Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1388 - pubb. 06/11/2008

Strade e autostrade e ripartizione della responsabilità tra concessionari e utenti

Tribunale Piacenza, 09 Ottobre 2008. Est. Morlini.


Responsabilità per cose in custodia – Responsabilità oggettiva – Caso fortuito – Esclusione del nesso causale – Elemento soggettivo – Irrilevanza.

Responsabilità per cose in custodia – Concessionari di strade e autostrade – Ripartizione della responsabilità tra concessionari e utenti – Criteri.

Responsabilità per cose in custodia – Concessionari di strade e autostrade – Caso fortuito – Fattispecie.



La responsabilità ex art. 2051 c.c. integra una vera e propria ipotesi di responsabilità oggettiva, atteso che il caso fortuito previsto dalla norma esclude il nesso causale, non già l’elemento soggettivo. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)

Proprietari e concessionari della autostrade rispondono ex art. 2051 c.c. delle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze dell’autostrada, mentre è configurabile il caso fortuito non solo per i pericoli provocati dagli stessi utenti, ma anche per quelli provocati da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere, ciò che impone di considerare l’evento dannoso imprevedibile ed inevitabile. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)

Va ascritto al caso fortuito il sinistro addebitabile ad un piccolo pezzo di ferro presente sulla sede autostradale, allorquando la presenza non era stata da nessuno segnalata, non si erano verificati incidenti in loco ed era attivo un servizio di controllo della regolarità del transito e dell’assenza di anomalie. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)


 


omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Promuovendo la presente controversia, T. E. conveniva in giudizio la Società Autostrade Torino Alessandria Piacenza s.p.a. (di seguito, per brevità, SATAP).

Esponeva l’attrice che il giorno 5/12/2005, alle ore 17,50, era alla guida della sua autovettura sull’autostrada A21 in direzione Torino; che in prossimità di Calendasco, aveva sentito un forte rumore e verificato poi il malfunzionamento del veicolo; che pertanto, era stata costretta a fermarsi nella prima piazzola utile ed a chiedere l’intervento del soccorso per il recupero del mezzo; che, trasportata l’auto presso un’officina, aveva riscontrato che il sinistro era stato cagionato da un ferro conficcatosi sotto il pianale dell’auto ed all’altezza del cambio.

Sulla base di tale narrativa, evocava in giudizio la SATAP, chiedendo il ristoro del danno subito e quantificato in poco più di quattro mila euro.

Si costituiva in giudizio la SATAP, instando per il rigetto della domanda, sul presupposto della mancata prova dei fatti dedotti, e comunque, anche a volere diversamente opinare, dell’esistenza del caso fortuito.

La causa veniva istruita con l’audizione dei testi R. C. e T. Federico.

All’udienza del 9/10/2008, le parti discutevano la controversia con il Giudice, che decideva ex art. 281 sexies c.p.c. dando lettura della presente sentenza contestuale.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’esistenza dei fatti così come dedotti da parte attrice è stata processualmente provata dalla deposizione testimoniale di R. C., che viaggiava come terza trasportata sull’auto della figlia T. Elisabetta al momento del verificarsi del sinistro per cui è causa.

Ciò detto, non pare revocabile in dubbio, ed infatti non è oggetto di contestazione tra le parti, il fatto che alla vicenda de qua debba applicarsi la regola iuris di cui all’art. 2051 c.c., dovendosi ritenere la società autostradale “responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caos fortuito”. E ciò senza che al danneggiato possa farsi carico, così come riteneva la giurisprudenza meno recente, della prova dell’insidia o trabocchetto, trattandosi di fattispecie estranee alla responsabilità ex art. 2051 c.c., che tantomeno possono considerarsi indici tassativi ai fini della configurabilità della responsabilità (cfr. in particolare Cass. n. 15383/2006 e Cass. n. 3651/2006).

La responsabilità ex art. 2051 c.c. integra quindi un’ipotesi di vera e propria responsabilità oggettiva, che trova piena giustificazione in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa attribuisce al custode (cfr. in particolare Cass. n. 15383/2006, che confuta convincentemente la tesi di Cass. n. 3651/2006, la quale aveva parlato di responsabilità colposa aggravata dall’inversione dell’onere della prova; nella più recente giurisprudenza, cfr. anche Cass. n 21684/2005, Cass. n. 376/2005, Cass. n. 5236/2004, Cass. n. 10641/2002), così come il fortuito penalistico ex art. 45 c.p. esclude non già la colpevolezza, ma lo stesso nesso causale.

Ne consegue che, in aderenza al piano disposto letterale della norma, tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito, fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità (ex multis Cass. n. 5326/2005, Cass. n. 15429/2004, Cass. n. 472/2003, Cass. n. 12219/2003; Cass. n. 5578/2003; Cass. n. 472/2003).

Acutamente, è stato osservato che rileva solo ‘il fatto della cosa’, non già ‘il fatto dell’uomo’, poiché la responsabilità si fonda sul mero rapporto di custodia, e solo lo stato di fatto, non già l’obbligo di custodia, può assumere rilievo nella fattispecie. Il profilo del comportamento del responsabile è di per sé estraneo alla struttura della normativa; né può esservi reintrodotto attraverso la figura della presunzione di colpa per mancata diligenza nella custodia, giacché il solo limite previsto dall’articolo in esame è l’esistenza del caso fortuito, non l’assenza di colpa, tanto che la dottrina parla al riguardo di ‘rischio da custodia’, più che di ‘colpa nella custodia’

Il fortuito -che va inteso nel senso più ampio comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato, purché detto fatto costituisca la causa esclusiva del danno (Cass. n. 5326/2005, Cass. n. 11264/1995, Cass. n. 1947/1994)- esclude così il nesso causale e non già la colpa, essendo suscettibile di una valutazione che consenta di ricondurre all’elemento esterno, anziché alla cosa che ne è fonte immediata, il danno concretamente verificatosi. Infatti, la responsabilità si fonda non su un comportamento o un’attività del custode, ma su una relazione di custodia intercorrente tra questi e la cosa dannosa, ed il limite della responsabilità risiede nell’intervento di un fattore (id est il caso fortuito), che attiene non ad un comportamento del responsabile come nelle prove liberatorie degli artt. 2047, 2048, 2050 e 2054 c.c., ma alle modalità di causazione del danno.

Pertanto e con riferimento all’onere della prova, all’attore compete provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo; il convenuto per liberarsi dovrà invece provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale.

La ratio di tale accollo del costo del danno non è più la colpa, ma un criterio oggettivo, che tuttavia rimane fuori dalla norma. Ricorda Cass. n. 15383/2006 che tale criterio fu individuato nella deep pocket negli ordinamenti di common law e nella richesse oblige della tradizione francese, mentre nell’affinamento dottrinale successivo si è ritenuto che laratio vada individuata nel principio dell’esposizione al pericolo o all’assunzione del rischio, ovvero nell’imputare il costo del danno al soggetto che aveva la possibilità della cost-benefit analysis, per cui deve sopportarne la responsabilità, per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo nel modo più conveniente. In altre parole e da altra angolazione, al custode si imputa la responsabilità, giacché è al soggetto che trae profitto dalla cosa, secondo il brocardo cuius commoda eius et incomoda, che deve addebitarsi la responsabilità.

Con specifica attinenza alla materia per cui è processo, e cioè alla responsabilità ex art. 2051 c.c. dei proprietari o concessionari della autostrade, la Suprema Corte ha chiarito che detta responsabilità opera con riferimento alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze dell'autostrada; mentre risulta configurabile il caso fortuito non solo per i pericoli provocati dagli stessi utenti, ma anche per quelli provocati da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere, ciò che impone di considerare l’evento dannoso imprevedibile ed inevitabile (Cass. n. 7763/2007, Cass. n. 1479/2005, Cass. n. 16953/2003, Cass. n. 298/2003; cfr. anche Cass. n. 2308/2007, che giunge alle medesime conclusioni circa la nozione di caso fortuito, pur nel senso dell’esclusione della colpa e non già del nesso causale).

Tutto ciò posto in linea generale, ritiene il Giudice che, nel presente processo, parte convenuta abbia provato che il sinistro per cui è causa è ascrivibile al caso fortuito.

Infatti, è ben vero che può ritenersi provata la presenza sulla corsia autostradale del piccolo pezzo di ferro che si è conficcato nel cambio dell’auto dell’attrice. Tuttavia, è altrettanto vero che risulta altresì provata, con riferimento al giorno del sinistro ed alla tratta autostradale interessata, l’assenza di qualsivoglia segnalazione, presso la sala radio della società autostrade, relativamente alla presenza di oggetti in carreggiata (cfr. dichiarazione del Comando della PS, agli atti); l’assenza di incidenti stradali, ciò che avrebbe potuto far presumere la presenza di residui pericolosi (cfr. dichiarazione del Comando PS; agli atti); la presenza invece, con una percorrenza complessiva di quasi 600 chilometri, di ben tre autovetture della SATAP deputate al controllo della regolarità del transito ed alla verifica dell’assenza di anomalie (cfr. rapporti di servizio all. 2, 3 e 4 fascicolo di parte convenuta).

Ne discende, in tutta evidenza, che la presenza del piccolo pezzo di ferro sulla sede autostradale, era dovuta ad una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non poteva essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere, ciò che impone di considerare l’evento dannoso imprevedibile ed inevitabile. Pertanto, alla stregua dell’insegnamento della Corte di Cassazione sopra riportato, deve ritenersi integrato il caso fortuito, con esclusione quindi della responsabilità di parte convenuta ex art. 2051 c.c.

In ragione di tutti questi motivi, la domanda va rigettata.

La complessità della controversia trattata integra uno dei “giusti motivi” previsti dall’art. 92 comma 2 c.p.c. per procedere all’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

il Tribunale di Piacenza in composizione monocratica

definitivamente pronunciando sulla causa proposta da T. E. nei confronti di Società Autostrade Torino Alessandria Piacenza s.p.a.

nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa

·                  rigetta la domanda;

·                  compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Piacenza, 9/10/2008


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