Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24546 - pubb. 24/11/2020

Azione revocatoria promossa dal creditore titolare di ipoteca sul bene oggetto dell’atto dispositivo

Cassazione civile, sez. III, 22 Giugno 2020, n. 12121. Pres. Uliana Armano. Est. Giaime Guizzi.


Azione revocatoria ordinaria – Creditore ipotecario – Attore in revocatoria – Atto dispositivo avente ad oggetto il bene ipotecato – Sussistenza eventus damni – Esclusione



In materia di mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. promossa del creditore titolare del diritto di ipoteca sui beni oggetto dell’atto di disposizione, si palesa come mezzo eccedente lo scopo, dal momento che la conformazione stessa del diritto reale di garanzia esclude il pericolo di infruttuosità dell’esecuzione nel quale si identifica il c.d. “eventus damni”. (Nel caso concreto, la revocatoria ha ad oggetto un atto costitutivo di un fondo patrimoniale). (Benedetta Bonfanti) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



Segnalazione di Benedetta Bonfanti


Fatto

1. N.G. e B.F. ricorrono, sulla base di cinque motivi, per la cassazione della sentenza n. 1384/16, del 27 maggio 2016, della Corte di Appello di Torino, che - rigettando il gravame da essi esperito contro la sentenza n. 231/14, del 28 marzo 2014, del Tribunale di Asti - ha confermato l'accoglimento dell'azione ex art. 2901 c.c., esperita dalla Cassa di Risparmio di Asti S.p.a. (d'ora in poi, "Cassa di Risparmio"), dichiarando l'inefficacia, nei confronti della stessa, dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale del 15 novembre 2011, posto in essere dagli odierni ricorrenti.

2. Riferiscono, in punto di fatto, il N. e la B. che la predetta Cassa di Risparmio, sul presupposto di essere loro creditrice, in forza di decreto ingiuntivo, non opposto, reso il 18 febbraio 2012 dal Tribunale di Asti, agiva nei loro confronti ai sensi dell'art. 2901 c.c..

In particolare, l'azione revocatoria era finalizzata ad ottenere la declaratoria di inefficacia del fondo patrimoniale, costituito a mezzo rogito notarile del 15 novembre 2011, asseritamente destinato secondo l'attrice - a far fronte ai bisogni della famiglia, pur non essendoci figli minori, conferendovi la piena proprietà, ciascuno per il 50% dell'intero, di tutti i beni immobili ad essi appartenenti (tre appartamenti, con connessi diritti sulle parti condominiali degli edifici in cui gli stessi risultano allocati).

L'azione proposta veniva accolta dal Tribunale astigiano, con decisione confermata dalla Corte di Appello di Torino, che rigettava il gravame proposto dal N. e dalla B..

3. Avverso tale ultima decisione hanno proposto ricorso per cassazione il N. e la B., sulla base di cinque motivi.

3.1. Con il primo motivo - proposto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) - si ipotizza violazione e falsa applicazione dell'art. 2901 c.c..

Sul presupposto che la Cassa di risparmio - vantando un credito derivante da una fideiussione rilasciata dagli odierni ricorrenti, in data 18 luglio 2005, a garanzia delle obbligazioni di una società gestita dal N. - si è detta creditrice in forza di un provvedimento monitorio rilasciato posteriormente alla costituzione del fondo patrimoniale, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per aver valutato l'elemento soggettivo dell'azione revocatoria alla stregua della mera "scientia damni".

Infatti, poichè il credito "de quo" deriva da un provvedimento giurisdizionale reso il 18 febbraio 2012, e pertanto successivo al compimento dell'atto dispositivo oggetto dell'azione ex art. 2901 c.c., ai fini dell'accoglimento della "actio pauliana" non era sufficiente dimostrare la consapevolezza di recare pregiudizio alle ragioni del creditore, occorrendo, invece, la prova della dolosa preordinazione dell'atto dispositivo a pregiudicare il soddisfacimento del credito.

3.2. Il secondo motivo - sempre proposto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) - ipotizza, del pari, violazione e falsa applicazione dell'art. 2901 c.c., sebbene in relazione alla ritenuta sussistenza di un pregiudizio per le ragioni del creditore.

Si censura la sentenza impugnata per aver valutato in termini astratti ed ipotetici, anzichè in concreto, l'effettiva natura pregiudizievole dell'atto dispositivo, omettendo di considerare le due ipoteche, già gravanti sugli immobili conferiti in fondo patrimoniale in favore dello stesso istituto di credito attore in revocatoria, ciò che avrebbe dovuto indurre il giudice di appello a chiedersi se il credito a tutela del quale la Cassa di risparmio aveva agito potesse trovare almeno parziale soddisfazione dall'espropriazione forzata dei beni conferiti nel fondo patrimoniale.

3.3. Il terzo motivo - sempre proposto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) - ipotizza violazione e falsa applicazione degli artt. 2727,2729 e 2697 c.c., nonchè dell'art. 2901 c.c., in relazione alla ritenuta sussistenza della consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore, per avere la Corte di Appello affermato la sussistenza dell'elemento soggettivo sulla base di un'unica presunzione, priva dei requisiti di gravità precisione e concordanza, nonchè contraddetta da altri fatti accertati in causa, omettendo, in particolare, di effettuare un giudizio di sintesi tra i vari elementi acquisiti in giudizio.

Fermo restando quanto oggetto del secondo motivo di ricorso, ovvero la deduzione che l'onere probatorio, a carico dell'attrice in revocatoria, risultava ben più gravoso, avendo ad oggetto - secondo i ricorrenti - non la mera "scientia damni", si censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che la prova del presupposto soggettivo della revocatoria potesse desumersi dal solo fatto che la costituzione del fondo patrimoniale avesse preceduto, di pochi mesi, la revoca degli affidamenti alla società debitrice principale, gestita dal N..

Siffatto elemento presuntivo, peraltro unico, sarebbe privo, innanzitutto, dei requisiti della gravità e della concordanza. Esso, inoltre, sarebbe stato valutato senza metterlo a confronto con un fatto, certo, noto e pacifico, oltre che documentalmente dimostrato, privo di qualunque concordanza con la predetta presunzione, ovvero l'esistenza sui beni immobili, oggetto del fondo, di due iscrizioni ipotecarie.

3.4. Il quarto motivo - proposto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) - insiste, nuovamente, sulla circostanza da ultimo indicata, lamentando la mancata considerazione della circostanza dell'iscrizione delle due ipoteche volontarie, ciò di cui la Corte d'Appello avrebbe dovuto tenere conto nell'ambito della valutazione dello stato soggettivo dei due debitori.

3.5. Il quinto motivo - proposto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) - ipotizza violazione e falsa applicazione degli artt. 2727,2729 e 2697 c.c., nonchè dell'art. 2901 c.c., in relazione alla ritenuta sussistenza, in capo alla B., della consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore. Si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto sussistente la "scientia damni" anche in capo alla B., sebbene estranea alla società debitrice e, quindi, ignara della situazione patrimoniale, reddituale e finanziaria della stessa, dando rilievo, in questa prospettiva, unicamente al rapporto di coniugio con il N..

4. La Cassa di Risparmio ha resistito, con controricorso, all'avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità, ovvero, in subordine, di infondatezza.

L'inammissibilità del ricorso è argomentata ai sensi dell'art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1), essendosi la Corte di Appello conformata ai principi enunciati da questa Corte in materia di azione revocatoria.

Quanto ai singoli motivi, si sottolinea, in particolare, come il primo sia infondato, in considerazione del fatto che il credito di cui essa controricorrente risulta titolare non può certo dirsi sorto con il decreto ingiuntivo, avendo il provvedimento funzione meramente ricognitiva del diritto nascente dal contratto di fideiussione. Diversamente opinando, del resto, si finirebbe col dare rilievo alla esigibilità del credito, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte in materia di azione revocatoria.

Corretto, inoltre, sarebbe il ragionamento presuntivo compiuto dalla Corte torinese, ai fini della dimostrazione della "scientia damni", giacchè essa non avrebbe valorizzato unicamente la circostanza temporale, relativa alla costituzione del fondo patrimoniale pochi mesi dopo la revoca degli affidamenti alla società debitrice, ma anche il fatto che il fondo risultava istituito in assenza di figli, e dopo quarant'anni di vita coniugale.

5. Già fissata adunanza camerale del 7 febbraio 2019 per la trattazione del presente ricorso, l'esame dello stesso veniva rinviato in pubblica udienza, dato il rilievo nomofilattico della questione relativa alla sussistenza del cd. "eventus damni", allorchè il creditore che abbia esperito l'azione revocatoria risulti titolare di diritto di ipoteca su bene oggetto dell'atto dispositivo del quale sia chiesta la declaratoria di inefficacia.

6. Entrambe le parti hanno presentato memoria, ex art. 378 c.p.c., insistendo nelle rispettive argomentazioni.

 

Diritto

7. Il ricorso è fondato, limitatamente al secondo motivo.

7.1. Il primo motivo, infatti, non è fondato.

7.1.1. Esso, come evidenziato in premessa, censura la sentenza impugnata per aver valutato l'elemento soggettivo dell'azione revocatoria alla stregua della mera "scientia damni", quantunque il credito - a tutela del quale la cd. "actio pauliana" è stata esperita - "derivi" da un provvedimento giurisdizionale reso il 18 febbraio 2012, e pertanto successivo al compimento dell'atto dispositivo "revocando".

7.1.2. La censura, tuttavia, non è fondata.

7.1.2.1. Al riguardo, infatti, va innanzitutto evidenziato che la Cassa di Risparmio ha agito verso i ricorrenti, ex art. 2901 c.c., sul presupposto di una fideiussione dagli stessi prestata prima della costituzione del fondo patrimoniale. Sul punto, pertanto, va data continuità al principio secondo cui, "con riguardo alla posizione del fideiussore (...) l'acquisto della qualità del debitore nei confronti del creditore risale al momento della nascita stessa del credito (e non anche a quello della scadenza dell'obbligazione del debitore principale), sì che è a tale momento che occorre far riferimento al fine di stabilire se l'atto pregiudizievole (nella specie, costituzione di un fondo patrimoniale) sia anteriore o successivo al sorgere del credito, onde predicare, conseguentemente, la necessità o meno della prova della cd. "dolosa preordinazione"" (Cass. Sez. 3, sent. 22 gennaio 1999, n. 591, Rv. 522540-01; Cass. Sez. 3, sent. 15 febbraio 2011, n. 3676, Rv. 616596- 01; Cass. Sez. 6-3, ord. 9 ottobre 2015, n. 20376, Rv. 637463-01).

In questa prospettiva, dunque, ciò che conta è il fatto che la pretesa creditoria, a tutela del quale l'azione ex art. 2901 c.c., risulta esperita, abbia trovato titolo nel contratto di fideiussione, anteriore, come detto, all'istituzione del fondo patrimoniale.

Da ciò consegue, dunque, l'applicazione della "regula iuris" secondo cui, in caso di "revocatoria ordinaria nei confronti di fondo patrimoniale costituito successivamente all'assunzione del debito, è sufficiente, ai fini della cd. "scientia damni", la semplice consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, ovvero la previsione di un mero danno potenziale, rimanendo, invece, irrilevanti tanto l'intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, quanto la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo" (Cass. Sez. 3, ord. 30 giugno 2015, n. 13343, Rv. 635807-01).

7.1.2.2. D'altra parte, poi, del tutto irrilevante è la circostanza che il credito della Cassa di Risparmio abbia trovato riconoscimento in un decreto ingiuntivo, emesso dopo la costituzione del fondo patrimoniale.

Se è vero, infatti, che quello ex art. 633 c.p.c. - come sostenuto anche dalla prevalente dottrina processualcivilistica - è un procedimento "tendente, con evidenti profili di sommarietà, ad un accertamento con prevalente funzione esecutiva" (Cass. Sez. 1, sent. 18 dicembre 1998, n. 12668, Rv. 521760-01), è da escludere che il decreto ingiuntivo abbia efficacia "costitutiva" del diritto.

Inoltre, poichè "il provvedimento monitorio non opposto si configura come provvedimento giurisdizionale idoneo ad acquistare autorità ed efficacia di cosa giudicata sia sul punto della regolarità formale del titolo, sia, soprattutto, sotto lo speculare aspetto dell'esistenza del credito, e ciò tanto in ordine all'oggetto che ai soggetti del rapporto" (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 28 agosto 2009, n. 18791, Rv. 609687-01), deve ritenersi che il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo comporti - secondo la regola dell'art. 2909 c.c. - che "l'accertamento" in esso contenuto faccia "stato a ogni effetto tra le parti" (oltre che tra i loro eredi o aventi causa), individuando, pertanto, "ora per allora", il titolo della pretesa creditoria.

In tale prospettiva, del resto, questa Corte ha affermato che il "principio secondo cui l'autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono sia pure implicitamente il presupposto logico-giuridico, trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, in mancanza di opposizione o quando quest'ultimo giudizio sia stato dichiarato estinto, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso" (da ultimo, Cass. Sez. 1, ord. 24 settembre 2018, n. 22465, Rv. 650583-01; Cass. Sez. 3, sent. 28 novembre 2017, n. 28318, Rv. 646711-01).

7.2. Il secondo motivo è, invece, fondato, sebbene nei limiti di seguito precisati.

7.2.1. è noto che questa Corte, superando un precedente indirizzo, ha di recente affermato - con ripetuti arresti - che "in tema di azione revocatoria ordinaria, l'esistenza di una ipoteca sul bene oggetto dell'atto dispositivo, ancorchè di entità tale da assorbirne, se fatta valere, l'intero valore, non esclude la connotazione di quell'atto come "eventus damni", atteso che la valutazione tanto della idoneità dell'atto dispositivo a costituire un pregiudizio, quanto della possibile incidenza, sul valore del bene, della causa di prelazione connessa alla ipoteca, va compiuta con riferimento non al momento del compimento dell'atto, ma con giudizio prognostico proiettato verso il futuro, per apprezzare l'eventualità del venir meno, o di un ridimensionamento, della garanzia ipotecaria" (così, da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. 8 agosto 2018, n. 20671, Rv. 650481-01; nello stesso senso anche Cass. Sez. 6-3, ord. 12 marzo 2018, n. 5860, non massimata; Cass. Sez. 3, ord. 25 maggio 2017, n. 13172, Rv. 644304-01; Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640191-01).

Come, infatti, evidenzia la pronuncia di questa Corte all'origine di tale indirizzo, se è vero che "condizione essenziale della tutela revocatoria in favore del creditore è il pregiudizio alle ragioni dello stesso, per la cui configurabilità, peraltro, non è necessario che sussista un danno concreto ed effettivo, essendo, invece, sufficiente un pericolo di danno derivante dall'atto di disposizione, il quale abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale del debitore tale da rendere incerta la esecuzione coattiva del debito o da comprometterne la fruttuosità", deve, allora, riconoscersi che una "situazione di pericolo è tale in relazione alla sua potenzialità cagionatrice di un evento dannoso futuro". Ne consegue, quindi, che "la sua esistenza necessariamente va apprezzata proiettandosi con un giudizio prognostico verso il futuro", donde "non è possibile apprezzarla compiendo una valutazione che si correli al momento dell'atto dispositivo e dunque alla possibile incidenza in quel momento della garanzia ipotecaria esistente ma non ancora fatta valere e della quale dunque non è dato conoscere se e come in futuro inciderà" (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 11892 del 2016, cit.).

Da ultimo, peraltro, si è anche precisato che in caso di azione revocatoria ordinaria introdotta da creditore chirografario, "ove l'atto dispositivo abbia ad oggetto un bene gravato da ipoteca, l'idoneità dello stesso ad integrare l'"eventus damni" va valutata in modo diverso a seconda che l'azione esecutiva sia stata o meno già introdotta", visto che, se nel primo caso, "occorre verificare la concreta possibilità di soddisfazione del creditore chirografario nel potenziale conflitto con quello ipotecario, avuto riguardo all'entità della garanzia reale", nel secondo, invece, "è sufficiente una prognosi futura sul rischio di riduzione della garanzia patrimoniale del medesimo creditore chirografario, legato all'eventualità della cessazione o del ridimensionamento dell'ipoteca" (così, recentissimamente, Cass. Sez. 3, ord. 26 novembre 2019, n. 30736, Rv. 655974-01).

7.2.2. Nondimeno, siffatti principi sono stati enunciati, da questa Corte, sempre e solo con riferimento a casi in cui l'ipoteca risulti costituita a favore di terzi, e non - come in quello presente - in cui sia lo stesso attore in revocatoria a risultare titolare del predetto diritto reale di garanzia.

Si tratta di differenza, invero, decisiva.

Difatti, se l'azione revocatoria ha, certamente, finalità solo cautelare (da ultimo, Cass. Sez. 1, sent. 8 aprile 2003, n. 5455, Rv. 561956-01), presupponendo, quindi, un pregiudizio - come si è sopra illustrato - anche solo "potenziale" alle ragioni del creditore, resta, nondimeno, inteso che essa richiede, pur sempre, che la garanzia patrimoniale generica "si sia ridotta al punto da pregiudicare la realizzazione del diritto del creditore con l'azione espropriativa", e ciò in coerenza con la sua funzione, che è quella di "consentire allo stesso di esercitare sul bene oggetto dell'atto, l'azione esecutiva ai sensi degli artt. 602 c.p.c. e segg., per la realizzazione del credito" (Cass. Sez. 2, sent. 18 febbraio 1991, n. 1691, Rv. 470965-01; in senso conforme Cass. Sez. 1, sent. 19 dicembre 1996, n. 11349, Rv. 501409-01; Cass. Sez. 2, sent. 25 maggio 2001, n. 7127, Rv. 546989-01).

D'altra parte, l'individuazione del cd. "eventus damni" deve avvenire - come messo in luce anche dalla dottrina - secondo modalità che assicurino un,punto di equilibrio tra l'esigenza del creditore di vedere conservata la garanzia patrimoniale generica e la salvaguardia dei diritti di libertà del debitore, in quanto l'azione revocatoria "costituisce uno strumento di forte impatto sull'autonomia privata a tutela delle ragioni creditorie" (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 16 aprile 2008, n. 9970, Rv. 602786-01).

In questa prospettiva, dunque, si è paventato - da parte sempre della dottrina - il rischio di un allargamento a dismisura della nozione di "eventus damni", propendendo per un'ermeneusi che valorizzi il riferimento al "pregiudizio" alle ragioni del creditore (presente nel testo dell'art. 2901 c.c.), dove l'impiego di tale termine starebbe, appunto, ad indicare che il presupposto oggettivo dell'azione revocatoria non si identifica in un semplice effetto sfavorevole per il titolare del diritto di credito, bensì in una "diminuzione", o per meglio dire in una lesione dell'interesse tutelato dalla norma: quello che si identifica nella necessità che rimangano immutate, nonostante l'atto di disposizione, le possibilità di soddisfazione del credito, in relazione ad un'eventuale azione esecutiva sui beni del debitore.

Orbene, in una simile prospettiva, deve ritenersi che, essendo l'ipoteca connotata, tra l'altro, dallo "ius sequalae", non meno che da quello di agire "in executivis" nei confronti del debitore (soddisfacendosi sul ricavato dalla procedura espropriativa con precedenza rispetto ai creditori chirografari), nel caso in cui ad agire a norma dell'art. 2901, sia proprio colui che vede il suo credito assistito da ipoteca sul bene oggetto dell'atto "revocando", la declaratoria di inefficacia dello stesso si palesa come mezzo eccedente lo scopo, visto che la titolarità del diritto di ipoteca esclude quel pericolo di infruttuosità dell'esecuzione, nel quale, pur sempre, si identifica il cd. "eventus damni". (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 17 gennaio 2007, n. 966, Rv. 593742-01; Cass. Sez. 3, sent. 9 marzo 2006, n. 5105, Rv. 588696-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 giugno 2000, n. 7452, Rv. 537235-01).

Il motivo, pertanto, merita accoglimento.

7.3. I motivi terzo e quinto - suscettibili di trattazione congiunta, attenendo, entrambi, al presupposto soggettivo dell'azione revocatoria - non sono fondati.

7.3.1. Sul punto, deve muoversi dalla constatazione che, effettivamente, "qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all'art. 360 c.p.c., n. 3), (e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di cassazione, nell'esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell'art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell'applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta" (Cass. Sez. 3, sent. 4 agosto 2017, n. 19485, Rv. 645496-02; in senso sostanzialmente analogo pure Cass. Sez. 6-5, ord. 5 maggio 2017, n. 10973, Rv. 643968-01; nonchè Cass. Sez. 3, sent. 26 giugno 2008, n. 17535, Rv. 603893-01 e Cass. Sez. 3, sent. 19 agosto 2007, n. 17457, non massimata sul punto).

Nondimeno, sebbene astrattamente ammissibili, i due motivi qui in esame si rivelano non suscettibili di accoglimento.

7.3.2. Invero, il ragionamento presuntivo concernente la "scientia damni", lungi dall'essere fondato - quanto al N. - su un solo elemento, ovvero l'essere la costituzione del fondo di pochi mesi successiva alla revoca degli affidamenti alla società il cui debito era garantito dalla fideiussione, valorizza sia la circostanza che la gestione della società facesse capo proprio al N., sia, soprattutto, che il fondo venne istituito in difetto sia "di esigenze specifiche legate o vicende particolari" dei coniugi N. - B., sia della "presenza di prole".

Si tratta di ragionamento inferenziale del tutto corretto, se è vero che "nella prova per presunzioni non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità" (così, tra le più recenti, in motivazione, Cass. Sez. 1, ord. 26 settembre 2018, n. 23153, Rv. 650931-02), ovvero "che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienza" (Cass. Sez. 2, sent. 31 ottobre 2011, n. 22656, Rv. 619955-01).

Quanto, invece, al fatto che per la B. (estranea, diversamente dal marito, alla predetta compagine sociale), la prova della "scientia damni" sia stata basata esclusivamente sulla sua posizione di coniuge del N., va qui ribadito che, "in tema di presunzioni semplici, gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente più d'uno, ben potendo il giudice fondare il proprio convincimento su uno solo di essi, purchè grave e preciso, dovendo il requisito della "concordanza" ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale, ma non necessario, concorso di più elementi presuntivi" (Cass. Sez. 1, ord. n. 23153 del 2018, Rv. 650931-02, cit.; in senso conforme Cass. Sez. 5, sent. 15 gennaio 2014, n. 656, Rv. 629325-01; Cass. Sez. 5, sent. 29 luglio 2009, n. 17574, Rv. 609153-01).

Conclusione, questa, che corrisponde alla prevalente impostazione dottrinaria, la quale esclude che sia sempre necessaria la pluralità di inferenze presuntive relative allo stesso fatto ignorato, giacchè, se si può formulare una sola presunzione fondata su un solo fatto noto, e questa presunzione è adeguatamente grave e particolarmente precisa, essa può costituire da sola il fondamento probatorio dell'accertamento del fatto ignorato, e ciò perchè, la singola presunzione, quando presenta questi requisiti, costituisce l'equivalente di una prova completa del fatto e quindi può anche prevalere su vere e proprie prove contrarie.

7.4. Il quarto motivo è inammissibile.

7.4.1. Al riguardo va, infatti, segnalato che - essendo stato il gravame, esperito dagli odierni ricorrenti contro la decisione del giudice di prime cure, indirizzato avverso sentenza resa in data 28 marzo 2014 - l'atto di appello risulta, per definizione, proposto con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione posteriormente all'11 settembre 2012.

Orbene, siffatta circostanza determina l'applicazione "ratione temporis" dell'art. 348-ter c.p.c., u.c. (cfr. Cass. Sez. 5, sent. 18 settembre 2014, n. 26860, Rv. 633817-01; in senso conforme, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 9 dicembre 2015, n. 24909, Rv. 638185-01, nonchè Cass. Sez. 6-5, ord. 11 maggio 2018, n. 11439, Rv. 648075-01), norma che preclude, in un caso - qual è quello presente - di cd. "doppia conforme di merito", la proposizione di motivi di ricorso per cassazione formulati ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

8. All'accoglimento del secondo motivo di ricorso segue la cassazione, in relazione, della sentenza impugnata, nonchè il rinvio alla Corte di Appello di Torino perchè decida nel merito, dovendo in particolare accertare - ciò che osta all'adozione, da parte di questa Corte, di una pronuncia ex art. 384 c.p.c., comma 2, u.p. - se il credito assistito da ipoteca sia proprio quello in relazione al quale risulta esperita l'azione revocatoria.

9. Le spese del presente giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigettando il primo, il terzo ed il quinto, e dichiarando inammissibile il quarto, e, per l'effetto, cassa, in relazione, la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.

Così deciso in Roma, all'esito di pubblica udienza della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020.