Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 327 - pubb. 01/01/2007

Fallimento, vendita del commissionario e risarcimento del danno

Tribunale Mantova, 06 Aprile 2006. Est. Bernardi.


Fallimento – Liquidazione dell’attivo – Istituto Vendite Giudiziarie – Risarcimento del danno subito dall’acquirente – Responsabilità del fallimento – Esclusione.



Per effetto del rinvio contenuto nell’art. 105 l.f., ove la vendita del compendio fallimentare venga affidata all’Istituto Vendite Giudiziarie, trova applicazione la norma di cui all’art. 532 c.p.c. ai sensi della quale l’incaricato alla vendita assume la veste di commissionario, con la conseguenza che nessun rapporto si costituisce tra il fallimento mandante ed il terzo acquirente dei cespiti mentre il mandatario è direttamente obbligato nei confronti di costui. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


omissis

Svolgimento del processo

Con ricorso ex art. 101 l.f. notificato in data 10-12-2004 E. s.a.s. deduceva a) di essersi resa aggiudicataria il 19-7-2002 di un lotto di beni mobili messi in vendita dal fallimento Belleli s.p.a. tramite il locale Istituto Vendite Giudiziarie comprendenti materiali metallici di vario genere dopo avere ricevuto assicurazione dal responsabile dell’I.V.G. e dal rag. G., dipendente della procedura fallimentare, dell’esistenza dei certificati di conformità CE relativi a tali cespiti; c) che, dopo lo scambio di fitta corrispondenza, le erano stati consegnati 15 certificati di cui però solo sette su quindici effettivamente pertinenti alla merce venduta; d) che essa aveva quindi acquistato del materiale (da considerarsi come rottame) pagato il triplo del suo effettivo valore: alla  luce di ciò chiedeva l’ammissione al passivo fondata sul disposto di cui all’art. 1453 c.c., avendo il fallimento consegnato aliud pro alio, quantificando il risarcimento dei danni patiti, analiticamente indicati in ricorso, in complessivi euro 32.157,04 a titolo sia di danno emergente che di lucro cessante.

La curatela fallimentare, costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda atteso che sia la perizia di stima sia il ricorso del curatore ed il provvedimento di autorizzazione alla vendita non contenevano alcun riferimento alla presenza dei certificati CE, che la vendita era avvenuta a corpo come visto e piaciuto, che il prezzo di vendita era risultato pari ad un terzo di quello di stima (indice evidente della consapevolezza da parte dell’acquirente del rischio di non poter trarre dai beni posti in vendita utilità economiche pari al loro valore di stima) ed infine che, comunque, il fallimento non poteva ritenersi passivamente legittimato rispetto alla domanda atteso che eventuali inadempimenti andavano imputati all’I.V.G.: da ultimo contestava la quantificazione del danno come ex adverso determinata.

Rigettate le istanze istruttorie orali la causa veniva rimessa al collegio per la decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate.

Motivi

La domanda è infondata e deve essere rigettata.

Preliminarmente occorre ribadire il giudizio negativo in ordine alla ammissione delle prove orali dedotte dalla difesa del ricorrente stante la loro superfluità alla luce delle acquisizioni istruttorie, richiesta che è stata reiterata alla udienza di precisazione delle conclusioni.

Nel merito deve rilevarsi che gli organi fallimentari avevano affidato al locale Istituto Vendite Giudiziarie la vendita dei beni mobili facenti parte del compendio fallimentare, poi acquistati dalla società ricorrente dovendosi precisare che la tesi secondo cui la responsabilità del fallimento non sarebbe configurabile avendo la società istante acquistato i cespiti in questione “come visti e piaciuti” non può condividersi atteso che tale dizione figura solo sulla fattura di vendita predisposta unilateralmente dall’I.V.G.. Occorre invece evidenziare che, per effetto del rinvio contenuto nell’art. 105 l.f., la fattispecie risulta disciplinata dall’art. 532 c.p.c. ai sensi del quale l’incaricato alla vendita assume la veste di commissionario (v. artt. 1731 e segg. c.c.) e, in proposito, va rammentato che nel mandato senza rappresentanza, nessun rapporto si costituisce tra mandante e terzo, ed il mandatario è direttamente obbligato nei confronti dell'altro contraente, anche se il contratto coinvolga interessi esclusivamente propri del mandante e l'altro contraente non ignori l'esistenza di quest'ultimo (cfr. Cass. 9-7-2001 n. 9289; Cass. 7-1-1993 n. 78; Cass. 13-12-1979 n. 6501; Cass. 28-5-1977 n. 2202; v. per la specifica ipotesi dell’azione di garanzia per vizi Cass. 6-4-1977 n. 1323). Da ciò consegue che nessuna responsabilità appare configurabile in capo alla società fallita in relazione alla vendita atteso che nessuna obbligazione è sorta fra la curatela ed il compratore (v. art. 1705 c.c.) né può attribuirsi alcun valore in tal senso alle assicurazioni che avrebbe dato all’acquirente G.A., dipendente della fallita, (peraltro va osservato che la ricorrente ha prodotto alcune comunicazioni provenienti da costui con le quali egli reiteratamente negava di avere dato assicurazioni circa l’esistenza dei certificati di idoneità di tutto il materiale ceduto), atteso che, comunque, costui non era abilitato ad esternare la volontà negoziale del fallimento garantendo l’esistenza di determinate qualità dei cespiti venduti le quali non trovano riscontro né nel ricorso per la vendita presentato dal Curatore né nel provvedimento autorizzatorio della medesima emesso dal G.D. e neppure nella relazione di stima.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale di Mantova, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede:

rigetta il ricorso proposto da E. s.a.s.;

condanna il ricorrente a rifondere al fallimento Belleli s.p.a. in liquidazione le spese di lite liquidandole in complessivi euro 5.575,93 di cui € 87,93 per spese, € 1.488,00 per diritti ed € 4.000,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.