Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1378 - pubb. 01/11/2008

Violenza assistita e sovrapposizione di competenze tra giudice civile e tribunale dei minori

Tribunale Piacenza, 22 Ottobre 2008. Est. Manuela Andretta.


Tutela dei minori – Violenza assistita – Sovrapposizione di competenze tra giudice civile e tribunale per i minorenni – Allontanamento del genitore violento dalla casa familiare – Cessazione della condotta – Competenza del giudice civile – Sussistenza.

Tutela dei minori – Imposizione a carico del genitore violento di assegno mensile – Competenza del giudice civile – Sussistenza.

Tutela dei minori – Obbligo di versamento dell’assegno a carico del genitore violento allontanato – Durata – Cessazione al termine della misura di protezione.



Nelle fattispecie di c.d. violenza assistita, ove la vittima diretta dei maltrattamenti sia un genitore e i figli vengano loro malgrado costretti ad assistervi, sussiste una sovrapposizione di competenze tra il giudice civile, adito ai sensi degli artt. 342 bis e 342 ter c.c. e 736 bis c.p.c., e il tribunale per i minorenni. Tale sovrapposizione di competenze non preclude al giudice civile di pronunciare – vola che sia intervenuto decreto del tribunale per i minorenni che dispone, ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c., l’allontanamento del genitore violento dalla casa familiare e l’affidamento del figlio minore – non solo l’allontanamento dalla casa familiare del medesimo genitore, ma anche la cessazione della condotta pregiudizievole, quale contenuto essenziale dell’ordine di protezione di cui agli artt. 342 bis e 342 ter c.c. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)

Rientra nella competenza del giudice civile e nel rispetto della previsione normativa di cui agli artt. 342 bis e 342 ter c.c. l’imposizione, a carico del genitore violento allontanato dal domicilio familiare, di un assegno mensile a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)

L’obbligo di versamento dell’assegno di mantenimento, così come stabilito con il decreto emesso ai sensi degli artt. 342 bis e 342 ter c.c., a favore di figlio minore naturale, permane sino a quando non sia eventualmente adottato prima della scadenza del termine di efficacia un diverso provvedimento del giudice competente in materia di affidamento e di mantenimento (il tribunale per i minorenni, adito ai sensi degli artt. 317 bis c.c., 38 disp. att. c.c. e 155 c.c.), ma è in ogni caso destinato a cessare al termine della durata, peraltro prorogabile, dell’ordine di protezione. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)


 


 IL TRIBUNALE CIVILE DI PIACENZA

riunito in camera di consiglio nelle persone dei magistrati

dr. Marisella GATTI presidente

dr. Gianluigi MORLINI giudice

dr. Manuela ANDRETTA giudice- relatore

visti gli atti del procedimento di reclamo n. 579/08 r.g. recl. e gli atti del procedimento di cui agli artt. 342 bis e ss. c.c. n. 160/08 r.g.c., fra P. C.(procuratore: avv. ** del Foro di Piacenza) e P. F. (procuratori: avv.ti **);sentiti i procuratori delle parti; udita la relazione del giudice relatore; sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 2 luglio 2008;

OSSERVA

1) Con ricorso depositato il giorno 11 febbraio 2008 F. P., convivente more uxorio di C. P., chiese al Tribunale di Piacenza in composizione monocratica, ai sensi dell’art. 342 bis c.c., di ordinare a C. P.: a)l’immediata cessazione della condotta lesiva da quest’ultimo posta in essere in ripetute occasioni nei confronti della ricorrente e del figlio minore G. P.; b) l’allontanamento del convivente dall’abitazione, con la regolamentazione delle modalità di visita del medesimo con il figlio. La parte ricorrente chiese altresì l’imposizione al convivente di una somma mensile non inferiore ad euro 2.000,00 da versare a favore di F. P..

Costituitosi all’udienza del 15 febbraio 2008, C. P. concordò con F. P. una regolamentazione provvisoria dei loro rapporti.

Nelle more del procedimento intervenne il decreto provvisorio del Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna, pronunciato il 7 marzo 2008, ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c., su ricorso del Pubblico Ministero, con il quale fu sospesa la potestà del padre sul figlio minore G. P., fu disposto l’allontanamento del padre dal domicilio familiare, fu affidato il minore al Comune di Piacenza, con collocazione presso la madre e furono regolamentati i rapporti del minore con i genitori.

Con decreto depositato il 17 aprile 2008 il giudice designato per la trattazione del procedimento di cui all’art. 736 bis c.p.c. ordinò a C. P. di “provvedere al versamento a favore di P. F. per il mantenimento del figlio minore dell’importo di euro 1.600,00 mensili da corrispondere entro il giorno 20 di ogni mese”; fissò in sei mesi la durata del provvedimento.

Con ricorso depositato il 28 aprile 2008 C. P. propose reclamo avverso il predetto decreto, chiedendone il rigetto sulla base, essenzialmente, di due motivi.

Costituitasi, F. P. chiese la conferma del reclamato decreto.

All’udienza del 2 luglio 2008, all’esito della trattazione orale del reclamo, il Tribunale riservò la decisione.

 

2) Con il primo motivo di reclamo C. P. censura l’impugnato provvedimento sull’assunto che, a seguito della pronuncia del Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna del 7 marzo 2008, il Tribunale ordinario di sarebbe spogliato della competenza ratione materiae a pronunciare il provvedimento richiesto ai sensi degli artt. 342 bis e ss. c.c.; con la conseguenza che il giudice di prime cure avrebbe errato nell’imporre un assegno provvisorio a carico di C. P. e a favore del figlio minore, poiché una simile decisione sarebbe stata di competenza del Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna, sia a seguito dell’intervenuto decreto provvisorio del 7 marzo 2008, sia a seguito della pronuncia dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 8362 del 2007.

La censura non merita accoglimento.

Il problema, introdotto dal reclamante con il motivo di impugnazione in esame, del conflitto di competenza con il Tribunale per i minorenni, è un problema di carattere interpretativo che, invero, si pone nelle ipotesi di violenza nei confronti dei minori, atteso il difetto di coordinamento tra la disciplina degli articoli 342 bis e 342 ter c.c., quali introdotti dalla legge n. 154 del 2001, e gli artt. 330 e 333 c.c., così come modificati dalla legge n. 149 del 2001.

Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari, regolati in via generale dagli artt. 342 bis e 342 ter c.c., presuppongono una condotta pregiudizievole all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà del coniuge o convivente, posta in essere dall’altro coniuge o da altro convivente.

L’ambito di applicazione di tale disciplina – che non fa menzione del minore, secondo la lettera dell’art. 342 bis c.c., introdotto dall’art. 2 della legge n. 154 del 2001 – è in realtà ridefinito dall’art. 5 della citata legge, il quale dispone che: “Le norme di cui alla presente legge si applicano, in quanto compatibili, anche al caso in cui la condotta pregiudizievole sia stata tenuta da altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente, ovvero nei confronti di altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente. In tal caso l’istanza è proposta dal componente del nucleo familiare in danno del quale è tenuta la condotta pregiudizievole”. La formulazione di tale disposizione di legge lascia, dunque, intendere che, quale componente del nucleo familiare, anche il figlio minore possa essere soggetto attivo o passivo della condotta che legittima l’esercizio dell’azione civile contro le violenze nelle relazioni familiari.

La disposizione in esame viene così a richiamare, per certi aspetti, la disciplina introdotta negli artt. 330 e 333 c.c. dalla legge n. 149 del 2001, là dove, tra le misure che il Tribunale per i minorenni può adottare nell’interesse del minore, è stato introdotto anche l’allontanamento dalla residenza familiare del genitore o del convivente che maltratta.

Dalla lettura dei due testi normativi in esame (legge n. 154 del 2001 e legge n. 149 del 2001) emerge, dunque, un ambito di sovrapposizione, qualora il destinatario della condotta pregiudizievole sia un minore: mentre gli artt. 330 e 333 c.c. tutelano esclusivamente il minore, l’art. 342 bis c.c. estende il suo ambito applicativo a tutti i componenti del nucleo familiare, ivi compresi i minori. Si consideri, inoltre, che possono fondare l’applicazione dell’art. 330 c.c. episodi di aggressione posti in essere non solo nei confronti dei minori, ma anche nei riguardi della madre. In giurisprudenza si è, infatti, riconosciuto che anche i maltrattamenti a carico del solo coniuge possono legittimare il Tribunale per i minorenni a pronunciare la decadenza dalla potestà, quando quei maltrattamenti turbano l’atmosfera familiare nel suo complesso e quindi l’equilibrio fisiopsichico dei figli (così Trib. Min. Torino 6 febbraio 1982, in Giur. it. 83, I, 2, 158).

Sussiste tra le norme in esame (artt. 342 bis, 330 e 333 c.c.) una completa e totale sovrapposizione dei presupposti oggettivi: grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà nell’art. 342 bis c.c. e condotta di maltrattamento o abuso nell’art. 330, comma 2, c.c. e 333 c.c.

Deve, pertanto, ritenersi che esiste un concorso apparente di norme (posto che più norme appaiono prima facie tutte ugualmente applicabili alla medesima fattispecie) e che il conflitto possa essere risolto attraverso il criterio di specialità astratta (sancito all’art. 15 c.p., ma avente portata generale).

La prevalenza della legge speciale su quella generale conduce, dunque, ad affermare che la disciplina generale degli artt. 342 bis e 342 ter cc. non può essere invocata per porre rimedio agli abusi commessi nei rapporti intercorrenti tra genitori e figli minori, abusi regolati in via esclusiva dagli artt. 330, secondo comma, c.c. e 333, primo comma, c.c.

Tra le due misure esiste, infatti, una differenza di carattere funzionale: negli artt. 330 e 333 c.c. l’allontanamento dalla casa familiare è un provvedimento accessorio a quello relativo alla potestà genitoriale, presupponendo sempre la pronuncia di un provvedimento principale che incida su di essa; nell’art. 342 bis c.c. l’allontanamento è, invece, una misura autonoma, provvisoria, direttamente funzionale alla cessazione della condotta pregiudizievole.

Tuttavia, qualora si tratti di fattispecie di c.d. violenza assistita, ove la vittima diretta dei maltrattamenti è un genitore e i figli vengono loro malgrado costretti ad assistervi, si può ipotizzare una sovrapposizione di competenze tra giudice civile e tribunale per i minorenni (cfr. Tribunale di Genova, decreto 7 gennaio 2003, in Fam. e d., 2004, 387; Tribunale Reggio Emilia, decreto 10 maggio 2007, in Fam. Pers. Succ., 2007, 10, 843. Con il primo provvedimento, il giudice ha ritenuto che il comportamento violento del padre nei confronti della madre, nonché la conseguente querela e ricorso per separazione presentati da questa, rendessero opportuno ordinare, nell’interesse del minore, la cessazione della condotta violenta, disporre l’allontanamento dalla casa familiare e prescrivere il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla moglie e dai figli. Con il secondo provvedimento citato, il Tribunale di Reggio Emilia, in sede di reclamo, ha ritenuto che va accolto il ricorso per ordine di protezione ex art. 342 bisc.c. quando la condotta di uno dei conviventi, autore di un episodio di violenza fisica in danno dell’altro e alla presenza del figlio minore (il fatto, maturato in un contesto di conflittualità dipendente dalla crisi del rapporto affettivo, era stato preceduto da un episodio di minacce), è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica e morale e alla libertà dell’altro convivente e pregiudica altresì lo sviluppo morale ed educativo del figlio (nella specie, un bambino di età inferiore ai tre anni, che aveva assistito in casa all’aggressione della madre ad opera del padre). Con il medesimo decreto il Tribunale di Reggio Emilia, pur affermando che l’affidamento del figlio naturale è materia di competenza del Tribunale per i minorenni, ha ritenuto che il giudice che adotta l’ordine di protezione può disporre l’intervento del servizio sociale territorialmente competente con l’incarico di vigilare e regolare in via provvisoria – in condizioni di sicurezza e con modalità idonee ad evitare contatti tra gli ex conviventi – la frequentazione del minore da parte del padre allontanato dalla casa familiare, ferma restando l’efficacia dell’ordine di allontanamento e degli altri provvedimenti inibitori emessi nei confronti del padre, fra i quali il divieto di avvicinarsi alla casa familiare e al nido frequentato dal minore).

In quest’ordine di concetti, nel caso in esame, i provvedimenti richiesti da F. P. ai sensi degli artt. 342 bis e 342 ter c.c. si fondano, secondo quanto allegato nel ricorso introduttivo del giudizio, su ripetute condotte di violenza perpetrate da C. P. anche e, particolarmente, nei confronti della medesima ricorrente, pure alla presenza del figlio minore. Consegue da ciò che risulta sicuramente integrata la competenza del Tribunale ordinario ai sensi delle citate disposizioni di legge e che tale competenza non è esclusa dall’allegazione di condotte violente in danno del figlio minore, ma concorre con quella del Tribunale per i minorenni ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c.

A quest’ultimo riguardo occorre, invero, considerare che – attesa la diversità di funzione tra l’art. 342 bis c.c. e gli artt. 330 e 333 c.c., nonché il più ampio ambito soggettivo di applicazione della prima disposizione normativa - la valutazione della gravità del pregiudizio, che il Tribunale ordinario è chiamato a compiere ai sensi dell’art. 342 bis c.c., è una valutazione di carattere complessivo, che tiene conto anche della c.d. violenza indiretta o di riflesso, subita, cioè, dal minore che assiste alle manifestazioni di aggressività dirette contro la madre, poiché la violenza in ambito familiare, che la disciplina in esame tende a contrastare, non riguarda unicamente il soggetto che la pone in essere e quello che la subisce, ma interessa tutte le componenti del nucleo familiare (in questa prospettiva, cfr. Tribunale di Genova, decreto 7 gennaio 2003, cit., ove si fa riferimento al pregiudizio indiretto subito dai minori, nella parte in cui si legge che: “i bambini risultano gravemente condizionati dal comportamento paterno: in particolare, il maschio assume atteggiamenti aggressivi anche se chiaramente emulativi, si chiude dentro sé stesso e manifesta sintomi di disagio”).

Si consideri, inoltre, sotto altro profilo, a giustificare la sovrapposizione delle competenze, la minore ampiezza dei provvedimenti di tutela previsti dall’art. 333, primo comma, c.c., non essendo previsto, in particolare, che il Tribunale per i minorenni possa prescrivere al genitore allontanato il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone che continuano a convivere nella residenza familiare.

Alla luce di quanto precedentemente osservato, l’affermazione contenuta nell’impugnato decreto - secondo la quale “avendo il Tribunale per i Minorenni già provveduto in ordine all’allontanamento del padre dalla casa familiare in via provvisoria, è conseguentemente venuto meno ogni potere di intervento sul punto di questo Giudice” – non deve essere intesa come declinazione, da parte del giudice adito, della propria competenza ad emettere i provvedimenti di natura personale di cui all’art. 342 ter, primo comma, c.c., ma semplicemente come il riconoscimento della sopravvenuta inutilità dell’esercizio del proprio (perdurante) potere di disporre l’allontanamento di C. P. dalla casa familiare, in ragione del fatto che tale risultato risultava conseguito o, comunque, conseguibile in seguito e per effetto della pronuncia del decreto provvisorio del Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna.

Si consideri, del resto, che la sovrapposizione (e non la esclusione) della competenza del Tribunale ordinario, rispetto a quella del Tribunale per i minorenni, non precludeva, in linea astratta, al giudice di prime cure di pronunciare, pur dopo l’emissione del citato decreto provvisorio del 7 marzo 2008 del Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna, non solo l’allontanamento dalla casa familiare, ma anche la cessazione della condotta pregiudizievole, quale contenuto essenziale dell’ordine di protezione di cui agli artt. 342 bis e 342 ter c.c.

Consegue a quanto precedentemente osservato che, contrariamente a quanto ritenuto dall’odierno reclamante, il primo giudice ha agito nei limiti della propria competenza e nel rispetto della previsione normativa di cui agli artt. 342 bis e 342 ter c.c. nell’imporre a C. P. un assegno mensile a favore del figlio minore, poiché tale misura patrimoniale è accessoria e subordinata a quella di natura personale.

In particolare, occorre rilevare, al riguardo, che la misura patrimoniale è stata opportunamente prevista dal legislatore al fine di evitare che il timore di conseguenze pregiudizievoli di carattere economico possa costituire una remora ad ottenere l’ordine giudiziale di cessazione della condotta pregiudizievole, non essendo infrequente che le persone accusate di abusi familiari rappresentino la sola fonte di reddito della famiglia.

In quest’ordine di principi, nel caso in esame, la previsione di un assegno mensile da versarsi a F. P., a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore, rappresenta, nel rispetto della ratio della disciplina introdotta dalla legge n 154 del 2001, una forma di tutela diretta a garantire, non solo l’interesse del minore al mantenimento, ma, ancor più e in generale, un’ordinata ripresa della vita del nucleo familiare c.d. superstite (altrimenti privo delle necessarie fonti di reddito, a seguito ed in conseguenza dell’allontanamento del familiare violento).

Le conclusioni raggiunte non sono inficiate dal richiamo, operato da C. P., alla competenza del Tribunale dei minori quale giudice naturale delle questioni concernenti l’affidamento e il mantenimento dei figli minori naturali (secondo l’interpretazione fornita dall’ordinanza 3 aprile 2007, n. 8362 della prima sezione civile della Corte di Cassazione), poiché tale pronuncia non è pertinente al caso in esame.

E’ noto, invero, che la citata ordinanza della Suprema Corte ha affrontato per la prima volta la questione – oggetto di divergenti decisioni presso i giudici di merito e di controversie in dottrina – di quale sia, a seguito dell’entrata in vigore della legge 8 febbraio 2006, n. 54, l’organo giudiziario competente a conoscere dei procedimenti di affidamento dei figli naturali e ad emanare i provvedimenti di carattere economico relativi al loro mantenimento.

Nell’affermare la soluzione interpretativa che attribuisce al giudice specializzato la competenza a provvedere, altresì, sulla misura e sul modo con cui ciascuno dei genitori naturali deve contribuire al mantenimento del figlio, la Corte di Cassazione ha precisato che: “una volta che gli artt. 155 e ss. cod. civ. concorrono a plasmare – per effetto della più volte ricordata L. n. 54 del 2006, art. 4, comma 2, - l’art. 317 bis cod. civ., quest’ultima disposizione si arricchisce di nuovi contenuti: non solo quindi (omissis) dei nuovi principi sulla bigenitorialità, sull’esercizio della potestà genitoriale e sull’affidamento, ma anche della regola di inscindibilità della valutazione relativa all’affidamento da quella concernente i profili patrimoniali dell’affidamento. Il giudice specializzato, adito ai sensi dell’art. 317 bis cod. civ. e dell’art. 38 disp. Att. Cod. civ., è chiamato, nell’”interesse” del figlio, ad esprimere una cognizione globale, estesa alla misura e al modo con cui ciascuno dei genitori deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione, e quindi investente i profili patrimoniali dell’affidamento”.

Appare evidente che la competenza del Tribunale per i minorenni ad intervenire nella crisi della coppia di genitori naturali per regolamentare l’affidamento e il mantenimento dei figli minori è competenza affatto diversa da quella prevista dagli artt. 333 e 336 c.c.

La competenza del giudice specializzato affermata nella citata pronuncia della Suprema Corte di Cassazione riguarda la regolamentazione dell’affidamento e del mantenimento dei figli naturali nel caso di scioglimento della famiglia di fatto, ove i genitori naturali, nella loro autonomia, non abbiano raggiunto tra loro un accordo. E’ dunque una competenza che regola in modo stabile la situazione della coppia di fatto, analogamente a quanto avviene, per i coniugi, nei procedimenti di separazione e di divorzio.

La disciplina degli artt. 330 e 333 c.c. persegue (similmente agli ordini di protezione di cui agli artt. 342 bis e 342 ter c.c.) l’obiettivo di interrompere la violenza nell’ambito familiare nell’immediatezza dei fatti, mantenendo aperta la strada alla ricostruzione e al recupero delle relazioni familiari. Si tratta, infatti, di misure che non presuppongono la definitiva rottura o l’attenuazione del rapporto familiare.

Nel caso in esame, nelle more della pronuncia del reclamato provvedimento, non è intervenuto alcun provvedimento del Tribunale per i minorenni, ai sensi degli artt. 317 bis c.c., 38 disp. att. c.c. e 155 c.c., ma solo un decreto provvisorio emesso ai sensi dell’art. 333 c.c. e, pertanto, non idoneo, per quanto precedentemente osservato, ad escludere la competenza del Tribunale ordinario, adito ai sensi degli artt. 342 bis e 342ter c.c. e 736 bis c.p.c.

Tuttavia, considerata la diversità di presupposti e di funzioni tra la competenza del Tribunale per i minori, ai sensi degli artt. 317 bis c.c., 38 disp. att. c.c. e 155 c.c., in materia di affidamento e di mantenimento dei figli minori naturali, e quella del Tribunale ordinario, ai sensi degli artt. 342bis e 342 ter c.c. e 736 bis c.p.c., è bene rilevare, in linea astratta, che – in analogia a quanto previsto dall’art. 8, comma 2, della legge 4 aprile 2001, n. 154 (secondo il quale “L’ordine di protezione adottato ai sensi degli artt. 2 e 3 perde efficacia qualora sia successivamente pronunciata, nel procedimento di separazione personale o di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio promosso dal coniuge istante o nei suoi confronti, l’ordinanza contenente provvedimenti temporanei ed urgenti prevista, rispettivamente, dall’art. 708 c.p.c. e dall’art. 4, l. 1.12.1970, n. 898 e successive modificazioni”) – l’obbligo di versamento dell’assegno di mantenimento, così come stabilito con il decreto emesso ai sensi degli artt. 342 bis e 342 ter c.c., permane sino a quando non sia eventualmente adottato prima della scadenza del termine di efficacia un diverso provvedimento del giudice competente in materia di affidamento e di mantenimento (il Tribunale per i minorenni), ma è in ogni caso destinato a cessare al termine della durata, peraltro prorogabile, dell’ordine di protezione (per una interpretazione in parte analoga, cfr. Tribunale di Reggio Emilia, decreto 10 maggio 2007, cit., che, nel confermare l’assegno periodico posto dal giudice di prime cure a carico del padre per il mantenimento del figlio, osserva, in diritto, che si tratta di una misura non definitiva e provvisoria, la cui efficacia è limitata al periodo di durata dell’ordine di protezione “o, comunque, al periodo di tempo anteriore all’eventuale provvedimento successivo emesso dal giudice competente, volto a garantire il diritto al mantenimento dei soggetti bisognosi”).

Si consideri che le misure patrimoniali previste dall’art. 342 ter c.c. sono accessorie e subordinate a quelle di natura personale e, lungi dal rappresentare una regolamentazione (tendenzialmente stabile) dei rapporti di carattere patrimoniale tra genitori e figli minori naturali della coppia in crisi, servono a garantire i mezzi adeguati alle persone (non solo minori di età) conviventi che, per effetto delle misure di natura personale di cui all’art. 342 ter, primo comma, c.c., ne rimangono prive.

In quest’ordine di concetti deve dirsi, in linea astratta, che, ove nelle more del procedimento di cui agli artt. 342 bis e 342 ter c.c. e 736 bis c.p.c. dovesse intervenire una regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra genitori e figli naturali, ai sensi degli artt. 317 bis c.c., 38 disp. att. c.c. e 155 c.c., verrebbe meno il presupposto per la pronuncia delle misure di ordine patrimoniale di cui all’art. 342 ter c.c.: il collegamento causale e funzionale di tali misure con quelle di ordine personale cesserebbe, infatti, ove dovesse intervenire, da parte del giudice specializzato, adito ai sensi degli artt. 317 bis c.c., 38 disp. att. c.c. e 155 c.c., una stabile regolamentazione dei rapporti patrimoniali della coppia di fatto, così assicurando al nucleo familiare superstite i necessari mezzi di mantenimento.

 

Con il secondo motivo di reclamo C. P. censura l’impugnato decreto per non avere il giudice di prime cure effettuato le doverose indagini sul patrimonio e sulle capacità economiche della signora P..

Il motivo di doglianza è privo di pregio.

Il primo giudice ha correttamente accertato, nei limiti della sommaria delibazione propria di un procedimento lato sensu cautelare, che “la ricorrente risulta allo stato priva di stabile attività di lavoro, proprietaria di beni immobili che non sono fonte di reddito, emergendo dalla documentazione prodotta come essi necessitino di importanti interventi di ristrutturazione per poter essere alienati o locati a terzi”.

L’assegno dell’importo di euro 1.600,00 mensili posto a carico di C. P. per far fronte alle esigenze del figlio minore collocato presso la madre tiene adeguatamente conto, sia della capacità economica dell’obbligato – il quale svolge attività dirigenziale con un reddito annuo di circa euro 101.000,00 (cfr. CUD 2008) ed è titolare di titoli e azioni per un totale di circa euro 360.000,00 (doc. n. 11, fascicolo P.), che tiene conto sia del portafoglio di cui P. è titolare esclusivo, sia del portafoglio di cui è contitolare insieme alla madre – sia delle esigenze di mantenimento del figlio, quali emergono dai documenti depositati nella prima fase cautelare da F. P. (doc. nn. 13-23).

In definitiva, il reclamo proposto da C. P. è infondato; con conseguente conferma del decreto emesso dal giudice della prima fase.

 

3) In ordine alla regolamentazione delle spese processuali, sussistono giusti motivi (da ravvisarsi nella particolarità del caso e nella novità delle questioni giuridiche trattate) per compensare integralmente tra le parti le spese processuali da ciascuna di esse rispettivamente anticipate (art. 92 c.p.c.).

P.Q.M.

1) conferma il decreto emesso il 17 aprile 2008 dal giudice del procedimento n. **/08 r.g.c., promosso da F. P. nei confronti di C. P. conricorso depositato il giorno 11 febbraio 2008;

2) compensa integralmente tra C. P. e F. P. le spese processuali della fase di reclamo da ciascuna di tali parti rispettivamente anticipate.

Si comunichi alle parti.

Piacenza, 22 ottobre 2008.


Testo Integrale