Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 726 - pubb. 01/01/2007

Fallimento di società apparente e imprenditore agricolo

Tribunale Mantova, 03 Aprile 2003. .


Opposizione a sentenza dichiarativa di fallimento - Litisconsortzio necessario - Estensione del fallimento di società di fatto ad un familiare - Elementi estrinsecativi del rapporto societario - Rilevanza dell'affectio familiaris -Affidamento dei terzi - Allevamento di bestiame - Collegamento funzionale con il fondo.



 


 


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 46/99 del 17.9.98 il Tribunale di Mantova dichiarava il fallimento della società di fatto tra Bianchi Terenzio, Bianchi Aldo e Verdi Paola nonché dei soci in proprio osservando: - che i debitori erano dediti ad un’attività commerciale e non agricola come si desumeva a) dal veloce ricambio degli animali, tenuti in stalla dopo il loro acquisto per il tempo strettamente necessario al raggiungimento di un determinato peso ed immediatamente destinati poi alla rivendita, b) dal passivo accumulato in un ammontare ragguardevole e giustificabile solo per un’attività di intermediazione nella vendita del bestiame, c) dall’assenza di un collegamento funzionale con il fondo per essere il bestiame alimentato con latte fornito da terzi- che la natura commerciale dell’azienda di Bianchi Terenzio era dimostrata anche dalla sua qualità di soccidario- che il rapporto societario era palesato dall’abituale scambio di personale fra le tre aziende individuali e la Bianchi s.r.l., dall’accentramento presso quest’ultima delle contabilità delle altre imprese del gruppo familiare, dai poteri gestori esercitati da Bianchi Terenzio il quale anche per le aziende intestate ai suoi congiunti provvedeva alle contrattazioni con clienti e fornitori ed intratteneva i rapporti con le banche. Con sentenza n. 11/00 del 23.3.2000 il Tribunale di Mantova dichiarava altresì il fallimento in estensione di Bianchi Anna rimarcando che quest’ultima aveva concesso garanzie a favore di Bianchi Aldo e Verdi Paola per oltre 4 miliardi di lire, aveva garantito anche per ulteriori aziende collegate a costoro, era titolare di immobili di notevole valore acquistati per sua ammissione con denaro del padre Bianchi Terenzio ed ipotecati per oltre £. 11.500.000.000 per debiti contratti nello svolgimento dell’attività della società di fatto. Con atto 4.10.1999 Bianchi Terenzio, Verdi Paola e Bianchi Aldo citavano dinanzi al locale Tribunale i creditori istanti Zoogarden S.p.A. e Fallimento della Bianchi s.r.l., proponendo opposizione avverso la sentenza 17.9.98 contestando di essere stati soci di fatto, di aver perseguito un intento speculativo con il “ricambio di animali” definito “veloce” dal Tribunale, ma in realtà normale per gli allevamenti come i loro, nei quali venivano alimentati vitelli a carne bianca, comprati venti giorni dopo la nascita e venduti in età di circa quattro mesi, di essersi indebitati in misura compatibile con l’esercizio dell’agricoltura ed in particolare dell’allevamento del bestiame, pacificamente soggetto al rischio economico, di avere acquistato presso terzi mangime in ragguardevole qualità, ma anche dimostrato di aver asservito alle necessità dell’allevamento ampie superfici di terreni agricoli. Con citazione 21.4.2000 Bianchi Anna radicava a sua volta l’opposizione contro la sentenza 23.3.2000 negando che fosse intercorso l’asserito rapporto sociale interfamiliare e sostenendo di aver prestato le fideiussioni in un breve arco di tempo per evitare il fallimento dei propri congiunti, allorché le loro imprese individuali erano già in fase preagonica.ü che l’opposizione era inammissibile siccome non proposta anche nei confronti del proprio Curatore e in dipendenza da un vizio non sanabile a mente dell’art. 102 com. 2° c.p.c. per l’omessa citazione del contraddittore principale- che i falliti, anche se avessero allevato solo vitelli a carne bianca, avrebbero svolto un’attività commerciale, avendo venduto gli animali dopo un periodo di ingrasso di breve durata, trascorso senza curarne la riproduzione e senza porre in essere le tecniche necessarie per lo sviluppo quantitativo e qualitativo dei capi- che la coltivazione dei campi non aveva in alcun modo concorso a soddisfare il fabbisogno degli allevamenti- che il rapporto sociale era ampiamente provato dalle circostanze richiamate nella sentenza gravata nonché dalle sistematiche prestazioni di garanzie reciproche ed incrociate per ingenti importi tra Bianchi Terenzio, Verdi Paola e Bianchi Aldo e dalla loro facoltà di operare disgiuntamente su tutti i conti bancari della famiglia, comunque intestati. Si costituiva anche la Zoogarden spiegando difese analoghe a quelle svolte dalla Curatela. Il Fallimento della s.d.f. Bianchi e dei soci nel costituirsi contro Bianchi Anna chiedeva la declaratoria dell’inammissibilità o il rigetto delle sue istanze sulla premessa che costei non aveva notificato l’atto introduttivo del giudizio oppositorio al Curatore del suo fallimento in proprio e tra il 24.12.1992 e il 2.2.1999 aveva prestato a favore di imprese del gruppo garanzie in forma di fideiussioni o di avvalli anche per oltre il miliardo di lire.Il G.I. ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Curatore nell’opposizione alla sentenza n. 11/00 faceva precisare le conclusioni ed assegnava le cause a sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE
L’opposizione al primo fallimento, della quale è stata eccepita l’inammissibilità (sul presupposto che l’omessa citazione del Curatore nel termine fissato dall’art. 18 com. 1° l. fall., non sia sanata dalla successiva integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, trattandosi del principale legittimato passivo rispetto alla domanda dell’opponente) è stata utilmente instaurata con la tempestiva notifica dell’atto introduttivo ai soli creditori istanti atteso che la qualità di litisconsorte ex art. 102 c.p.c. non è concettualmente suscettiva di distinzioni al suo interno tra litisconsorti più e meno necessari e che l’art. 331 c.p.c. ha codificato una regola di carattere generale alla quale soggiacciono oltre alle impugnazioni in senso tecnico anche la riassunzione del giudizio interrotto (v. Cass. 20.6.1989 n. 2938) e – come nel caso specifico – le opposizioni alle sentenze dichiarative di fallimento (v. Trib. Venezia 11.3.1981 – Trib. Napoli 8.6.1971). Bianchi Anna ha evocato in giudizio anche il proprio fallimento, avendo citato l’Amministrazione fallimentare della società di fatto Bianchi Terenzio, Bianchi Aldo, Verdi Paola e soci (tra i quali la sentenza da lei opposta l’aveva ricompresa), e ha eseguito una rituale notifica mediante la consegna di una sola copia dell’atto al Curatore quale unico legale rappresentante dei più fallimenti riuniti (v. Cass. 29.10.1983 n. 6430), né rileva, sul piano pratico, che non abbia chiamato a contraddire anche i richiedenti il fallimento della società poiché era sì obbligata a proporre anche nei loro confronti l’opposizione al fallimento in estensione dal combinato disposto degli artt. 147 com. 3°, 18 com. 3° l. fall., il quale non poteva far riferimento altrimenti che ai creditori istanti rispetto al fallimento della società prima di essere dichiarato parzialmente illegittimo dalla sentenza 16.7.1970 n. 142 della Corte Costituzionale (v. Cass. 10.7.2001 n. 9359), tuttavia la Zoogarden e il Fall. Bianchi s.r.l. hanno svolto le proprie difese in entrambe le opposizioni, a seguito della riunione di esse, acquisendo veste di parte anche nella seconda e rendendo superfluo l’ordine di integrarne il contraddittorio (v. Cass. 21.4.1998 n. 4032). L’istituto, di creazione dottrinaria e giurisprudenziale, della società apparente (configurabile in presenza di comportamenti dei soci atti ad ingenerare nei terzi l’incolpevole convincimento dell’esistenza del vincolo sociale, pur se idonei a dimostrare il concorso degli ulteriori elementi della comunione dei conferimenti e della condivisione dell’alea) ha legittimato, sotto il profilo in esame, la pronuncia del fallimento della s.d.f. Bianchi e dei suoi componenti, risultando dalla copiosa documentazione dimessa dalla Curatela (e recante anche le disinteressate attestazioni di persone a diretta conoscenza dei fatti come la rag. Capitani Albertina ed il rag. Aldo Arioli) una serie di circostanze inequivocabilmente estrinsecative del rapporto societario in quanto:
I. le tre imprese individuali si scambiavano il personale tra esse e con la Bianchi s.r.l., che tramite suoi dipendenti teneva la contabilità civilistica e fiscale di tutte le imprese gestite dalla famiglia
II. i poteri decisionali facevano capo a Bianchi Terenzio, il quale concordava anche per le aziende di Bianchi Aldo e di Verdi Paola i prezzi, le altre condizioni di contratto, la qualità e quantità degli animali
III. Bianchi Terenzio, Bianchi Aldo e Verdi Paola si sono vicendevolmente forniti sostegno economico in forma di sistematica prestazione di garanzie reciproche ed incrociate ed hanno promiscuamente operato sui conti correnti bancari di ciascuno di loro.
Meno numerosi ma ugualmente probanti sono gli indizi della partecipazione alla società di Bianchi Anna, che è titolare di immobili di ingente valore acquistati per sua ammissione con denaro del padre Bianchi Terenzio (v. sent. n. 11/00) ed ha sottoscritto nel periodo dal 24.12.1992 al 2.2.1999 nove fideiussioni o avvalli a favore di società base familiare (come la Bianchi s.r.l. e la Coop. Agric. Stalla Sociale Fabbrico s.c.a.r.l.) o dei famigliari falliti, tra cui Bianchi Aldo, per il quale ha garantito il 18.9.950 e il 2.2.1999 sino alla concorrenza rispettivamente di £. 1.200.000.000 e di £. 1.274.000.000, sicchè la di lei qualità di socia di fatto può ritenersi accertata in sintonia con la giurisprudenza secondo cui le prestazioni di garanzia per debiti di stretti consanguinei assurgono ad esteriorizzazione del rapporto sociale quando per la sistematicità e per il cospicuo ammontare delle obbligazioni garantite eccedono i limiti di quelle giustificabili come espressione dell’affectio familiaris, nella quale possono trovare sufficiente spiegazione se sono state occasionali, ma non se hanno attuato un regolare coinvolgimento nelle operazioni dirette a procacciare fondi all’impresa del congiunto, così da indurre i terzi a ragionevolmente confidare nell’esistenza della società (v. Cass. 14.2.2001 n. 2095), mentre l’epoca delle prime fideiussioni, risalenti agli anni dal 1992 al 1995, in cui lo stato di insolvenza delle imprese poi fallite non si era ancora manifestato, vanifica il tentativo di Bianchi Anna di accreditare come movente solidaristico dei suoi interventi a favore dei genitori e di Bianchi Aldo l’intento di sottrarli ai gravi pregiudizi loro arrecati dal paventato fallimento (riconoscendo, implicitamente, di essere stata consapevole della riconducibilità delle loro imprese fra quelle commerciali). La portata innovativa anziché interpretativa della riformulazione dell’art. 2135 c.c. enunciata nell’art. 1 d. lgs. 18.5.2001 n. 228 è indubitabile ed è stata sottolineata anche dalla S.C. che ne ha individuato i tratti salienti nella sostituzione della nozione dell’allevamento degli animali a quella più ristretta di allevamento di bestiame (cioè dei soli animali tradizionalmente legati alla terra) nonché in una maggiore elasticità dei rapporti tra l’allevamento e l’utilizzazione del fondo, intesa nel nuovo dettato normativo, come “possibilità” e non più come “necessità” di tale rapporto (v. Cass. 5.12.2002 n. 17251); pertanto occorre attenersi, nella controversia odierna, al testo previgente della disposizione novellata, nel quale anche la previsione delle attività connesse era più circoscritta, e vagliare se dai documenti in atti e dalle testimonianze offerte dagli opponenti possa essere argomentata la natura agricola della loro impresa collettiva procedendo ad un’analisi che porta ad escludere l’attitudine di siffatte prove a dimostrare il collegamento funzionale con la terra dell’allevamento praticato dai Bianchi e tanto più se – come sostengono – questo era composto unicamente o prevalentemente da vitelli a carne bianca, giunti a maturazione alla fine del quarto mese di vita. Il collegamento funzionale in predicato postula infatti che l’alimento somministrato al bestiame sia costituito non marginalmente dai prodotti ricavati dalla coltivazione del fondo, ossia dalla sua produzione foraggera, laddove i vitelli a carne bianca, che non hanno ancora completamente sviluppato l’apparato ruminante, vengono nutriti con mangimi industriali e/o con latte (di cui nella specie non è stata dimostrata la provenienza da vaccine allevate dai Bianchi con vegetali cresciuti nei loro terreni). Per contrastare la valenza probatoria del “veloce ricambio” dei capi, assunto nella sentenza n. 46/99 come elemento qualificativo della natura commerciale dell’impresa decotta (poiché indice di una stabulazione preordinata alla rivendita anziché a fini produttivi), i falliti non potevano inoltre limitare l’oggetto dei mezzi di prova da loro proposti alla durata non superiore al quadrimestre del periodo di ingrasso dei vitelli a carne bianca, per la ragione che non sarebbe stato per loro economicamente conveniente venderli in età inferiore ai quattro mesi, considerato che ciò non è sempre vero per l’allevatore – imprenditore agricolo e soprattutto che non può essere dato per scontato per il commerciante che professionalmente specula sulle fluttuazioni dei prezzi di mercato del bestiame ed identifica il momento propizio per la vendita in quello del massimo livello di quei prezzi e quindi del differenziale tra i ricavi ottenibili ed i costi di acquisto e di mantenimento (non protratto) dei capi. La sentenza dichiarativa del fallimento si regge d’altronde anche sull’accumulo di passività per un ammontare compatibile solo con lo svolgimento di un’attività commerciale e di fronte ad un’indebitamento salito ad oltre 12 miliardi di lire solo nei confronti della Bianchi s.r.l. ed assai elevato anche verso le banche appare debole l’obiezione che l’attività di allevamento del bestiame è la più esposta al rischio d’impresa tra quelle elencate nell’art. 2135 c.c. non potendosi sottacere che nella specie le passività sopra evidenziate hanno raggiunto proporzioni esorbitanti anche per gli allevamenti intensivi esercitati in agricoltura. Le tesi propugnate dagli opponenti sono dunque inaccoglibili ed ovviamente lo sarebbero “a fortori” ove fosse condivisibile la (pervero minoritaria) giurisprudenza che include la riproduzione del bestiame tra gli scopi cui deve necessariamente tendere l’allevamento inquadrabile nel settore agricolo (v. Cass. 13.6.1990 n. 5773). Le spese di lite seguono la soccombenza.

P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente giudicando, respinge le opposizioni proposte da Bianchi Terenzio, Bianchi Aldo e Verdi Paola avverso la sentenza n. 46/99 dichiarativa del fallimento della società di fatto da loro costituita e di loro stessi quali soci illimitatamente responsabili respinge altresì l’opposizione di Bianchi Anna alla sentenza n. 11/0 dichiarativa del di lei fallimento in estensione quale ulteriore socia illimitatamente responsabile condanna Bianchi Terenzio, Bianchi Aldo, Verdi Paola, Bianchi Anna a rifondere in via solidale tra loro le spese del giudizio ai Fallimenti della Bianchi s.r.l. nonché della s.d.f. Bianchi Terenzio, Bianchi Aldo, Verdi Paola e soci, in persona del Curatore, e alla Zoogarden S.p.a. con sede in Verona, in persona del legale rappresentante, liquidate quelle in favore di detti Fallimenti in € 12.304,57 (oltre IVA e CPA come per legge) di cui 386,90 per esborsi, 2.644,25 per diritti, 8.190,00 per onorari, 1.083,42 per rimborsi forfetari e quelle in favore della Zoogarden S.p.a. in € 6.224,80 (oltre IVA e CPA come per legge) di cui 857,76 per esborsi, 1.710,50 per esborsi, 3.650,54 per onorari.