Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21681 - pubb. 21/05/2019

Responsabilità della Banca d’Italia per perdite subite dall’azionista alla stregua del principio ‘no creditor worse off’

Tribunale Mantova, 30 Aprile 2019. Est. Bernardi.


Risoluzione bancaria – Diritto del risparmiatore all’indennizzo previsto dall’art. 89 del d. lgs. 180/2015 secondo il principio c.d. del “no creditor worse off” – Giurisdizione del giudice ordinario – Esclusione – Giurisdizione esclusiva della giustizia amministrativa – Sussistenza

Procedimento di mediazione di cui dell’art. 5 bis del d. lgs. 28/2010 – Obbligatorietà della partecipazione di ente pubblico – Esclusione – Fattispecie



Ogni controversia concernente il diritto di ricevere l’indennizzo previsto dall’art. 89 del d. lgs. 180/2015 alla stregua del principio c.d. del “no creditor worse off” (secondo cui ciascun azionista o creditore che, in seguito ai provvedimenti assunti dalla Banca d’Italia ai sensi dello stesso testo normativo risulti aver subito perdite maggiori di quelle che avrebbe subito in una liquidazione coatta amministrativa o altra analoga procedura concorsuale applicabile), è riservata alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 95 del d. lgs. 180/2015. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

L’obbligo di partecipazione da parte di ente pubblico (nel caso di specie della Banca d’Italia) al procedimento di mediazione avviato ai sensi dell’art. 5 bis del d. lgs. 28/2010, deve ritenersi escluso ove venga dedotta una responsabilità della pubblica amministrazione per atti di natura autoritativa -ipotesi che ricorre nel caso di mancato riconoscimento dell’indennizzo di cui all’art. 89 del d. lgs. 180/2015- fattispecie questa in cui non si verte in materia di contratti bancari venendo in considerazione una  obbligazione, indennitaria, che trova fondamento nella legge. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2976/2017 omissis

 

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con atto di citazione notificato in data 1-8-2017, L. B. e la F. O. di B. L. s.n.c. (di seguito F. s.n.c.) affermavano 1) che, in data 22.12.2006, L. B. (padre di La. B., socia fondatrice e legale rappresentante della F. O. di B. La. s.n.c.) aveva acquistato presso la Cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a. (di seguito CA.RI.FE. s.p.a.) titoli obbligazionari subordinati ISIN n. IT0004119605 per un valore nominale di complessivi € 1.065.000,00 e che, con contratto di pegno di pari data, li aveva costituiti in garanzia a favore della stessa banca, in relazione a un mutuo che quest’ultima in data 21.01.2005 aveva erogato alla F. s.n.c.; 2) che la nota informativa e il regolamento del prestito obbligazionario specificavano che le obbligazioni in questione costituivano passività subordinate dell’emittente CA.RI.FE. s.p.a. e che, pertanto, in caso di scioglimento, liquidazione o liquidazione coatta amministrativa, esse sarebbero state rimborsate «solo dopo che saranno stati soddisfatti tutti gli altri creditori non ugualmente subordinati … fatta eccezione per quelli con un grado di subordinazione uguale o più accentuato» e inoltre, nelle stesse eventualità che «non sarà consentita la compensazione tra il debito derivante dal prestito medesimo ed i crediti vantati dall’emittente verso i titolari delle Obbligazioni»; 3) che L. B., tuttavia, non aveva sottoscritto alcun documento contrattuale che riportasse le clausole di cui al punto precedente o che, comunque, richiamasse espressamente per la disciplina del rapporto la nota informativa e/o il regolamento obbligazionario; 4) che essi attori avevano richiesto di destinare le rate di rimborso periodico delle obbligazioni e le relative cedole d’interessi a defalco delle rate a scadere relative al rimborso del mutuo e che, tuttavia, la banca non aveva aderito alla richiesta, tanto che essi si erano attivati in via giudiziaria con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. depositato il 9.06.2015 presso il Tribunale di Ferrara; 5) che, con provvedimenti del 21.11.2015, approvati in data 22.11.2015 con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze ai sensi del d. lgs. 16.11.2015 n. 180, la Banca d’Italia -che con provvedimento n. 1226609 del 18.11.2015 aveva istituito presso di sé il fondo nazionale di risoluzione- aveva disposto l’avvio della risoluzione di CA.RI.FE. s.p.a. e la cessione della sua azienda bancaria a Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a.; 6) che, con distinto provvedimento del 22.11.2015, la Banca d’Italia aveva disposto la riduzione integrale delle riserve e del capitale rappresentato da azioni di CA.RI.FE. s.p.a., nonché del «valore nominale degli elementi di classe 2 … con conseguente estinzione dei relativi diritti amministrativi e patrimoniali» e che tra gli «elementi di classe 2» oggetto di riduzione integrale rientravano anche le obbligazioni in questione; 7) che, alla data di adozione dei suddetti provvedimenti da parte della Banca d’Italia, risultavano accreditati sul conto tecnico n. 105900001317 -intestato a L. B. presso CA.RI.FE. s.p.a.- complessivi € 672.138,03 sicché la riduzione disposta dalla Banca d’Italia aveva riguardato soltanto il valore residuo delle obbligazioni pari a nominali € 426.000,00; 8) che, con atto di transazione del 04.08.2016, essi istanti avevano definito il contenzioso in corso con Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a., nel frattempo subentrata a CA.RI.FE. s.p.a. nella titolarità dei rapporti bancari a suo tempo instaurati con quest’ultima; 9) che, con comunicazione inviata via p.e.c. in data 16.09.2016, L. B. aveva chiesto alla Banca d’Italia, quale autorità di risoluzione e gestore del fondo nazionale di risoluzione, di provvedere al pagamento dell’indennizzo previsto dall’art. 89 del d. lgs. n. 180/2015, nella misura di € 426.000,00 pari al valore nominale delle obbligazioni oggetto d’integrale riduzione e che, tuttavia, la Banca d’Italia, non aveva fornito alcun riscontro; 10) che il contenzioso con la banca si era chiuso con un accordo transattivo ma a condizioni assai deteriori rispetto a quanto essi istanti avrebbero ottenuto se CA.RI.FE. s.p.a. anziché risolta, fosse stata posta in liquidazione coatta amministrativa atteso che, in quel caso, si sarebbe verificata ex lege la compensazione fra i crediti reciproci; 11) che L. B. -surrogatosi nel credito della Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a. verso F.a s.n.c. sino alla concorrenza di € 672.138,03- riteneva di aver diritto all’indennizzo previsto dall’art. 89 del d. lgs. n. 180/2015, in misura pari al valore nominale (€ 426.000,00) delle obbligazioni ridotte; 12) che l’art. 89 del d. lgs. 180/2015 accorda a ciascun azionista o creditore che, in seguito ai provvedimenti assunti dalla Banca d’Italia ai sensi dello stesso testo normativo «risulti aver subito perdite maggiori di quelle che avrebbe subito in una liquidazione coatta amministrativa o altra analoga procedura concorsuale applicabile», il «diritto a ricevere, a titolo di indennizzo, esclusivamente una somma equivalente alla differenza»; 13) che siffatta norma parlando espressamente di «diritto», lascerebbe intendere che si tratta di un diritto soggettivo, il quale, in presenza dell’unico presupposto testé ricordato, sorge ex lege in capo all’azionista o creditore dell’ente sottoposto a risoluzione e che il credito indennitario è di ammontare precisamente determinato, in quanto corrispondente al valore nominale delle obbligazioni che, per effetto del provvedimento di riduzione, L. B. non aveva potuto opporre in parziale compensazione del più elevato controcredito vantato da CA.RI.FE. s.p.a. nei suoi confronti; 14) che, pertanto, vertendosi in materia di diritti soggettivi la giurisdizione spettava al giudice ordinario e che non valeva richiamare, in senso contrario, l’art. 95 del d. lgs. n. 180/2015, che dichiara applicabile alle «controversie aventi ad oggetto i provvedimenti adottati ai sensi del presente decreto» l’art. 133 c.p.a., il quale alla lett. l) a sua volta devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le «controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati, adottati dalla Banca d'Italia» atteso che la controversia instaurata non riguardava i provvedimenti con cui la Banca d’Italia aveva disposto l’avvio della risoluzione di CA.RI.FE. s.p.a. e la riduzione delle obbligazioni, la cui legittima emanazione veniva data per presupposta, integrando l’elemento costitutivo della pretesa creditoria azionata; 15) che la legittimazione passiva spettava alla Banca d’Italia la quale aveva istituito presso di sé il fondo di risoluzione con provvedimento n. 1226609 del 18.11.2015, fondo che, ai sensi dell’art. 78 del d. lgs. 180/2015, costituisce «un patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della Banca d'Italia» e «risponde esclusivamente delle obbligazioni contratte per l'esercizio delle funzioni» previste dallo stesso testo normativo; 16) che la liquidazione coatta amministrativa degli istituti bancari è disciplinata dal d. lgs 1.09.1993 n. 385 laddove il comma 6 dell’art. 80 precisa che le banche «non sono soggette a procedure concorsuali diverse dalla liquidazione coatta prevista dalle norme della presente sezione», salvo rinviare «per quanto non espressamente previsto» e nei limiti della compatibilità alle disposizioni della legge fallimentare e che l’art. 83, co. 1 e 2, inoltre, prevede che dalla data d’insediamento degli organi liquidatori e, comunque, dal sesto giorno lavorativo successivo alla data di adozione del provvedimento che dispone la l.c.a., si producono gli effetti previsti da talune disposizioni dettate con riguardo alla procedura fallimentare, tra cui quelle «del titolo II, capo III, sezione II e sezione IV della legge fallimentare» così risultando richiamato anche l’art. 56 l. fall. il cui comma primo consente ai creditori per titolo o causa anteriore di soddisfare le proprie ragioni mediante compensazione con i rispettivi debiti verso il fallito e, quindi, nei confronti della banca sottoposta a l.c.a.; 17) che, ove la banca CA.RI.FE. s.p.a. fosse stata sottoposta all’ordinaria procedura di liquidazione coatta amministrativa, le obbligazioni sarebbero immediatamente venute a scadenza ai sensi dell’art. 55, co. 2 l. fall. sicché L. B. avrebbe potuto opporre il sottostante credito restitutorio in parziale compensazione del proprio debito quale fideiussore della F. s.n.c. così riducendone l’esposizione debitoria, laddove la risoluzione dell’ente creditizio e l’integrale riduzione delle obbligazioni, avevano comportato per lui un trattamento deteriore rispetto a quello al quale avrebbe avuto diritto qualora fosse stata attivata la procedura di liquidazione coatta amministrativa con violazione del principio del c.d. “no creditor worse off”: alla stregua di tali deduzioni l’istante chiedeva la condanna di Banca d’Italia a corrispondergli l’indennizzo di cui all’art. 89 del d. lgs 180/2015, nella misura di € 426.000,00 oltre interessi al saggio di cui all’art. 1284, co. 4, c.c. previa eventuale remissione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 co. 3 bis, t.u.b. per violazione dell’art. 3, degli artt. 11 e 117, co. 1 nonché degli artt. 76 e 77 Cost..

Si costituiva la Banca d’Italia la quale, riassunta la complessa vicenda che aveva portato all’avvio della procedura di risoluzione di CA.RI.FE. S.P.A. secondo quanto previsto dal d. lgs. 180/2015, sosteneva 17) che l’esperto da essa nominato ai sensi dell’art. 25 del d. lgs. 180/2015 aveva concluso nel senso che “in caso di liquidazione coatta amministrativa, azionisti e creditori subordinati avrebbero ricevuto il medesimo trattamento ricevuto in concreto per effetto delle azioni di risoluzione” e che nessuna categoria di creditori della banca aveva “subito perdite maggiori di quelle che avrebbe subito in una liquidazione coatta amministrativa o altra analoga procedura concorsuale applicabile”; 18) che sussisteva il difetto di giurisdizione del giudice adito essendo prevista dall’art. 95 co. 1 del d. lgs. 180/2015 la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; 19) che il riconoscimento del diritto all’indennizzo (e non al risarcimento del danno) ai sensi dell’art. 89 del d. lgs. 180/2015 implicava una valutazione ad opera dell’esperto indipendente incaricato dalla Banca d’Italia circa il fatto che il creditore non avesse subito perdite maggiori di quelle che avrebbe conseguito nel caso di apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa, valutazione che costituiva un riscontro ex post della ricostruzione economico-contabile della situazione della banca sottoposta a risoluzione e dell’operato dell’Autorità di risoluzione e che costituiva parte integrante dell’iter amministrativo che aveva condotto alla risoluzione di CA.RI.FE. s.p.a. sicché non poteva residuare spazio di intervento da parte del giudice ordinario; 20) che la valutazione dell’esperto indipendente e tutta l’attività di risoluzione erano stati impugnati avanti al T.A.R. del Lazio e da esso ritenute legittime (sia pure con decisione non definitiva essendo stato proposto appello al Consiglio di Stato); 21) che l’azione instaurata era comunque infondata nel merito attese le risultanze della relazione dell’esperto indipendente sopra menzionate laddove il diritto all’indennizzo poteva trovare fondamento solo in caso di riconoscimento da parte dello stesso di una differenza di trattamento; 22) che la Banca d’Italia non era passivamente legittimata rispetto alla domanda attorea in quanto del tutto estranea ai rapporti sia fra gli istanti e CA.RI.FE. s.p.a. che con la Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a.: alla luce di tali considerazioni la difesa della Banca d’Italia chiedeva che venisse dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e, nel merito, il rigetto della domanda.

Senza l’espletamento di attività istruttoria, la causa veniva rimessa in decisione sulle conclusioni in epigrafe riportate e precisate all’udienza del 15-1-2019.

L’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario sollevata dalla difesa della Banca d’Italia deve ritenersi fondata.

In primo luogo, va osservato che la procedura di risoluzione di cui al d. lgs. 180/2015, emesso in attuazione della direttiva 2014/59/UE, interviene sulle passività dell’istituto di credito e ne determina la riduzione nella misura necessaria al fine di assicurare la continuazione dell’attività bancaria in guisa tale che le perdite vengono distribuite sugli azionisti ed i creditori della banca ma alla condizione che questi ultimi non subiscano un pregiudizio maggiore di quello derivante dalla liquidazione concorsuale del patrimonio (principio c.d. del “no creditor worse off”).

In tale ambito la Banca d’Italia, quale autorità di risoluzione, in sede di valutazione deve effettuare un preliminare apprezzamento di tale principio mediante una serie piuttosto articolata e complessa di stime previsionali cui fa seguito un momento di verifica dei presupposti della azione di risoluzione e dei suoi effetti sui soggetti coinvolti attraverso una ulteriore stima operata da un esperto indipendente, appositamente incaricato dalla Banca d’Italia (v. art. 88 del d. lgs. 180/2015). 

Ciò premesso va notato che, ai sensi dell’art. 95 del d. lgs. 180/2015, “La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal Codice del processo amministrativo. Alle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti adottati ai sensi del presente decreto si applicano gli articoli 119, 128, 133 e 135 del medesimo Codice”.

Occorre poi evidenziare che l’indennizzo di cui all’art. 89 del d. lgs. 180/2015 non riveste natura di risarcimento del danno “in quanto non ha la funzione di reintegrare un danno contrattuale o extracontrattuale, né di porre rimedio alla violazione di un diritto assoluto o relativo, né tantomeno di rimediare ad un fattispecie di indebito bensì piuttosto ha la funzione di riconoscere una somma a titolo di rettifica dei conteggi di stima precedentemente applicati e successivamente aggiornati”, come evidenziato da autorevole dottrina, tanto desumendosi dal chiaro tenore letterale della norma nonché dalla circostanza che esso viene attribuito in ragione del fatto che la Banca d’Italia, nell’esercizio dei poteri discrezionali riconosciuti dall’ordinamento, abbia ritenuto maggiormente conforme alla tutela degli interessi pubblici cui è preposta -nel caso di specie la tutela della stabilità economica dell’area di insediamento della banca- sottoporre la banca insolvente alla procedura di risoluzione anziché a quella di liquidazione coatta amministrativa, ciò che potrebbe comportare per i singoli risparmiatori perdite maggiori di quelle che avrebbero subito ove si fosse fatto ricorso a quest’ultima, il che appunto giustifica l’attribuzione di un indennizzo.

Nel contesto sopra delineato deve ritenersi che la relazione finale dell’esperto costituisca provvedimento adottato ai sensi del decreto legislativo n. 180/2015 in quanto atto di necessario completamento dell’iter procedimentale di risoluzione dell’ente creditizio sicché, avverso le valutazioni dell’esperto, il rimedio giurisdizionale è unicamente quello disciplinato dall’art. 95 del predetto decreto che lo riserva alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo; identica considerazione va svolta con riguardo al diniego da parte della Banca d’Italia (come avvenuto nel caso di specie) di riconoscere al risparmiatore l’indennizzo in questione, in quanto provvedimento da ritenersi adottato ai sensi del d. lgs. 180/2015 nell’ambito del procedimento di risoluzione.

Non ha pregio l’argomentazione difensiva secondo cui, nel presente giudizio, gli attori non impugnerebbero un atto del procedimento di risoluzione in quanto, pretendendo l’indennizzo di cui all’art. 89 del d. lgs. 180/2015, essi richiedono di fatto al giudice ordinario di effettuare una inammissibile (in questa sede) autonoma valutazione delle risultanze che, per espressa previsione normativa, è chiamato a svolgere l’esperto indipendente nominato ai sensi degli artt. 25 e 88 del d. lgs. 180/2015 (le cui conclusioni favorevoli, si ribadisce, costituiscono indefettibile presupposto per l’attribuzione dell’indennizzo) il quale, peraltro, ha escluso la sussistenza della lamentata differenza di trattamento; non può inoltre andare sottaciuto che il Consiglio di Stato, con sentenza 18 gennaio 2019 n. 475 (con cui ha rigettato l’appello avverso la sentenza del TAR Lazio, sede di Roma 7 gennaio 2017 n.166, confermandola) ha ritenuto legittimi sia l’operato della Banca d’Italia che la valutazione compiuta dall’esperto indipendente conseguendone che nessun tipo di sindacato può comunque ritenersi consentito al giudice ordinario.

In ogni caso va rilevato che la relazione dell’esperto ha natura di atto amministrativo sicché ogni controversia afferente allo stesso o comunque al diniego da parte della Banca d’Italia di riconoscere l’indennizzo, rientrerebbe nell’ambito di previsione di cui all’art. 133 lett. c) del d. lgs. 2-7-2010 n. 104, che parimenti riserva tale tipologia di controversie alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo.

Ogni ulteriore questione dedotta anche concernente la remissione alla Corte di Giustizia della questione pregiudiziale d’interpretazione dell’art. 34, par. 1, lett. g), dell’art. 73, lett. b), e dell’art. 75, Direttiva UE n. 2014/59 nonché, alla Corte Costituzionale, della questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, co. 3-bis, del d. lgs. 385/1993, deve, nel presente giudizio, ritenersi assorbita.

Da ultimo va osservato che nessuna conseguenza può essere fatta derivare dalla mancata partecipazione della Banca d’Italia al procedimento di mediazione avviato ai sensi dell’art. 5 bis del d. lgs. 28/2010 atteso che, per un verso, l’obbligo di partecipazione dell’ente pubblico alla procedura di c.d. media-conciliazione deve ritenersi sussistere solo in caso di responsabilità della pubblica amministrazione per atti di natura non autoritativa, ipotesi che, per quanto sopra evidenziato, non ricorre nel caso di specie (cfr. circolare n. 9/12 del 10-8-2012 emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri; v. anche art. 1 della direttiva 2008/52/CE del 21-5-2008) e, per un altro, che non si verte in materia di contratti bancari (sul tema vedasi Cass. 12-6-2018 n. 15200) ma di obbligazione (indennitaria) che trova fondamento nella legge.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in conformità dei parametri di cui al d.m. 55/2014 e successive modifiche, con riduzione rispetto ai valori medi posto che non è stata espletata attività istruttoria.

 

P.Q.M.

Il Tribunale di Mantova, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

- dichiara il difetto di giurisdizione del giudice ordinario essendo competente a conoscere la controversia il giudice amministrativo;

- visto l’art. 59 della legge 69/2009, assegna a parte attrice termine di mesi tre per riassumere il giudizio avanti al T.A.R. Lazio;

- condanna altresì la parte attrice a rimborsare alla Banca d’Italia le spese di lite, che si liquidano in € 18.000,00 per onorari, oltre al rimborso delle spese generali pari al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Mantova, 30 aprile 2019.

Il Giudice

dott. Mauro Pietro Bernardi