrici opponenti in via preliminare di incompetenza del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo opposto ricorrendo nella fattispecie in esame un rapporto di continenza tra cause.

2.1. Le parti attrici opponenti hanno chiesto, “in via preliminare” (anche se, in realtà, trattasi più esattamente di una questione “pregiudiziale” di rito), nella qualità di Giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, nell’esercizio della propria competenza funzionale ed inderogabile sull’opposizione, accertata la ricorrenza nella fattispecie in esame del rapporto di continenza tra la presente causa e quella pendente tra le medesime parti presso il Tribunale di Alessandria ed iscritta al n. 1076/2016 R.G., avente ad oggetto l’accertamento del credito relativamente al rapporto di conto corrente ordinario n. 40110181, di dichiarare l’incompetenza del giudice che ha emesso il decreto e, conseguentemente, la nullità del Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso dal Tribunale di Torino n. 2554/2016 del 15/03/2016 - R.G. n. 6177/2016 - Rep. n. 3356/2016 del 15/03/2016 - formula esecutiva apposta il 22/03/2016 – notificato in data 30/03/2016, ovvero rimettere la causa al primo Giudice preventivamente adito in sede di cognizione ordinaria.

La suddetta eccezione e la relativa domanda non risultano fondate.

2.2. Invero, come già chiarito dal Giudice Istruttore con Ordinanza datata 16.05.2016, si deve osservare quanto segue:

È ben vero che tra il presente giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e la causa di accertamento del credito pendente presso il Tribunale di Alessandria ed iscritta al n. 1076/2016 R.G. sussiste “continenza di cause”.

Secondo l’orientamento della Cassazione, meritevole di essere condiviso, infatti, “sussiste continenza di cause quando vi è identità di soggetti (non esclusa, peraltro, dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso) e di titolo, nonché una differenza soltanto quantitativa dell’oggetto oppure quando le stesse sono legate da un rapporto di interdipendenza per contrapposizione o alternatività (nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto sussistente la continenza tra la domanda di condanna introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo da un istituto di credito nei confronti del correntista, avente ad oggetto il pagamento del saldo negativo del conto, e quella di accertamento negativo dello stesso credito avente ad oggetto la nullità della clausola che fissava gli interessi in misura ultralegale e di quella di capitalizzazione degli stessi)” (cfr. in tal senso: Cass. civile, Sezioni Unite, 01 ottobre 2007, n. 20596 in Foro it. 2008, 9 2613).

Inoltre, la Cassazione, con altre due sentenze a Sezioni Unite 01 ottobre 2007 n. 20599 e 01 ottobre 2007 n. 20600, ha ribadito che “ai sensi dell’art. 39, comma 2, c.p.c., la continenza di cause ricorre non solo quando due cause siano caratterizzate da identità di soggetti (identità non esclusa, peraltro, dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso) e di titolo e da una differenza quantitativa dell’oggetto, ma anche quando fra le cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui sono prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle causae petendi, nonché quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell’ipotesi in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni (nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, le Sezioni unite hanno ritenuto la sussistenza di un rapporto di continenza tra la domanda proposta nelle forme monitorie da una società nei confronti di un’altra società, avente ad oggetto il pagamento di alcune prestazioni eseguite e per le quali non era stato corrisposto il prezzo, e quella proposta dalla società ingiunta nei riguardi di quella ingiungente, avente ad oggetto la risoluzione dello stesso rapporto contrattuale al quale si riferivano le prestazioni dedotte a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo)” (cfr. in tal senso: Cass. civile, Sezioni Unite, 01 ottobre 2007, n. 20599 in Giust. civ. Mass. 2007, 10; Cass. civile, Sezioni Unite, 01 ottobre 2007, n. 20600 in Giust. civ. Mass. 2007, 10).

È altrettanto vero che, secondo l’importante Sentenza della Cassazione a Sezioni Unite 23 luglio 2001 n. 10011 “allorché la causa in relazione alla quale è stato emesso il decreto ingiuntivo sia in rapporto di continenza con altra causa pendente davanti ad altro giudice preventivamente adito in sede di cognizione ordinaria, il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, nell’esercizio della propria competenza funzionale ed inderogabile sull’opposizione, deve dichiarare l’incompetenza del giudice che ha emesso il decreto e, conseguentemente, la nullità del medesimo, fissando un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice” (cfr. in tal senso: Cass. civile, Sezioni Unite, 23 luglio 2001, n. 10011 in Foro it. 2001, I, 3613); in altre parole, “qualora il decreto ingiuntivo sia stato notificato successivamente alla proposizione in via ordinaria di una domanda che si ponga in relazione di continenza con quella formulata in via monitoria, il giudice dell’opposizione è tenuto ad annullare l’ingiunzione ed a rimettere le parti davanti al giudice della causa preveniente e non può, invece, mantenendo in vita il decreto, procedere nella cognizione dell’opposizione, oppure sospenderla ex art. 295 c.p.c., in attesa della decisione dell’altra controversia” (cfr. in tal senso sempre la citata Cass. civile, Sezioni Unite, 23 luglio 2001, n. 10011 in Giur. it. 2002, 1160).

Senonché, come correttamente rilevato dalla parte convenuta opposta, la sopra citata sentenza della Cassazione a Sezioni Unite 01 ottobre 2007 n. 20596 ha anche chiarito che “nel procedimento per ingiunzione, la pendenza della lite è determinata dalla notificazione del ricorso e del decreto, ma gli effetti retroagiscono alla data del deposito del ricorso, sicché la prevenzione si individua con riguardo a tale momento” anche ai fini della continenza e litispendenza (cfr. in tal senso: Cass. civile, Sezioni Unite, 01 ottobre 2007, n. 20596 in Foro it. 2008, 9 2613). Più in dettaglio, nella suddetta Sentenza delle Sezioni Unite viene affermato che “nel caso in cui la parte nei cui confronti è stata chiesta l’emissione di decreto ingiuntivo abbia proposto domanda di accertamento negativo del credito davanti ad un diverso giudice prima che il ricorso ed il decreto ingiuntivo le siano stati notificati se, in virtù del rapporto di continenza tra le due cause, quella di accertamento negativo si presti ad essere riunita a quella di opposizione, la continenza deve operare in questo senso, retroagendo gli effetti della pendenza della controversia introdotta con la domanda di ingiunzione al momento del deposito del relativo ricorso, sempre che la domanda monitoria sia stata formulata davanti a giudice che, alla data della presentazione, era competente a conoscerla (con l’affermazione di tale principio le Sezioni unite hanno risolto il contrasto formatosi in seno alle sezioni semplici in ordine alla determinazione della prevenzione, rilevante ai fini della continenza, tra la domanda di condanna introdotta con il ricorso per decreto ingiuntivo davanti ad un determinato giudice, comunque competente, e quella, proposta successivamente al deposito del ricorso monitorio ma anteriormente alla sua notificazione, di accertamento negativo dello stesso credito dinanzi ad altro giudice)” (cfr. in tal senso sempre la citata Cass. civile, Sezioni Unite, 01 ottobre 2007, n. 20596 in Giust. civ. Mass. 2007, 10).

Nel caso di specie, peraltro, il deposito del ricorso per decreto ingiuntivo (poi opposto nel presente giudizio) risulta essere stato depositato in data 02 marzo 2016 (cfr. doc. 6 della parte convenuta opposta) e, dunque, anteriormente alla notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio presso il Tribunale di Alessandria, avvenuta soltanto in data 10/18 marzo 2016 (cfr. doc. 7 della parte convenuta opposta).

2.3. Pertanto, la suddetta eccezione e la relativa domanda proposte dalle parti attrici opponenti devono essere rigettate.

 

3. Sul merito della presente causa.

3.1. Ciò chiarito, le parti attrici opponenti hanno chiesto, nel merito, l’accoglimento delle seguenti domande:

“nel merito, in accoglimento della proposta opposizione, previa ogni più opportuna declaratoria, REVOCARE E/O DICHIARARE NULLO E/O COMUNQUE INEFFICACE il Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso dal Tribunale di Torino n. 2554/2016 del 15/03/2016- R.G. n. 6177/2016 - Rep. n. 3356/2016 del 15/03/2016 - formula esecutiva apposta il 22/03/2016 – notificato in data 30/03/2016, in quanto illegittimo e comunque infondato in fatto ed in diritto, per le ragioni tutte esposte narrativa, con conseguente condanna dell’opposta alla refusione delle spese di giustizia da liquidarsi in favore del sottoscritto procuratore antistatario.

in ogni caso, IN VIA RICONVENZIONALE, Voglia l’Adito Tribunale contrariis reiectis, così decidere e provvedere:

A) In via principale ACCERTARE E DICHIARARE la nullità e/o inefficacia delle obbligazioni determinanti la corresponsione di interessi passivi nella misura ultralegale in riferimento al rapporti di conto corrente per cui è causa determinati in violazione dell’art. 1284 c.c. in quanto mai pattuiti contrattualmente, e comunque successivamente variati in senso sfavorevole alla società esponente, senza pattuizione espressamente sottoscritta e senza alcuna preventiva comunicazione;

ACCERTARE E DICHIARARE la nullità parziale dei contratti di conto corrente, con particolare riferimento alla determinazione ed applicazione dell’interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, calcolati, successivamente alla deliberazione CICR 2000, in assenza delle condizioni di reciprocità e periodicità previste dalla medesima delibera, all’applicazione della provvigione di massimo scoperto, all’applicazione degli interessi per c.d. giorni-valuta, dei costi, delle competenze e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese;

RITENERE E DICHIARARE illegittime e dunque non dovute le somme corrisposte in relazione ai contratti di conto corrente a titolo di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi delle commissioni e delle spese, per violazione dell’art. 1283 c.c., nonché l’inefficacia ed invalidità di tutte le variazioni delle condizioni contrattuali successive alla stipula del contratto e sfavorevoli all’istante; in alternativa a seguito di esibizione e/o produzione in giudizio della parte convenuta delle lettere contratto ritenere e dichiarare la nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, delle commissioni e delle spese;

RITENERE E DICHIARARE non dovute, per indeterminatezza e indeterminabilità dell’oggetto, ed in ogni caso perché prestazione senza causa, le somme addebitate per commissione di massimo scoperto calcolate in costanza di utilizzo del rapporto di conto corrente per cui è causa in aggiunta agli interessi passivi;

B) ACCERTARE che l’Istituto convenuto ha capitalizzato trimestralmente gli interessi in assenza delle condizioni di reciprocità e periodicità imposte dalla legge, nonché ha abusato, nel rapporto contrattuale, di posizione dominante in violazione delle norme volte alla salvaguardia dell’equilibrio contrattuale e della parità sostanziale dei contraenti e per l’effetto, DICHIARARE la nullità, anche detta di protezione, in applicazione dell’art. 9 L. 192/98 delle clausole negoziali (anatocismo in assenza di condizioni di reciprocità e periodicità) attraverso le quali la Banca ha realizzato l’abuso di posizione dominante in danno del contraente più debole;

C) ACCERTARE E DICHIARARE, previa verifica della scopertura media in linea capitale, il tasso effettivo globale annuo applicato al contratto stesso;

D) ACCERTARE E DICHIARARE, relativamente ai contratti bancari di cui in premessa, la difformità tra tasso contrattuale e tasso contrattuale effettivo dichiarando la nullità della clausola dell’interesse ultralegale ed il ricalcolo dell’intero rimborso al tasso legale di volta in volta in vigore, con l’eliminazione dell’anatocismo;

E) ACCERTARE, DICHIARARE l’esatto Dare-Avere tra le parti in base ai risultati del ricalcolo che potrà essere effettuata in sede di CTU contabile su ciascuno dei rapporti in essere e sulla base dell’intera documentazione inerente i contratti di conto corrente e, per l’effetto, CONDANNARE la banca opposta alla restituzione delle somme del tasso legale senza capitalizzazione;

H) CONDANNARE, per l’effetto, la convenuta banca alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse in relazione al rapporto per cui è causa, così come sarà quantificata in corso di causa e che risulterà in sede di C.T.U. contabile sul rapporto in essere e sulla base dell’intera documentazione inerente il contratto di apertura di credito;

I) ACCERTARE, altresì, che la convenuta banca durante i rapporti bancari intercorsi e meglio specificati in premessa ha violato gli artt. 116 e 117 del T.U. 385/93 relativi alla predisposizione dei contratti ed alle comunicazioni previste dalla legge, dichiarando la nullità dei tassi, dei prezzi, delle commissioni, delle spese, anche di tenuta conto e delle condizioni tutte praticate in violazione dei citati articoli;

L) ACCERTARE E DICHIARARE la invalidità/nullità delle fidejussioni prestate e di conseguenza la inefficacia delle stesse, stante la nullità del rapporto sottostante per cui è causa;

M) CONDANNARE in ogni caso la convenuta al risarcimento in favore dell’attore dei danni subiti e subendi, anche non patrimoniali, a causa dell’illegittima condotta e dall’inadempimento contrattuale assunta ex adverso, oltre che dalla illegittima segnalazione nella Centrale Rischi di Banca d’Italia, da determinarsi nel corso dell’espletanda istruttoria o rimessi al prudente apprezzamento del Tribunale, finanche in via equitativa.”

L’opposizione e le predette domande ed eccezioni risultano soltanto in parte fondate, nei limiti e secondo le precisazioni che seguono.

3.2. Invero, l’attuale parte convenuta opposta ha richiesto ed ottenuto il suddetto decreto ingiuntivo opposto a titolo di saldo debitore del rapporto di conto corrente ordinario n. 40110181, del conto anticipi n. 103419813 e quale residuo del contratto di mutuo chirografario n. 3929447.

3.3. A sostegno delle proprie pretese, le parti attrici opponenti hanno dedotto, in particolare:

- che il decreto monitorio opposto è illegittimo, atteso che la Banca non ha dato prova del credito ingiunto e gli estratti conto certificati prodotti in fase monitoria sono privi dei requisiti richiesti dall’art. 50 TUB;

- che il credito azionato è indeterminato e inesigibile, atteso che il contratto di conto corrente è nullo per violazione di legge nel metodo di calcolo degli interessi passivi, difformità tra il tasso di interesse espressamente convenuto e tasso effettivamente applicato, illegittima corresponsione di spese non pattuite per iscritto, illegittima corresponsione delle commissioni di massimo scoperto, illegittima applicazione del tasso di interesse passivo ultralegale determinato senza alcuna pattuizione scritta in violazione dell’art. 1284 c.c., applicazione di interessi usurari, previsione contrattuale di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi;

- che la Banca ha provveduto alla modifica unilaterale delle condizioni contrattuali in senso sfavorevole al cliente limitandosi ad indicare i tassi applicati e variati con estratto conto scalare e solo successivamente all’effettiva applicazione degli stessi;

- che la mancata contestazione degli estratti conto non comporta la decadenza da eventuali eccezioni relative alla validità dei rapporti sostanziali a fondamento delle operazioni annotate;

- che la Banca ha adottato una condotta contraria ai canoni di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.) abusando della propria posizione dominante;

- che, in ordine alla fideiussione sottoscritta dai signori Gianpiero E. e Mario B., non sono chiari il senso e la portata dell’autonomia della garanzia e che, stante la violazione dei doveri di buona fede e correttezza da parte della Banca, i fideiussori sono liberati ai sensi dell’art. 1956 c.c.;

- che la giurisprudenza riconosce la sussistenza di un danno da illegittima segnalazione alla Centrale Rischi.

3.4. La parte convenuta opposta, dal canto suo, ha riferito, in particolare:

- che la perizia di parte prodotta dalle parti attrici opponenti ha ad oggetto soltanto il conto corrente n. 40110181 e che, pertanto, è sceso il giudicato sugli altri due rapporti su cui si fonda il credito vantato dalla Banca medesima e per cui è stata ottenuta l’ingiunzione di pagamento;

- che le domande avversarie non coperte da giudicato sono comunque prescritte, infondate e/o, comunque, non provate.

3.5. Ciò chiarito, come già anticipato dal Giudice Istruttore con l’Ordinanza datata 23.1.2017, deve ritenersi fondata l’eccezione di giudicato sollevata dalla parte convenuta opposta in comparsa di costituzione e risposta.

Invero, il decreto ingiuntivo opposto è stato chiesto ed ottenuto dalla Banca per la complessiva somma di Euro 222.400,99 in linea capitale, di cui:

·         Euro 98.241,75 a titolo di saldo debitore del rapporto di conto corrente ordinario n. 40110181;

·         Euro 60.000,00 a titolo di saldo debitore del rapporto di conto corrente anticipi n. 103419813;

·         Euro 64.159,24 a titolo di residuo impagato rapporto di mutuo-chirografario n. 3929447.

Si tratta di tre distinti rapporti autonomi, ciascuno dei quali insorto in forza di autonomo e distinto contratto.

Peraltro, come si evince dalla lettura dell’atto di citazione, le parti attrici opponenti hanno proposto opposizione con esclusivo riferimento al contratto - rapporto di conto/corrente ordinario n. 40110181 e non anche con riferimento al conto/corrente anticipi n.ro 103419813 e neppure con riferimento al mutuo chirografario n. 3929447.

Pertanto, il decreto ingiuntivo di cui è causa, essendo stato opposto solo con riferimento al conto/corrente ordinario n. 40110181, è ormai passato in giudicato e divenuto definitivo quanto alla restante somma di Euro 124.159,24, di cui:

·         Euro 60.000,00, a titolo di saldo debitore del rapporto di conto corrente anticipi n. 103419813;

·         Euro 64.159,24, a titolo di residuo impagato rapporto di mutuo-chirografario n. 3929447.

E’ appena il caso di osservare che risulta del tutto tardivo il riferimento effettuato dalle parti attrici opponenti nella memoria ex art. 183, 6° comma, n. 1), c.p.c. anche al conto/corrente anticipi n. 103419813 ed al mutuo chirografario n. 3929447; al fine di evitare il giudicato in questione, infatti, le parti attrici opponenti avrebbero dovuto proporre opposizione anche avverso quella parte del decreto ingiuntivo già nell’atto di citazione.

Pertanto, deve accertarsi e dichiararsi che è sceso il giudicato, per mancata opposizione, quanto alla complessiva somma di Euro 124.159,24 (oltre accessori di legge dall’1.1.2016 al soddisfo), di cui Euro 60.000,00, a titolo di saldo debitore del rapporto di conto corrente anticipi n. 103419813 ed Euro 64.159,24, a titolo di residuo impagato rapporto di mutuo-chirografario n. 3929447.

3.6. Per quanto concerne la ripartizione dell’onere della prova nel presente giudizio, si deve osservare che, secondo la tesi prevalente, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, e contrariamente a quanto sostenuto nei propri atti dalla parte convenuta opposta, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si verifica un’inversione della posizione processuale delle parti, mentre resta invariata la posizione sostanziale, nel senso che si apre un ordinario giudizio di cognizione, nel quale ciascuna delle parti viene ad assumere la propria effettiva e naturale posizione, risultando a carico del creditore opposto, avente in realtà veste di attore per aver chiesto l’ingiunzione, l’onere di provare l’esistenza del credito (cfr. in tal senso: Tribunale Lucca, 02 dicembre 2015 n. 2095- 2016; Tribunale Salerno sez. II, 11 novembre 2015 n. 4736- 2016; Tribunale Roma sez. X, 22 gennaio 2015 n. 1434- 2015; Tribunale Salerno, 25 ottobre 2014 n. 4999- 2014; Tribunale Nocera Inferiore, 23 aprile 2014 n. 656- 2014;Tribunale Teramo, sez. lav., 03 ottobre 2013, n. 611- 2013; Tribunale Roma, sez. VIII, 01 giugno 2013, n. 11964; Tribunale Milano, 12 marzo 2013, n. 3456- 2013; Tribunale Teramo, sez. lav., 20 febbraio 2013, n. 167- 2013; Tribunale Nocera Inferiore, sez. II, 30 gennaio 2013, n. 86- 2013; Tribunale Pescara, sez. IX, 30 aprile 2012, n. 8548- 2012; Cass. civile, sez. II, 24 maggio 2010, n. 12622; Cass. civile, sez. lav., 13 luglio 2009, n. 16340; Tribunale Genova, 23 gennaio 2009, n. 347 in Guida al diritto 2009, 43 53; Corte appello Palermo, sez. III, 21 gennaio 2009, n. 62 in Guida al diritto 2009, 14 64; Cass. civile, sez. I, 31 maggio 2007 n. 12765; Cass. civile, sez. I, 03 febbraio 2006, n. 2421; Cass. civile, sez. III, 24 novembre 2005, n. 24815 in Giust. civ. Mass. 2005, 7/8; Cass. civile, sez. II, 30 luglio 2004, n. 14556; Cass. civile, sez. III, 17 novembre 2003, n. 17371; Cass. civile, sez. II, 4 aprile 2003, n. 5321; Cass. civile, sez. I, 27 giugno 2000, n. 8718; Cass. civile, sez. II, 29 gennaio 1999, n. 807; Cass. civile, sez. lav., 17 novembre 1997, n. 11417; Cass. civile, Sezioni Unite, 07 luglio 1993 n. 7448).

Per quanto concerne l’ammissione della CTU contabile, contestata dalla parte convenuta opposta, deve condividersi l’orientamento della Cassazione secondo cui:

La CTU può costituire fonte oggettiva di prova quando, come nel caso di specie, si risolva anche in uno strumento di accertamento di situazioni rilevabili ed apprezzabili solo con ricorso a determinate cognizioni od esperienze tecniche (cfr. in tal senso: Cass. civile, sez. III, 26 febbraio 2013, n. 4792; Cass. civile, sez. I, 11 settembre 2012, n. 15157; Cass. civile, sez. lav., 19 gennaio 2011, n. 1149; Cass. civile, sez. III, 12 febbraio 2008, n. 3374; Cass. civile, sez. II, 30 maggio 2007, n. 12695; Cass. civile, sez. lav., 5 maggio 2005, n. 9353; Cass. civile, sez. III, 8 gennaio 2004, n. 88; Cass. civile, sez. II, 30 gennaio 2003, n. 1512; Cass. civile, sez. lav., 12 dicembre 2000, n. 15630; Cass. civile, sez. lav., 17 agosto 2000, n. 10916; Cass. civile, sez. III, 10 marzo 2000, n. 2802; Cass. civile, sez. II, 14 gennaio 1999, n. 321; Cass. civile, sez. III, 29 marzo 1999, n. 2957; Cass. civile, sez. III, 25 settembre 1998, n. 9584; Cass. civile, sez. II, 15 gennaio 1997, n. 342; Cass. civile, sez. III, 26 gennaio 1996, n. 596; Cass. civile, sez. lav., 10 gennaio 1996, n. 132; Cass. civile, sez. III, 4 marzo 1995, n. 2514; Cass. civile, sez. II, 27 settembre 1994, n. 7880);

E sebbene sia vietata l’attività meramente “esplorativa” del CTU, la quale non può essere ammessa per la ricerca della prove che le parti hanno l’onere di fornire o per ovviare alle carenze probatorie imputabili alle parti stesse, qualora il Giudice affidi al consulente tecnico non solo l’incarico di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti, ma anche quello di accertare i fatti stessi, la consulenza è ammissibile e può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, sempre che la parte deduca i fatti che pone a fondamento del proprio diritto e che il Giudice ritenga che il suo accertamento richieda cognizioni tecniche che egli non possiede o che vi siano altri motivi che impediscano o sconsiglino di procedere direttamente all’accertamento (cfr. in tal senso: Cass. civile, Sezioni Unite, 4 novembre 1996, n. 9522 in Giust. civ. Mass. 1996, 1455).

In altre parole, in tema di consulenza tecnica di ufficio, il giudice può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), e in tal caso, in cui la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di prova, è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (cfr. in tal senso: Cass. civile, sez. III, 26 febbraio 2013, n. 4792 in Guida al diritto 2013, 15, 49; Cass. civile, sez. I, 11 settembre 2012, n. 15157 - 2012; Cass. civile, sez. III, 13 marzo 2009, n. 6155; Cass. civile, sez. III, 26 novembre 2007, n. 24620; Cass. civile, sez. III, 23 febbraio 2006, n. 3990).

3.7. Ciò precisato, per quanto concerne la deduzione delle parti attrici opponenti della nullità e/o inefficacia delle obbligazioni determinanti la corresponsione di interessi passivi ultra legem, in quanto mai pattuiti ai sensi dell’art. 1284 c.c., si deve osservare quanto segue.

L’art. 1284 c.c., rubricato “Saggio degli interessi”, così recita: “1. Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari all’1 per cento in ragione d’anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificare annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo.

2. Allo stesso saggio si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura.

3. Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale”.

Questa disposizione in materia bancaria dev’essere coordinata con l’art. 117 TUB che, al comma 7°, prevede un meccanismo di sostituzione normativa del tasso di interesse, laddove nel contratto questo non sia indicato oppure sia determinato mediante rinvio agli usi.

Dalle risultanze della CTU emerge che i tassi di interesse erano stati determinati sia nel contratto di apertura del conto corrente del 10.6.2004 (doc. 4 di parte convenuta opposta) sia nel contratto del 2.12.2014 (doc. 5 di parte convenuta opposta) ma, tuttavia, la misura di tali tassi si riferisce a sconfinamenti in assenza di fido. Per quanto attiene alla misura dei tassi di interesse passivi in presenza di affidamenti, questa non è rinvenibile nei suddetti contratti, ma risulta indicata per la prima volta nel contratto di apertura di credito del 26.7.2012 (doc.6 di parte convenuta opposta).

Secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia con il IX aggiornamento alla circolare n.229/1999 del 25.7.2003, Sezione III, art. 2: “[…] La forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto; […]”. L’esecuzione della forma scritta si ha ad esempio per le operazioni regolate in conto corrente. Così è, infatti, nel caso di specie, in cui i contratti di conto corrente, sia quello del 10.6.2004 sia quello del 2.12.2014, contengono le clausole relative agli affidamenti in conto corrente.

Alla luce delle predette osservazioni, si esclude, da un lato, che siano stati applicati tassi di interesse in misura ultralegale e, dall’altro, che sia stata violata la disposizione di cui all’art. 1284 c.c.; tant’è vero che il dott. CIANI, seguendo le indicazioni fornite nel quesito dal Giudice Istruttore, ritenuto che risultava provato che il rapporto di conto corrente de quo fosse affidato sin dalla data di accensione, ha applicato il tasso sostitutivo ex art. 117, 7° comma, TUB alle partite intra-fido per il periodo compreso tra il 10.6.2004 e il secondo trimestre del 2012, ossia fino alla data in cui le parti hanno pattuito per iscritto un’apertura di credito in conto corrente, determinando altresì la misura del tasso di interesse.

3.7. Con riguardo al motivo di opposizione relativo all’applicazione di interessi anatocistici con capitalizzazione trimestrale, calcolati in assenza delle condizioni di reciprocità e periodicità previste dalla delibera del CICR del 9.2.2000 ed all’applicazione illegittima di commissioni di massimo scoperto, interessi per giorni-valuta, costi e altre competenze e remunerazioni, si osserva quanto segue.

La delibera CICR del 9.2.2000 all’art. 2 prevede:

“1. Nel conto corrente l’accredito e l’addebito degli interessi avviene sulla base dei tassi e con le periodicità contrattualmente stabiliti. Il saldo periodico produce interessi secondo le medesime modalità.

2. Nell’ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori.

3. Il saldo risultante a seguito della chiusura definitiva del conto corrente può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica”.

Sia nel contratto stipulato il 10.6.2004 sia in quello stipulato il 2.12.2014 è stata pattuita la capitalizzazione con identica periodicità trimestrale (cfr. docc. 4-5 di parte convenuta opposta). Pertanto, la Banca ha operato nel rispetto delle prescrizioni normative e regolamentari.

A conclusione diversa conduce l’analisi relativa alle ulteriori commissioni che a vario titolo sono state addebitate alla società correntista in costanza di rapporto. Invero, il CTU dott. CIANI ha rilevato, in primo luogo, che non sono stati prodotti i fogli informativi di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali e, quindi, nelle operazioni di ricalcolo ha avuto cura di espungere una serie di costi che non risultano essere stati pattuiti per iscritto e, in particolare:

·         le commissioni di massimo scoperto sono state espunte, in quanto sono state previste dal contratto, ma non risultano determinati in modo specifico i criteri per la sua esatta applicazione, tant’è vero che i documenti contrattuali recano definizioni contraddittorie e antitetiche;

·         i diritti di segreteria che erano stati aggiunti nel conteggio degli interessi nelle liquidazioni trimestrali fino al 2008 sono stati espunti, in quanto non risultano contrattualmente pattuiti;

·         la commissione di messa a disposizione fondi è stata espunta fino alla data del 26.7.2012, in quanto è soltanto dalla prima liquidazione successiva alla suddetta data che gli addebiti risultano essere stati pattuiti secondo le condizioni previste dalla legge e, inoltre, è stata considerata nella misura contrattuale anziché nelle misure via via crescenti applicate dalla Banca;

·         la commissione di rinnovo fido è stata espunta, in quanto non risulta essere stata prevista contrattualmente;

·         la commissione utilizzo oltre disponibilità, poi sostituita dalla commissione di istruttoria veloce sono state espunte, in quanto non risulta la comunicazione al cliente della loro applicazione prima della contrattualizzazione e inoltre, in virtù del ricalcolo, la società non ha mai avuto effettivi sforamenti dall’affidato dalla data di teorica applicabilità della commissione;

·         le commissioni Imprendo Silver e Imprendo One sono state espunte, in quanto non risultano essere state pattuite.

L’art. 117 bis, 2° comma e 3° comma TUB prevede:

<<2. A fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido, i contratti di conto corrente e di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione di istruttoria veloce determinata in misura fissa, espressa in valore assoluto, commisurata ai costi e un tasso di interesse debitore sull’ammontare dello sconfinamento.

3. Le clausole che prevedono oneri diversi o non conformi rispetto a quanto stabilito nei commi 1 e 2 sono nulle. La nullità della clausola non comporta la nullità del contratto>>.

Per completare il quadro normativo, l’art. 118 TUB prescrive quanto segue:

<< 1. Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo.

2. Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: “Proposta di modifica unilaterale del contratto”, con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. […]

3. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente. […]>>.

Sia nel contratto di conto corrente del 10.6.2004 sia nel contratto del 2.12.2014 era stata prevista la clausola del cd. ius variandi, con la differenza che nel primo era stato previsto un preavviso minimo di quindici giorni, mentre nel secondo un preavviso minimo di due mesi, ma ciò è dovuto al fatto che soltanto con il D.Lgs. 141/2010 l’art. 118 TUB è stato sostituito così come è stato sopra riportato. Tuttavia, come sottolineato anche dallo stesso CTU, la Banca convenuta non ha provato di aver comunicato alla società cliente le modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali, con la conseguenza che essere devono ritenersi inefficaci, in quanto sfavorevoli per il cliente.

Tenuto conto delle osservazioni che precedono, si esclude che sia stata violata la prescrizione di cui alla delibera CICR del 9.2.2000; si accerta l’inefficacia delle clausole modificative delle condizioni contrattuali che non sono state preventivamente comunicate alla società correntista; si accerta la nullità delle clausole che prevedono oneri diversi e non conformi a quanto stabilito dall’art. 117bis TUB; si accerta, dunque, la nullità parziale del contratto di conto corrente, in quanto le commissioni e gli oneri indicati sopra non sono stati pattuiti e determinati per iscritto, in violazione dell’art. 117 TUB.

3.8. Le ulteriori domande delle parti attrici possono essere analizzate contestualmente, poiché attengono tutte all’accertamento dell’esatto rapporto dare-avere tra la società correntista, e quindi i suoi garanti, e la Banca convenuta.

Si rammenta, ancora una volta, che la ricostruzione effettuata dal CTU dott. Marco CIANI è stata svolta con riferimento al solo rapporto di conto corrente ordinario n. 40110181.

La consulenza tecnica ha offerto tre differenti soluzioni. In ogni caso il ricalcolo conduce ad un saldo a credito della società correntista.

La prima ipotesi, più favorevole alla correntista, non tiene conto dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla Banca e determina un credito a favore della società attrice pari ad Euro 117.158,01=.

La seconda ipotesi, invece, considera la prescrizione e determina un credito a favore della medesima pari ad Euro 107.189,22=.

La terza ipotesi, infine, è stata formulata a seguito delle osservazioni della Banca convenuta e ad integrazione della relazione tecnica e determina un credito a favore della società correntista pari ad Euro 61.859,08=.

Il CTU, con riferimento ai tassi di interesse, dal 10.06.2004 – data di accensione del conto corrente - fino al secondo trimestre del 2012 ha applicato il tasso di interesse nella misura di cui all’art. 117, 7° comma, TUB; dal terzo trimestre del 2012 sino al termine del rapporto ha applicato il tasso di interesse nella misura del 6,10%, ossia quella indicata nel contratto del 26.07.2012. Nella terza soluzione, tuttavia, è stato applicato anche agli interessi debitori intra-fido precedenti al 2012 il tasso convenzionale del 6,10%, così come suggerito dalla Banca convenuta.

Per quanto riguarda l’asserita applicazione di tassi usurari, il consulente tecnico ha concluso che “l’eventuale superamento del tasso soglia sarebbe sempre ed invariabilmente dipeso dall’addebito di oneri, commissioni e spese, e mai dalla presenza di tassi di interesse troppo elevati visto che i tassi nominali rientravano ampiamente nella soglia.”. In altri termini, dato che ai sensi della legge sull’usura interessi e commissioni sono accumulati nei calcoli, parimenti debbono essere accumulati negli eventuali storni.

Per quanto riguarda l’asserita difformità tra il tasso contrattuale e quello effettivo applicato dalla Banca al rapporto di conto corrente, il CTU ha rilevato che inizialmente il tasso debitore era del 13,400% nominale, mentre il tasso effettivo – a causa della capitalizzazione infrannuale – era del 14,089%. Tuttavia, come si è già detto, dato che il conto corrente risulta affidato sin dalla data di accensione, il CTU ha operato il conteggio determinando i tassi sostitutivi ai sensi dell’art. 117, 7° comma TUB. Quindi, risulta accertato che una difformità sussiste.

Con riguardo alle altre voci di costo addebitate alla società correntista in costanza di rapporto e che sono state stornate dal ricalcolo operato dal CTU, si rimanda a quanto già chiarito al paragrafo precedente.

Alla luce delle predette osservazioni, dev’essere operata una scelta tra le diverse soluzioni prospettate dal consulente tecnico. In proposito, il ricalcolo effettuato tenendo conto della prescrizione risulta essere quello più corretto, tenuto conto che, secondo un condiviso orientamento della Cassazione, elemento costitutivo dell’eccezione di prescrizione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, prolungatasi per il tempo previsto dalla legge, il che implica che la parte ha solo l’onere di allegare il menzionato elemento costitutivo specificando il momento iniziale dell’inerzia, e di manifestare la volontà di voler profittare di quell’effetto, ma non anche quello di indicare direttamente o indirettamente le norme applicabili al caso di specie (cfr. in tal senso: Cass. civile 3 novembre 2005 n. 21321; in senso sostanzialmente conforme anche Cass. civile, Sezioni Unite, 25 luglio 2002 n. 10955; Cass. civile 8 marzo 2004 n. 4668).

Pertanto la scelta si riduce tra la seconda e la terza ipotesi, e la differenza tra le risultanze dell’una e dell’altra è consistente ed è dovuta al tasso di interesse applicato. Invero, UNICREDIT S.P.A. ha obiettato che dovesse essere applicato il tasso del 6,10% altresì agli interessi debitori intra-fido antecedenti al 2012, insistendo sul dato che non fosse vero che non risultassero in atti le comunicazioni della Banca alla correntista, atteso che sin dal primo estratto scalare tutte le condizioni risultavano specificate. La Banca, poi, ha aggiunto che il quesito in questa parte sarebbe criticabile e contraddittorio e che oramai la giurisprudenza è costante nel ribadire che l’onere probatorio, anche in caso di carenza documentale, resta sempre e solo a carico dell’opponente.

Il quesito in punto di tasso di interesse non è affatto contraddittorio e, ad ogni modo, la lagnanza della parte convenuta opposta risulta del tutto generica.

Si ritiene dunque più corretta la seconda prospettazione risultante dalla CTU contabile, poiché non è provato che il tasso di interesse intra-fido sia stato indicato secondo le prescrizioni normative e regolamentari, anche perché sino alla data del 26.7.2012 non era stato pattuito alcun limite al fido.

Invero, lo stesso CTU ha precisato di aver incontrato talune difficoltà nel definire i tassi soglia con cui confrontare i tassi effettivi applicati dalla Banca, proprio a causa della presenza di affidamenti di cui non era nota l’effettiva natura.

Ai sensi del punto 8 del quesito sottoposto al CTU, l’eventuale credito del cliente dev’essere determinato in misura pari alla differenza tra il saldo di estinzione oppure l’ultimo saldo risultante dall’estratto conto in atti ed il risultato delle operazioni di ricalcolo.

Nel concreto, si è detto che è stato rideterminato un credito a favore della società correntista pari ad Euro 107.189,22=, derivato dalla somma tra la differenza di ricalcolo degli interessi e le commissioni e i costi espunti, in quanto indebiti.

Con riguardo al conto corrente n. 40110181, l’ultima operazione registrata sull’estratto conto in data 8.02.2016 si riferisce all’azzeramento saldo per giro a sofferenza dell’importo di Euro 100.081,12=.

Dunque, la differenza tra l’ultimo saldo risultante dall’estratto conto (Euro -100.081,12=) e il ricalcolo del CTU (Euro 107.189,22=) determina un saldo a favore della società correntista pari ad Euro 7.108,10=.

Ciò precisato, deve accertarsi e dichiararsi che l’esatto rapporto dare-avere tra la società I. S.N.C. di E. Gianpiero e B. Mario e la banca UNICREDIT S.P.A., con riferimento al conto corrente ordinario n. 40110181, determina un credito a favore della società attrice opponente pari ad Euro 7.108,10.

3.9. Ancora in via riconvenzionale, le parti attrici opponenti chiedono di accertare che la condotta della Banca configura abuso di posizione dominante, in violazione delle norme volte alla salvaguardia dell’equilibrio contrattuale e della parità sostanziale dei contraenti, giacché avrebbe applicato interessi anatocistici in assenza di condizioni di reciprocità e di periodicità.

Le parti attrici opponenti citano la Legge 192/1998, recante la “Disciplina della subfornitura nelle attività produttive”, che non pare applicabile al caso de quo.

Nel caso di specie, come si è già detto, era stata contrattualmente prevista una capitalizzazione trimestrale degli interessi con identica periodicità, per cui la domanda non può trovare accoglimento.

3.10. Infine, le parti attrici opponenti chiedono di accertare e di dichiarare l’invalidità delle fideiussioni prestate e di conseguenza l’inefficacia delle stesse, stante la nullità del rapporto sottostante per cui è causa.

Occorre premettere che le parti nei rispettivi atti si sono confrontate sulla natura della garanzia prestata dai signori E. e B..

In particolare le parti attrici opponenti asseriscono che il tenore del contratto di fideiussione de quo (doc. 9 di parte convenuta opposta) non chiarisca il senso e la portata dell’autonomia della garanzia medesima.

La parte convenuta opposta in comparsa di costituzione e risposta scrive testualmente: <>.

In proposito, si deve osservare che fin dal 1987 le Sezioni Unite della Cassazione avevano avuto modo di affermare che “il contratto autonomo di garanzia (c.d. Garantievertrag), che genera un’obbligazione del promittente svincolata da qualsiasi rapporto con l’obbligazione principale garantita ed in base al quale il garante si impegna a soddisfare il creditore su semplice richiesta del medesimo, senza la possibilità di eccepire l’eventuale adempimento del debitore garantito è un valido contratto atipico, realizzante interessi meritevoli di tutela connessi, tra l’altro, all’espansione del commercio internazionale” (così: Cass. civile, Sezioni Unite, 1 ottobre 1987 n. 7341, in Banca borsa tit. cred. 1988, II,1 ed in Giur. it. 1988, I,1,1204).

Nel 1992 si sono nuovamente pronunciate le Sezioni Unite della Cassazione, affermando che “il contratto autonomo consiste nell’assunzione dell’obbligo di eseguire la prestazione oggetto della garanzia, senza poter opporre eccezioni attinenti alla validità, efficacia, e in genere alle vicende del rapporto principale; anche se ispirata al modello della fideiussione, la garanzia autonoma - quale negozio atipico - se ne discosta soprattutto perché essa deroga al principio dell’accessorietà, che connota detta figura negoziale tipica, e in particolare al regime delle eccezioni consentite al garante; l’obbligazione del garante è pertanto indipendente dal rapporto principale” (Cass. civile, Sezioni Unite, 19 marzo 1992, n. 3465 in Foro padano 1994, I, 314).

Da allora la Cassazione suole affermare che il ‘contratto autonomo di garanzia’, definito anche ‘garanzia a prima domanda’, espressione di quella autonomia negoziale riconosciuta alle parti dall’art. 1322, comma 2, c.c., si configura come un coacervo di rapporti nascenti da autonome pattuizioni tra il destinatario della prestazione (beneficiario della garanzia), il garante (di solito una banca) ed il debitore della prestazione (l’ordinante), e si distingue dalla fideiussione perché, in deroga al principio dell’accessorietà ed al regime delle eccezioni consentite al garante ex art. 1945 c.c., quest’ultimo si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia, senza poter opporre eccezioni attinenti alla validità, efficacia, e in genere alle vicende del rapporto principale; in altre parole, costituisce contratto autonomo di garanzia quello in base al quale una parte si obbliga a titolo di garanzia, ad eseguire a prima richiesta, la prestazione del debitore, indipendentemente dall’esistenza, dalla validità ed efficacia del rapporto di base con l’impossibilità per il garante di sollevare eccezioni, onde tale contratto si distingue dalla fideiussione per la sua indipendenza dall’obbligazione principale, poiché, mentre il fideiussore è debitore allo stesso modo del debitore principale e si obbliga direttamente ad adempiere, il garante nel contratto autonomo si obbliga non tanto a garantire l’adempimento, quanto piuttosto a tenere indenne il beneficiario dal nocumento per la mancata prestazione del debitore, spesso con una prestazione solo equivalente e non necessariamente corrispondente a quella dovuta (cfr. sul punto: Cass. civile, sez. III, 13 maggio 2008, n. 11890; Cass. civile, sez. I, 17 gennaio 2008, n. 903; Cass. civile, sez. III, 28 febbraio 2007, n. 4661; Cass. civile, sez. III, 09 novembre 2006, n. 23900; Cass. civile, sez. III, 03 ottobre 2005, n. 19300; Cass. civile, sez. III, 20 aprile 2004, n. 7502; Cass. civile, sez. I, 10 febbraio 2004, n. 2464; Cass. civile, sez. III, 07 gennaio 2004, n. 52; Cass. civile, sez. III, 31 luglio 2002, n. 11368; Cass. civile, sez. III, 20 luglio 2002, n. 10637; Cass. civile, sez. III, 7 marzo 2002, n. 3326; Cass. civile, sez. I, 19 giugno 2001, n. 8324; Cass. civile, sez. I, 23 giugno 2000, n. 8540; Cass. civile, sez. III, 21 aprile 1999, n. 3964; Cass. civile, sez. III, 11 febbraio 1998, n. 1420).

In particolare, secondo buona parte della Cassazione, ai fini della configurabilità di un contratto autonomo di garanzia in luogo di un contratto di fideiussione non è decisivo l’impiego delle espressioni ‘a semplice richiesta’ o ‘a prima richiesta’ del creditore, ma la relazione in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e l’obbligazione di garanzia, giacché la caratteristica principale che distingue il contratto autonomo di garanzia dalla fideiussione è l’assenza dell’elemento dell’accessorietà, insita nel fatto che viene esclusa la facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale, in deroga alla regola essenziale della fideiussione, posta dall’art. 1945 c.c. (cfr. in tal senso: Cass. civile, sez. III, 09 novembre 2006, n. 23900; Cass. civile, sez. III, 03 ottobre 2005, n. 19300; Cass. civile, sez. III, 20 aprile 2004, n. 7502; Cass. civile, sez. III, 07 gennaio 2004, n. 52; Cass. civile, sez. III, 31 luglio 2002, n. 11368; Cass. civile, sez. III, 20 luglio 2002, n. 10637; Cass. civile, sez. I, 19 giugno 2001, n. 8324; Cass. civile, sez. I, 23 giugno 2000, n. 8540; Cass. civile, sez. III, 21 aprile 1999, n. 3964).

Dal tenore letterale del contratto di cui si discute, applicando i criteri indicati nel codice civile in tema di interpretazione del contratto nonché i criteri fissati dalla giurisprudenza di legittimità, si evince che si tratta di una fideiussione omnibus. Non si ravvisa alcuno degli elementi che caratterizzano il contratto autonomo di garanzia.

Ciò precisato, tuttavia non può trovare accoglimento la domanda delle parti attrici opponenti, giacché il contratto da cui sorge l’obbligazione principale garantita non risulta affetto da nullità.

Merita considerazione il richiamo delle parti attrici opponenti all’art. 1956 c.c., che sancisce che il fideiussore è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del garante, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.

Tenuto conto che in questa sede si discute esclusivamente del rapporto di conto corrente ordinario n. 40110181 - e non anche degli altri rapporti in forza dei quali è stata ottenuta l’ingiunzione di pagamento a favore della Banca convenuta e sui quali è sceso il giudicato – è rilevante l’osservazione che il CTU dott. CIANI evidenzia nella propria relazione: <>.

Questo dato contribuisce a disegnare un quadro in cui la Banca convenuta ha violato i canoni della buona fede e della correttezza previsti dagli articoli 1175 e 1375 c.c.

Invero, è già stato accertato che alla società correntista sono stati addebitati costi, la cui giustificazione e la cui misura non erano state preventivamente pattuite dalle parti, in palese violazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n.385/1993 e alle disposizioni regolamentari integratrici della Banca d’Italia e del CICR.

Ciò detto, il testo dell’art. 1956 c.c. fa chiaramente riferimento alla circostanza in cui il soddisfacimento del credito sia divenuto notevolmente più difficile in conseguenza di un comportamento negligente e imprudente del creditore stesso.

Nel caso di specie, tuttavia, non è stato sufficientemente provato il fatto che la società debitrice principale fosse in una situazione di dissesto tale da non poter rientrare del proprio asserito debito né, dunque, vi è la prova che le condizioni patrimoniali della società stessa siano state aggravate dalla condotta della Banca creditrice.

Del resto, dalla visura camerale della società attrice prodotta nel presente giudizio (doc. 3 di parte convenuta opposta), quantomeno alla data del 25.2.2016, non emerge alcun dato che consenta anche soltanto di presumere che la società debitrice principale sia insolvente, nessuna segnalazione, nessun protesto.

Pertanto, tale domanda delle parti attrici opponenti non può trovare accoglimento.

3.11. Infine, le parti attrici opponenti chiedono di condannare la convenuta al risarcimento dei danni subiti e subendi, anche non patrimoniali, a causa dell’illegittima condotta e dall’inadempimento contrattuale assunti ex adverso, oltre che dalla illegittima segnalazione nella Centrale Rischi di Banca d’Italia.

Il diritto al risarcimento del danno presuppone la sussistenza di determinati requisiti che spetta al soggetto leso provare.

Le parti attrici opponenti non hanno fornito prova alcuna né sull’an né sul quantum del danno, limitandosi a richiamare alcuni principi di diritto sanciti dalla giurisprudenza di legittimità in tema di risarcimento del danno da illegittima segnalazione nella Centrale Rischi di Banca d’Italia.

Benché in narrativa le parti attrici opponenti abbiano affermato che avrebbe dovuto essere “ordinata alla resistente la immediata cancellazione/revoca della segnalazione pregiudizievole che sta provocando ai ricorrenti danni gravi ed irreparabili, sia di carattere patrimoniale che all’immagine ed alla reputazione commerciale e personale”, tuttavia hanno solamente domandato la condanna al risarcimento dei danni e non anche la revoca della segnalazione illegittima.

La domanda non può quindi trovare accoglimento.

3.12. Pertanto, tenuto conto di tutti i rilievi che precedono, si devono trarre le seguenti conclusioni:

- deve accertarsi e dichiararsi che è sceso il giudicato, per mancata opposizione, quanto alla complessiva somma di Euro 124.159,24 (oltre accessori di legge dall’1.1.2016 al soddisfo), di cui Euro 60.000,00, a titolo di saldo debitore del rapporto di conto corrente anticipi n. 103419813 ed Euro 64.159,24, a titolo di residuo impagato rapporto di mutuo-chirografario n. 3929447;

- deve accertarsi e dichiararsi che l’esatto rapporto dare-avere tra la società I. S.N.C. di E. Gianpiero e B. Mario e la banca UNICREDIT S.P.A., con riferimento al conto corrente ordinario n. 40110181, determina un credito a favore della società attrice opponente pari ad Euro 7.108,10;

- il decreto ingiuntivo opposto, essendo stato richiesto ed ottenuto per un maggiore importo dev’essere revocato, tenuto conto che, secondo l’orientamento della giurisprudenza prevalente, meritevole di essere condiviso, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che nel sistema delineato dal codice di procedura civile si atteggia come un procedimento il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all’accertamento, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza (e non a quello anteriore della domanda o dell’emissione del provvedimento opposto), dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, il giudice, qualora riconosca fondata, anche solo parzialmente, un’eccezione estintiva o modificativa formulata dall’opponente con l’atto di opposizione, deve comunque revocare in toto il decreto opposto, senza che rilevi in contrario l’eventuale posteriorità dell’accertato fatto estintivo o modificativo al momento dell’emissione suddetta, sostituendosi la sentenza di condanna al pagamento di residui importi del credito all’originario decreto ingiuntivo (cfr. in tal senso: Cass. civile, Sezioni Unite, 7 luglio 1993, n. 7448 in Giust. civ. Mass. 1993, 1126 ed in Giust. civ. 1993, I, 2041; in senso sostanzialmente conforme si sono espresse anche le pronunce successive della Cassazione e la prevalente giurisprudenza di merito: Tribunale Salerno sez. II, 04 novembre 2015 n. 4619- 2015; Tribunale Bari sez. IV, 13 ottobre 2015 n. 4348- 2016; Tribunale Milano sez. XIII, 05 settembre 2014 n. 10798- 2014; Cass. civile, sez. II, 10 aprile 2014 n. 8428; Tribunale Salerno, sez. II, 19 febbraio 2014, n. 564- 2014; Tribunale Pistoia, 17 giugno 2013, n. 59- 2013; Tribunale Roma, sez. IX, 15 ottobre 2012, n. 19310- 2012; Tribunale Monza, sez. I, 10 giugno 2010, n. 1773- 2010; Corte appello Torino, 02 febbraio 2010 in Foro padano 2011, 2, 268; Cass. civile, sez. I, 22 maggio 2008, n. 13085; Tribunale Bologna, sez. II, 03 aprile 2008 in Guida al diritto 2008, 38 86; Cass. civile, sez. III, 25 maggio 2007, n. 12256; Cass. civile, sez. I, 18 maggio 2007, n. 11660; Cass. civile, sez. I, 19 marzo 2007, n. 6514; Cass. civile, sez. I, 21 febbraio 2007, n. 4103; Cass. civile, sez. I, 19 ottobre 2006, n. 22489; Cass. civile, sez. II, 22 agosto 2006, n. 18265; Cass. civile, sez. II, 12 agosto 2005, n. 16911; Cass. civile, sez. III, 15 luglio 2005, n. 15026; Cass. civile, sez. II, 29 gennaio 2004, n. 1657; Cass. civile, sez. III, 10 ottobre 2003, n. 15186; Cass. civile, sez. lav., 1 dicembre 2000, n. 15339; Cass. civile, sez. III, 25 maggio 1999, n. 5074; Cass. civile, sez. lav., 12 dicembre 1998, n. 12521; Cass. civile, sez. II, 17 febbraio 1998, n. 1656; Cass. civile, sez. III, 5 giugno 1997, n. 5007; Cass. civile, sez. I, 21 marzo 1997, n. 2552; Cass. civile, sez. III, 21 dicembre 1995, n. 13027);

il decreto ingiuntivo opposto dev’essere revocato anche se, come si è detto, è sceso il giudicato, per mancata opposizione, quanto alla complessiva somma di Euro 124.159,24 (oltre accessori di legge dall’1.1.2016 al soddisfo), di cui Euro 60.000,00, a titolo di saldo debitore del rapporto di conto corrente anticipi n. 103419813 ed Euro 64.159,24, a titolo di residuo impagato rapporto di mutuo-chirografario n. 3929447; ciò si evince dall’art. 653, 2° comma, c.p.c., ai sensi del quale se l’opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è comunque costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta;

- tenuto conto dell’eccezione di compensazione e della domanda di condanna al pagamento proposte della parte convenuta opposta, accertato un credito della parte convenuta opposta di Euro 124.159,24 (di cui Euro 60.000,00, a titolo di saldo debitore del rapporto di conto corrente anticipi n. 103419813 ed Euro 64.159,24, a titolo di residuo impagato rapporto di mutuo-chirografario n. 3929447) ed un credito della parte attrice opponente società I. S.N.C. di E. Gianpiero e B. Mario di Euro 7.108,10, le parti attrici opponenti devono essere dichiarate tenute e condannate, in via solidale tra loro, a pagare alla parte convenuta opposta la somma di Euro 117.051,14, pari alla differenza tra le predette somme di Euro 124.159,24 e di Euro 7.108,10, oltre interessi dal dovuto fino al saldo;

- le altre domande ed eccezioni proposte dalle parti devono essere rigettate.

3.13. Le ulteriori questioni proposte dalle parti devono ritenersi assorbite, anche in ossequio al c.d. “criterio della ragione più liquida” (cfr. per tutte: Cass. civile, sez. II, 03 luglio 2013, n. 16630; Cass. civile, sez. III, 16 maggio 2006, n. 11356).

 

4. Sulle spese processuali del procedimento monitorio e del presente giudizio di opposizione.

4.1. Con riguardo alle regolamentazione delle spese processuali si deve premettere che, in linea generale, secondo l’orientamento della giurisprudenza prevalente, nel procedimento di ingiunzione la fase monitoria e quella di opposizione fanno parte di un unico processo e l’onere delle spese processuali, ivi comprese quelle del procedimento monitorio, è regolato in base all’esito finale del giudizio di opposizione e alla complessiva valutazione del suo svolgimento (cfr. in tal senso, tra le tante: Cass. civile, sez. II, 06 maggio 2013, n. 10503; Cass. civile, sez. VI, 04 febbraio 2013, n. 2502; Tribunale Bari, sez. III, 27 giugno 2012, n. 2359 in Giurisprudenzabarese.it 2013; Cass. civile, sez. III, 09 agosto 2007, n. 17469; Cass. civile, sez. III, 26 giugno 2007, n. 14764; Cass. civile, sez. III, 23 settembre 2004, n. 19126; Cass. civile, sez. lav., 18 ottobre 2002, n. 14818).

4.2. Ciò chiarito, nel caso di specie le spese del procedimento monitorio devono essere fatte gravare sulle parti attrici opponenti nella misura del 50%, in quanto il decreto ingiuntivo opposto è stato richiesto ed ottenuto per una somma di Euro 222.400,99, a fronte di un credito in favore della parte convenuta opposta accertato in Euro 117.051,14.

Pertanto, le parti attrici opponenti devono essere dichiarate tenute e condannate, in via solidale tra loro, a rimborsare alla parte convenuta opposta il 50% delle spese del procedimento monitorio, liquidate in Euro 2.135,00 per compensi ed Euro 406,00 per spese, oltre IVA e CPA e, così, a pagare la somma di Euro 1.067,50 per compensi ed Euro 203,00 per spese, oltre IVA e CPA, nonché il 50% delle spese di registrazione del decreto ingiuntivo e successive occorrende.

4.3. Per la medesima ragione e tenuto conto della sostanziale soccombenza reciproca delle parti, le spese processuali del presente giudizio di opposizione devono essere integralmente compensate tra le parti, ai sensi dell’art. 92, 2° comma. c.p.c. .

Invero, secondo l’orientamento più recente della Cassazione, meritevole di essere condiviso, “la nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92, comma 2, c.p.c.), sottende - anche in relazione al principio di causalità - una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti ovvero anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri ovvero quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo” (cfr. in tal senso: Cass. civile, sez. III, 21 ottobre 2009, n. 22381 in Giust. civ. Mass. 2009, 10, 1479).

4.4. Analogamente, le spese di CTU, già liquidate dal Giudice Istruttore con separato Decreto datato 14/06/2017, devono essere poste definitivamente a carico delle parti in eguale misura.

Invero, secondo l’orientamento della Cassazione, meritevole di essere condiviso:

§ “Compensando le spese processuali, il giudice può ripartire le spese della consulenza tecnica d’ufficio in quote uguali tra la parte soccombente e la parte totalmente vittoriosa, senza violare, in tal modo, il divieto di condanna di quest’ultima alle spese di lite, atteso che la compensazione non implica condanna, ma solo esclusione del rimborso, e, altresì, che la consulenza tecnica d’ufficio, quale ausilio fornito al giudice da un collaboratore esterno, anziché mezzo di prova in senso proprio, è un atto compiuto nell’interesse generale della giustizia e, dunque, nell’interesse comune delle parti” (cfr. in tal senso: Cass. civile, sez. III, 17 gennaio 2013, n. 1023 in Giust. civ. Mass. 2013).

§ “Il giudice di merito, nell’ambito di una pronuncia di compensazione delle spese, può legittimamente disporre la ripartizione per quote uguali delle spese di consulenza tecnica d’ufficio fra la parte soccombente e la parte totalmente vittoriosa. Non risulta, difatti, in tal modo violato il divieto di condanna di quest’ultima alle spese (art. 91 c.p.c.), dato che la compensazione delle spese processuali - nella quale si risolve anche il provvedimento con cui il giudice, chiudendo il giudizio davanti a sé, disponga la ripartizione nei modi anzidetti delle spese in favore del consulente tecnico d’ufficio - è soltanto esclusione del rimborso, e dunque negazione della condanna: e ciò tanto più ove si consideri che la consulenza tecnica d’ufficio è strutturata, nel processo civile, essenzialmente quale ausilio fornito al giudice da un suo collaboratore esterno all’ordine giudiziario, piuttosto che quale mezzo di prova in senso proprio, costituendo, dunque, un atto necessario del processo che l’ausiliare compie nell’interesse generale della giustizia e, correlativamente, nell’interesse comune delle parti” (cfr. in tal senso: Cass. civile, sez. I, 08 settembre 2005, n. 17953 in Giust. civ. Mass. 2005, 7/8 ).

 

P.Q.M.

Il TRIBUNALE DI TORINO, Prima Sezione Civile, in composizione monocratica, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, definitivamente pronunziando, nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo iscritta al n. 10066/2016 R.G. promossa dalla società I. S.N.C. di E. Gianpiero e B. Mario, in persona del legale rappresentante pro tempore sig. B. Mario, nonché i signori B. Mario e E. Gianpiero, in proprio e in qualità di fideiussori (parti attrici opponenti) contro la società UNICREDIT S.P.A., e, per essa, doBank S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore (parte convenuta opposta), nel contraddittorio delle parti:

1) Rigetta la seguente eccezione e la relativa domanda proposta dalle parti attrici opponenti:

“in via preliminare, nella qualità di Giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, nell’esercizio della propria competenza funzionale ed inderogabile sull’opposizione, altresì ACCERTATA la ricorrenza nella fattispecie in esame del rapporto di continenza tra cause, DICHIARARE l’incompetenza del giudice che ha emesso il decreto e conseguentemente la nullità del Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso dal Tribunale di Torino n. 2554/2016 del 15/03/2016 - R.G. n. 6177/2016 - Rep. n. 3356/2016 del 15/03/2016 - formula esecutiva apposta il 22/03/2016 – notificato in data 30/03/2016, ovvero a rimettere la causa al primo Giudice preventivamente adito in sede di cognizione ordinaria.”

2) Accerta e dichiara che è sceso il giudicato per mancata opposizione quanto alla complessiva somma di Euro 124.159,24 (oltre accessori di legge dall’1.1.2016 al soddisfo), di cui:

·         Euro 60.000,00, a titolo di saldo debitore del rapporto di conto corrente anticipi n. 103419813;

·         Euro 64.159,24, a titolo di residuo impagato rapporto di mutuo-chirografario n. 3929447.

3) Accerta e dichiara che l’esatto rapporto dare-avere tra la società I. S.N.C. di E. Gianpiero e B. Mario e la banca UNICREDIT S.P.A., con riferimento al conto corrente ordinario n. 40110181, determina un credito a favore della società attrice opponente pari ad Euro 7.108,10=.

4) Revoca il decreto ingiuntivo opposto del Tribunale di Torino n. 2554/2016, datato 14.03.2016, depositato in data 15.03.2016.

5) Accertato un credito della parte convenuta opposta di Euro 124.159,24 (di cui Euro 60.000,00, a titolo di saldo debitore del rapporto di conto corrente anticipi n. 103419813 ed Euro 64.159,24, a titolo di residuo impagato rapporto di mutuo-chirografario n. 3929447) ed un credito della parte attrice opponente società I. S.N.C. di E. Gianpiero e B. Mario di Euro 7.108,10, dichiara tenute e condanna le parti attrici opponenti società I. S.N.C. di E. Gianpiero e B. Mario, in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. B. Mario e sig. E. Gianpiero, in via solidale tra loro, a pagare alla parte convenuta opposta la complessiva somma di Euro 117.051,14, pari alla differenza tra le predette somme di Euro 124.159,24 e di Euro 7.108,10, oltre interessi dal dovuto fino al saldo.

6) Rigetta tutte le altre domande ed eccezioni proposte dalle parti.

7) Dichiara tenute e condanna le parti attrici opponenti società I. S.N.C. di E. Gianpiero e B. Mario, in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. B. Mario e sig. E. Gianpiero, in via solidale tra loro, a pagare alla parte convenuta opposta il 50% delle spese del procedimento monitorio (liquidate in Euro 2.135,00 per compensi ed Euro 406,00 per spese, oltre IVA e CPA) e, così, a pagare la somma di Euro 1.067,50 per compensi ed Euro 203,00 per spese, oltre IVA e CPA, nonché il 50% delle spese di registrazione del decreto ingiuntivo e successive occorrende.

8) Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali del presente giudizio di opposizione.

9) Pone le spese di CTU, già liquidate dal Giudice Istruttore con separato Decreto datato 14/06/2017, a carico delle parti attrici opponenti, nella misura del 50% (in via solidale tra loro) ed a carico della parte convenuta opposta, nella misura del restante 50%.

Si precisa che, in relazione ad eventuali dati sensibili contenuti nel provvedimento, in caso di riproduzione del provvedimento non andrà riportata l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi  della/e parte/i cui i dati sensibili si riferiscono  nei termini di cui alle Linee Guida del Garante per la Privacy .

Così deciso in Torino, in data 10 ottobre 2018.

IL GIUDICE

Dott. Edoardo DI CAPUA