Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1381 - pubb. 10/11/2008

Chiamata in causa del terzo ed estensione automatica della domanda

Tribunale Piacenza, 22 Ottobre 2008. Est. Morlini.


Processo civile – Chiamata in causa del convenuto – Estensione al chiamato della domanda attorea – Condizioni.

Responsabilità da cose in custodia – Caso fortuito – Esclusione del nesso di causalità.

Responsabilità da cose in custodia – Bene di proprietà pubblica – Appalto – Responsabilità della pubblica amministrazione – Sussistenza.



Si ha automatica estensione della domanda attorea anche al terzo chiamato dal convenuto, laddove egli sia evocato in giudizio non già al fine di far valere nei suoi confronti un rapporto di garanzia avente una causa petendi diversa da quella dedotta dall’attore, ma al fine di ottenere la propria liberazione e l’individuazione del chiamato quale unico e diretto responsabile, sicché la chiamata assolve il compito di supplire al difetto di citazione in giudizio da parte dell’attore del soggetto indicato dal convenuto come obbligato in sua vece, con la conseguenza che si ha estensione automatica dell’originaria domanda attorea, stante l’unicità del rapporto e la situazione di garanzia cd. propria. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)

L’art. 2051 c.c. configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, ed il caso fortuito previsto dalla norma esclude lo stesso nesso causale, non già la colpa del custode. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)

Allorquando, il bene di proprietà pubblica sia stato appaltato ad un terzo, la responsabilità custodiale ex art. 2051 c.c. non ricade solo sul terzo, ma persiste anche in capo alla PA laddove il potere di ingerenza, gestione ed intervento, non ne resti precluso, non essendovi stato il totale trasferimento del potere di fatto sulla res e risultando invece solo in parte trasferito a terzi il potere di fatto sulla cosa, atteso che in tal caso l’ente proprietario deve sull’opera continuare ad esercitare la opportuna vigilanza ed i necessari controlli. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)


 


omissis

Sent. Ex art. 281 sexies

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Promuovendo la presente controversia, C.G. e B.M., quali genitori esercenti la potestà genitoriale sulla minore Carboni Letizia, convenivano in giudizio la B.B. associazione sportiva.

Esponevano che la propria figlia, in data 22/1/1999, all’intero del palasport di C. e poco prima di intraprendere un corso di arti marziali e di raggiungere la stanza ove esso si sarebbe tenuto, era stata colpita da una porta di calcetto, sistemata in modo pericolante e rovinatale addosso. In ragione di tale narrativa, evocavano in giudizio l’associazione sportiva organizzatrice del corso, chiedendo il ristoro dei danni non patrimoniali e patrimoniali subiti.

Costituendosi in giudizio, la B.B. negava ogni responsabilità, sul presupposto che il sinistro era avvenuto in una zona di passaggio percorsa dai ragazzi prima di raggiungere il locale destinato alla lezione di arti marziali; che detta lezione, al momento del sinistro, doveva ancora iniziare; che la società non aveva mai utilizzato la porta di calcetto, della quale non aveva la custodia; che pertanto, ogni responsabilità non poteva che essere addebitata al Comune, quale proprietario dell’immobile.

In ragione di tali motivi, domandava ed otteneva la chiamata in causa del Comune di C..

Ritualmente costituto, anche il Comune negava ogni addebito, ritenendo responsabile del sinistro la H. School, società alla quale aveva appaltato la gestione del Palazzetto dello sport; per tale motivo, domandava ed otteneva la chiamata in causa di tale società.

Con comparsa regolarmente depositata, anche la H. School resisteva, deducendo in rito la nullità della notifica e nel merito l’insussistenza di una propria responsabilità.

La causa veniva istruita con le deposizioni di tutti i testi indotti dalle parti, nonché con una CTU affidata al dott. M..

MOTIVI DELLA DECISIONE

a) E’del tutto inconsistente l’eccezione di nullità della notifica sollevata dalla difesa della H. School, sul presupposto che detta notifica sarebbe stata effettuata ad un indirizzo erroneo.

In proposito, basta osservare che, indipendentemente da ogni valutazione sulla fondatezza del merito dell’eccezione, l’atto censurato ha comunque pienamente raggiunto lo scopo ai sensi dell’art. 156 comma 3 c.p.c., atteso che la convenuta è stata in grado di tempestivamente costituirsi in giudizio spiegando rituale difesa, e pertanto nessuna nullità può essere pronunciata sulla base del chiaro disposto della norma citata.

b) Prima di affrontare il merito della vicenda, va preliminarmente osservato che la domanda attorea, inizialmente proposta nei confronti dell’unico convenuto B.B., deve intendersi estesa anche verso i terzi chiamati Comune di C. e H. School.

Invero, per un verso, l’attore ha espressamente esteso la domanda verso i terzi chiamati prima dello spirare delle preclusioni assertive, ed in particolare con la prima memoria ex art. 183 comma 5 c.p.c. ratione temporis vigente, ritualmente depositata il 31/7/2001.

Per altro verso e comunque, e l’argomento è dirimente, va osservato che i terzi Comune di C. ed H. School, sono stati evocati in giudizio ad opera degli iniziali convenuti non già al fine di far valere nei loro confronti un rapporto di garanzia avente una causa petendi diversa da quella dedotta dall’attore; ma al fine di ottenere la propria liberazione e l’individuazione del chiamato quale unico e diretto responsabile, sicché la chiamata assolve il compito di supplire al difetto di citazione in giudizio da parte dell’attore del soggetto indicato dal convenuto come obbligato in sua vece, con la conseguenza che si ha estensione automatica dell’originaria domanda attorea, stante l’unicità del rapporto e la situazione di garanzia cd. propria (Cass. n. 1748/2005, Cass. n. 2471/2000).

c) Va invece accolta l’eccezione di incapacità a testimoniare del teste G., formulata all’udienza di escussione del 14/7/2003 e reiterata alla successiva udienza del 17/11/2003 sotto il profilo della nullità della deposizione, eccezione relativamente alla quale G.I. allora procedente si era riservato di decidere in sentenza.

In proposito, si osserva come sia pacifico che il teste fosse all’epoca dei fatti legale rappresentante della H. School, e come tale sia quindi portatore di un interesse che può legittimare la partecipazione al presente giudizio ex art. 246 c.p.c.

d) Venendo al merito, si osserva come l’istruttoria esperita abbia acclarato che l’infortunio per cui è causa è avvenuto per la caduta, addosso alla piccola Letizia, di una porta di calcetto semplicemente appoggiata al muro e non fissata a terra (testi D. B. R. P.); che l’infortunio è avvenuto in un momento in cui il corso di karate non era ancora iniziato e quando Letizia non aveva ancora raggiunto la stanza adibita a tale corso (testi D. e B.); che il giorno dopo l’infortunio la porta di calcetto è stata sostituita da un’altra porta fissata al suolo (cfr. deposizione testi B. e P., nonché fotografie allegate al fascicolo di parte B.B.).

Ciò posto, ritiene il Giudice come non sia fondata la domanda rassegnata nei confronti della convenuta B.B., chiamata a rispondere per pretesi obblighi di custodia dei locali e sorveglianza dei ragazzi (cfr. pag. 3 citazione).

Invero, per un verso non risulta applicabile l’art. 2048 c.c. in tema di responsabilità dei maestri, atteso che la norma prevede una responsabilità per i danni cagionati a terzi dai propri allievi (per tutte, cfr. ex pluribus Cass. n. 10030/2006 e Cass. n. 12966/2005), mentre non vi è prova di quanto dedotto dalla difesa della H. School, id est che la caduta della porta sia ascrivibile ad un comportamento di un allievo dell’associazione B.B.; e ciò tanto più se si riflette sul fatto che l’infortunio è accaduto al di fuori del luogo in cui la lezione doveva svolgersi ed ancora prima del suo inizio.

Per altro verso, inapplicabile appare anche l’art. 2051 c.c., non potendosi configurare in capo alla B.B. il necessario presupposto della custodia del locale ove si è verificato il sinistro, atteso che è pacifico come il Palasport sia di proprietà del Comune di C. e come la sua gestione sia stata appaltata alla H. School sin dal 4/1/1999 (cfr. contratto allegato al fascicolo di parte del Comune di C.); ed atteso comunque che la B.B. svolgeva la propria attività in un locale del Palasport diverso da quello in cui il sinistro si è verificato.

Fondata è invece, ex art. 2051 c.c., la domanda attorea nei confronti del Comune di C., proprietario del Palazzetto dello sport, e della H. School, gestore della struttura.

Sul punto, non è revocabile in dubbio che, allorquando, il bene di proprietà pubblica sia stato appaltato ad un terzo, la responsabilità custodiale non ricade solo sul terzo, ma persiste anche in capo alla PA laddove, così come pacificamente accade nel caso di specie, il potere di ingerenza, gestione ed intervento, non ne resti precluso, non essendovi stato il totale trasferimento del potere di fatto sulla res e risultando invece solo in parte trasferito a terzi il potere di fatto sulla cosa, atteso che in tal caso l’ente proprietario deve sull’opera continuare ad esercitare la opportuna vigilanza ed i necessari controlli (cfr. Cass. n. 20825/2006, Cass. n. 15383/2006, Cass. n. 6515/2004, Cass. n. 2963/1999, Cass. n. 11855/1998, Cass. n. 5539/1997 e Cass. n. 5007/1996, relative alla speculare tematica della responsabilità della PA per sinistri su strada pubblica, anche nel caso di lavori di manutenzione affidati a terzi).

Ciò posto, atteso che non si dubita del fatto che l’incidente per cui è causa è stato cagionato dalla caduta della porta di calcetto, per i motivi sopra indicati da intendersi in custodia dei terzi chiamati; che la responsabilità ex art. 2051 c.c. è oggettiva (cfr. in particolare Cass. n. 15383/2006, che confuta convincentemente la tesi di Cass. n. 3651/2006, la quale aveva parlato di responsabilità colposa aggravata dall’inversione dell’onere della prova; nella più recente giurisprudenza, cfr. anche Cass. n 21684/2005, Cass. n. 376/2005, Cass. n. 5236/2004, Cass. n. 10641/2002); che l’unica possibilità per il custode di sfuggire a tale responsabilità è la dimostrazione del caso fortuito, ciò che esclude lo stesso nesso causale, non già la mera colpa del custode; che nel caso di specie la sussistenza di tale fortuito non solo non è stata provata, ma nemmeno dedotta; che anzi, vi è addirittura un chiarissimo profilo di colpa dei custodi, che hanno mantenuto una pesante porta in ferro di calcetto non infissa sul terreno ma appoggiata al muro, provvedendo alla sostituzione di tale porta con una infissa sul terreno solo il giorno dopo il sinistro; per tali motivi, non è revocabile il dubbio l’addebitabilità del sinistro ai terzi chiamati e la conseguente loro responsabilità risarcitoria.

e) Con riferimento poi al quantum di tale risarcimento, ha chiarito il CTU, con motivazione convincente e pienamente condivisibile, sul punto nemmeno contestata dalle parti, dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza ai documenti agli atti ed allo stato di fatto analizzato, che la piccola Letizia ha subito un danno biologico permanente del 2,5%, una ITT di giorni 10, una ITP al 75% di giorni 15, una ITP al 25% di giorni 24 (cfr. pag. 4 perizia).

Pertanto, sulla base dei parametri liquidatori cd. del Tribunale di Milano, che qui si intendono applicare in quanto condivisibili ed adeguati, tenuto conto di un’età di 10 anni al momento del sinistro, spetta alla ricorrente un complessivo risarcimento per danno biologico di € 4.709,07 (ed in particolare, € 2.825,00 per danno biologico permanente; sulla base teorica di euro 69,14 giornaliere per ITT, € 691,40 per ITT, € 777,83 per ITP al 75%, € 414,84 per ITP al 25%). Circa il danno morale, stimasi equo, sempre sulla base delle tabelle cd. del Tribunale di Milano, accordare un risarcimento pari ad un terzo (e quindi sostanzialmente mediano tra il mezzo ed il quarto indicati) del complessivo danno biologico, per un totale quindi di € 1.569,69.

Il complessivo danno non patrimoniale è pari allora ad € 6.278,76. A tale somma vanno aggiunti € 161,13 per danno patrimoniale, e cioè l’ammontare delle spese mediche che il CTU ha ritenuto realmente necessarie e direttamente sostenute da parte attrice.

Sulla complessiva somma capitale di € 6.439,89, che integra all’evidenza un debito di valore in quanto posta risarcitoria, così come da domanda ed in base ai principi generali, vanno riconosciuti, secondo la pacifica giurisprudenza, rivalutazione ed interessi sulla somma stessa via via rivalutata, dalla data del fatto, id est il 22/1/1999, al saldo.

f) Circa le spese di lite, occorre distinguere i rapporti processuali.

Nei rapporti tra parte attrice e B.B., nonostante la soccombenza di parte attrice, stima equo il Giudice compensare comunque le spese, rinvenendosi i “giusti motivi” di cui all’art. 92 comma 2 c.p.c. nell’esigenza di non penalizzare la parte più debole del rapporto, e cioè la difesa di una bimba di 10 anni che ha senza colpa subito un danno alla salute, pur se non ha in prima battuta correttamente individuato il responsabile di tale danno.

Relativamente invece al rapporto processuale tra l’attore ed i terzi chiamati, non vi sono invece motivi per derogare ai principi generali codificati dall’art. 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo previa riparametrazione degli onorari indicati in nota, sono quindi poste a carico dei soccombenti terzi chiamati, in solido tra loro, ed a favore della vittoriosa parte attrice.

Per gli stessi principi in tema di soccombenza, anche le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con separato decreto 19/10/2004, sono definitivamente poste a carico dei terzi chiamati in solido tra loro.

Si dà atto che il presente fascicolo è per la prima volta pervenuto a questo Giudice, a seguito del suo trasferimento al Tribunale di Piacenza nominato Istruttore il 11/6/2008 di un migliaio di fascicoli tutti già calendarizzati, all’udienza del 21/10/2008, ed in tale udienza è stato deciso con sentenza contestuale ex art. 281 sexies c.p.c.

P.Q.M.

il Tribunale di Piacenza in composizione monocratica

definitivamente pronunciando sulla causa proposta da C.G. e B.M. quali esercenti la potestà genitoriale su C.L., nei confronti di B.B. associazione sportiva, con la chiamata in causa di Comune di C. e H. School

nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa

·                  dichiara tenuti e condanna il Comune di C. e la H. School, in solido tra loro, a pagare a C.G. e B.M. quali esercenti la potestà genitoriale su C.L. € 6.439,89, oltre interessi sulla somma via via rivalutata dal 22/1/1999 al saldo;

·                  dichiara tenuti e condanna il Comune di C. e la H. School, in solido tra loro, a rifondere a C.G. e Bertoli Mariarosa quali esercenti la potestà genitoriale su C.L., le spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 1.792,45 per diritti, € 2.500,00 per onorari, € 265,65 per rimborsi, oltre IVA, CPA ed art. 14 TP;

·                  compensa tra C.G. e B.M. quali esercenti la potestà genitoriale su C.L. e B.B. le spese di lite del presente giudizio;

·                  pone definitivamente a carico di Comune di C. e H. School, in solido tra loro, le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con separato decreto 19/10/2004.

Piacenza, 22/10/2008


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