Deontologia


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20981 - pubb. 22/12/2018

Sulla scorrettezza funzionale grave del magistrato

Cassazione Sez. Un. Civili, 09 Novembre 2018, n. 28653. Est. Conti.


Magistrato - Illecito disciplinare ex art. 2, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 109 del 2006 - Funzionalità della scorrettezza - Nozione - Fattispecie



In tema di illeciti disciplinari dei magistrati, il concetto di "funzione", cui si riferisce il comma 1 dell'art. 2 del d.lgs. n. 109 del 2006, va inteso in senso dinamico, in quanto connesso allo "status" di magistrato, dovendosi considerare quale scorrettezza funzionale grave, ai sensi della lett. d) della predetta norma, anche quella correlata a comportamenti che, pur se non compiuti direttamente nell'esercizio delle funzioni, sono inscindibilmente collegati a contegni precedenti o anche solo "in fieri", involgenti l'esercizio delle funzioni giudiziarie, al punto da divenire tutti parte di un "modus agendi" contrario ai doveri del magistrato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza disciplinare di condanna di un magistrato che, dopo aver intimato ad un c.t.u. di seguirlo nel suo ufficio, al termine di un'animata discussione gli aveva detto «lei ha chiuso», espressione allusiva circa pregiudizievoli ripercussioni in relazione al mancato conferimento di incarichi professionali). (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo - Primo Presidente f.f. -

Dott. VIVALDI Roberta - Presidente di Sez. -

Dott. CIRILLO Ettore - Presidente di Sez. -

Dott. GENOVESE Francesco Antonio - Consigliere -

Dott. BERRINO Umberto - Consigliere -

Dott. SAMBITO Maria Giovanna - Consigliere -

Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere -

Dott. SCRIMA Antonietta - Consigliere -

Dott. CONTI Roberto Giovanni - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

 

Svolgimento del processo

Il Dottor D.C., magistrato in servizio presso il Tribunale di A., ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n.17, pubblicata il 23 gennaio 2018, con la quale la Sezione disciplinare del Consiglio della Magistratura, pronunciando sul procedimento disciplinare promosso dalla Procura generale della Corte di Cassazione, aveva irrogato la sanzione della censura, ritenendolo responsabile dell'illecito di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, artt. 1 e art. 2, comma 1, lett. d), con il quale gli era stata contestata una condotta gravemente scorretta commessa all'interno del Tribunale di Napoli in data 12.12.2013 -ove esercitava le funzioni di Giudice della sezione specializzata delle imprese- nei confronti della dott.ssa M.P., consistita, dapprima, nell'averle intimato di seguirlo presso la sua stanza e, quindi, nell'avere pronunziato, con tono alterato, la seguente espressione: "Io so bene che lei, insieme al suo cognato, il dr. R.N....ha intrapreso un'iniziativa giudiziaria nei miei confronti". E quindi, a fronte della negazione di tale circostanza da parte della sua interlocutrice, aggiungendo: Ah sì? Lei non sa niente? Lei ha chiuso". Frase che, per il contesto e la precisa correlazione con l'oggetto della conversazione, aveva assunto una chiara significazione allusiva circa pregiudizievoli ripercussioni sul piano professionale che per la M., già consulente d'ufficio, sarebbero scaturite, a causa di tale sua condotta.

La Sezione disciplinare ritenne le dichiarazioni rese dalla Dott.ssa M. coerenti e scevre da profili di personale risentimento nei confronti del Dott. D. escludendo, inoltre, la scarsa rilevanza della condotta in relazione alla effettiva lesione dei beni giuridici presidiati dalla norma incriminatrice disciplinare ed alla gravità della condotta posta in essere dal magistrato nei confronti di una delle parti del processo.

Il ricorso, affidato a sei motivi, è stato proposto contro il Ministero della Giustizia che non si è costituito.

Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso

 

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 1 e art. 2, comma 1, lett. d), in relazione all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b). La sezione disciplinare del CSM avrebbe totalmente tralasciato di considerare che per la configurazione dell'illecito funzionale codificato dall'art. 2 ult.cit. occorrebbe, per l'un verso, il rispetto del dovere di correttezza del magistrato con riferimento all'esercizio delle funzioni, e, per altro verso, che l'illecito di cui alla citata lett.d) sia collegato ai destinatari ivi indicati - parti, loro difensori, testimoni o chiunque abbia rapporti con il magistrato nell'ambito dell'ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori-. La Sezione disciplinare, in definitiva, avrebbe tralasciato non solo di identificare quale fosse l'esercizio delle funzioni nell'ambito delle quali sarebbe stato commesso l'illecito, ma altresì di verificare se la sezione specializzata delle imprese ove lo stesso aveva svolto la propria attività si fosse realmente avvalsa della dott.ssa M. quale consulente tecnico d'ufficio. Secondo il ricorrente il colloquio richiesto dall'incolpato alla predetta non sarebbe stato collegato direttamente o indirettamente all'esercizio di funzioni, ma unicamente alla richiesta di spiegazioni in relazione ad un'iniziativa giudiziaria assunta dal cognato della M..

2. Con il secondo motivo si deduce la mancanza e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, in relazione all'art. 606 c.p.p., lett. e). La sentenza impugnata avrebbe erroneamente qualificato la dott.ssa M. come parte del processo- e specificamente come consulente tecnico d'ufficio- supponendo la conoscenza di tale qualità in capo all'incolpato. La motivazione, secondo il ricorrente, sarebbe affetta da apoditticità sul punto della qualifica di c.t.u. della M. e per di più contraddittoria, nella parte in cui avrebbe tralasciato di considerare le dichiarazioni stesse della dott.ssa M., parimenti obliterando l'esame della deposizione del Presidente del Tribunale di Napoli, dalla quale era emerso che la predetta non aveva espletato attività di collaborazione presso la detta sezione specializzata. Inoltre, sarebbe parimenti mancata la motivazione della sentenza impugnata sull'assenza di attività di consulenza svolta dalla dott.ssa M. presso uffici del tribunale di Napoli diversi dalla sezione specializzata, conseguentemente difettando la configurabilità stessa dell'illecito contestato.

3. Con il terzo motivo si prospetta la mancanza e contraddittorietà della motivazione, in relazione al'art. 606 c.p.p., lett. e). La Sezione disciplinare avrebbe omesso di spiegare la precisione interna ed esterna delle dichiarazioni accusatorie della dott.ssa M., nè avrebbe esplorato la possibilità di attribuire un significato diverso all'espressione lei ha chiuso rispetto a quella indicata dalla sentenza impugnata.

4. Con il quarto motivo si deduce la violazione dell'art. 192 c.p.p., in relazione all'art. 606 c.p.p., lett. e) lamentandosi, specificamente, la mancanza o contraddittorietà della motivazione in ordine alla sufficienza, ai fini dell'attendibilità delle dichiarazioni accusatorie, dell'assenza di motivi di risentimento personale nei confronti del dott. d..

5. Con il quinto motivo si deduce la mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, in relazione all'art. 606 c.p.p., lett. e) quanto alla ritenuta gravità della scorrettezza ed alla non scarsa rilevanza del fatto.

6. Con il sesto motivo si deduce la violazione dell'art. 521 c.p.p., in relazione all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), lamentandosi che la sentenza impugnata avrebbe desunto la gravità della scorrettezza da fatti contestati non già dall'incolpazione- limitata ad un unico episodio- ma da altro procedimento penale e da ulteriore procedimento disciplinare iniziati a carico del dott. d., senza che la contestazione si fosse specificamente fondata su tali fatti, indicati solo genericamente. Sarebbe risultato pertanto palese il vulnus al principio di correlazione fra il fatto contestato e quello ritenuto dalla sentenza.

7. Il ricorso è infondato.

7.1 Vale la pena, anzitutto, di sunteggiare i principi espressi da queste Sezioni Unite in tema di sindacato della decisione della sezione disciplinare del CSM in tema di illeciti contestati a magistrati. Occorre muovere dal principio, più volte affermato da queste Sezioni Unite, che la valutazione, in concreto, dell'idoneità di un determinato comportamento a ledere il bene giuridico protetto dalla norma violata e, perciò, ad assumere rilevanza disciplinare, è compito esclusivo del giudice di merito, ossia della Sezione disciplinare, e che a tale valutazione la Suprema corte non può dunque sovrapporre la propria - cfr.Cass.S.U.n.29 marzo 2013 n.7934-. Ne consegue che le valutazioni espresse dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura in ordine alla configurabilità dell'illecito disciplinare restano sottratte al sindacato di legittimità allorchè non risultino viziate da un errore di impostazione giuridica e non diano luogo ad una motivazione in modo insufficiente o illogico - cfr.Cass.S.U. 20 novembre 2017 n.27434 -.

7.2 Si è ulteriormente precisato che la denuncia - con ricorso per cassazione - del vizio di manifesta illogicità della decisione, in cui sarebbe incorsa la sezione disciplinare del CSM, può sollecitare la Suprema Corte esclusivamente a verificare se il giudice di merito abbia esaminato gli elementi e le deduzioni posti a sua disposizione ed abbia fatto corretto uso di regole logiche, massime di esperienza e criteri legali di valutazione, così da offrire razionale spiegazione dell'opzione decisionale fatta rispetto alle diverse tesi difensive restando, invece, preclusa la possibilità di opporre alla valutazione dei fatti contenuta nella decisione una diversa loro ricostruzione - cfr.Cass.S.U.14430/2017 -. Ed infatti, i difetti di omissione e di insufficienza della motivazione sono configurabili soltanto quando dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando è evincibile l'obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento - cfr.Cass.S.U. n.24418/2013, p.5.2 -.

7.3 Orbene, fermi i superiori principi, va rilevato che, con riguardo al primo ed al secondo motivo, la Sezione disciplinare ha ravvisato nel contegno del dott. D. nei confronti della dott.ssa M. una grave scorrettezza commessa dal magistrato nell'esercizio delle funzioni all'interno dell'ufficio con modalità concrete - invito rivolto alla M. a seguirlo nel proprio ufficio, contestazione delle iniziative intraprese dalla predetta e dal Dott. R.N. nei confronti dello stesso, alterazione dell'incolpato in relazione alle risposte della donna e propalazione dell'espressione così non sa niente? Lei ha chiuso- tali da suscitare una chiara significazione allusiva circa le ripercussioni negative che sarebbero potute derivare sul piano professionale in ordine ad ulteriori incarichi peritali. La sentenza impugnata, inoltre, ha specificamente riconosciuto la gravità della condotta ascritta al Dott. D., riportando testualmente le dichiarazioni della Dott.ssa M., espresse in più occasioni e ribadite innanzi alla sezione disciplinare, dalle quali risulta, fra l'altro, l'esistenza di un colloquio nel corso del quale il dott. D. aveva discusso insieme al dott. G., consulente tecnico d'ufficio dal primo nominato ed alla stessa dott.ssa M., del contenuto di un incarico formalmente conferito dal giudice al G..

7.4 Orbene, la sentenza impugnata si sottrae alle censure esposte dal ricorrente nei primi due motivi.

7.5 Ed invero, la sezione disciplinare ha puntualmente individuato nella condotta del Dott. D. gli elementi integranti l'illecito punito dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, lett. d), con valutazioni che si sottraggono all'esame di queste Sezioni Unite, in quanto pienamente e logicamente espresse. Il che consente, altresì, di escludere che la sezione disciplinare abbia omesso di ponderare l'ulteriore requisito della commissione della condotta nell'esercizio delle funzioni giudiziali.

7.6 E', anzi, qui il caso di osservare, che il concetto di funzione al quale si riferisce il D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1 non può che essere inteso in senso dinamico, in quanto connesso allo status di magistrato, dovendosi dunque considerare quale scorrettezza funzionale anche quella correlata a comportamenti che, pur se non compiuti direttamente nell'esercizio delle funzioni, sono inscindibilmente collegati a contegni precedenti o anche solo in fieri, involgenti l'esercizio delle funzioni giudiziarie, al punto da divenire tutti parte di un modus agendi contrario ai doveri del magistrato. Ciò che è accaduto nel caso concreto, nel quale la Sezione disciplinare ha ravvisato l'esistenza dell'illecito a carico del dott. d. per avere questi dapprima fermato la dott.ssa M. all'interno del Palazzo di giustizia napoletano e successivamente invitato la stessa nel di lui ufficio, profferendo, al termine di un'animata discussione, l'espressione lei ha chiuso. Espressione che la sentenza impugnata ha inteso, con valutazione inoppugnabile in questa sede in quanto logicamente motivata, come allusiva rispetto a conseguenze pregiudizievoli che avrebbe potuto subire la Dott.ssa M. in relazione al mancato conferimento di incarichi professionali. Ciò consente di poter escludere i deficit, in punto di violazione di legge e di motivazione, ipotizzati dal ricorrente.

7.7 Risulta, pertanto, del tutto irrilevante, ai fini della configurabilità dell'illecito, l'indagine- che la difesa del ricorrente intenderebbe sollecitare a queste Sezioni Unite - in ordine alla qualifica della M. ed all'esistenza di pregressi incarichi di consulenza conferiti alla dott.ssa M. dalla sezione delle imprese o da altre sezioni del tribunale, essendo stata la stessa ritenuta irrilevante ai fini della configurabilità dell'illecito e della grave scorrettezza contestata, in relazione al contenuto delle dichiarazioni rese dalla M.-riportate nella sentenza qui impugnata-, dalle quali era, fra l'altro, emerso che il magistrato avesse in precedenza discusso con la stessa di un pregresso incarico peritale conferito al c.t.u. G., con il quale la M. aveva collaborato.

7.8 La censura esposta nel secondo motivo si risolve, pertanto, in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea, a fronte di una ricostruzione logica e coerente, operata dalla sezione disciplinare, alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione.

7.9 Anche il terzo ed il quarto motivo non possono trovare accoglimento. Ed invero, la sentenza impugnata ha richiamato il contenuto delle dichiarazioni accusatorie esposte dalla dott.ssa M., reiterate in diverse occasioni, individuandone la precisione, logicità e coerenza e altresì escludendo che fossero emerse ragioni idonee a porre in discussione l'autenticità delle stesse o l'esistenza di ragioni tali da fare supporre motivi di risentimento della dichiarante in danno del dott. D. (cfr.pag.5, punto 3 della sentenza impugnata). Inoltre, la sentenza impugnata ha dato conto del significato attribuito all'espressione Lei ha chiuso, contestualizzandolo rispetto alle modalità dell'incontro - avvenuto all'interno dell'Ufficio giudiziario - al contenuto delle risposte ed al contegno del dott. d..

7.10 Pertanto, la sentenza si sottrae alle critiche esposte dal ricorrente, risultando pienamente svolto il test di attendibilità al quale la sezione disciplinare ha sottoposto le dichiarazioni della dott.ssa M., dalle quali era pure emersa la parallela iniziativa intrapresa nei confronti del dott. D. dal dott. R.N., svolgente all'epoca le funzioni di giudice del tribunale di Napoli, con la relazione presentata al Presidente di quell'ufficio giudiziario-.

7.11 Per il resto, le ulteriori censure esposte nel motivo tendono ad invadere la sfera valutativa attribuita alla sezione disciplinare che non avrebbe motivatamente e congruamente esaminato il materiale probatorio posto a sostegno della contestazione e risultano, pertanto, inammissibili.

7.12 Non migliore sorte va riservata al quinto e al sesto motivo di ricorso.

7.13 Ed invero, la Sezione Disciplinare ha premesso che i fatti materiali ascritti al magistrato sono stati oggetto di attenta ricostruzione, arricchita dall'istruttoria dibattimentale e che gli stessi avrebbero conclamato una indiscutibile contrarietà dell'operato del dott. D. rispetto ai suoi doveri funzionali.

7.14 Sulla base di tale accertamento in fatto, la Sezione Disciplinare ha quindi ritenuto oggettivamente gravi i fatti contestati, in quanto in contrasto con i doveri fondamentali che il magistrato deve rispettare nell'esercizio delle funzioni, escludendone pertanto la scarsa rilevanza in relazione alla effettiva lesione dei beni giuridici presidiati dalla disciplina in tema di procedimento disciplinare ed alla circostanza che le condotte si erano indirizzate verso un ctu.

7.14 Inoltre, la sezione disciplinare, diversamente da quanto prospettato dalla difesa del ricorrente, non ha specificamente ritenuto di dovere escludere la scarsa rilevanza della condotta in relazione ai procedimenti (penali e disciplinari) paralleli a quello definito dalla sentenza qui in esame, semmai come detto valorizzando la ritenuta violazione dei fondamentali doveri del magistrato proprio in relazione alla gravità della condotta posta in essere nei confronti di una delle parti del processo ed alla finalità che l'iniziativa intrapresa dal dott. d. avrebbe avuto, per l'appunto, correlata alla significazione allusiva circa pregiudizievoli ripercussioni sul piano professionale che, per la M., sarebbero scaturite a causa delle denunce da lei presentate nei suoi confronti. Anche sotto tale profilo, pertanto, la censura è inammissibile.

8.Sulla base delle superiori argomentazioni, il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018.