Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 857 - pubb. 01/01/2007

Fallimento e privilegio speciale per prestito agrario

Tribunale Mantova, 16 Aprile 1998. Est. Bernardi.


Fallimento – Privilegio speciale per prestito agrario – Vendita dei beni oggetto di privilegio in sede di concordato preventivo non omologato – Mancanza dei beni stessi nell’attivo fallimentare – Onere della prova – Insussistenza del privilegio.



 


 


omissis

Opposizione allo stato passivo

Coclusioni:

Il Procuratore dell’opponente:

“Ammettersi il credito dell’istante B.A.M. al passivo del fallimento in oggetto come richiesto: per lit. 39.107.679 in via chirografaria e per lit. 400.000.000 in privilegio.

Con rifusione delle spese di causa”.

Il Procuratore dell’opposto:

“Respingersi l’opposizione e la domanda perché infondate in fatto e in diritto.

Vittoria delle spese del giudizio”.

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 28.7.1993 la B.A.M. s.c. a r.l. proponeva tempestiva opposizione ex art. 98 l.f. avverso il provvedimento con il quale il Giudice Delegato, nel rendere esecutivo lo stato passivo, ammetteva il credito dell’istituto bancario interamente in via chirografaria anziché in via privilegiata come invece da esso richiesto in relazione all’importo di £. 400.000.000, affermando che, con riguardo a tale somma, era stato concesso un prestito agrario di esercizio garantito quindi da privilegio legale ai sensi del R.D.L. 29.7.1927 n. 1509 convertito nella l. 5.7.1928 n. 1760 del quale quindi chiedeva il riconoscimento.

Si costituiva la Curatela la quale chiedeva il rigetto dell’opposizione non sussistendo i presupposti per il riconoscimento del privilegio agrario.

La causa, istruita con produzioni documentali, veniva discussa all’udienza collegiale del 14.4.1998 sulle conclusioni in epigrafe trascritte.

Motivi della decisione

L’opposizione è infondata e deve essere rigettata, atteso che il decreto del giudice delegato, sia pure con più puntuale motivazione, va confermato.

Innanzitutto deve essere rilevato che la società fallita era stata ammessa alla procedura di concordato preventivo e che il concordato non venne omologato avendo ritenuto il Tribunale non sussistente il requisito della meritevolezza.

Va poi evidenziato che, nel corso del procedimento concorsuale minore, erano stati inventariati dal Commissario Giudiziale n. 1462 vitelli, rinvenuti in varie stalle presso i soccidari essendo la società fallita la soccidante, animali i quali vennero poi alienati nel corso di tale procedura laddove invece il Curatore fallimentare non ha acquisito all’attivo alcun capo di bestiame.

Va ancora osservato che l’istituto bancario aveva concesso alla fallita un prestito, garantito con l’emissione di cambiali agrarie, per l’acquisto di bestiame e che lo stesso insiste per il riconoscimento del privilegio di cui all’art. 2766 c.c. in relazione alla disciplina sul credito agrario, affermando che sussistono tutti i presupposti prescritti dalla citata disciplina e che l’avvenuta vendita del bestiame nel corso del procedimento di concordato preventivo non può ridondare a carico dell’opponente dovendosi ritenere che quel bestiame sia stato comunque appreso dagli organi concorsuali, prospettando infine che il privilegio in questione vada esercitato sulla somma ricavata dalla cessione.

Deve ulteriormente essere precisato che il tribunale può porre a fondamento della decisione documenti contenuti nel fascicolo del fallimento sopperendo all’inerzia sia del curatore che dell’opponente (così Cass. 72/1666; Cass. 11.3.1995 n. 2823), e che l’opposizione allo stato passivo costituisce un giudizio di cognizione di natura contenziosa sull’esistenza e sull’efficacia nei confronti del fallimento del credito insinuato (così Cass. 74/2133 e Cass. 71/393) sicchè l’indagine del Collegio non è limitata alla legittimità del provvedimento del giudice delegato ma è estesa al riesame dell’intero rapporto da cui trae origine il credito insinuato dovendo accertare tutte le condizioni atte a giustificare l’esclusione o l’ammissione del credito allo stato passivo (così Cass. 19.7.1978 n. 3596; App. Bologna 19.12.1972 in Dir. Fall. 73, II, 173; Trib. Milano 28.11.1985 in II Fall., 1986, 384; Trib. Venezia 27.6.1986 in II Fall., 1987, 106; App. Torino 26.3.1986 in II Fall., 1986, 1154; Trib. Milano 4.5.1987 ivi, 1987, 997).

Tanto premesso va rilevato che gli artt. 2 n. 1 1509/27 e 2766 c.c. si riferiscono a prestiti per la conduzione di aziende agrarie delimitando così tale ambito di operazioni appunto a siffatte aziende con esclusione di quelle commerciali o industriali qual era l’impresa fallita atteso che la sentenza di fallimento (nel caso di specie non opposta) presuppone necessariamente la natura non agricola dell’impresa assoggettata alla procedura concorsuale: d’altro canto era la stessa società fallita a qualificare come commerciale la propria attività (vedi ricorso per ammissione di concordato preventivo a pg. 1).

Peraltro nella locuzione di azienda agricola non sono ricomprese tutte le aziende destinate all’allevamento del bestiame, ma solo quelle in cui l’industria zootecnica rappresenti un razionale completamento dell’azienda agraria organizzata per la coltivazione del fondo, oppure quelle nelle quali il terreno non può essere utilizzato che per il pascolo (cfr. art. 9 D.M. 23.1.1928); nel caso di specie la società fallita non era proprietaria di alcun terreno sicchè viene a mancare uno dei presupposti per la validità del privilegio.

Dall’esame delle domande di ammissione al passivo risulta inoltre che la banca opponente non fu la sola a concedere alla fallita un prestito “agrario” per l’acquisto di bestiame avendo effettuato anche altri istituti bancari operazioni analoghe e per importi rilevanti (vedasi domande nn. 10-13-14) con la conseguenza che, anche a voler considerare superabili le osservazioni sopra svolte, manca del tutto la prova che il bestiame inventariato dal Commissario Giudiziale fosse stato acquistato proprio con le somme mutuate dalla B.A.M. sicchè il creditore non ha assolto all’onere probatorio su di lui gravante di indicare i beni colpiti dal privilegio (cfr. Cass. 25.7.1975 n. 2901).

Infine va ribadito che nessun capo di bestiame è stato acquisito alla massa fallimentare poichè quelli inventariati dal Commissario Giudiziale furono venduti in corso della procedura di concordato preventivo.

Al riguardo deve ritenersi che causa di prelazione speciale su un bene (qual è il privilegio invocato) è concetto connaturato a quello di garanzia patrimoniale e perciò di espropriazione dei beni del debitore sicchè il privilegio speciale nasce non soltanto in funzione del credito ma anche in dipendenza dell’esistenza attuale del bene su cui deve essere esercitato e, a tal fine, il momento in cui si attua il concorso dei creditori e quindi sorge l’interesse a far valere il privilegio da cui il credito è assistito, è quello della dichiarazione di fallimento atteso che in esso si verifica lo spossessamento del patrimonio del debitore e pertanto in tale momento deve esistere il bene su cui grava il privilegio laddove lo stesso non può essere esercitato nei confronti del debitore e sul patrimonio quando i beni che ne sono gravati non esistono più nel patrimonio quale che sia la causa della loro mancanza (cfr. cass. 25.7.1975 n. 2901). Nella fattispecie in questione deve ulteriormente rilevarsi che il bestiame era stato venduto nel corso della procedura di concordato preventivo (non però nella fase di esecuzione dello stesso stante la mancata omologazione) nell’ambito della quale peraltro il debitore non viene spossessato del suo patrimonio (come invece nel fallimento) sicchè l’eseguita vendita effettuata da un debitore capace, sia pure con il controllo del Commissario Giudiziale, non può equipararsi ad una liquidazione coattiva, con l’ulteriore conseguenza che, in ogni caso, non potrebbe ritenersi esteso alla somma percepita dalla alienazione il privilegio speciale in ipotesi sussistente.

Le conclusioni raggiunte comportano il rigetto dell’opposizione e rendono del tutto superflua l’ammissione delle prove orali richiesta dalla B.A.M.-

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

pqm

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta così provvede:

Respinge l’opposizione ex art. 98 l.f. promossa dalla B.A.M. s.c. a r.l. avverso lo stato passivo del fallimento ARGIVIT s.r.l.;

Condanna l’opponente a pagare al fallimento ARGIVIT s.r.l., in persona del Curatore, la complessiva somma di £. 9.169.000=, di cui £. 145.000= per spese, £. 2.524.000= per diritti e £. 6.500.000= per onorari, oltre al rimborso forfettario delle spese, I.V.A. e C.P.A. come per legge.