Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23554 - pubb. 05/05/2020

Diritti quesiti nel fallimento. Cessione dei crediti: efficacia riguardo al debitore ceduto e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale

Cassazione civile, sez. I, 28 Febbraio 2020, n. 5617. Pres. Di Virgilio. Est. Dolmetta.


Insinuazione allo stato passivo – Poteri del giudice – Accertamento d’ufficio della fondatezza della domanda – Onere della prova della sussistenza del proprio diritto da parte del soggetto che propone domanda

Cessione dei crediti – Efficacia riguardo al debitore ceduto – Pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale – Art. 58, comma 4, T.U.B. – Effetto sostitutivo – Produzione degli effetti previsti dall’art. 1264, co. 2, cod. civ.

Cessione dei crediti – Condizioni di applicabilità dell’art. 58, comma 2, T.U.B. – Notizia di una cessione già avvenuta – Contenuto informativo minimo



In tema di insinuazione allo stato passivo non vi è spazio per la formazione di «diritti quesiti», sicché il soggetto che chiede l’ammissione ha l’onere di provare la piena sussistenza di tutte le condizioni richieste per poter partecipare al riparto dell’attivo e, al tempo stesso, il giudice è tenuto ad accertare anche d’ufficio il fondamento giuridico della domanda proposta.

Ai sensi dell’art. 58, co. 4, TUB, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale vale a impedire l’eventualità di pagamenti liberatori nel caso in cui il debitore ceduto, nonostante la sopravvenuta cessione, versi la propria prestazione nelle mani del cedente. Pertanto, la disposizione riveste carattere «sostitutivo» solo rispetto alla notifica della cessione al debitore ceduto o alla sua accettazione, di cui alla norma dell’art. 1264, co. 2, cod. civ.

Il testo della norma dell’art. 58, co. 2, TUB impone un «contenuto informativo minimo», stabilendo che l’iscrizione nel registro delle imprese e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale danno notizia di una cessione avvenuta, senza che tuttavia siano specificati i contorni dei crediti che ne sono oggetto né la reale validità/efficacia dell’operazione posta in essere. (Lucrezia Cipriani) (riproduzione riservata)


Cessione in blocco dei crediti, legittimazione del cessionario e onere della prova

La più aggiornata raccolta di giurisprudenza che indaga sull'onere della prova a carico del cessionario dei crediti ceduti in blocco ai sensi dell'art. 58 TUB (efficacia della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, individuazione dei crediti ceduti, produzione del contratto di cessione, importanza dei relativi allegati, individuazione dei crediti per categorie).



 


Fatti di causa

1.- La s.p.a. UniCredit Credit Management Bank ha presentato domanda di insinuazione al passivo della s.r.l. (*) per "propri crediti" (ricorso, p. 5), come derivanti da un mutuo fondiario e da un finanziamento in chirografo accordati alla società poi fallita dalla s.p.a. Unicredit Corporate Banking.

Dando seguito alla proposta del curatore (che, tra le altre cose, aveva rilevato "la carenza di legittimazione attiva dell'istante in quanto Unicredit Credit Management Bank s.p.a. si insinua quale mandataria di Impresa One s.r.l., omettendo tuttavia di allegare in istanza la necessaria procura"; "la carenza di legittimazione rileva anche in quanto l'istante omette di documentare in istanza l'atto sottostante il passaggio da Unicredit Corporate Banking a Unicredit s.p.a., nonchè l'atto di cessione del credito da Unicredit a Impresa One s.r.l., il contratto di servicing e la procura con la quale Impresa One s.r.l. avrebbe conferito a Unicredit Credit Management Bank s.p.a. l'incarico, in qualità di servicer, di procedere al recupero del credito"), il giudice delegato ha respinto la richiesta, segnalando la "carenza di legittimazione attiva dell'istante in quanto Unicredit Credit Management Bank s.p.a., anche a seguito dell'integrazione documentale omette di produrre l'atto di fusione per incorporazione di Unicredit Corporate Banking s.p.a., originario soggetto mutuante, in Unicredit s.p.a.".

2.- La s.p.a. Unicredit Credit Management Bank, "nella sua qualità di procuratrice mandataria della Impresa One s.r.l", ha allora presentato ricorso in opposizione L. Fall., ex art. 98, avanti al Tribunale di Cagliari.

Con decreto depositato in data 15 aprile 2015, il Tribunale ha respinto l'opposizione, riscontrando: "l'opposizione è infondata non avendo la parte opponente dato piena prova della propria legittimazione attiva".

3.- Ha osservato, in particolare, il decreto che "parte opponente, che pure produce l'atto di fusione, con riferimento alla cessione si è limitata produrre, tanto in sede di verifica quanto nel presente giudizio di opposizione, soltanto la copia dell'avviso di cessione pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (n. 109 del 20 settembre 2011), mentre non ha mai prodotto il contratto di cessione, nonostante tale omessa produzione fosse stata segnalata anche dal curatore nel progetto di stato passivo".

"Gli adempimenti pubblicitari previsti dall'art. 58, commi 2, 3 e 4 TUB" - si è argomentato - "rivestono carattere sostitutivo rispetto alla sola notificazione della cessione al debitore ceduto o alla sua accettazione, di cui alla norma dell'art. 1264 c.c., come si ricava sia dalla formulazione letterale dell'art. 58, comma 4..., sia dalla costante interpretazione sul punto della giurisprudenza di legittimità". Gli stessi, "quindi, si pongono su un piano, quello degli adempimenti pubblicitari, nettamente distinto rispetto alla prova del fatto costitutivo della titolarità del credito", che nel concreto è dunque rimasta sguarnita.

4.- Avverso questo provvedimento ha presentato ricorso per cassazione la s.r.l. Impresa One e "per essa" la s.p.a. Unicredit Credit Management Bank s.p.a., esponendo due motivi.

Il fallimento intimato, già non costituitosi in sede di giudizio di opposizione, non ha svolto difese nel presente giudizio.

 

Ragioni della decisione

5.- Il primo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 24 Cost.; violazione e falsa applicazione degli artt. 101,183 c.p.c. e art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4".

Ad avviso del ricorrente, "il modo di procedere del giudice non può essere condiviso".

"Vero è" - così si illustra - "che spetta al giudicante il potere di ufficio di accertare "l'esistenza del titolo dedotto in giudizio in ogni stato e grado del processo", ma è vero anche che non è consentito al giudice di emettere sentenze "a sorpresa"": "pronunce nelle quali il giudice decide, sulla base di questioni, rilevate d'ufficio e sulle quali tra le parti non c'è stato alcun confronto processuale".

Nei fatti, il giudice delegato aveva rigettato la domanda di insinuazione, fissando come "unico presupposto" la mancata produzione dell'atto di fusione.

6.- Il motivo non merita di essere accolto.

E' infatti onere specifico del soggetto, che chiede di essere ammesso al passivo di un fallimento, dare la prova del proprio diritto sotto tutti i profili in cui lo stesso viene ad articolarsi: la verifica della piena sussistenza di tutte le condizioni richieste per poter partecipare al riparto dell'attivo costituisce, anzi, l'oggetto proprio e diretto di questo processo.

Nè vi è spazio, nell'ambito del complessivo processo di accertamento del passivo, per la formazione di "diritti quesiti", come pare invece ritenere il ricorrente. E' principio ricevuto di questa Corte che il "giudice è tenuto ad accertare, anche di ufficio e indipendentemente dall'attività processuale della parte convenuta, il fondamento giuridico della domanda... in ogni stato e grado del processo" (cfr., tra le tante, Cass., 6 novembre 2013, n. 24972; Cass., 12 novembre 2019, n. 29254).

Per il più specifico rilievo che, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, possono essere introdotte eccezioni non formulate già in sede di verifica si veda, tra le tante, la recente pronuncia di Cass. 6 settembre 2019, n. 22386. Nel caso di specie, peraltro, la questione era già stata specificamente sollevata dal curatore (cfr. sopra, nel secondo capoverso del n. 1): secondo quanto il Tribunale non ha, del resto, mancato di richiamare espressamente (primo capoverso del n. 3).

7.- Il secondo motivo di ricorso è intestato "violazione e falsa applicazione dell'art. 58 TUB, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3".

Secondo il ricorrente, il Tribunale ha errato nel ritenere non sufficiente - per la prova della legittimazione attiva - l'avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

"La prova che l'operazione di cessione fosse stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale deve essere ritenuta del tutto idonea e sufficiente ad attestare la legittimazione in capo alla Banca di far valere una pretesa creditoria... e ciò anche nell'ipotesi in cui non risulti prodotto in giudizio l'atto di cessione". Posto che la "pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale sostituisce la notifica dell'atto" di cessione ovvero "l'accettazione da parte del debitore ceduto", essa non può non svolgere la stessa funzione sostitutiva in punto di legittimazione attiva del credito.

"La produzione degli estratti della Gazzetta Ufficiale deve ritenersi perfettamente idonea e sufficiente" - così si viene ancora a precisare - ad assolvere l'onere probatorio in merito alla titolarità del credito in capo alla Banca ricorrente, non essendo necessario notificare una copia integrale dell'accordo raggiunto fra cedente e cessionario".

8.- Il motivo non è fondato.

Non può essere condivisa - va rilevato prima di ogni altra cosa - la tesi del ricorrente di assegnare all'avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il ruolo di attestare la legittimazione attiva dell'assunto cessionario di crediti in blocco; nè comunque di estendere a tale segno, od omologare, la funzione "sostitutiva" che, in punto di cessione del credito, la norma dell'art. 58, comma 4, dà alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

In realtà, la disposizione dell'art. 58, comma 4 TUB possiede una funzione diversa e di portata ben più modesta. Come dichiara in modo affatto univoco il suo tenore letterale, la pubblicazione interviene - in via di sostituzione - solo in relazione al disposto dell'art. 1264 c.c., comma 2: vale, cioè, unicamente a impedire l'eventualità di pagamenti liberatori, per il caso che il ceduto versi, nonostante la sopravvenuta cessione, la propria prestazione nelle mani del cedente (pur se in limine, è opportuno precisare anche che, nella specie, non risultano indicati gli estremi per un'eventuale applicazione del regime derogatorio della disciplina di diritto comune di cui alla L. 29 maggio 1999, n. 130, ma solo per quello derogatorio di cui all'art. 58, comma 4 TUB).

La sostituzione apportata dalla norma speciale del TUB non incide, dunque, nè sulla disciplina dei conflitti tra cessionari, di cui all'art. 1265 c.c.; nè su quella relativa ai conflitti tra cessionario e creditori del cedente; e nemmeno incide sulla regola dell'art. 1264 c.c., comma 1, come intesa a regolare l'"efficacia della cessione riguardo al debitore ceduto" (sul tema si veda, altresì, la disposizione dell'art. 1248 c.c.).

In definitiva, la norma dell'art. 58, comma 4, si limita a stabilire che la pubblicazione della cessione sulla Gazzetta Ufficiale fissa il giorno a partire dal quale il pagamento fatto nelle mani del cedente comunque non libera il ceduto (cfr. Cass., 25 settembre 2018, n. 22548). Sempre che, naturalmente, una cessione, che venga a riguardare quel particolare credito, sussista effettivamente: la previsione dell'art. 58, comma 4, si applica al caso in cui una cessione rilevante esista, non dimostra che la stessa esiste.

9.- Ciò posto, va adesso osservato che la norma dell'art. 58, comma 2 TUB stabilisce che la "banca cessionaria dà notizia dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana".

Come è agevole constatare dalla lettura di questa disposizione, la pubblicazione sulla Gazzetta, e/o l'iscrizione nel registro, non attengono al perfezionamento della fattispecie traslativa, nè alla produzione del relativo effetto; non hanno valenza costitutiva e neanche di sanatoria di eventuali vizi dell'atto; non fanno parte della documentazione contrattuale inerente appunto alla fattispecie traslativa (per la constatazione dell'estraneità della pubblicazione al perfezionamento della fattispecie traslativa v., di recente, la già citata Cass. n. 22548/2018).

D'altro canto, la disposizione dell'art. 58, comma 2 TUB non chiede altro se non che sia data la "notizia" di un'avvenuta "cessione". La norma viene cioè a fissare - come contenuto minimo essenziale della pubblicazione - l'enunciazione di un "fatto" estremamente ridotto, di mera sintesi.

In questa prospettiva (dell'enunciazione minimale di un mero fatto di cessione), la pubblicazione nella Gazzetta può costituire, al più, elemento indicativo dell'esistenza materiale di un fatto di cessione, come intervenuto tra due soggetti in un dato momento e relativo - in termini generici, se non proprio promiscui - ad "aziende, rami di azienda, beni e rapporti giuridici individuabili in blocco" (art. 58, comma 1 TUB).

Ma di sicuro non dà contezza - in questa sua "minima" struttura informativa - degli specifici e precisi contorni dei crediti che vi sono inclusi ovvero esclusi, nè tanto meno consente di compulsare la reale validità ed efficacia dell'operazione materialmente posta in essere.

E' per contro principio ricevuto della giurisprudenza di questa Corte che colui, che "si afferma successore (a titolo universale o particolare) della parte originaria" ai sensi dell'art. 58 TUB, ha l'onere puntuale di "fornire la prova documentale della propria legittimazione", con documenti idonei a "dimostrare l'incorporazione e l'inclusione del credito oggetto di causa nell'operazione di cessione in blocco" (cfr. così, puntualmente, Cass., 2 marzo 2016, n. 4116).

10.- Il contratto di cessione di crediti in blocco non risulta soggetto a forme sacramentali o comunque particolari al fine specifico della sua validità.

E' noto, peraltro, che si tratta di operazioni di dimensione solitamente ampia e importante, con linee confinarie di crediti inclusi o esclusi spesso molto sottili, quando non frutto di peculiari tecniche aziendali e di analisi di rischio: sì che l'approntamento di un adeguata, chiara e puntuale, documentazione contrattuale, con distribuzione della medesima ai gangli operativi delle imprese interessate discende in via diretta dal principio di "sana e prudente gestione" di cui all'art. 5 TUB. Al di là di quest'ordine di rilievi, va comunque osservato - con diretto e immediato riferimento alla dimostrazione della legittimazione del soggetto istante per la partecipazione al passivo fallimentare - che la norma dell'art. 58, comma 2 TUB, se non impone che un contenuto informativo minimo, consente tuttavia che la comunicazione relativa alla cessione da pubblicare in Gazzetta contenga più diffuse e approfondite notizie.

Con la conseguenza, assunta questa diversa prospettiva, che - qualora il contenuto pubblicato nella Gazzetta indichi, senza lasciare incertezze od ombre di sorta (in relazione, prima di ogni altra cosa, al necessario rispetto del principio di determinatezza dell'oggetto e contenuto contrattuali ex art. 1346 c.c.), sui crediti inclusi/esclusi dall'ambito della cessione - detto contenuto potrebbe anche risultare in concreto idoneo, secondo il "prudente apprezzamento" del giudice del merito, a mostrare la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità di un credito (per questa linea si confronti, in particolare, la pronuncia di Cass., 13 giugno 2019, n. 15884).

11.- Nel caso qui specificamente in esame, peraltro, il ricorrente - in coerenza, del resto, con la tesi propugnata, che assume un'automatica e istituzionale efficacia probatoria della legittimazione alla pubblicazione della notizia di cessione (per il suo resoconto v. sopra, il n. 7) - non ha riportato i contenuti dell'avviso di cessione concretamente rilevante; nè, tanto meno, ha indicato gli atti e le modalità in cui li avrebbe ipoteticamente riportati nell'ambito del giudizio avanti al Tribunale cagliaritano.

12.- In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese relative al giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre a oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell'art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020.