Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 766 - pubb. 01/01/2007

Esecuzione esattoriale e fondo patrimoniale

Tribunale Mantova, 28 Maggio 2002. Est. Bettini.


Esecuzione esattoriale - Credito contratto per scopi estranei al soddisfacimento dei bisogni della famiglia - Immobili conferiti in fondo patrimoniale - Impignorabilità - Fondo trascritto dopo il sorgere del credito - Irrilevanza - Opposizione di terzo e del debitore - Ammissibilità.



 


 


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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ritualmente notificato B. R. si opponeva all’esecuzione svolta dalla (esattoria ndr) nei confronti di G. L., affermando che essa aveva avuto ad oggetto un immobile di cui era comproprietaria e che apparteneva ad un fondo patrimoniale familiare.

L’istituto di credito procedente, quale concessionario dell’Amministrazione fiscale dello Stato, aveva pignorato l’immobile oggetto di controversia nell’ambito di una procedura esecutiva a danno del marito, G. L..-

La procedura era volta al recupero di un credito ILOR, quale imposta non pagata dalla Alfa s.n.c., di cui il G.L. era socio, e del corrispondente credito IRPEF nei confronti del medesimo, quale persona fisica.

L’immobile pignorato faceva parte del fondo patrimoniale costituito fra i coniugi ex art. 167 c.c. e, come tale, era sottratto all’esecuzione ex art. 170 c.c., poiché il debito fiscale del marito non era stato contratto per il soddisfacimento di bisogni della famiglia.

D’altra parte, appartenendo il bene al fondo patrimoniale, ella era proprietaria anche della quota indivisa del marito e, quindi, aveva interesse ad opporsi alla procedura esecutiva.

Rilevava inoltre come, pur trattandosi di bene indiviso di cui era contitolare, non le fossero stati notificati l’avviso di mora, il ruolo e la cartella esattoriale in violazione degli artt. 602 e 603 c.p.c e come non le fosse stato notificato neppure il pignoramento e non fosse stata convocata davanti al giudice dell’esecuzione in violazione degli artt. 599 e 600 c.p.c.. Il creditore procedente, ancora, non aveva preventivatamene escusso la società ex art. 2304 c.c..

Chiedeva, in via preliminare, che fosse sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 87 d.p.r. n. 603/72 per contrasto con gli artt. 3, 42 e 53 della Costituzione, nella parte in cui prevede la devoluzione del bene pignorato allo Stato dopo il secondo (o terzo) incanto con esito negativo.

Concludeva, nel merito, chiedendo che:

1)fossero dichiarati nulli, inefficaci, invalidi, inammissibili ed improcedibili il pignoramento e l’avviso di vendita dell’immobile con i conseguenti atti esecutivi;

2)fosse dichiarato impignorabile il bene immobile pignorato;

3)fosse dichiarata nulla, invalida, infondata, inammissibile ed improcedile l’esecuzione esattoriale e, comunque, insussistente il diritto dell’istituto bancario opposto di procedere ad esecuzione forzata.

Si costituiva in giudizio G. L. debitore esecutato, che concludeva in modo identico all’opponente.

Si costituiva, inoltre, la (esattoria) che contestava, anzitutto, l’opponibilità del fondo patrimoniale alla procedura esecutiva, per essere stato costituito successivamente alla maturazione del credito d’imposta, e che affermava la legittimità degli atti esecutivi compiuti.

Chiedeva, pertanto, il rigetto del ricorso.

Istruita solo documentalmente, la causa era trattenuta indecisione il 26/2/2002, sulle conclusioni rassegnate dalle parti all’udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Devono preliminarmente essere dichiarate inammissibili le domande svolte dall’opponente relative alla nullità, inefficacia, invalidità, inammissibilità ed improcedibilità del pignoramento e dell’avviso di vendita dell’immobile, con i conseguenti atti esecutivi, poiché hanno ad oggetto un’opposizione agli atti dell’esecuzione immobiliare ex art. 617 c.p.c., non consentita al terzo opponente.

Ex art. 619 c.p.c., infatti, il terzo opponente è legittimato a far valere il proprio diritto reale sul bene oggetto dell’esecuzione forzata, ma non ad eccepire i vizi della relativa procedura esecutiva o ad impugnare la validità del titolo esecutivo posto a base di essa (Cass. Civ., III n.1627/98 e Cass. Civ., III, n. 10810/2000).

E tale fatto, attenendo all’oggetto del giudizio, è rilevabile dal giudice anche d’uffcio (Cass. Civ., III n. 6160/2000).

Allo stesso modo, sia pure per motivo diverso, devono essere dichiarate inammissibili le stesse domande svolte dal debitore, da ritenersi domande riconvenzionali svolte dal convenuto nei confronti non dell’attore ma dell’altro convenuto (per la possibilità di proporre tali domande già Cass. Civ., III, n. 2848/80). Ex art. 57 d.p.r. n. 602/73, infatti, non sono ammesse le opposizioni agli atti esecutivi aventi ad oggetto la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, senza distinzione fra quelli dell’esattore e quelli del giudice dell’esecuzione (Cass. Civ., SS.UU, n. 3191/91).

Dunque sono da ritenere inammissibili, anche se svolte dal debitore, essendo svolta la procedura esecutiva per la riscossione di tributi.

E ciò a tacere del fatto che sarebbero, comunque, tardive ex art. 617/2 c.p.c.

Ciò rende, inoltre, assolutamente irrilevante per la definizione del presente giudizio la questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 87 d.p.r. n. 602/73, poiché tale norma disciplina le modalità esecutive della procedura di espropriazione e, quindi, attiene alla decisione di tali domande dichiarate inammissibili.

E’ per questo motivo che tale questione non può che essere rigettata.

Deve, inoltre, essere dichiarata inammissibile la domanda svolta dall’opponente relativa alla nullità, invalidità, infondatezza, inammissibilità ed improcedibilità dell’esecuzione esattoriale ed all’insussistenza del diritto dell’istituto bancario opposto di procedere ad esecuzione forzata, con riferimento alla violazione del beneficium excussionis ex art. 2304c.c., poiché ha ad oggetto un’opposizione all’esecuzione immobiliare ex art. 615 c.p.c., anch’essa non consentita al terzo opponente.

Anche tale domanda, infatti, è estranea all’oggetto del giudizio dell’opposizione di terzo che non può che essere svolto nei limiti già precisati.

Allo stesso modo, ed anche in tal caso per un motivo diverso, deve essere dichiarata inammissibile la stessa domanda svolta dal debitore, anch’essa da ritenersi domanda riconvenzionale nei confronti del creditore.

Ex art. 57 d.p.r. n. 602/73, infatti, non sono ammesse le opposizioni all’esecuzione, ad eccezione di quelle aventi ad oggetto la pignorabilità dei beni.

Poiché tale domanda non ha tale oggetto, ma un diverso presupposto del diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata, deve ritenersi inammissibile, anche se proposta dallo stesso debitore.

Ammissibile deve, invece, ritenersi la domanda relativa all’impignorabilità dell’immobile oggetto di esecuzione per essere lo stesso destinato ad un fondo patrimoniale ex art. 167 c.c. e come tale sottratto all’esecuzione per i crediti non familiari ex art. 170 c.c. (vedi Cass. Civ., III, 7169/97, con riferimento ad un bene genericamente ricadente in comunione legale), con riferimento sia a quella proposta dal terzo che a quella – anche in tale caso identica – proposta dal debitore.

Quanto a quella proposta dall’opponente, se l’opposizione di terzo ha per oggetto l’accertamento della proprietà o di altro diritto reale del terzo sul bene pignorato, a parere di chi scrive, tale accertamento puo’ avere ad oggetto non solo la titolarità del diritto reale contestato, ma anche il suo particolare regime, e quindi il suo contenuto nei limiti in cui tale regime possa essere menomato dal diritto del creditore di procedere alla sua espropriazione.

Ciò avviene appunto in tutti i casi in cui vi sia una contitolarità sul bene. E’ chiaro che, se opponibile al creditore, il diritto del terzo che non contesti la titolarità del bene espropriato ma faccia valere l’assoggettamento del bene ad un particolare regime che verrebbe meno se il bene fosse anche solo parzialmente espropriato, non può che essere tutelato con l’opposizione di terzo.

Si deve ritenere, infatti, che con tale opposizione il terzo possa tutelare non solo la titolarità del diritto di proprietà (o di altro diritto reale) ma anche il suo contenuto, avendo ad oggetto tale giudizio l’integrità del diritto del terzo nei suoi vari aspetti.

E ciò è quello che accade nel caso di specie.

L’opponente, coniuge del debitore, ha un preciso interesse ad invocare l’opponibilità del fondo patrimoniale alla procedura esecutiva poiché la vendita della quota del bene del marito, oggetto di pignoramento, non inciderebbe certamente sulla titolarità del suo diritto (la proprietà dell’altra metà del bene), ma sulla sua destinazione e quindi sul contenuto del diritto, così come conformato dai suoi titolari attraverso la destinazione al fondo patrimoniale familiare.

Tale fondo, infatti, trova la sua ragion d’essere nell’appartenenza dei suoi beni alla famiglia, essendo destinato esclusivamente al soddisfacimento dei bisogni di essa, fatto che verrebbe meno anche se solo una sua quota fosse venduta ad un terzo estraneo alla famiglia come accadrebbe se fosse espropriato.

Quanto alla stessa domanda proposta dal debitore opposto, la sua ammissibilità appare espressamente consentita dal citato art. 57 d.p.r. n. 602/73.

Essa, infatti concretizza un’opposizione all’esecuzione avente ad oggetto la pignorabilità del bene, espressamente fatta salva dalla citata norma.

In relazione a tali domande l’opposizione è fondata e deve essere accolta.

Afferma l’opponente che il bene pignorato è stato destinato al fondo familiare costituito da lei e dal marito il 14/11/95, con atto notarile registrato il 4/12/95, trascritto sia presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Mantova l’11/12/95 ed annotato a margine dell’atto di matrimonio presso l’Ufficio anagrafico del Comune di Cutro.

Poichè ex art. 170 c.c. i beni assoggettati al fondo patrimoniale ex art. 167 c.c. sono sottratti all’esecuzione forzata di debiti non contratti per il soddisfacimento di esigenze familiari, tale immobile deve ritenersi impignorabile nella procedura esecutiva opposta, essendo volta al recupero di credito fiscali attinenti alla attività imprenditoriale di uno dei due coniugi, e quindi non relativa a debiti contratti per soddisfare bisogni della famiglia.

Replica, anzitutto, il creditore opposto che l’art. 170 c.c. esclude l’aggressione dei beni destinati al fondo solo in relazione ai crediti che il creditore sapeva essere stati contratti per esigenze estranee a quelle familiari e che, nel caso di specie, alcuna prova il debitore ha dato di tale conoscenza in capo al creditore, essendo suo il relativo onere.

Contesta, inoltre, l’inopponibilità del fondo alla procedura poiché esso è stato creato dopo il sorgere del credito d’imposta e, quindi, ex art. 65 d.p.r. n. 602/73 la procedura esecutiva è insensibile alla sua costituzione, essendo l’art. 65 d.p.r. 602/73 norma speciale rispetto all’art. 170 c.c.

Entrambe le difese sono infondate.

Quanto alla prima, da un lato, Il debitore ed il terzo hanno dato prova di avere costituito il fondo e di avere adempiuto alle formalità previste per darvi pubblicità, trascrivendo la sua costituzione nei registri immobiliari presso la Conservatoria ed annotandola sull’atto di matrimonio (entrambi in atti).

Dall’altro, hanno rilevato come la stessa natura del credito induca a ritenere che il creditore fosse consapevole che il debito non era stato contratto per le esigenze familiari.

Effettivamente è circostanza incontestata che il creditore opposto proceda per un credito ILOR di una società in nome collettivo di cui il debitore opposto è socio (per forza) illimitatamente responsabile, e per il corrispondente credito IRPEF dello stesso socio quale persona fisica.

Poiché l’attività d’impresa del debitore, esercitata in forma collettiva, deve ritenersi distinta ed autonoma rispetto alla gestione del fondo patrimoniale - non avendo le parti nemmeno dedotto alcuna forma di connessione fra le due – e i relativi debiti di imposta attinenti solo ad essa, può ragionevolmente affermarsi che il creditore – al momento del sorgere del credito – era a conoscenza del fatto che l’assunzione del debito non avveniva per scopi inerenti ai bisogni della famiglia, ma estranei ad essi (per l’accertamento in fatto di tale circostanza, Cass. Civ., I n. 11683/2001).

Quanto alla seconda difesa, inoltre, anzitutto non è applicabile al caso di specie l’invocato art. 63 (già art. 65) d.p.r. n. 602/73, riguardando tale norma solo i procedimenti di espropriazione mobiliare e non anche immobiliare, come si evince dalla inequivoca collocazione sotto il relativo titolo del citato decreto.

Né è dato rinvenire alcuna norma analoga nelle disposizioni specificamente dettate per i procedimenti di espropriazione immobiliare.

L’art. 170 c.c., inoltre, non distingue fra i fondi patrimoniali costituiti dopo il sorgere del debito e fondi costituiti prima di esso, facendo solo riferimento alla qualità del debito, non anche al momento in cui è venuto ad esistenza.

Non a caso tale norma, novellata ex L. n. 151/75 non riproduce più il dettato del previgente art. 169/3 c.c. che distingueva – in caso di alienazione dei beni del fondo patrimoniale – fra la vendita trascritta anteriormente alla nascita del credito e quella trascritta successivamente e stabiliva la sua inopponibilità al creditore solo nel secondo caso (per tale complessiva ricostruzione vedi Cass. Civ., III, n. 3251/96).

Dunque non rileva che il fondo, come nel caso di specie, sia stato costituito dopo il sorgere del credito (circostanza incontestata), ma solo che il debito non sia sorto per soddisfare la esigenza familiari e che il creditore ne fosse a conoscenza al momento del suo sorgere.

E’ per questi motivi che tale bene deve ritenersi impignorabile nella procedura esecutiva cui è stato assoggettato e, quindi, devono essere accolte le relative domande.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Mantova, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da B. R. contro G. L. e (esattoria), in persona del presidente pro tempore, ogni diversa istanza disattesa e respinta, così decide:

1) dichiara inammissibili le domande aventi ad oggetto la nullità, l’inefficacia, l’invalidità, l’inammissibilità e l’improcedibilità del pignoramento e dell’avviso di vendita dell’immobile, con i conseguenti atti esecutivi;

2) dichiara inammissibili le domande aventi oggetto la nullità, l’invalidità, l’infondatezza, l’inammissibilità e l’improcedibiltà dell’esecuzione esattoriale e, comunque, l’insussistenza del diritto dell’istituto bancario opposto di procedere ad esecuzione forzata, in relazione alla violazione del beneficium excussionis;

3) dichiara impignorabile il bene sito in __ e censito __, di proprietà di B. R. e G. L. per un mezzo ciascuno, nella procedura esecutiva promossa dalla (esattoria) nei confronti di G. L.

4) condanna la (esattoria) al pagamento delle spese processuali a favore di __ che liquida in complessivi € 4673,00, di cui € 413,16 per spese ed € 10.058,74 per diritti, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.