Esecuzione Forzata


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19701 - pubb. 19/05/2018

Competenza del giudice di pace: per materia e limiti di valore, preavviso di fermo

Cassazione Sez. Un. Civili, 27 Aprile 2018, n. 10261. Est. Uliana Armano.


Processo civile - Competenza del giudice di pace - Competenza per materia - Limiti di valore - Distinzione



La natura giuridica della competenza del Giudice di Pace ex art. 6 del d.lgs. 1 settembre 2011 n. 150 relativa alle controversie aventi ad oggetto opposizione a sanzioni amministrative per violazione del codice della strada è competenza per materia ed in alcune ipotesi con limite di valore; che la natura giuridica della competenza del Giudice di pace ex art. 7 del d.lgs. 1 settembre 2011 n. 150 relativa alle controversie aventi ad oggetto opposizione al verbale di accertamento è competenza per materia; gli stessi criteri di competenza vanno applicati anche con riferimento all'impugnativa del preavviso di fermo, in quanto azione di accertamento negativo nei termini delineati da Cass. S.U. 22 luglio 2015, n. 15354. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato - Primo Presidente f.f. -

Dott. SCHIRO’ Stefano - Presidente di Sez. -

Dott. BIANCHINI Bruno - Consigliere -

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -

Dott. ARMANO Uliana - rel. Consigliere -

Dott. MANNA Antonio - Consigliere -

Dott. D’ASCOLA Pasquale - Consigliere -

Dott. ACIERNO Maria - Consigliere -

Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Roma, con provvedimento del 15-6-2016, ha sollevato regolamento di competenza di ufficio in relazione ad una opposizione avverso preavviso di fermo amministrativo fondato su crediti relativi a contravvenzioni del codice della strada per l'importo complessivo di Euro 1.589,76 proposta da M.X. nei confronti di Equitalia Sud e di Roma Capitale.

La controversia è stata riassunta davanti al Tribunale a seguito di rilievo della propria incompetenza da parte del Giudice di Pace di Roma, per essere competente per materia il locale Tribunale.

Il Tribunale ha chiarito che a seguito della sentenza delle sezioni unite n. 15354 del 2015 il fermo amministrativo non poteva più essere considerato come atto esecutivo prodromico all'esecuzione, bensì misura puramente afflittiva volta indurre il debitore all'adempimento, con la conseguenza che lo stesso era impugnabile secondo le regole del rito ordinario di cognizione e nel rispetto delle norme generali in tema di riparto di competenza per materia il valore; il Tribunale ha qualificato l'azione come opposizione all'esecuzione non ancora iniziata e di conseguenza spettante alla competenza per materia del Giudice di Pace.

Il procedimento è stato trattato davanti alla Terza Sezione di questa Corte.

Con ordinanza interlocutoria n. 4176/17 del 16-2-2017 la Terza Sezione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per la trattazione alle sezioni unite della questione di massima particolare importanza in ordine alla natura giuridica della competenza del Giudice di Pace in relazione alle controversie aventi ad oggetto opposizione a sanzioni amministrative inflitte per violazioni del codice della strada.

Fissata l'udienza davanti a queste sezioni unite, le parti non hanno svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

1. La Sezione Terza ha evidenziato le incertezze che si sono registrate in recenti pronunzie di legittimità in ordine all'esatta qualificazione della competenza attribuita al Giudice di Pace nella materia indicata e per questo ha ritenuto necessario un intervento chiarificatore volto definire in particolare:

la natura giuridica della competenza del Giudice di Pace relativa alle controversie aventi ad oggetto sanzioni amministrative per violazione del codice della strada e se debba distinguersi tra opposizione all'ordinanza ingiunzione di cui al D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 6 e l'opposizione al verbale di accertamento ex art. 7 del citato D.Lgs. e se gli stessi criteri di competenza vadano applicati anche con riferimento all'impugnativa del preavviso di fermo, in quanto azione di accertamento negativo nei termini delineati da Cass. S.U. 22/7/2015 n. 15354.

2. Con l'ordinanza interlocutoria la Sezione Terza ha affermato di condividere l'arresto delle Sezioni Unite del 2015 n. 15354 in materia di fermo e preavviso di fermo amministrativo ritenendo che questi sono atti autonomamente impugnabili di carattere afflittivo, che non partecipano del procedimento esecutivo, e che l'azione giudiziaria di opposizione deve ritenersi azione di accertamento negativo della pretesa dell'esattore di eseguire il fermo, devoluta al giudice sia sulla misura che nel merito della pretesa creditoria, e che va trattata secondo le norme generali di riparto di competenza per materia per valore per la contestazione del diritto sostanziale.

A tale proposito l'ordinanza ripercorre l'iter legislativo relativo alla competenza del Giudice di Pace e del Tribunale in materia di controversie concernenti l'irrogazione di sanzioni amministrative, concludendo che l'approdo è oggi rappresentato del D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 6 e 7, che prevedono che le opposizioni a sanzioni amministrative si propongono dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria, anche se deve distinguersi tra opposizione all'ordinanza ingiunzione emessa ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 18 ed ai sensi dell'art. 204 C.d.S., regolate del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6 e l'opposizione del D.Lgs. n. 285 del 1992, ex art. 204 bis, al verbale di accertamento, regolata del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7.

L'ordinanza interlocutoria evidenzia che le nuove norme hanno unificato la disciplina processuale secondo il rito del lavoro e non hanno apportato modifiche al precedente assetto della competenza in conformità al criterio direttivo imposto dalla Legge Delega n. 69 del 2009, art. 54, comma 4, lett. a.

3. Il Collegio della Terza Sezione conclude che, secondo la disciplina attualmente vigente, quanto alla opposizione ad ordinanza ingiunzione emessa dalla Pubblica Amministrazione ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 18, oppure dal prefetto ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 204, in materia di violazione del codice della strada, sarebbe stato confermato il criterio di riparto della competenza vigente in precedenza, che si asserisce essere fondato sul valore della lite, per cui sarebbero attribuite al Tribunale le cause di opposizione ad ordinanze ingiunzione in cui è stata applicata una norma sanzionatoria che prevede una sanzione edittale nel massimo di importo superiore ad Euro 15.493,00, ovvero le cause di opposizione ad ordinanze ingiunzione in cui la norma sanzionatoria applicata non preveda un massimo edittale, ma se è stata irrogata in concreto una sanzione pecuniaria superiore ad Euro 15.493,00. Quanto alla opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 240 bis, ora D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, l'ordinanza afferma che sembrerebbe appartenere alla competenza esclusiva per materia, senza alcun limite di valore nè di natura accessoria della sanzione, del Giudice di Pace del luogo in cui è stata commessa la violazione, a meno di non voler ritenere - al fine di scongiurare una non troppo ragionevole divaricazione nella disciplina della competenza a seconda che risulti proposta opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione, oppure avverso il verbale di accertamento, che del D.Lgs n. 150 del 2011, art. 7, al pari dell'art. 204 bis, ante riforma del 2011, è norma che disciplina la sola competenza per territorio ed il tipo di procedimento, ferma la distribuzione del contenzioso fra Giudice di Pace e Tribunale secondo i criteri indicati dalla L. n. 689 del 1981, art. 22 bis, ora dalla L. n. 150 del 2011, art. 6 e quindi, secondo la prospettazione fatta propria dall'ordinanza anche per l'art. 6, con il criterio del valore.

4. In ordine alle argomentazioni sviluppate dall'ordinanza interlocutoria deve già da ora evidenziarsi che è rimasta del tutto apodittica l'affermazione che la ripartizione della competenza fra Giudice di pace e Tribunale in materia di opposizioni a sanzioni amministrative secondo la legislazione precedente all'introduzione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, fosse regolata dal criterio del valore, con la conseguente conclusione che quella introdotta con il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, sia ancora una ripartizione di competenza sulla base del valore, dovendo il legislatore rispettare il criterio della invariabilità della competenza previsto dall'art. 54 della legge delega per la semplificazione dei riti.

Inoltre l'ordinanza interlocutoria, rilevato che secondo tale interpretazione, si crea una divaricazione nel sistema per la diversità di previsioni fra l'art. 6 e l'art. 7 della L. n. 150 del 2011, a fronte di un dettato letterale dell'art. 7, che prevede che le controversie in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada si propongono "davanti al Giudice di Pace del luogo in cui è stata commessa la violazione" con la precisazione che" la competenza si estende anche alle sanzioni accessorie", al fine di scongiurare tale divaricazione, ha proposto una interpretazione della L. n. 150 del 2011, art. 7, nel senso che, anche per le opposizioni al verbale di accertamento, la competenza fra Giudice di Pace e Tribunale è ripartita secondo il criterio del valore.

5. Esiste un contrasto fra le pronunce delle sezioni semplici della Corte non sempre coerenti in orine alla natura della competenza a provvedere in ordine alla opposizione a sanzioni amministrative emesse sulla base ci violazioni del codice della strada.

Infatti con Cass. ordinanza del 22/07/2016 n. 15143 si è affermato che l'opposizione a preavviso di fermo amministrativo del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 86, in relazione a cartelle di pagamento di somme dovute a titolo di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, pur se qualificabile quale azione ordinaria di accertamento negativo, e non come opposizione esecutiva, va proposta al giudice di pace per ragioni di competenza per materia sulla pretesa creditoria, in applicazione dei criteri previsti del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, commi 3 e 7.

Quindi, per quanto attiene alla contestazione di un provvedimento sanzionatorio, il giudice indicato come competente dalla L. n. 689 del 1981, art. 22 bis (oggi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, artt. 6 e 7), norma speciale regolatrice della materia, che, nel caso di specie, è il giudice di pace (Cass n. 4022/08, n. 6463/11, n. 24753/11 e, da ultimo, Cass., ord. 16 ottobre 2014, n. 21914 e 15 giugno 2016 n. 12373). Sotto entrambi gli aspetti, la peculiare competenza coinvolta va qualificata come prioritariamente per materia e non invece esclusivamente per valore, operando quest'ultimo criterio solo in via sussidiaria.

Con Cass. ordinanza del 23/11/2011 n. 24753 si è affermato che la cognizione dell'opposizione a cartella esattoriale relativa alla riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie, configurata come opposizione all'esecuzione non ancora iniziata, spetta alla competenza del giudice di pace, avuto riguardo ai criteri di competenza per materia individuati nella L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22-bis, senza che possa rilevare il fatto che la sommatoria dei titoli azionati superi il limite per la competenza per valore di detto giudice vigente all'epoca dell'introduzione della controversia, poichè l'attribuzione della competenza per materia al giudice di pace configura anche una competenza per valore, ai sensi del citato art. 22-bis, fino a 15.493 Euro.

Con Cass ordinanza del 05/07/2013 n. 16894 si è affermato che va fatta applicazione del principio secondo cui, in tema di sanzioni amministrative, la L. n. 689 del 1981, art. 22-bis, attribuisce al Giudice di Pace la competenza per le opposizioni alle sanzioni amministrative pecuniarie di valore fino ad Euro 15.493, dovendosi aver riguardo, al fine di determinare tale parametro, al massimo edittale della sanzione prevista per ciascuna violazione, senza che rilevi che il provvedimento sanzionatorio abbia ad oggetto una pluralità di contestazioni e che, per effetto della sommatoria dei relativi importi, venga superato il limite di valore che radica la competenza del giudice di pace (Cass., 12 marzo 2012, n. 3878).

6. E' indubbia la necessità di tener conto dell'approdo a cui sono giunte le Sezioni Unite con l'ordinanza n. 15354 del 2015 poichè risulta necessario, ai fini dell'accertamento della natura della competenza del Giudice di Pace, la qualificazione del fermo e del preavviso di fermo come atti che partecipano del giudizio di esecuzione o come atti non esecutivi, nè prodromici alla esecuzione, ma di natura cautelare e/o coercitiva, accertamento da cui dipende l'individuazione del tipo di opposizione da proporre e della relativa competenza.

Le Sezioni Unite del 2015 hanno affermato che la configurazione dell'istituto del fermo come atto esecutivo o prodromico alla esecuzione risulta poco compatibile con l'art. 491 c.p.c., per il quale l'espropriazione forzata inizia con il pignoramento, e con il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, che abilita il concessionario a procedere ad esecuzione forzata quando è decorso inutilmente il termine di 60 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento.

L'interpretazione che aderisce alla qualificazione del fermo come atto preordinato alla esecuzione o come atto esecutivo, comporta la conseguenza processuale che l'opposizione sarà regolata dall'art. 615 c.p.c., commi 1 e 2, oppure dall'art. 617 c.p.c., comma 1. Ciò significa, dal punto di vista della competenza, che se si contesta l'an della pretesa esecutiva, la competenza sarà ripartita fra Giudice di Pace e Tribunale, fatta eccezione per i crediti previdenziali per i quali competente sempre il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro. Se invece viene denunziato un vizio che attenga al quomodo dell'azione esecutiva, la competenza spetterà sempre al Tribunale ex art. 9 c.p.c., comma 2, art. 617 c.p.c., commi 1 e 2, art. 480 c.p.c., comma 3 e art. 27 c.p.c., comma 2. A ciò deve aggiungersi, sotto il profilo del rito, che, inquadrato il giudizio nell'ambito di volta in volta degli artt. 615 o 617 c.p.c., esso non potrà mai svolgersi secondo la struttura bifasica prevista dagli artt. 616 e 618 c.p.c., dovendo comunque essere trattato nell'assenza pacifica, nel caso di fermo, di un giudice dell'esecuzione, davanti ad un unico giudice.

Il fermo, continuano le Sezioni Unite del 2015, si colloca temporalmente tra la notificazione della cartella di pagamento ed il pignoramento ed è atto discrezionale del concessionario, oggi agente della riscossione, e non è un passaggio necessario per l'avvio della procedura esecutiva.

Tali inconvenienti, secondo l'ordinanza delle Sezioni Unite del 2015, sono superati ove si acceda alla configurazione del fermo, e del preavviso di fermo, come atto nè esecutivo nè prodromico dell'esecuzione, ma come atto di natura cautelare coercitiva.

7. Le Sezioni Unite del 2015 ritengono che, quantomeno dal momento in cui il legislatore del 2001 ha svincolato il fermo dall'esito infruttuoso del pignoramento, sopprimendo la condizione del mancato reperimento del bene alla quale esso era prima subordinato, il presidio non può che essere ricostruito in termini di misura alternativa alla esecuzione. In sostanza decorso il termine di 60 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, l'agente della riscossione potrà, a sua scelta, o procedere ad esecuzione forzata sulla base del titolo esecutivo costituito dal ruolo, oppure disporre il fermo dei beni mobili registrati. Sicchè quella in oggetto è una misura puramente afflittiva in quanto volta ad indurre il debitore all'adempimento pur di ottenerne la rimozione e come tale impugnabile secondo le regole del rito ordinario di cognizione nel rispetto delle norme generali in tema di riparto di competenza per materia e per valore. La corrispondente iniziativa giudiziaria si configura di fatto come un'azione di accertamento negativo della pretesa dell'esattore di eseguire il fermo, con conseguente devoluzione al giudice adito della cognizione sia della misura che del merito della pretesa, in base agli ordinari criteri di riparto di competenza per valore, materia territorio.

La qualificazione in termini di azione di accertamento negativo della pretesa dell'agente della riscossione di iscrivere il fermo e l'ipoteca resta ferma pertanto sia che l'accertamento si estenda al merito della pretesa creditoria, sia che riguardi l'esistenza del diritto dell'agente di procedere alla iscrizione, sia che si contesti l'iscrizione di fermo dal punto di vista della regolarità formale dell'atto.

8. Deve darsi conto anche del successivo arresto di cui a S.U. 22080/2017 che ha affermato che nel sistema delineato dal codice della strada (ed, oggi, del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7) il rimedio tipico per fare valere i vizi del titolo esecutivo costituito dal verbale di accertamento va individuato nell'opposizione a questo verbale, senza alcuna distinzione tra diversi vizi di forma.

In particolare, la violazione delle regole di formazione del titolo stragiudiziale deve essere fatta valere col rimedio tipico, sia che si tratti di violazioni che abbiano impedito del tutto la conoscenza della contestazione sia che si tratti di violazioni che questa conoscenza abbiano consentito, ma abbiano comunque viziato il titolo, irregolarmente formato.

L'opposizione di cui della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23 e art. 204 bis C.d.S. (ed oggi di cui del D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 6 e 7) è rimedio omnicomprensivo e idoneo alla delibazione da parte del giudice ordinario di qualsivoglia vizio dell'atto sanzionatorio, compresi i vizi che attengono al procedimento seguito per la sua formazione.

L'opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria, comminata per violazione del codice della strada, ove la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata, in ragione della nullità o dell'omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione, deve essere proposta ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 e non nelle forme dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., e, pertanto, entro trenta giorni dalla notificazione della cartella.

9. Al fine di qualificare quale è il criterio adottato dal legislatore per regolare la competenza del Giudice di Pace in materia di opposizione a sanzioni amministrative, ed in particolare di opposizione a sanzioni amministrative relative a violazioni del codice della strada, è necessario ripercorrere l'iter legislativo che ha portato all'attuale disciplina del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, artt. 6 e 7, che oggi sono le uniche norme regolatrici della materia.

Infatti le modifiche, e soprattutto le conferme di norme già esistenti, ed anche la tecnica redazionale delle norme succedutesi nel tempo relative alla competenza del Giudice di Pace in materia di opposizioni a sanzioni amministrative, insieme agli approdi dottrinari e giurisprudenziali sul punto, sono tutti indici rilevanti al fine della qualificazione della natura giuridica di tale competenza.

10. La L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, prevedeva, per quello che qui interessa e prima della successiva modifiche di cui si darà conto in seguito, che contro l'ordinanza - ingiunzione di pagamento e contro l'ordinanza che dispone la sola confisca, gli interessati possono proporre opposizione davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione entro il termine di 30 giorni dalla notificazione del provvedimento, con indicazione nel quarto e nel settimo comma del "pretore" quale giudice competente.

La L. 21 novembre 1991, n. 374, istitutiva del Giudice di Pace, all'art. 7 c.p.c., ha previsto la competenza del Giudice di Pace in materia di opposizione a sanzioni amministrative di cui alla L. 24 novembre 1981, con il limite di valore di trenta milioni di Lire, salvo che con la sanzione pecuniaria sia stata anche applicata una sanzione amministrativa accessoria.

Resta ferma la competenza del Pretore in funzione di giudice del lavoro e per le cause di opposizione alle ingiunzioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.

E' competente il Giudice di Pace qualunque ne sia il valore per le cause di opposizione alle sanzioni amministrative irrogate in base all'art. 75 Testo Unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309".

Il D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, art. 1, convertito con modificazioni nella L. 20 dicembre 1995, n. 534, ha previsto che all'art. 7 c.p.c., come modificato della L. 21 novembre 1991, n. 374, art. 17, è abrogato il comma 3 ed il n. 4) dell'u.c.

Tale abrogazione ha determinato il ripristino della generale competenza per materia del Pretore ed, a seguito della soppressione di tale ufficio, la competenza esclusiva del Tribunale.

Il legislatore del nuovo codice della strada, approvato D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, ha previsto, in ordine alle controversie di opposizione ad ordinanze ingiunzione emesse per violazione delle norme sulla circolazione stradale, all'art. 205, comma 2 che, nei casi indicati dell'art. 7 c.p.c., comma 3, nel testo sostituito dalla L. 21 novembre 1991, n. 374, art. 17, l'opposizione va proposta innanzi al Giudice di Pace del luogo della commessa violazione. Resta ferma la competenza del Pretore quando con la sanzione pecuniaria sia stata anche applicata una sanzione amministrativa accessoria.

La disciplina relativa alla competenza in tema di opposizione ad ordinanze ingiunzioni, successivamente alla soppressione delle Preture ed alla istituzione del Giudice Unico di primo grado, è stata innovata con dal D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, che è intervenuto su entrambi plessi normativi che disciplinano gli illeciti amministrativi vale a dire la L. n. 689 del 1981 e le norme del codice della strada, operando le seguenti modifiche: sopprimendo del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 205, comma 2 e modificando il comma 3, che risultava così formulato "il giudizio di opposizione è regolato della L. n. 689 del 1991, artt. 22, 22 bis e 23; prevedendo la modifica della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, in questi termini: a) nel comma 1, le parole "davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione" sono sostituite dalle seguenti: "davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione individuato a norma dell'art. 22-bis";b) nel comma 4 e nel comma 7, la parola "pretore" è sostituita dalla parola "giudice", prevedendo che, dopo la L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, fosse inserito l'"art. 22-bis (Competenza per il giudizio di opposizione), che recita "salvo quanto previsto dai commi seguenti, l'opposizione di cui all'art. 22 si propone davanti al Giudice di Pace.

L'opposizione si propone davanti al Tribunale quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia:

a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro; b) di previdenza e assistenza obbligatoria; c) urbanistica ed edilizia; d) di tutela dell'ambiente dall'inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette; e) di igiene degli alimenti e delle bevande; f) di società e di intermediari finanziari; g) tributaria e valutaria.

L'opposizione si propone altresì davanti al Tribunale: a) se per la violazione è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a Lire trenta milioni; b) quando, essendo la violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, è stata applicata una sanzione superiore a Lire trenta milioni;

c) quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest'ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 22, L. 15 dicembre 1990, n. 386 e dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285. Restano salve le competenze stabilite da diverse disposizioni di legge";

La L. 1 agosto 2003, n. 214, ha introdotto in tema di violazioni del codice della strada, un rimedio alternativo al ricorso amministrativo al prefetto D.Lgs. n. 285 del 1992, ex art. 203, da proporsi avverso il verbale di contestazione dell'infrazione con ricorso diretto al giudice di pace competente per territorio del luogo in cui è stata commessa la violazione disciplinato dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 204 bis, come modificato dalla L. n. 120 del 2010.

Il ricorso è proposto secondo le modalità stabilite dalla L. n. 689 del 1981, art. 22 e secondo il procedimento fissato dall'art. 23, fatte salve le deroghe previste dalla presente legge e si estende anche alle sanzioni accessorie.

11. Con il D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, tale impianto normativo è stato ulteriormente innovato.

L'art. 6 prevede che: 1. Le controversie previste dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo.

2. L'opposizione si propone davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione.

3. Salvo quanto previsto dai commi 4 e 5, e salve le competenze stabilite da altre disposizioni di legge, l'opposizione si propone davanti al Giudice di Pace.

4. L'opposizione si propone davanti al Tribunale quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia:

a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro; b) di previdenza e assistenza obbligatoria; c) di tutela dell'ambiente dall'inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette; d) di igiene degli alimenti e delle bevande; e) valutaria; f) di antiriciclaggio.

5. L'opposizione si propone altresì davanti al Tribunale:

a) se per la violazione è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a 15.493 Euro;

b) quando, essendo la violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, è stata applicata una sanzione superiore a 15.493 Euro;

c) quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest'ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, dalla L. 15 dicembre 1990, n. 386 e dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285.

L'art. 7 è prevede che: 1). Le controversie in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada di cui del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 204-bis, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo.

2. L'opposizione si propone davanti al Giudice di Pace del luogo in cui è stata commessa la violazione.

3. Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla data di contestazione della violazione o di notificazione del verbale di accertamento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero e può essere depositato anche a mezzo del servizio postale. Il ricorso è altresì inammissibile se è stato previamente presentato ricorso ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 203.

4. L'opposizione si estende anche alle sanzioni accessorie.

12. Riepilogando la normativa di riferimento in materia di opposizione a verbale di accertamento, è costituita del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, artt. 201, 203, 204 bis (C.d.S.) e succ. mod. e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7.

Sia nel sistema delineato dal D.Lgs. n. 285 del 1992, che in quello che risulta dopo l'intervento di semplificazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, l'interessato può fare ricorso al prefetto avverso la contestazione, ai sensi dell'art. 203 C.d.S., ed il prefetto, nell'ipotesi di non accoglimento dell'opposizione, emette l'ordinanza-ingiunzione ai sensi del successivo art. 204; contro l'ordinanza ingiunzione può essere proposto ricorso al giudice e, dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, si applica l'art. 6, che disciplina l'opposizione alle ordinanze-ingiunzione emesse anche ai sensi della L. n. 689 de11981 (analogamente a quanto accadeva nel vigore dell'art. 205 C.d.S., il cui terzo comma rinviava per il giudizio di opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione del prefetto della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23).

Inoltre l'interessato si può avvalere del ricorso al Giudice di Pace ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, impugnando direttamente il verbale di accertamento di violazione del codice della strada, così come previsto dal testo attuale dell'art. 204 bis C.d.S., sostituito dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 34, che ha diversamente disciplinato l'analogo rimedio comunque già contemplato dal testo previgente dell'art. 204 bis. Se il destinatario della contestazione non si avvale nè del ricorso al prefetto nè del ricorso al giudice di pace il verbale di accertamento diviene definitivo.

13. Anche la dottrina ha formulato una propria elaborazione in ordine alla individuazione dell'oggetto del giudizio di opposizione a sanzioni amministrative.

Secondo dottrina autorevole e dominante l'impugnazione dell'atto sarebbe l'occasione per instaurare il processo, ma oggetto di questo sarebbe sempre la situazione sostanziale rispetto alla quale produce i suoi effetti l'atto impugnato. Oggetto del processo è quindi il rapporto che sta alle spalle dell'atto emesso della pubblica amministrazione, quindi l'asserito diritto di credito della pubblica amministrazione nei confronti del cittadino per la violazione commessa e non la validità dell'ordinanza ingiunzione. La circostanza che l'atto impugnato sia solo l'occasione per discutere della situazione sostanziale ad esso sottesa è rilevante, secondo questa tesi dottrinaria, per determinare anche di ciò che il giudice deve decidere,in applicazione del principio della domanda. Sarà l'opponente a dover individuare nell'atto di opposizione gli elementi della fattispecie che sottopone all'attenzione del giudice e sui quali soltanto può fondarsi la decisione.

L'autore dell'atto ha quindi l'onere di indicare gli elementi rilevanti costituenti il proprio diritto a quel credito, mentre l'opponente ha l'onere di indicare al giudice con l'atto di opposizione di specifici motivi per i quali ritiene inesistente l'obbligo di pagare la sanzione.

In conseguenza, l'oggetto della sentenza è ancora una volta l'effetto giuridico, mentre l'annullamento totale o parziale dell'atto è solo una conseguenza di quelli che sono i veri limiti oggettivi di efficacia della sentenza. Concludendo, la dottrina in argomento ritiene che se l'oggetto della pronunzia fosse solo quello demolitorio dell'ordinanza ingiunzione, non vi sarebbe alcun accertamento del rapporto tra le parti che possa impedire alla pubblica amministrazione di reiterare l'ordinanza ingiunzione per la stessa infrazione.

14. Altra parte della dottrina, pur aderendo a questa impostazione, evidenzia però che non perdono rilievo i vizi formali del provvedimento. Infatti, la circostanza che il giudice possa decidere dell'atto sostanziale, dunque della fondatezza della pretesa sanzionatorio dell'amministrazione, non fa venir meno la rilevanza dell'obbligo della stessa di rispettare le regole che disciplinano il procedimento. Anche in caso di opposizione fondata solo su vizi formali del provvedimento, il giudice che accerta l'esistenza di tali vizi, deve accogliere la domanda ed annullare l'ordinanza, senza che in alcun modo possa rilevare l'eventuale ricorrenza dei presupposti di fatto per l'esercizio del potere sanzionatorio.

15. Sul punto della natura giuridica della competenza del giudice di pace in merito ai giudizi di opposizione a sanzioni amministrative, vi sono limitati interventi dottrinari che per lo più formulano considerazioni meramente assertive o semplicemente riproduttive de testo legislativo.

Fra queste ultime una autorevole dottrina, nel trattare la ricostruzione dell'opposizione ad ordinanza ingiunzione del D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 6, ha evidenziato che la L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, prevede che l'opposizione deve proporsi davanti all'autorità giudiziaria e che la competenza territoriale spetta al giudice del luogo dove è stata commessa la violazione, ma circa la competenza verticale fra Giudice di Pace e Tribunale si riporta alla lettera della norma, evidenziando però che sussistono materie nelle quali la competenza esclusivamente del tribunale, qualunque sia l'entità della sanzione. Ad esempio in materia di lavoro e previdenza. In senso inverso, il Giudice di Pace è sempre competente per le sanzioni accessorie, anche per le sanzioni accessorie relative alle violazioni in materia di assegni e per quelle previste dal codice della strada, sempre che la sanzione principale non ecceda i limiti della sua competenza.

Questa ricostruzione, quindi, pur limitandosi a una riproduzione del dettato normativo, evidenza che nella materia che ci occupa è applicato il criterio di competenza generale in capo al Giudice di Pace e non al Tribunale, in maniera differente dalla disciplina codicistica di cui all'art. 7 c.p.c. e segg., ma offre solo limitati spunti in merito alla natura di detta competenza.

Altra dottrina evidenzia che con l'introduzione nella L. n. 689 del 1981, art. 22 bis, ora sostituito dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, è stata nuovamente riconosciuta la competenza generale del Giudice di Pace in materia di opposizione all'ordinanza ingiunzione di pagamento di sanzioni amministrative ad eccezione delle ipotesi espressamente riservate in questa materia alla competenza del Tribunale ed in materia di opposizione al verbale di accertamento del codice della strada. Pur non prendendo esplicita posizione sulla natura della competenza in esame, ha evidenziato che il legislatore del D.Lgs. n. 150 del 2011, ha attribuito come regola generale la competenza in merito all'opposizione all'ordinanza ingiunzione al giudice di pace, riconoscendo in capo al tribunale solo in via eccezionale, per una griglia di ipotesi individuate dal legislatore secondo due criteri, uno qualitativo, art. 6, comma 4, e l'altro quantitativo, art. 6, comma 5.

16. Altra autorevole dottrina evidenzia che i criteri di competenza sono giustificati da varie ragioni pratiche: la competenza per valore ha riguardo alla considerazione monetaria dell'oggetto; la competenza per territorio, che si distingue in derogabile ed inderogabile, attiene per un verso ad elementi spaziali della controversia e per altro verso alla ripartizione dell'organizzazione giudiziaria; la competenza per materia invece considera l'oggetto della domanda sotto profili diversi da quello già illustrato della considerazione monetaria.

Di tali criteri i primi due hanno carattere generale, laddove quello per materia ha natura speciale in quanto si applica alle sole controversie il cui oggetto è considerato dal punto di vista diverso da quello della sua trasformabilità in una somma di denaro. I criteri inerenti alla competenza, potremmo dire verticale, non sempre si escludono a vicenda ed un esempio di combinazione del criterio della materia con quello del valore è individuato dalla dottrina in argomento, proprio nella legge istitutiva del Giudice di Pace. Essa, oltre a prevedere una competenza per valore e ipotesi di competenza per materia, prevede anche una speciale ipotesi di competenza per materia e valore insieme, ponendo questi due criteri in rapporto di non di esclusione ma di complementarietà.

Come ipotesi di competenza per materia e valore viene individuato l'art. 7 c.p.c., comma 2, che devolve alla competenza del giudice di pace, entro il limite massimo del valore elevato al Euro 30.000,00, le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti analogamente al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, commi 3 e 5, che devolve al Giudice di Pace la competenza a conoscere dell'opposizione ad ordinanze erogatrici di sanzione amministrativa di entità inferiore ad Euro 15. 493,00.

Parimenti anche altra dottrina ritiene esplicitamente che il criterio della materia permei il riparto di competenza in merito alle opposizione di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 6 e 7.

Tale dottrina colloca ulteriori ipotesi di competenza per materia del Giudice di Pace quelle di cui agli artt. 6 e 7, evidenziando che in tali casi la competenza per materia spetta di regola al Giudice di Pace ed in via eccezionale al Tribunale.

17. Al contrario, altri autori ritengono che quella di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 3, sia una competenza per valore del Giudice di Pace, mentre quelle prevista dai commi 3 e 5, lett. a) e b) del medesimo art. 6, siano ipotesi di competenza per valore del Tribunale e che nella competenza per materia di tale ultimo giudice rientrerebbero altresì le ipotesi di cui al combinato disposto del citato art. 6, commi 3 e 4.

18. Dall'esame delle norme che nel tempo hanno disciplinato il giudizio di opposizione a sanzioni amministrative, comprese quelle per violazione del codice della strada, e di opposizione a verbale di accertamento di violazione del codice della strada, si può rilevare che il legislatore ha trattato tali controversie con una tecnica legislativa che ha dato rilievo all'oggetto della domanda, considerato però non per il suo valore monetario, ma per una serie di profili differenti che portano a ritenere che il riparto della competenza sia determinato soprattutto con il criterio della materia.

E questo sia se si ritenga che l'oggetto del giudizio di opposizione sia il solo atto impugnato sia se, come deve ritenersi oggi affermato dalla prevalente giurisprudenza di legittimità e dalla dottrina più avvertita, oggetto della domanda deve considerarsi il diritto di credito vantato dalla pubblica amministrazione nei confronti del consociato in ragione di un assunto illecito amministrativo.

Appare, dal confronto delle disposizioni legislative che nel tempo hanno riguardato le opposizioni alle ordinanze ingiunzione di sanzione amministrativa, che queste siano state sempre considerate dal legislatore come una categoria di cause con caratteristiche ontologicamente unitarie, che sono state inizialmente attribuite alla competenza del pretore, e con la soppressione del pretore, del tribunale, e poi del giudice di pace,a seguito dell'istituzione di questa nuova figura, sempre individuando la categoria unitariamente, sia con riferimento al procedimento applicabile, che all'oggetto sostanziale della domanda.

19. Infatti l'originaria formulazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, prevedeva che contro l'ordinanza ingiunzione di pagamento e contro l'ordinanza che dispone la sola confisca, gli interessati potevano proporre opposizione davanti al giudice del luogo in cui era stata commessa la violazione entro il termine di 30 giorni dalla notificazione del provvedimento.

L'art. 22, è stato successivamente modificato nel senso che nel comma 1, le parole "davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione" sono sostituite dalle seguenti: "davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione individuato a norma dell'art. 22-bis.

Infatti dopo della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, è stato inserito l'art. 22-bis (Competenza per il giudizio di opposizione). che ha stabilito "salvo quanto previsto dai commi seguenti, l'opposizione di cui all'articolo 22 si propone davanti al Giudice di Pace".

Il legislatore, dopo aver inizialmente previsto quella che sembra una generale competenza del Giudice di Pace in materia di opposizione a sanzioni amministrative, ha previsto nell'art. 22 bis, la competenza del Tribunale quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni "in materia" di tutela del lavoro, di previdenza e assistenza obbligatoria, di urbanistica, di tutela dell'ambiente, di igiene degli alimenti, di società e di intermediari finanziari, in materia tributaria e valutaria.

Inoltre, prosegue l'art. 22 bis, l'opposizione si propone davanti al Tribunale: a) se per la violazione è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a Lire trenta milioni; b) quando, essendo la violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, è stata applicata una sanzione superiore a Lire trenta milioni; c) quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest'ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, dalla L. 15 dicembre 1990, n. 386 e dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285. Restano salve le competenze stabilite da diverse disposizioni di legge.

Come è agevole rilevare dall'esame di questa ultima disposizione, che è quella che regolava la materia delle opposizioni a sanzione amministrativa prima del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 6, unica norma oggi applicabile e che sostanzialmente riproduce l'art. 22 bis, la ripartizione della competenza fra Giudice di Pace e Tribunale risulta ancorata prevalentemente al criterio della materia. Infatti con chiarezza il legislatore ha fatto riferimento alla materia quando ha attribuito al Tribunale la competenza per la sanzioni amministrative in materia di lavoro, urbanistica, ambiente, alimenti, tributi; ma è sempre competenza per materia anche quella prevista dalle ipotesi a) b) c) dell'art. 22 bis.

Infatti, difficilmente le ipotesi sopraindicate potrebbero rientrare nella nozione di competenza per valore come prevista dall'art. 10 c.p.c., per cui il valore della controversia si determina dalla domanda, e dall'art. 14 c.p.c., per cui in materia di cause relative a somme di danaro, il valore si determina in base alla somma o al valore indicato dall'attore.

Infatti l'art. 22 bis, ai fini della ripartizione della competenza verticale fra Giudice di Pace e Tribunale, non fa riferimento alla somma indicata dall'attore, ma bensì all'ipotesi di violazione per cui è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a Lire trenta milioni; di violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, per cui è stata applicata una sanzione superiore a Lire trenta milioni; di sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest'ultima.

20. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 370 del 2007, ha ritenuto che fosse prevista la competenza del giudice di pace per materia con limite di valore in merito all'opposizione ad ordinanza ingiunzione, con riferimento proprio al previgente della L. n. 689 del 1981, art. 22 bis, comma 3, sostanzialmente oggi trasfuso nel D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, commi 3 e 5.

La Corte Costituzionale ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22 bis, comma 3, inserito dal D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, art. 98, censurato dal giudice di Pace di Milano in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che la competenza a conoscere dell'opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione di pagamento di sanzioni amministrative spetta al Tribunale anzichè al Giudice di Pace quando, per ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva, il valore della causa di opposizione a ordinanza ingiunzione superi il complessivo importo di Lire 30 milioni.

Il Giudice di Pace di Milano ha rimesso una questione in cui l'opponente, con unico ricorso, aveva proposto opposizione avverso cinquantotto ordinanze-ingiunzione con le quali erano state irrogate sanzioni pecuniarie, ciascuna dell'importo di Lire 1.200.000, per un importo complessivo di Lire 69.000.000 (pari ad Euro 35.645,40).11 giudice rimettente ha evidenziato che la L. n. 689 del 1981, art. 22-bis, dispone che l'opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento "si propone davanti al giudice di pace" (comma 1), salvo "se per la violazione è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a Lire trenta milioni", nel qual caso essa, al pari di altre ipotesi individuate dallo stesso articolo, si propone davanti al tribunale (comma 3, lett. a);

ha rilevato che il limite di valore così stabilito costituisce applicazione del principio per cui le questioni di una certa rilevanza economica debbono essere affidate al Tribunale e non al Giudice onorario;

che, con riferimento alla non manifesta infondatezza della questione, il Giudice di Pace ha osservato che l'art. 22-bis censurato, non prevedendo che la competenza venga attribuita al Tribunale allorchè "per ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva il valore della causa superi il complessivo importo di Lire 30 milioni", determinerebbe la violazione dell'art. 3 Cost., per l'ingiustificata disparità di trattamento "tra il cittadino destinatario di una sanzione amministrativa superiore a Lire 30 milioni ed il cittadino al quale, per il medesimo fatto venga irrogata una sanzione di uguale importo ma attraverso più provvedimenti della P.A. (i quali, singolarmente, rientrerebbero nella competenza del Giudice di Pace)".

21. La Corte Costituzionale, quanto al merito della censura, ha affermato della L. n. 689 del 1981, art. 22-bis, comma 3, lett. a) - norma speciale rispetto a quella dell'art. 10 c.p.c., comma 2, il quale, pertanto, non si applica al caso di specie - ancora la competenza del Tribunale, in luogo di quella del Giudice di Pace, al fatto che per la singola violazione sia "prevista" una sanzione pecuniaria edittale superiore nel massimo a Lire trenta milioni; che la circostanza che il giudizio a quo abbia ad oggetto cinquantotto sanzioni, ciascuna per Lire 1.200.000, tutte opposte con ricorso cumulativo innanzi al giudice di pace (al pari che se le sanzioni stesse fossero state singolarmente contestate con altrettante opposizioni, poi riunite dal giudice), non vale a superare la circostanza, dirimente, che la competenza va determinata tenendo conto unicamente della sanzione pecuniaria edittale prevista dalla norma per la singola violazione, trattandosi di competenza per materia con limite di valore; che - tenuto conto altresì della circostanza che la riunione di procedimenti relativi a cause connesse di cui all'art. 274 c.p.c., non è nient'altro che una misura organizzativa del lavoro giudiziario, inidonea a superare l'autonomia dei singoli giudizi - non è possibile porre sullo stesso piano la posizione di chi sia destinatario di un'unica sanzione pecuniaria di importo superiore alla soglia di competenza del giudice onorario e quella di chi sia invece destinatario di tante sanzioni pecuniarie, ciascuna di importo edittale inferiore a tale soglia; da qui la manifesta infondatezza della questione.

22. In materia di opposizioni a sanzioni amministrative il legislatore ha oggi introdotto del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, in sostanziale identità strutturale con il precedente della L. n. 689 del 1981, art. 22 bis.

La relazione illustrativa del D.Lgs. n. 150 del 2011, ha precisato che i criteri posti dalla legge delega sono stati attuati mantenendo i preesistenti criteri di competenza, nonchè quelli relativi alla composizione dell'organo giudicante, ed operando una riconduzione di ciascun procedimento civile ad uno degli accennati modelli di rito contemplati del codice di procedura.

Con riferimento all'art. 6, la relazione ha chiarito che le controversie in materia di opposizione ad ordinanza ingiunzione, attualmente disciplinate dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 22 e segg., sono state inserite tra i procedimenti regolati dal rito del lavoro... le speciali disposizioni dettate in materia di competenza attualmente contenute nell'art. 22 bis, sono state adeguate alle vigenti norme che regolano alla giurisdizione tributaria e quella del giudice amministrativo, con l'eliminazione delle ipotesi di competenza già oggetto di abrogazione implicita in virtù delle modifiche normative che hanno devoluto ai predetti giudici la giurisdizione anche in materia di provvedimenti sanzionatori in determinate materie. Sono state inoltre mantenute le ulteriori peculiarità del rito disciplinato da questa legge (diverse da quelle realizzabili mediante l'applicazione della disciplina del rito del lavoro) tenendo conto del mutato quadro normativo costituzionale e degli interventi della carta costituzionale che si sono succeduti in questa materia. La disciplina dettata dal presente articolo si applica anche ai giudizi di opposizione all'ordinanza ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall'art. 205 C.d.S. (così D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 205, come modificato dall'art. 32, comma 6, lett. b) del presente D.Lgs.

23. L'art. 6, come si è in precedenza illustrato, dispone che le controversie previste della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo.

L'opposizione si propone davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione.

Il comma 3 prevede che, salvo quanto previsto dai commi 4 e 5, e salve le competenze stabilite da altre disposizioni di legge, l'opposizione si propone davanti al giudice di pace.

Continuando l'esame del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 6, si può agevolmente rilevare che il legislatore ha riprodotto la regolamentazione sulla competenza contenuta per le sanzioni amministrative della L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 22 e 22 bis, ultima formulazione.

Infatti, è previsto, dopo la norma che sistematicamente prevede come generale la competenza del Giudice di Pace in materia di opposizioni a sanzioni amministrative, al comma 4 che l'opposizione si propone davanti al Tribunale quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni in alcune specifiche materie. Al comma 5 è previsto che l'opposizione si propone altresì davanti al Tribunale: a) se per la violazione è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a 15.493 Euro;

b) quando, essendo la violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, è stata applicata una sanzione superiore a 15.493 Euro;

c)quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest'ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736 (disposizioni sull'assegno bancario e circolare), dalla L. 15 dicembre 1990, n. 386 (nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari) e dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo codice della strada).

24. La modulazione della ripartizione della competenza cosiddetta verticale, nell'ambito della categoria di opposizioni a sanzioni amministrative appartenenti in generale alla competenza del Giudice di Pace, prevede che il Tribunale sia competente per materia per le controversie di cui alla lettere a) b) c) d)e f) del comma 4.

Per le ipotesi previste dal comma 5, lettere a) e b), la competenza è ripartita fra Giudice di Pace e Tribunale con riferimento ad un criterio di competenza per materia con limite di valore(mutuando la definizione di cui alla sentenza Cost. n. 370/2007), dove il valore come limite di ripartizione è inteso con riferimento alla sanzione pecuniaria edittale superiore nel massimo a Euro 15.493,00 o sanzione pecuniaria edittale proporzionale senza previsione di limite massimo per cui è stata applicata una sanzione superiore Euro 15.493,00.

L'ipotesi di cui alla lettera a) determina la competenza in base al criterio normativo di previsione della sanzione nel massimo, indipendentemente dalla sanzione concretamente irrogata, e quindi indipendentemente dal valore concreto della controversia.

L'ipotesi di cui alla lettera b) determina la competenza in base ad una tipologia di sanzioni, cioè una materia, che è quella di tutte le violazioni punite in via edittale con una sanzione pecuniaria proporzionale, ma senza la previsione di un limite massimo, e successivamente dà rilievo al valore della sanzione in concreto irrogata.

Con riferimento all'ipotesi di cui alla lettera c) ancora una volta l'oggetto del giudizio rileva non per la considerazione monetaria, ma in ragione dello speciale rapporto dedotto. Si tratta quindi di competenza per materia attribuita al Tribunale in ragione della natura della sanzione amministrativa, diversa da quella pecuniaria, irrogata da sola o congiuntamente ad altre sanzioni pecuniarie.

Il criterio che determina la competenza si correla alla natura della sanzione e non alla misura della sanzione irrogata.

Il giudice di pace è competente per tali sanzioni, diverse da quelle pecuniarie, solo in riferimento a sanzioni applicate per violazioni previste in settore specificatamente previsti dalla lett. c), (in materia di assegni circolari bancario e codice della strada).

25. L'art. 7 regolamenta la materia dell'opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada, di cui del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 204 bis, per prevedere anche per tali procedimenti l'applicazione del rito del lavoro e attribuire la competenza al giudice di pace de luogo in cui è stata commessa la violazione.

Infatti l'art. 7, al n. 2 prevede che l'opposizione si propone davanti al Giudice di Pace del luogo in cui è stata commessa la violazione, ed al n. 4 che l'opposizione si estende anche alle sanzioni accessorie.

In tale caso siamo in presenza di una competenza per materia ancorata all'oggetto del giudizio, opposizione a verbale di accertamento per violazione del codice della strada, senza alcun rilievo del valore.

Il criterio della competenza per materia, in alcuni casi con il limite del valore, nella ripartizione della competenza fra Giudice di Pace e Tribunale, risulta sistematico sia con la normativa che in precedenza ha regolato le opposizioni a sanzioni amministrative, anche quelle per violazione del codice della strada, sia in relazione alle due norme che oggi da sole regolano la materia, vale a dire del D.Lgs. n. 689 del 2011, artt. 6 e 7.

Non si comprenderebbe il motivo per cui il legislatore avrebbe dovuto ripartire con il criterio del valore la competenza fra Giudice di Pace e Tribunale D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 6, per i giudizi di opposizione a sanzioni amministrative per violazione del codice della strada e invece attribuire alla competenza per materia del Giudice di Pace ex successivo art. 7 per tutte le opposizioni al verbale di accertamento di quelle stesse violazioni del codice della strada.

Inoltre il ritenere che la competenza verticale fra Giudice di Pace e Tribunale prevista dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, sia ripartita per materia ed in alcune ipotesi con limite di valore sarebbe rispettosa della statuizione sul punto del giudice delle leggi.

26. In conclusioni oggi, in base del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, si può qualificare la competenza del Giudice di Pace devoluta in base ad un criterio che è prioritariamente per materia e solo in un momento logicamente successivo ed in alcune ipotesi, connotato dall'elemento del valore.

In base al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, può qualificarsi competenza per materia quella del Giudice di Pace per tutte le opposizioni a verbale di accertamento di violazioni del codice della strada.

Deve quindi affermarsi che la natura giuridica della competenza del Giudice di Pace del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, ex art. 6, relativa alle controversie aventi ad oggetto opposizione a sanzioni amministrative per violazione del codice della strada è competenza per materia ed in alcune ipotesi con limite di valore; che la natura giuridica della competenza del Giudice di pace del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, ex art. 7, relativa alle controversie aventi ad oggetto opposizione al verbale di accertamento è competenza per materia; gli stessi criteri di competenza vanno applicati anche con riferimento all'impugnativa del preavviso di fermo, in quanto azione di accertamento negativo nei termini delineati da Cass. S.U. 22/7/2015 n. 15354.

27. Passando all'esame del regolamento di competenza oggetto del presente procedimento, preliminarmente deve affermarsi l'ammissibilità dello stesso alla luce dello "jus receptum" di cui a Cass. S.U. n. 21582/2011, ribadito anche da S.U. n. 15354/2015 che, investite della risoluzione di un contrasto relativo all'ambito ed ai limiti della competenza del Giudice di Pace rispetto al Tribunale, hanno ritenuto ammissibile, ex art. 45 c.p.c., l'esperimento del regolamento di competenza d'ufficio quando - emessa dal giudice adito per un determinato processo la pronuncia declinatoria della competenza per materia o per territorio inderogabile e riassunta la causa davanti al giudice indicato come competente - quest'ultimo si ritenga a sua volta incompetente sotto gli stessi profili, vale a dire sostenga che la competenza per materia o territoriale inderogabile spetti al primo o ad un terzo giudice.

Il regolamento è fondato poichè alla luce di quanto esposto la competenza appartiene per materia al Giudice di Pace di Roma, trattandosi di opposizione a preavviso di fermo, che segue la stessa regolamentazione quanto alla competenza dell'oggetto sostanziale della domanda, rientrante quest'ultima nella competenza per materia del Giudice di Pace.

Trattandosi di regolamento di competenza di ufficio(e nel quale le parti non hanno svolto attività difensiva) non è dovuta pronunzia sulle spese.

 

P.Q.M.

La Corte dichiara la competenza del Giudice di Pace di Roma.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2018