Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20156 - pubb. 12/07/2018

Ammissione del credito al passivo di LCA e imposta proporzionale di registro all'uno per cento

Cassazione civile, sez. V, tributaria, 27 Settembre 2017, n. 22502. Est. De Masi.


Imposta di registro - Opposizione ex art. 98 l. fall. - Accoglimento - Conseguente ammissione del credito al passivo di una liquidazione coatta amministrativa - Imposta proporzionale di registro dell'uno per cento - Assoggettabilità - Ragioni



In tema di imposta di registro, la sentenza che, a seguito di giudizio di opposizione, ammette al passivo di una liquidazione coatta amministrativa un credito in precedenza escluso, deve essere assoggettata all'imposta proporzionale dell'uno per cento, prevista dall'art. 8, lett. c), della Tariffa, parte prima, di cui all'allegato A al d.P.R. n. 131 del 1986, trattandosi di una pronuncia adottata all'esito ad un giudizio contenzioso, che ha l'effetto di consentire al contribuente la partecipazione al concorso dei creditori, con possibile soddisfazione in sede di riparto dell'attivo, senza che assuma rilievo l'individuazione della natura del credito, dato che la tariffa agevolata, prevista nella nota II in calce al sopra menzionato art. 8, si applica nei soli casi di cui alla lett. b) del medesimo art. 8 (in virtù del principio di alternatività con l'IVA, ex art. 40 del d.P.R. n. 131 del 1986) ed è norma di stretta interpretazione. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico - Presidente -

Dott. CAMPANILE Pietro - Consigliere -

Dott. DE MASI Oronzo - rel. Consigliere -

Dott. STALLA Giacomo Maria - Consigliere -

Dott. CARBONE Enrico - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

Svolgimento del processo

che, con sentenza n. 55/2/11, depositata il 22/3/2011, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio respingeva, con condanna alle spese di lite, l'appello proposto da A. - Istituto Italiano di Mobilizzazione s.r.l., avverso la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che aveva respinto il ricorso proposto dalla contribuente, nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, avverso gli avvisi di liquidazione della maggiore imposta di registro dovuta in relazione a due sentenze del Tribunale di Roma, Sezione Fallimentare, pronunciate nei giudizi di opposizione instaurati dalla predetta società avverso il rigetto della domanda di ammissione allo stato passivo del Fallimento dell'(*) s.n.c., nonchè, in proprio, di D.A.G., decisioni con le quali venivano ammessi al passivo fallimentare i crediti in contestazione;

che la CTR affermava, in particolare, che le sentenze soggette a registrazione rientrano nella previsione della del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, lett. c), Tariffa, Parte Prima, allegato A, trattandosi di provvedimenti recanti "un atto di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale" necessari per consentire "al creditore di partecipare, in concorso con gli altri creditori ammessi, al riparto dell'attivo del fallimento", risultando del tutto inconferente il riferimento "all'imposta assolta per ottenere il decreto ingiuntivo che ha accertato e riconosciuto l'esistenza del diritto di credito", fase giudiziaria "antecedente e finalizzata ad ottenere il titolo esecutivo, poi azionato nella procedura fallimentare", non sussistendo alcuna duplicazione dell'imposizione;

che per la cassazione di tale sentenza ricorre la contribuente, con un motivo di ricorso, cui resiste l'intimata Agenzia delle Entrate con controricorso.

 

Motivi della decisione

che parte ricorrente, con il mezzo d'impugnazione, deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, giacchè la CTR ha considerato che il provvedimento (decreto ingiuntivo) che ebbe ad accertare il credito della società A. era stato sottoposto, in sede di registrazione, alla tassazione con aliquota dell'uno per cento, come previsto dalla del D.P.R. n. 131 del 1986, dell'art. 8, lett. c), Tariffa, Parte Prima, allegato A,con il pagamento della somma di Lire 310.470.000, che la sentenza ottenuta all'esito del giudizio di opposizione, proseguito nei confronti del Fallimento, passata in giudicato, escludeva la necessità di ottenere una nuova sentenza di accertamento del diritto di credito da far valere nei confronti della massa fallimentare, e che la sentenza pronunciata L.Fall., ex art. 98, non sconta l'imposta di registro in misura proporzionale, stante l'esigenza di evitare una duplicazione dell' imposizione;

che la questione posta dalla ricorrente va risolta nel solco della giurisprudenza di questa Corte, in tema di imposta di registro, cui peraltro si è conformata la decisione impugnata, secondo cui la sentenza che, a seguito di giudizio di opposizione, ammette al passivo di un fallimento un credito in precedenza escluso, deve essere assoggettata alla imposta proporzionale di registro dell'uno per cento, prevista dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, lett. c), della tariffa, parte prima, allegato A), in quanto si tratta di pronuncia emessa in esito ad un giudizio contenzioso di cognizione che contiene l'accertamento, nei confronti della procedura fallimentare, dell'esistenza e dell'efficacia del credito con l'effetto di consentire al contribuente la partecipazione al concorso, con possibile soddisfazione in sede di riparto (Cass. n. 12359/2005; n. 4748/2006; n. 6125/2011; n. 14816/2011, relativamente alla liquidazione coatta amministrativa; n. 17946/2012);

che, dunque, l'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa alle sentenze con cui viene disposto il pagamento di corrispettivi, ovvero di prestazioni soggette ad IVA, opera soltanto in relazione agli specifici atti indicati nella nota 2, in calce al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, Parte Prima, della Tariffa allegata, con conseguente applicazione dell'imposta in misura proporzionale alle sentenze di mero accertamento e, per quanto qui d'interesse, a quelle con cui il credito viene ammesso al passivo della procedura concorsuale;

che, infatti, D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8 della Tariffa, Parte Prima, allegata, sottopone a tassazione gli atti dell'autorità giudiziaria in materia civile, compresi i decreti ingiuntivi, distinguendo, tra l'altro, i provvedimenti indicati alla lettera b), recanti condanna al pagamento di somme o valori o altre prestazioni, o alla consegna di beni di qualsiasi natura, da quelli di cui alla lett. c) contenenti accertamento di diritti a contenuto patrimoniale e la nota 2, apposta in calce all'art. 8, e dispone poi che gli atti di cui ai comma 1, lett. b) "non sono soggetti all'imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'art. 40 de testo unico";

che, nella specie, le sentenze del Tribunale di Roma soggette a registrazione rientrano nella previsione della lett. c) sopra menzionata, contenendo una pronuncia, in esito ad un giudizio contenzioso di cognizione (L.Fall., art. 98, ante riforma), di accertamento nei confronti della procedura concorsuale del credito vantato dalla società, che consente la partecipazione della società contribuente alla ripartizione dell'attivo fallimentare, caratteristiche che segnano la differenza di tale tipologia di sentenza rispetto agli atti giudiziari indicati nell'art. 8, lett. b) della Tariffa, i quali, contenendo una statuizione di condanna, sono suscettibili di esecuzione forzata, preclusa, invece, nella procedura concorsuale (L.Fall., art. 51);

che, dunque, "una simile sentenza contiene la prevista pronuncia di accertamento del credito, id est del diritto a contenuto patrimoniale", che si intende far valere allorchè sarà terminata la fase liquidatoria della procedura fallimentare, con conseguente soddisfazione del diritto in sede di riparto, di natura ed efficacia "tutta interna alla procedura concorsuale", caratteristiche che "rendono conto della diversità ontologica di tale provvedimento rispetto agli atti giudiziari indicati nella lett. b), siccome questi, contenendo pronuncia di condanna, sono suscettibili di esecuzione forzata, che la regola del concorso, sancita nella L.Fall., art. 51, preclude invece nella procedura concorsuale. Di qui l'impossibilità di equiparare la sentenza che decida l'opposizione allo stato passivo, così come quella che ammette il credito in sede d'insinuazione tardiva L.Fall., ex art. 101, concludendo il giudizio un seguito ai mutamento del rito, alla restituzione della somma verificata. " (Cass. n. 14146/2013);

che ne consegue anche l'inutilità di condurre alcuna indagine sulla natura del credito ammesso al passivo fallimentare, dal momento che, seppur esso inerisse ad operazione "soggetta" a di Iva, ma "esente" secondo il disposto della norma contenuta nell'art. 40, la tariffa agevolata non avrebbe nondimeno potuto trovare applicazione, poichè essa è governata dal principio di alternatività nei soli casi indicati alla lett. b) e questo principio, acorchè di natura generale, opera in relazione all'imposta controversa solo con riguardo agli specifici atti individuati tassativamente nella norma citata, e non è suscettibile di applicazione al di fuori delle ipotesi contemplate, stante, peraltro, il suo contenuto agevolativo, che lo rende di stretta interpretazione, alla stregua del chiaro disposto dell'art. 15 Prel., che esclude l'interpretazione estensiva delle norme speciali;

che, del resto, proprio in un caso analogo, in cui si dibatteva in ordine ad imposta di registro applicabile in relazione a sentenza emessa dal Tribunale fallimentare ai sensi della L.Fall., art. 98, questa Corte, con la sentenza n. 1849/2000, ha sostenuto tale esegesi, avendo asserito che l'atto deve essere sottoposto all'imposta proporzionale dell'1% di cui all'art. 8 lett. c) della tariffa in considerazione del suo contenuto di accertamento (v. anche Cass. n. 8745/2002); che, in conclusione, il ricorso va respinto, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.600,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura dei 15 per cento ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017.