Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 711 - pubb. 01/07/2007

Appalto ed azione autonoma di risarcimento danni

Tribunale Mantova, 14 Gennaio 2003. Est. Gibelli.


Appalto - Garanzia per i difetti dell'opera - Azione di risarcimento del danno in via autonoma - Esperibilità.

Contratto di appalto - Garanzia per i difetti dell'opera - Eccezione di decadenza fondata su diversa qualificazione giuridica del contratto formulata in comparsa conclusionale - Tardività.



 


 


omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione in data 8/10/96, ritualmente notificato, Bianchi Paolo, residente in Magnacavallo, evocava in giudizio Verdi Giorgio e Rossi Anna, residenti in Mantova, esponendo:

1) di aver assunto nell’anno 1988 in qualità di artigianato edile l’incarico di eseguire lavori di ristrutturazione e risanamento conservativo di un immobile destinato ad uso residenziale sito in XXXX da parte dei sig.ri Verdi Giorgio e Rossi Anna; lavori previamente assentiti con concessione n. XXX di P.G. XXX/XX dell’Amministrazione comunale di Mantova;

2) che detti lavori, consistenti in opere di demolizione parziale o totale di fatiscenti strutture interne ed esterne, ripristino dell’originario impianto murario e della copertura dell’immobile, posa in opera di rivestimenti ed altri accessori avevano interessato in particolare tutti i locali siti sia al primo piano che al piano terra dell’edificio nonché un’ampia superficie posta al di sotto del tetto ripristinata ed attualmente adibita a mansarda;

3) che, in fase di progettazione dell’opera, la proprietà aveva richiesto che nell’area adiacente all’originario corpo di fabbrica ed in aderenza allo stesso fosse edificata ex novo una costruzione funzionalmente e strutturalmente collegata con l’originario stabile destinata ad ospitare alcuni locali siti in esatta corrispondenza dei piani del primo fabbricato preesistente e con essa comunicati attraverso un sistema di passaggi interni;

 4) che l’incarico di progettazione e direzione lavori era stato affidato all’arch. Alda Romani iscritto all’Albo degli Architetti di XXX;

5) che i lavori, iniziati nel marzo 1990 erano stati sospesi su espressa richiesta dei convenuti nel mese di agosto 1991 e che, dietro istanza inoltrata dai proprietari committenti, il Sindaco del Comune di Mantova aveva rilasciato, in data 24/2/1992, il provvedimento avente ad oggetto la dichiarazione di abitabilità dei locali ubicati al piano terra e al piano primo;

6) che, in dipendenza delle opere sino ad allora eseguite, i convenuti, in data 25/12/90 e 29/12/92, avevano effettuato due versamenti di £ 45.000.000 ciascuno – di cui era stata rilasciata apposita fattura – per un imponibile complessivo di £ 90.000.000;

7) che successivamente i convenuti avevano effettuato un ulteriore versamento di £ 14.400.000 in acconto e a parziale copertura delle obbligazioni assunte e comprensivo dell’importo I.V.A. pari a £ 3.600.000 relativo ai precedenti pagamenti e sino ad allora non corrisposto;

8) che nel corso dell’anno 1992 l’attore aveva constatato che i convenuti avevano affidato la prosecuzione dei lavori in questione ad altra impresa di tal che egli si era determinato ad inviare loro una missiva con cui aveva richiesto il saldo delle proprie spettanze che ammontavano a complessive £ 152.648.415 come risultante dalla contabilità finale dei lavori;

9) che i convenuti tuttavia non avevano mai provveduto al versamento a saldo del dovuto nonostante i ripetuti solleciti anche a mezzo legale;

10) che conseguentemente, dedotti gli acconti suindicati, il credito residuo ammontava £ 51.248.415, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali maturati.

Ciò premesso Bianchi Paolo chiedeva l’accoglimento delle seguenti conclusioni:

Nel merito:

A) dirsi tenuti per le causali di cui in premessa e conseguentemente condannarsi Verdi Giorgio e Rossi Anna a pagare in via solidale fra loro alla concludente l’importo di £ 51.248.415 con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dal dì del dovuto al saldo effettivo.

B) Spese rifuse.

In via istruttoria:

A) ammettersi prova per interpello e per testi sulle circostanze capitolate in premessa ai nn. 1,2,3,4,6,7; testi: Architetto Romani Alda, residente in XXX, Mantovani Franco residente in XXX; Giorgio Armani residente in XXX; con riserva di indicarne altri.

C) ammettersi ctu volta a verificare la natura, l’entità dei lavori eseguiti nonché della congruità dei corrispettivi concordati.

Si costituivano ritualmente i convenuti contestando quanto ex adverso dedotto.

In particolare Verdi Giorgio e Rossi Anna eccepivano l’inesistenza di un contratto scritto e contestavano sia l’importo indicato dall’attore come da loro versato sia la conformità della contabilità prodotta dall’attore agli accordi intervenuti tra le parti relativamente tanto alle qualità che ai corrispettivi. I convenuti contestavano infine l’avvenuta esecuzione da parte dell’attore di tutti i lavori indicati dallo stesso e svolgevano domanda riconvenzionale di danno relativamente vizi riscontrati nell’esecuzione delle opere.

Con memoria 10/4/97nla difesa di parte attrice rettificava quanto affermato nell’attrice rettificava quanto affermato nell’atto introduttivo del giudizio e riconosceva di avere ricevuto, con riferimento, alla prima fase dei lavori, l’importo di £ 113.000.000 in luogo del minor importo di £ 104.400.000 indicato in citazione.

Assunta prova per interrogatorio formale e per testi e disposta ctu in ordine alla sussistenza dei vizi lamentati dai convenuti, il ctu veniva chiamato a chiarimenti. Depositata la relazione integrativa e precisate le conclusioni come sopra riportate la causa, all’udienza del 15/10/2002, veniva trattenuta per la decisione previa assegnazione di termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va anzitutto osservato che le produzioni documentali successive alla scadenza del termine di cui all’art. 184 c.p.c. devono ritenersi tardive.

I convenuti hanno sostenuto che l’impresa assunse verbalmente l’appalto “senza  discutere i singoli prezzi in quanto lo Bianchi si dichiarò pronto ad eseguire i lavori di cui al progetto, al finito al primo piano ed al grezzo per le restanti opere, dietro compenso a corpo di £ 60.000.000 “ed ancora che “in corso d’opera lo Bianchi richiedeva ed otteneva di rivedere la cifra pattuita aumentandola di £ 90.000.000 con i quali garantiva di poter ultimare i lavori per abitabilità dell’appartamento al primo piano”.

I convenuti hanno provato che il corrispettivo dell’appalto fu pattuito a forfait  così smentendo la tesi dell’attore il quale ha sostenuto al contrario di aver concordato con  i convenuti i corrispettivi descritti nell’elenco prezzi unitari allegato all’atto di citazione.

La teste Romani ha infatti tra l’altro affermato (ud. 15/4/98):”…Nel 1988 quindi vi fu un primo incontro tra i coniugi Verdi e l’Impresa Bianchi. I Sigg. Verdi avevano già deciso  di affidare i lavori all’impresa Bianchi e nel corso di quel primo incontro io avevo portato con me una copia del preventivo predisposto dall’impresa Bianchi sulla quale avevo annotato i punti che secondo me devolvano essere ridefiniti.

Senonchè nel corso dell’incontro non si discusse del contenuto di questo preventivo perché in precedenza i coniugi Verdi avevano già raggiunto un accordo con l’Impresa Bianchi. Questo accordo riguardava l’esecuzione di tutti i lavori al grezzo ed i lavori di finitura del primo piano. Ricordo che il prezzo concordato tra le parti era di £ 60.000.000 per tutte le opere. Ricordo che nel corso dell’incontro si parlò esplicitamente di questo prezzo di £ 60.000.000 e che in quel momento era presente anche il Sig. Bianchi…. Ribadisco che l’accordo sul prezzo non venne raggiunto sulla base del preventivo predisposto dall’impresa Bianchi.”E ancora:” …Ricordo …che… la signora Verdi in presenza del signor Bianchi mi riferì che era stato concordato tra le parti un aumento del prezzo dell’appalto fino all’importo di £ 90.000.000….. ricordo che ne corso di quell’incontro la signora Verdi si raccomandò con il sig. Bianchi affinché l’importo di £ 90.000.000 non fosse più modificato e che il sig. Bianchi non formulò alcuna obiezione al riguardo…”

La domanda dell’attore non può pertanto trovare accoglimento e va rigettata.

Per quanto attiene alla domanda riconvenzionale di risarcimento del danno proposta dai convenuti si osserva quanto segue.

E’ noto che l’interpretazione dell’art. 1668 c.c. non è pacifica.

Secondo autorevole dottrina, accolta anche da varie decisioni della Suprema Corte, in caso di appalto e in presenza di vizi costruttivi che non pregiudicano in assoluto la destinazione dell’opera, pur limitandone l’ordinario godimento, il committente non potrebbe di regola ai sensi dell’art. 1668 c.c. agire nei confronti dell’appaltatore soltanto con l’azione di risarcimento del danno. E’ stato infatti affermato in dottrina che, mentre negli altri contratti, il risarcimento del danno può presentarsi non solo come sanzione integrativa dell’azione per esatto adempimento o della risoluzione ma anche come sanzione unica, autonoma, ove il creditore preferisca attenersi solo ad esso, invece nell’appalto, per l’ipotesi dei vizi, il risarcimento non può quasi mai aversi da solo; anche quando non venga chiesta né la risoluzione né l’eliminazione dei vizi si avrà almeno la riduzione del prezzo, e il risarcimento verrà solo ad integrarla, se ed in quanto esistano danni da essa non coperti.

Tra le decisioni della Suprema Corte in tal senso si veda Cass. Civ. Sez. II 4/8/1988 n. 4389 secondo cui nel contratto di appalto in caso di difetti o difformità dell’opera il committente può chiedere al Giudice che i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, mediante condanna da eseguirsi nelle forme previste dall’art. 2931 c.c., oppure può chiedere la riduzione del prezzo, riservandosi di eseguire per proprio contro le riparazioni necessarie. Se dai difetti sono derivanti danni non riparabili in forma specifica (per il ritardo, per il mancato guadagno, per danni fisici a persone o cose ecc.) e sussiste la colpa dell’appaltatore (presunta fino a prova contraria) spetta al committente anche l’azione di risarcimento prevista dallo stesso art. 1668, 2° comma c.c.. Le predette azioni non sono surrogabili l’una con l’altra e in particolare non è consentito ottenere con la domanda di risarcimento dei danni gli effetti dell’azione per l’eliminazione dei vizi, se questa non è stata proposta, e neppure è possibile pretendere sotto il profilo del risarcimento (quando non sussistano danni ulteriori, cagionati dall’opera difettosa) una riduzione del prezzo maggiore dell’entità del corrispettivo pattuito, salvo il diritto all’eventuale rivalutazione monetaria.

Prevalente appare comunque l’orientamento secondo cui la tutela apprestata al committente dall’art. 1668 c.c. si inquadra nell’ambito della normale responsabilità contrattuale per inadempimento e pertanto, qualora l’appaltatore non provveda direttamente all’eliminazione dei vizi e dei difetti dell’opera, il committente può sempre chiedere il risarcimento del danno nella misura corrispondente alla spesa necessaria all’eliminazione dei vizi senza alcuna necessità del previo esperimento dell’azione di condanna alla esecuzione specifica (da ultimo Cass. Civ. Sez. II 2/8/02 n. 11602; Cass. Civ. Sez. II 18/4/02 n. 5632).

Ciò premesso ulteriormente si osserva quanto segue.

Deve ritenersi provata, all’esito dell’espletata ctu, l’esistenza di vizi attribuibili ad errori di esecuzione dell’Impresa Bianchi.

Devono condividesi le osservazioni che la difesa dei convenuti ha formulato in memoria di replica sulla inammissibilità delle eccezioni che la difesa dell’attore, in comparsa conclusionale, ha fondato sulla qualificazione giuridica del contratto inter partes in termini non (più) di appalto ma di contratto d’opera, invocando i diversi termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 2226 c.c. In particolare deve condividersi che la diversa qualificazione giuridica del rapporto effettuato solo con la comparsa conclusionale introduce nel giudizio un nuovo tema di indagine relativo alle dimensioni dell’Impresa Bianchi  con conseguente ampliamento della materia del contendere.

L’eccezione di decadenza che la difesa di parte attrice ha formulato tempestivamente con la memoria 10/4/97 è comunque fondata.

I convenuti hanno sostenuto che  il termine di decadenza per la denuncia dei vizi dovrebbe farsi decorrere solo dal 21/11/96, data sul sopralluogo dell’arch. Romani, e che, quindi, non sarebbero incorsi in alcuna decadenza.

Tale tesi non può essere condivisa.

Come risulta dall’espletata ctu “ i difetti si sono manifestati  subito dopo la costruzione” (pag. 22) e, d’altra parte, gli stessi convenuti – che va ricordato, occuparono l’edificio del 1991 – hanno riconosciuto, in memoria di replica, di aver rilevato, prima della data del sopralluogo sopra indicata (21/11/96), “un progressivo degrado di molte parti dell’edificio “ (pag. 6). L’affermazione dei convenuti secondo cui gli stessi avrebbero però avuto, solo con la relazione tecnica del 9/12/96, la consapevolezza del nesso tra segno esteriore del vizio e opera dell’appaltatore è smentita dal fatto che, già nel novembre 1993, essi tramite il loro legale, avevano segnalato l’esistenza di vizi riferibili all’attività dello Spiazzi. E’ in atti la lettera raccomandata A.R. in data 4/11/1996 a firma del legale dei convenuti nella quale tra l’altro si legge: “….Debbo inoltre formulare riserva di azione di danno per i vizi dell’opera più volte contestati al sig. Bianchi anche dall’arch. Romani”.

E’ risultato dall’espletata istruttoria che i lavori della prima fase sono stati ultimati nel maggio 1991 e che i lavori della seconda fase sono stati ultimanti nel settembre 1992. Non risulta siano state effettuate contestazioni dirette da parte dei committenti nel termine di cui all’art. 1667, 2° comma c.c. in relazione –quanto alla decorrenza del termine stesso- alla conclusione dei lavori come indicato né per quanto riguarda le opere della prima fase né per quanto riguarda le opere delle seconda; quanto poi alle contestazioni del direttore dei lavori, devono condividersi le osservazioni che sul punto ha svolto il comparsa conclusionale la difesa dell’attore circa l’irrilevanza delle stesse non avendo il direttore dei lavori il potere di compiere atti giuridici per conto del committente.

L’eccezione di decadenza è quindi fondata e anche la domanda riconvenzionale dei convenuti va rigettata.

Sussistono giusti motivi, atteso l’esito della lite, per la compensazione integrale tra le parti delle spese del giudizio.

Le spese della ctu, come liquidate, vanno poste definitivamente a carico di ciascuna delle parti nella misura della metà; le spese della relazione integrativa, come liquidate, vanno poste definitivamente a carico dell’attore.

P.Q.M.

Il Tribunale ogni contraria istanza eccezione e deduzione disattesa così provvede:

1) Rigetta la domanda;

2) Rigetta la domanda riconvenzionale dei convenuti;

3) Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio;

4) Pone definitivamente a carico di ciascuna delle parte nella misura della metà le spese della ctu come liquidate;

5) Pone definitivamente a carico di parte attrice le spese della relazione integrativa come liquidate.

Così deciso in Mantova il 14/1/2003